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Autore: Mordekai    27/02/2019    0 recensioni
Otto artefatti sacri donati da Antiche Divinità senza nome, capaci di donare meravigliosi poteri e capacità. Solo i più degni potevano far parte di una delle Otto schiere, partecipando al Rituale degli Arcani.
Coloro che fallivano il Rituale, venivano rimandati a casa marchiati come Impuri. E morti.
Akhelia Vilbaar scettica di tali eventi, deciderà di farvi parte.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In una lontana alba, misteriose Divinità comparvero nei regni degli umani per donare inestimabili artefatti vibranti di energia in grado di infondere, nell’anima dei prescelti, un potere illimitato. Otto regni vennero scelti dai manufatti stessi, condividendo con i nobili signori l’uso e il volere dei propri Creatori:

Fernis, l’artefatto del fuoco, si stanziò nei regni del Re Oldor creando in ognuno di esso una torre a forma di brace. Il compito del Re fu quello di usare il potere delle fiamme per sopravvivere ai rigidi inverni e agli invasori che tentavano disperatamente di conquistare il suo territorio ricco di preziose risorse.


Oris, l'artefatto della terra consegnato all'unico druido delle terre selvagge dell'ovest: Atarish.

Aerana, l’artefatto dell’aria, scelse la Regina guerriera Hadwisa. Forgiata dai continui conflitti del suo regno, le sue abilità di eccellente paladina si rivelarono utili per conquistare i nemici sfruttando i poteri dell’artefatto.

Neptulum, l’artefatto dell’acqua si rivelò un alleato indispensabile per il Capitano Thegorin. Generando gigantesche onde e usandole come copertura, la sua flotta si impadronì del commercio marittimo. Le sue gesta vennero narrate dai migliori bardi e menestrelli delle contee.

Glacea, il primo artefatto insolito per l’imperatrice Medusa. Simile ad un cristallo, il suo potere del gelo si amplificava durante l’inverno divenendo immune al caldo. Una leggenda narra che l’Imperatrice, per impedire che il manufatto venisse trafugato, lo inghiottì divenendo un tutt’uno con esso.

Millenis, invece, scelse la maga Carmun che abitava nelle regioni centrali disabitate da secoli. La sua forma di fiore da dodici petali decretava lo scorrere del tempo ma permetteva anche di fermalo, bloccarlo, rimandarlo indietro o accelerarlo. Con un tale potere, poté riportare la vita ove essa venne eradicata nonostante fosse il destino a decidere.

Evlan, l’artefatto della vita, ritenne degna del suo immenso potere la tessitrice di magie Dahut. Gli abitanti del suo villaggio la consideravano malvagia per il suo umore scorbutico e le bastonate che dava a coloro che la disturbavano. Quando una temibile febbre strappò la vita a centinaia di persone, il capo villaggio la supplicò di salvare più vite possibile grazie alla sua magia, abolendo così il divieto di stregonerie. I pargoli la chiamarono ‘’Dahut, la benevola.’’

Illumiastra, il secondo ed ultimo manufatto insolito, scelse come padrone Valazar il Cieco. La luce e i fulmini di cui era costituito quell’artefatto permise all’uomo di poter rischiarare il buio che lo aveva attanagliato per oltre quarant’anni. I suoi occhi coperti dal velo lattiginoso della malattia, si tinsero di un giallo intenso dalla quale guizzavano impercettibili fulmini.

Da allora, ogni dieci anni, questi sette Arcani si riunivano nel luogo dove le Divinità discesero per accogliere nelle loro schiere nuovi adepti e indossare i loro colori. Il rituale era semplice ma rischioso: ogni primogenito veniva colpito da una scarica d’energia da parte degli Arcani e, se la sua anima e il suo corpo resistevano a quell’intenso potere, veniva accettato.
Se l’invitato, per voler del fato, non sopravviveva a nessuna delle prove, veniva marchiato come Impuro e rimandato a casa. Morto. Per millenni le schiere degli Arcani si riempirono di prodigiosi adepti che vennero ricordati nei documenti storici e le loro imprese cantate ancora oggi, fino al periodo di buio dove nessun primogenito fu in grado di sopravvivere e centinaia furono le vite stroncate.
La giovane Akhelia Vilbaar, scettica della veridicità di tali artefatti, decise di inviare ai grandi Arcani la spilla della sua famiglia come simbolo d’iscrizione al rituale sacro.

E qui, la sua storia, ha inizio.
 
