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Autore: Liris    28/02/2019    1 recensioni
"Il testimonio mendace perirà; ma l'uomo che ascolta parlerà in perpetuo. L'uomo empio si rende sfacciato; ma l'uomo retto addrizza le sue vie.
Non vi è sapienza, né prudenza, né consiglio, contro il Signore. Il cavallo è apparecchiato per il giorno della battaglia; ma la salvezza appartiene al Signore."
{Proverbi 21: 28-31}

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E' in fuga da sempre, Andrew.
Lotta per la propria libertà, senza rendersi lui stesso conto che è una corsa senza via d'uscita, poiché il destino l'ha legato per sempre ad una strada designata.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Sede della Legione in Golubac
Serbia, 2003

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- Andrew. -
Scandì a chiare lettere il nome, guardando colui che aveva posto la domanda che aveva richiesto una tale risposta. Il corpo immobile nella posizione seduta assunta precedentemente, con le mani a riposo sulle gambe fasciate da pantaloni asettici.
L'uomo parve raccogliere le idee, prima di appuntarsi qualcosa sulla cartellina posta di fronte a lui, sul tavolo d'acciaio. Alzò il volto e puntò i chiari occhi in quelli del bambino, picchiettando ripetutamente la penna sui fogli.
- Un'altra volta: come ti chiami? - Riformulò la domanda, dopo che questa aveva già lasciato le sue labbra per dieci volte, da qui a qualche minuto.
Il bambino alzò appena un sopracciglio, un gesto impercettibile, mentre iniziava a spazientirsi sulla sedia scomoda e dura; si mosse quel poco per trovare una specie di tregua allo stremo al quale era costretto, spostando impercettibilmente gli occhi sul suo interlocutore.
- Andrew. - Ripetè, quindi, mordendosi la guancia interna, avvertendo una sorta di sesto senso delle prossime mosse altrui. Difatti l'uomo rilassò le spalle, borbottando in uno stretto idioma sconosciuto, scribacchiando ancora in modo confuso.
- Sei convinto di questo nome? Perché? Senza indugio l'hai pronunciato già al mio primo quesito. Eppure dovresti sapere che non è quello che ti è stato dato; non è così, A073? - Si pronunciò l'adulto, in una concentrazione di rughe agli angoli degli occhi, mentre si lasciava andare ad un'espressione pigramente curiosa.

Il bambino parve dimostrare un certo indispettimento a quella serie di numeri preceduti dalla prima lettera dell'alfabeto, giocando distrattamente con la pellicina del mignolo sinistro.
- Io sono Andrew. - Ripeté, lasciando che un tono cupo prendesse sostegno della sua voce, facendo viaggiare or ora le iridi castane da un punto all'altro della stanza.
- Perché questo nome, A073? - Insistette il dottore, perché di questo si trattava, mentre riportava con minuziosa perizia i propri accorgimenti sulla scheda dell'esperimento.
- E' il nome che mi appartiene. - Sibilò il più giovane, sottoposto ad uno stress non indifferente.
Pareva che le pareti della stanza fossero in procinto di restringersi addosso a lui, in quell'asetticità che le contraddistingueva. Spoglie, prive di qualsiasi oggetto che potesse renderle meno scarne.
Un silenzio pesante cadde fra loro e l'uomo si voltò verso l'unica porta presente, sulla quale torreggiava una piccola telecamera a circuito chiuso, dalla spia luminosa accesa. Un chiaro cenno d'assenso fece si che, dopo un paio di minuti, si presentasse il capo della sezione.
Andrew stette immobile, in un religioso silenzio, sotto la prova della loro attenzione.

- Abbiamo dei risultati? - Domandò atono, tenendo le braccia dietro la schiena come un perfetto generale di fronte ai suoi sottoposti. Il medico picchiettò pigramente la penna sul tavolo, poggiandosi all'indietro contro lo schienale.
- Difficile a dirsi per ora. Potrebbe essere solo un'autosuggestione della mente. Un nome non riconosce una persona precisa. - Diede la sua diagnosi, guardando il bambino immobile, sentendo il superiore prolungare un respiro a narici spalancate.
- Avremo tempo per appurarlo. - I piccoli occhietti neri si fecero spilli contro Andrew, che sentì la minaccia del sottile sorriso del caposezione, come promessa di patimenti futuri.

 
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Gerusalemme
30 d.C. / 31 d.C.