Capitolo I.

6207° anno dalla Creazione Arcana. Ventoscuro, terza capitale della Repubblica delle Tre Spade.
Il sole pallido illuminava pigramente Ventoscuro, terza delle sei capitali della Repubblica delle Tre Spade fondate dall’omonimo ordine di cavalieri, donandole un aspetto tra il lugubre e il surreale. Appollaiata come un corvo, una ragazza dai corti capelli neri osservava le stradine colme di mercatini e venditori esotici, agghindati con sgargianti abiti di stoffa colorata che contrastavano le torri e gli edifici di pietra grigia e basalto. Un uomo dalla folta barba, con una pesante armatura nera con lo stemma della Repubblica inciso sul petto si avvicinò incurante del fracasso emesso dal metallo:
‘’Quello sguardo pensieroso è identico a quello di tuo padre, cara Akhelia.’’- esordì il cavaliere, appoggiandosi al parapetto e si unì anch’egli a quell’osservazione. Non ricevendo risposta dalla ragazza, estrasse dal suo cinturone una lettera con un sigillo in cera lacca e glielo porse, attirando subito l’attenzione.

‘’Gli Arcani hanno ricevuto il tuo invito, e nel tardo pomeriggio uno dei loro messaggeri verrà da te per scortarti al Gran Consiglio. Ora che ho la tua attenzione, spiegami cosa ti turba.’’- continuò lui, impedendo che Akhelia prendesse la lettera.

‘’Mio padre non sa che ho inviato lo stemma di famiglia come simbolo d’iscrizione e…’’- si interruppe notando il sorriso del cavaliere ed impallidì. Conosceva bene quel sorriso, lo aveva già visto sei anni prima durante uno dei suoi allenamenti.

‘’Tuo padre, Sylren, fa parte del consiglio minore della Repubblica ed era mio dovere informarlo. Mi dispiace Akhelia, non ho avuto scelta.’’- aggiunse con tono di rammarico il soldato, sistemandosi i capelli.

‘’Da quando sei diventato Gran Maestro dei Magi, sei cambiato Brifard. Sei diventato fastidioso.’’- rispose Akhelia, dandogli un pugno sulla corazza amichevolmente e che il soldato ricambiò scherzosamente. Le voci concitate dei commercianti giunsero fin sopra la torre dove i due continuarono a parlare del loro passato e del futuro. Quando la campana dell’Alta Meridiana echeggiò il mezzodì, Brifard consigliò alla ragazza di andarsene poiché le sue reclute si sarebbero svegliate dal sonno provocato da lei.

‘’Non sono coriacei quanto te.’’- replicò Akhelia, alzandosi in punta di piedi e scagliando su un tetto lontano il suo rampino. Senza emettere alcun suono, si mosse dalla cima e giunse con un leggiadro balzo sulle tegole incrinate di una taverna.

‘’Sono degli apprendisti, ne hanno da imparare. E devo smetterla di parlare da solo.’’- asserì Brifard, notando che la sua vecchia conoscenza era già lontana. La ragazza correva e saltava da un tetto all’altro, muovendosi come un felino sulle varie impalcature ove i carpentieri la osservavano rapiti o altri le ordinavano di andarsene. Dopo aver superato un palazzo nobiliare, Akhelia notò una persona indossare un lungo abito blu notte con ricami argentei nella stradina sottostante; erano i colori del Consiglio Minore e solo una persona indossava dei ricami argentei. Prima che potesse correre verso casa, la stessa figura comparve sul tetto:

‘’Akhelia.’’- disse l’uomo, con calma glaciale da intimorire la giovane.

‘’Padre…’’- rispose lei, abbassando lo sguardo, imbarazzata e pronta a ricevere la ramanzina tipica di suo padre quando qualcosa lo contrariava.

‘’Brifard mi ha informato della tua iscrizione al Rituale Arcano inviando lo stemma di famiglia. Conosco bene il tuo scetticismo sull’argomento della magia e tutto ciò che non è pratico viene risolto da poteri. Perché lo hai fatto?’’- chiese lui, togliendosi il cappuccio così da mostrare il suo anziano volto ma pur sempre bello da vedersi, coronato da una barba bianca e occhi verdi. Quegli occhi smeraldini così intensi tradivano la delusione sul viso sereno dell’attempato uomo.