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La polvere impregnava i vestiti e il sudore ne catturava il pulviscolo, rendendo la pelle ruvida, imperfetta al tatto mentre strati di stoffa la ricoprivano per proteggerla dall'arsura del giorno appena iniziato.
Le vie erano in fermento, sulla bocca di molti ciò che stava accadendo, e sulle labbra di pochi l'urgenza di fuggire. Quei pochi che erano stati gli eletti, che ne avevano seguito i passi fin dall'inizio, dispersi in piccoli gruppi.
Il fiato ormai corto e i piedi dolenti, per le corse sulle vie ciotolate, consunte e nascoste ad occhi vigili, per poter portare la vita in salvo lontano da una persecuzione iniziata la sera precedente.
Il manto a coprire la nuca, a sfuggire agli sguardi delle donne pie che tutto sapevano e sulla loro bocca proveniva la verità, quando già ebbero indicato Pietro come discepolo di quello sciagurato chiamato il Cristo.

Andrea non sapeva dove si trovava il fratello, non conosceva l'ubicazione degli altri oltre a coloro che gli stavano accanto e che lo guidavano con più coscienza: di una cosa tutti erano sicuri, e cioè che Gerusalemme non poteva essere luogo sicuro in quel momento, sapendo il Messia sotto giudizio degli stessi romani che la occupavano.
Eppure, se fosse stato per lui, avrebbe seguito quei passi e visto con i suoi occhi il sangue colare dalla schiena barbaramente esposta al colpo della frusta; ne avrebbe sentito le urla e avrebbe stretto le mani della Madre, perché insieme a Giovanni era quello che più di tutti ne comprendeva il messaggio dalle labbra sempre sorridenti.

Ed invece era lì, con Giacomo il Minore e Matteo, a trascinarsi lontani dalla calca maggiore; fuggivano come piccoli roditori terrorizzati, dopo l'arresto avvenuto nei giardino di Getsemani, dove loro s'erano accampati, come richiesto dallo stesso Gesù.
Celato spesso dietro alla stoffa del manto che ne copriva il capo, occhi a sondare ogni volto che di lì passava, accodandosi al resto della massa per andare ad assistere alla morte del Nazareno.

- Di qua - Sussurrò Giacomo, sospingendolo gentilmente verso una seconda via, fra basse case di pietra, calcando i passi sull'acciotolato, che produsse piccoli sbuffi di polvere. - Prenderemo la strada dei campi. Appena le acque si saranno calmate torneremo in Gerusalemme per riunirci agli altri. - Spiegò spiccio, mentre Matteo annuiva in modo assente, ancora negli occhi la furia delle guardie del Sinedrio che avevano afferrato con forza il loro Maestro.
Andrea non pronunciò parola, in silenzio fra i due nel proseguimento della loro fuga, mentre la fiorente città rimaneva alle loro spalle e davanti a loro s'aprivano le campagne silenziose.
Giù per una piccola discesa, un muretto di pietre ad accompagnarli sulla destra, ed il sole ormai alto nel cielo; i loro passi erano silenziosi come le loro bocche, cucite in un tacito rispetto per quanto accaduto. Il cuore a tamburellare nei loro corpi scossi, rimbombando nelle orecchie fino a far male.

Troppi pensieri ad affaccendarsi nella loro mente, e soprattutto in quella di Andrea che si domandava quesiti senza via di risposta.
Quel tacito silenzio fu interrotto solo da un esclamazione di sorpresa dello stesso figlio di Giona, quando nello discendere lungo il campo del vasaio il piede destro incespicò su una piccola roccia, facendogli perdere l'equilibrio. La presa di Giacomo sul suo braccio gli evitò la caduta, ma tutt'altro ebbe da destare reazione nel corpo del più giovane del trio.

Nel rialzare lo sguardo le pupille si dilatarono e il respiro mancò nel corpo avvolto da strati di stoffa impolverata.

Avvertì solo in minima parte l'esclamazione di sorpresa di Matteo, mentre un nome usciva dalle labbra di Giacomo con tono duro, anche se solo sussurrato.
Incespicò sui suoi passi, Andrea, quasi come se fosse incapace di ricordare come si ponesse un piede davanti all'altro.
La mancina andò ad appoggiarsi sulle pietre di un basso muretto, in una ricerca spasmodica di sostegno per il corpo afflitto. Il respiro a mancare nei polmoni, insufficiente a permettere al cuore di pompare nuovo sangue.
Aveva perso quel battito, il ritmo distrutto, come lo fu l'intera sua anima a quella vista.
E la negazione giunse feroce nella sua mente, a ripetersi che non era accaduto, che non era stato tanto sciocco da compiere un gesto così folle.

Il corpo era abbandonato al ciondolare incostante, tenuto ancorato a mezz'aria per mezzo di quella corda stretta intorno al collo ormai segnato dalla presa ferrea.
Le labbra cianotiche, la pelle cadaverica e lo sguardo perso nel vacuo abbandono della morte.

Andrea scacciò la mano che Giacomo aveva proteso verso di lui per arrestare i suoi passi, avvicinandosi all'albero ricurvo che era stato mezzo per uno di loro di un gesto tanto estremo.
- Andrea. Dobbiamo andare. - Le parole spicce di Matteo diedero al fratello di Pietro un senso di nausea alla bocca dello stomaco, mentre i passi s'erano interrotti di fronte al corpo privo di vita di Giuda.
D'un tratto sembrava quasi come se avesse dimenticato come si respirasse, come si compissero gesti tanto semplici.
Strinse la presa sul proprio petto, artigliando la stoffa che lo ricopriva, mentre il cuore compiva pochi battiti e la testa girava ferocemente.
Domande senza esiti rivolte a quel Dio che s'era fatto beffe di suoi figlio, mandandolo a morte, e che s'era servito di uno dei suoi discepoli per emettere la sentenza di tradimento.

Non s'era nemmeno accorto della vicinanza di Giacomo e delle mani sulle sue spalle, mentre le lacrime avevano appannato la vista e la mascella s'era irrigidita.
- Andrea andiamo. -
- Taci... - Fu il sibilo, il sapore delle sue stesse parole ad invadergli la bocca fattasi asciutta.
Prese respiro, l'unico suono che sembrò sentire, mentre l'inasprezza di Giacomo nemmeno lo tangeva. 
- Dobbiamo tirarlo giù - Sussurrò, cercando di avvicinarsi, non più fretta a premere sulle proprie azioni, come vigente in un mondo a parte.
- Scordatelo! E' lì che merita di stare un traditore. Preda degli avvoltoi che ne mangino le carni. - 
Una tale ingiuria ebbe solo modo di far reagire Andrea, che si scostò da lui, guardandolo con occhi sbarrati dall'orrore e dalla pena, mentre Matteo seguiva in silenzio la diatriba.
- Era un nostro fratello, Giacomo! Come puoi anche solo idealizzare una tale frase e un tale pensiero? -
- Ha consegnato il Rabbi nelle loro mani con un bacio! Ragioni con mente annebbiata Andrea! C'eri anche tu. - S'alzò la voce dell'apostolo, mentre Andrea ne riceveva l'affronto con stoicità, cercando di mascherare le lacrime con la rabbia.
- Lo sapeva...Lui lo sapeva e non l'ha impedito, ma lo ha esortato a proseguire nelle sue azioni. Non lo difendo, no... - Sussurrò, sentendo la sua stessa voce vacillare, tremare di fronte allo sguardo duro degli altri due. -Ma saremmo peggio delle bestie a lasciarlo così. Vi prego- Spostò gli occhi su uno e poi sull'altro - Vi prego aiutatemi... -

Era come scontrarsi con un irto muro e ne fu ulteriormente angosciato, mentre non riusciva nemmeno a guardare il suo corpo oscillare sopra le loro teste.
La stretta al cuore resa insopportabile, il respiro a graffiare la gola.
- Vi prego, non possiamo...non.. - Si portò una mano sulla bocca, sapendo d'apparire sciocco e debole di fronte a loro, ed indietreggiò quando duramente Giacomo si fece avanti per afferrarlo per la spalla.
- Ci penseranno i romani o chi per loro a tirarlo giù dalla sua scelta. Che sia monito per noi a ciò che ci aspetta se voltiamo le spalle a Dio. -
- Parli come un ignorante, Giacomo! Hai dimenticato i Suoi insegnamenti?! Il Messia è dunque andato incontro alla furia del Sinedrio per vedere le proprie parole diventare polvere?! - Lo gridò, feroce come una bestia braccata di fronte al cacciatore con il bastone e il fuoco ben in vista. - Non permetterò che il corpo di Giuda rimanga così, e né tu né Matteo potrete sbarrarmi la strada. - 

Si voltò per rendere reali i suoi desideri, pronto ad avvicinarsi al tronco dell'albero ricurvo per slegare il nodo della corda.
Ma la presa ferra di Giacomo lo colse alla sprovvista e lo allontanò dai suoi intenti.
Scalciò e cercò di scivolar via dalle braccia forti dell'altro apostolo, ma Matteo ci si mise in mezzo e fu impossibile combattere con entrambi.
Potè quindi solo lasciarsi andare a quel pianto disperato che da tempo premeva nella gola, come un groppo doloroso. Le gambe tremarono, quasi cedendo al peso del corpo, mentre le spalle lottarono ancora e la mano si protese verso quel corpo privo di vita.
Continuava a supplicare i suoi "fratelli", misericordia ad uscire dalle labbra bagnate di lacrime, che non venne accolta da nessuno dei due, soprattutto quando avvertirono i passi di un gruppo di persone: che fossero contadini o gli stessi soldati del Sinedrio non seppero dirlo.