‘’Perché tutti considerano gli Arcani esseri potenti e questi artefatti provenienti da un lontanissimo passato non esauriscono mai la loro energia. Quindi voglio vedere con i miei occhi se è tutto vero o solo una menzogna millenaria congeniata solo per le folle.’’- rispose tentennando Akhelia, arrossendo per l’imbarazzo. L’uomo iniziò a ridere e scuotere la testa, come se fosse divertito dalla reazione della propria figlia.

‘’Quel rossore. Identico a quello di tua madre. Ad ogni modo, cerca di non dare troppo peso alle loro parole. Gli Arcani sono sì anziani, ma a causa delle loro continue guerre il loro spirito è duro come la roccia. Andiamo, ci aspetta il vassallo che ci condurrà da loro.’’

‘’Come? Verrai anche tu?’’- domandò sorpresa Akhelia, dimenticandosi di aver commesso un misfatto e attendendo una dura ramanzina dalle sfumature di moralismo e sentimento.

‘’Gli Arcani mi conoscono e mi reputano adatto ad assistere al Rituale, quindi dovrò venire anche io. Non temere, eseguirò con altri Membri dei Consigli la cerimonia di apertura e poi resteremo in disparte. Andiamo, forza.’’- replicò lui, incitando sua figlia a sbrigarsi prima che qualcuno la considerasse una ladra stando ferma sul tetto. Durante il tragitto di rientro, Akhelia poteva scorgere sulle mura della città frammenti di storia della sua creazione, delle battaglie e leggende che caratterizzavano Ventoscuro: vi era un bassorilievo che capeggiava sull’entrate della città da ambo i lati che mostrava uno dei fondatori della Repubblica distruggere da solo una creatura delle ombre. Il fondatore era decorato da foglie d’oro e polvere di diamanti così da evidenziare lo splendore del loro salvatore, mentre per la belva vennero adoperati materiali meno costosi come metallo e vernici ricavate da piombo e vegetali. Una carrozza in legno d’acero passò a pochi metri da loro, con il Sigillo degli Arcani inciso sui vetri opachi, scortata da alcuni uomini che brandivano archibugi dalla canna in bronzo e dai loro fianchi pendevano grosse sacche di cuoio nero. Sulle spalline dei soldati, invece, era dipinto un martello da guerra innalzato su tre merli di una barriera:

‘’Uomini provenienti da ForteFerro?!’’- chiese stupita Akhelia nel vedere quegli intrepidi uomini varcare le porte della Repubblica.

‘’Non sono semplici uomini. Sono tutti generali della Terza Barriera di ForteFerro, la più alta e quasi impenetrabile tra le mura. Ognuno di loro si è guadagnato un posto nel Tomo dei Difensori di Ferro. E non posso far altro che ammirarli.’’- rispose qualcuno a pochi passi da loro. Akhelia e suo padre si voltarono per notare un ragazzo dai capelli castani seduto su un barile, con indosso comodi vestiti giallo ocra e verde. Caratteristica peculiare di quel giovane era una fascia di colore bianco che portava sul braccio destro con l’iniziale del suo nome.

‘’Milziade, bentornato. Sei il solito sapientone.’’- disse Akhelia, abbracciandolo affettuosamente e venendo ricambiata dal ragazzo. Dalla sacca poggiata al suo fianco, Milziade estrasse un piccolo oggetto avvolto da un panno e dei lacci porgendolo alla sua amica. La ragazza, incuriosita, rimosse con cura l’involucro rivelando una vertebra dai bordi acuminati e frastagliati, con piccoli fori su ognuno di esso.

‘’Un piccolo regalo. So che apprezzi i fossili di animali particolari e dunque…’’

‘’Questa è la vertebra di una Tartaruga spinata della Melodia. Le sue ossa sono in grado di produrre suoni che attirano le ignare prede per poi trafiggerle con esse. Per tutte le pozioni, è meravigliosa.’’

‘’C’è l’iniziale del tuo nome anche sulla parte piatta.’’- replicò il giovane, sorridendo nuovamente. Akhelia non ebbe tempo di ringraziarlo nuovamente che lo squillo di una tromba attirò l’attenzione dei cittadini. Il cocchiere, nonostante indossasse anch’egli un’armatura, scese dalla carrozza e aprì la porta consentendo ad uno dei messaggeri di scendere. Tra le mani stringeva cinque stemmi, uno dei quali era della famiglia di Akhelia. L’uomo alzò il primo stemma raffigurante una goccia di giada racchiusa tra due pugnali ed esordì:

‘’Enoch Rune, della famiglia dei Pugnali di Giada, cortesemente vieni avanti.’’

‘’Sono qui.’’- rispose il ragazzo, comparendo da dietro un capanno, con indosso indumenti sporchi d’olio e polvere verde che brillava al sole. I capelli biondi erano rinchiusi sotto una retina dalla trama sottile, mentre il volto era coperto da fuliggine. Il messaggero sorrise e ignorò l’aspetto poco presentabile del giovane, prendendo così il secondo stemma: uno scudo con una foglia cremisi poggiata al centro.

‘’Idalia Vermicolo, del clan dei Foglia-Scudo Cremisi, vieni avanti.’’- non riuscì a terminare che qualcuno atterrò sulla carrozza, coperto da un mantello sgualcito dalla quale sbucava un grande scudo a goccia. Una ragazza dai corti capelli castani tenuti legati da una fascia fu l’artefice di quell’entrata in scena chiassosa. I soldati puntarono subito i loro archibugi e armi da guerra contro la misteriosa ma il messaggero ordinò loro di deporre le armi:

‘’Idalia Vermicolo, del Clan Foglia-Scudo Cremisi agli ordini.’’

Il portavoce degli Arcani acconsentì a quell’inusuale modo di presentarsi e proseguì con il terzo e quarto stemma: una freccia a quattro punte con piccole rune e una coda di scorpione dipinta di giallo scuro:

‘’Cyrix Sagitta, della casata Freccia Argentea e Lilac Strigo, dei nobili dello Scorpione di Bronzo, venite avanti cortesemente.’’

Cyrix, un giovanotto abbastanza robusto uscì da casa sua con il suo pregiato arco in legno di quercia e abiti comuni che tradivano la sua eredità da nobile. Lilac, invece, si presentò con un copricapo simile alle chele di uno scorpione e con una coda che arrivava all’altezza del collo. Il portavoce degli otto Arcani prese l’ultimo stemma, delle corna di cervo legate tra loro:

‘’Akhelia Vilbaar, figlia del Capo del Consiglio Minore Sylren, vieni avanti.’’- annunciò l’ultima persona tra gli sguardi meravigliati dei presenti. Akhelia deglutì per mascherare l’imbarazzo e si presentò al portavoce degli Arcani con serietà.

‘’Perfetto. Ora che i cinque invitati al Rituale degli Arcani sono presenti, vi annuncio che all’imbrunire partiremo per Gran Ossidiana, ove verrete collocati prima che la cerimonia possa aver luogo. Tardate e verrete dichiarati Impuri. Portate solo il necessario così non appesantirete le carrozze all’esterno delle mura.’’- aggiunse l’uomo, riponendo gli stemmi e invitando tutti a proseguire nelle loro faccende. La carrozza si mosse, diretta al Palazzo delle Tre Spade per dare la lieta novella. Milziade restò interdetto a quella scoperta, tanto da aggrottare la fronte e restare in silenzio. La curiosità prese il sopravvento dei due ragazzi, portandoli ad avvicinarsi alle mura ben sorvegliate da golem di metallo alimentati da magia naturale; a pochi metri sulle loro teste, seduto in una piccola costruzione di pietra, vi era uno degli incantatori della Repubblica esperto nella creazione e manipolazione del metallo.

‘’Identificarsi, prego.’’- esordì uno di loro, avanzando per prima e impedendo agli altri di proseguire.

‘’Akhelia Vilbaar e Milziade Eterni.’’- rispose Akhelia facendo le veci del suo amico. Il Golem li osservò con il suo unico occhio dall’intenso blu notte per qualche secondo prima di abbassare la leva del cancello e consentire loro di uscire. All’esterno vi era ancor più vita: tra danzatori erranti, musicisti e altri cittadini del luogo che brulicavano le gigantesche strade. Qualcuno si fermò a pochi passi da loro, avvolto da un pesante mantello sudicio sorretto da un bastone di pietra; la sua mano non sembrava avere nulla di umano, dita lunghe quanto un fuscello ed ossute, vene viola come prugne e il viso sembrava essere pelle fusa ad una maschera.

‘’Uno degli Eremiti del Manto Nero. Ti consiglio di fare attenzione, sanno essere pericolosi nella loro semplicità.’’- bisbigliò Milziade, osservando quel losco figuro tremante sotto il suo mantello.

‘’Sei un saputello, vedo. Noi Eremiti siamo pericolosi solo con la nostra conoscenza. Dalla presenza di queste carrozze, uno dei voi due è stato scelto per partecipare al Rituale degli Arcani…’’- esordì lo strano figuro, muovendo parte del suo cappuccio per mostrare solo un sorriso terrificante. Annusò l’aria e puntò il suo scheletrico indice contro Akhelia, sorridendo sotto il cappuccio.

‘’Tu ragazzina, vedo che sei stata scelta per unirti ad uno degli Otto Arcani. Ma tu, come tutti gli altri ‘vincitori’, non dovreste fidarvi di loro. Non hanno interesse nelle vostre abilità o sentimenti. Ve ne accorgerete presto.’’- riprese, prima di incamminarsi con lentezza e tremori verso una meta ignara. Akhelia e Milziade si scambiarono una rapida occhiata prima di ridere ed incamminarsi verso le strade trafficate. Alcuni alchimisti davano spettacolo con le loro creazioni riuscendo a tramutare alcune monete d’argento in piccole fiamme danzanti, fabbri che dalla loro fornace estraevano maestose spade dalla lama minacciosa, maghi che creavano girandole di pugnali e per incutere timore le scagliavano a pochi centimetri dal viso delle persone. La giovane, osservando quei splendidi pugnali, si ricordò di acquistarne una per difendersi da possibili nemici durante il tragitto:

‘’Milziade, conosci qualche mastro armaiolo nei paraggi?’’- chiese la giovane, aggrottando la fronte alla ricerca di uno di essi. Il giovane, ridacchiando, punzecchiò la sua spalla e indicò l’insegna proprio sopra le loro teste: Bertoldo Splendilama, Mastro nell’arte delle armi bianche. La ragazza sospirò e abbassò le spalle, sentendosi alquanto sciocca.

‘’Già, egocentrico è dir poco. Bertoldo è strambo, ma è uno dei migliori delle Cinque Capitali delle Tre Spade. E anche il più economico.’’- rispose il ragazzo, prendendo per mano la ragazza e conducendola all’interno della struttura a due piani. Una gigantesca fornace di pietra veniva alimentata da una dozzina di mantici automatizzati da un sistema di leve e contrappesi che creavano un gran trambusto.

‘’Bertoldo? Bertoldo, è qui signore?’’- fu Akhelia a chiamare il mastro, senza risposta. Uno scricchiolio provenne da sopra le loro teste che si tramutò poi un fracasso accompagnato dalla caduta di assi di legno, elastici e metallo: in quel groviglio così confuso comparve il viso barbuto dell’uomo, coperto di fuliggine e scottature.

‘’Oh, clienti! Perdonate la mia poco dignitosa presenza ma stavo lavorando ad una speciale macchina per sorvolare i cieli senza emettere rumori ma non regge il mio peso a quanto sembra. Potreste aiutarmi a togliermi da questa ragnatela di materiali, così posso mettermi al lavoro per le vostre richieste?’’- chiese l’uomo, sputacchiando un pezzo d’elastico rimasto incastrato sotto la lingua. Akhelia e Milziade recuperarono delle cesoie tranciando prima il groviglio sulle gambe e poi sul busto, consentendo all’omaccione di rimuovere il resto.

‘’Un peccato, materiali così longevi ma falliscono nel tentativo di costruire altre opere. Comunque, di cosa avete bisogno?’’

‘’Essendo prossima alla partenza per il Rituale degli Arcani, vorrei un pugnale o qualcosa simile per difendermi dagli aggressori durante il tragitto. E se può riparare il sistema di traino del mio rampino.’’- rispose la ragazza, porgendo l’oggetto sul tavolo. Bertoldo recuperò degli occhiali speciali che si muovevano da soli, aumentando o diminuendo la grandezza dell’immagine in chi li indossava. Il mastro armaiolo scosse la testa, affermando di non poter riparare il rampino dato che tutti i pezzi appartenevano al 3° millennio e i materiali erano ormai irreperibili.

‘’Sono dispiaciuto nel non poterlo riparare, è un bell’oggetto e leggero per il suo periodo d’appartenenza. Ti consiglio di trovare qualcosa però che passi inosservato. E adesso pensiamo alla tua arma bianca.’’- aggiunse lui, osservando l’altezza e la corporatura della ragazza trascrivendo le sue considerazioni rapidamente. Una volta terminato recuperò da sotto il bancone un telo chiuso da lacci di cuoio e lo poggiò sulla superficie piana, aprendolo. Al suo interno vi erano cinque pugnali di diversa grandezza e forma. Il primo era un lungo pezzo di metallo che si assottigliava dando la forma della lama e avvolto da una striscia di cuoio e stoffa; il secondo aveva il manico in bronzo e la lama in pietra, semplice ma alquanto pesante; il terzo sembrava essere stato ricavato dagli aculei di un Ferrospino, un porcospino dagli aculei di metallo in grado di infliggere gravi danni; il quarto e quinto pugnale avevano un manico d’osso con incisioni su di esso e legno pietrificato che fungeva da braccio di guardia. Solo il quinto, però, possedeva una scanalatura sul manico e Akhelia ne restò affascinata.

‘’Ottima scelta! Te ne posso forgiare subito uno, dato che questi sono solo da esposizione. Quello stiletto che vedi ha al suo interno cinque aghi della lunghezza di un mignolo, in grado di recidere arterie e causare la morte se non si interviene immediatamente.’’- esordì l’uomo con un sorriso mentre riponeva i cinque stiletti e recuperava il foglio dove vi erano le istruzioni per costruirlo.

‘’Davvero cinque aghi possono fare questo? Non ci credo nemmeno se lo vedo!’’- contestò Milziade. L’uomo alzò il lembo della sua camicia, mostrando una cicatrice a forma di stella colma di punti violacei.

‘’Tre anni fa venni pugnalato con uno stiletto simile. Basta a farti cambiare idea, moccioso?’’- domandò con tono tra il serio e il burlesco Bertoldo, abbassando la camicia da lavoro.

‘’Quando tempo ci vorrà?’’- domandò Akhelia, osservando i raggi del sole filtrare nella stanza, puntando al mezzodì. Il mastro d’armi si grattò la poca peluria sul mento e sotto il naso, riflettendo su quanto tempo avrebbe impiegato nel costruirla.

‘’Tre.’’- disse impulsivamente dopo poco, azionando una leva che provocò la caduta di materiale incendiario nella fornace, avvampando con una bocca di drago.

‘’Tre giorni? Non posso aspettare così tanto!’’- obiettò la ragazza, cercando supporto in Milziade in qualunque modo. Bertoldo ridacchiò girando gli ingranaggi che aumentarono così la velocità del mantice e rispose:

‘’Tre giri di clessidra, ovvero tre ore. Il metallo di quello stiletto si fonde e solidifica rapidamente, quindi sono costretto ad usare polveri e oli per evitare che ciò avvenga. Ecco perché ci vogliono tre ore per forgiarlo. Il costo è di dieci rusck. Ci vediamo a lavoro terminato ragazzi.’’- e così, prendendo un foglio con una tabella disegnata sopra, la diede ai due giovani e li salutò. Akhelia, però, non era molto felice dell’andazzo specialmente dare l’addio al suo fedele rampino che l’aveva accompagnata in tante avventure.

E pericoli. Proprio quando tutto le sembrò perso si ricordò di una donna in grado tramutare oggi comuni in qualunque cosa il suo richiedente desiderasse: Zahra Yoram.

Il giovane Milziade riconobbe l’espressione dell’amica e scosse la testa rifiutandosi categoricamente di seguirla.

‘’Dobbiamo andare da lei Milziade, non abbiamo altra scelta.’’- contestò lei, trattenendogli la mano e impedendogli di avanzare. Giravano molte voci sul ruolo di quella donna, tra le quali la pratica della magia degli abissi, la negromanzia oppure scambiare le anime di due persone e renderle irriconoscibili. La ragazza, notando la risolutezza dell’amico, andò da sola verso l’unico edificio distaccato da tutti gli altri. Sulle assi di legno di quella casa vi erano centinaia di boccioli argentati che si innalzavano a spirale lungo una piccola balconata. La vegetazione che contraddistingueva tutti gli altri palazzi o case in quel luogo era assente, lasciando solo della terra brulla e sabbiosa sotto gli stivali, accompagnato da un fastidioso odore di zolfo.

Bussò alla porta di ferrò che si aprì immediatamente, mostrando quel che sembrava essere una seducente donna dal viso coperto da una maschera sul fondo della stanza. La penombra la rendeva simile ad uno spettro e il fumo che sbuffava dalle fessure del pavimento non giovavano.

’Entra pure Akhelia, sono già a conoscenza del tuo desiderio.’’

   
 
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