Fu letteralmente trascinato via, con nel cuore e nella mente l'ultima immagine di qualcuno che non avrebbe mai meritato una tale scelta, anche dopo ciò che aveva compiuto.
"Per il tuo nome, Dio, per la tua volontà ha compiuto un tale gesto. Perché hai dato a lui questo fardello? Perché lui, fra tutti..."

Pregava dentro di se e ancora cercava risposta a domande che sarebbero rimaste per anni nel profondo del suo cuore angosciato.
Ad immaginarsi scena diversa, le mani che tremanti andavano a sciogliere nodo e calare il peso del corpo fino a terra.
A stringerne il viso freddo, a pregare per i suoi peccati e chiedere perdono in sua vece.
Avrebbe dato tutto per poterlo stringere a se e dar sfogo al dolore che attanagliava il cuore fattosi semplice organo grondante sangue.

Tutto ciò che poté solo provare fu la negazione di quell'unico desiderio, masticando l'amara realtà del proseguimento della fuga verso la Galilea.
Le lacrime rese aride dal calore del sole sulle guance segnate da residui di scie salate.
Nemmeno il risentimento verso i due fratelli di preghiera ed esilio, poiché i Suoi insegnamenti non lo permettevano, in quel cuore fattosi sabbia.

Null'altro che il nulla.

 
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Le pareti della stanza sembravano incrinarsi, storcersi e racchiudersi intorno al giaciglio dove poco prima era stato accolto il sonno tormentato da incubi sempre più ricorrenti.
A nulla erano valsi i farmaci, le costanti cure che venivano somministrate anche agli altri tre giovani: Simon e lui sembravano subire maggiormente gli effetti del rituale.
Se durante il giorno le cose potevano essere in un dato equilibrio, la notte era un tormento infernale.

Non ce ne era una, che fosse una, dove il sonno poteva dare ristoro alle membra stanche, rendendo al corpo le ore spese in giornate di fatica.
Il sudore ne imperlava la pelle, le coperte s'arrotolavano intorno alle caviglie e la sensazione dell'essere in trappola si accentuava, portando quell'incubo ad un'amara realtà terrena.
Se c'era una tortura assoluta, per Andrew, era il semplice ordine: "Le luci si spengono, dormite".

Ed eccolo, come si trovava, mezz'ora dopo.

Un urlo strozzato, ormai morente nella gola arsa dal troppo parlare, dal pregare e invocare quel Dio che l'aveva sacrificato come un'agnello sull'altare.
Le mani tremanti a stringere convulsamente le braccia di chi, in quel momento cercava di tranquillizzarlo.
Più di una volta aveva preso a pugni quelli che erano accorsi di fretta nella stanza, scalciando come un mulo impazzito, poiché non riconosceva il luogo stretto nel quale si trovava. Quelle celle di pietra e metallo, che avevano l'odore di stantio.

Solo Giacomo sapeva come afferrarlo, bloccandogli i movimenti nel mentre che le urla si quietavano al suono della sua voce rassicurante.
- Va tutto bene Andrew. Sei qui, non c'è nessuno che ti farà del male. E' tutto passato. - 
Sapeva che erano solo parole di circostanza, dettate per placare quegli incubi e far tornare il respiro ad un ritmo pacato.
Nulla andava bene, tutti in quella struttura sembravano essere intenzionati a studiare la soglia di dolore e follia che poteva intercorrere nei loro giovani corpi, e fin da quando erano solo bambini ne avevano subite di cotte e di crude.

Ma Jimmy era il più grande, lì dentro, il maggiore anche se colui che dimorava nel suo cuore era detto "Il Minore".
Lo cullò, come ogni volta, continuando quella litania di parole ed Andrew riuscì a rischiarare i suoi pensieri mentre il battito tornava costante.
E sopraggiungevano le lacrime, a sovverchiare quel connubio di informazioni non sue: ricordi spezzati di una vita colma di dolore che stavano facendo letteralmente impazzire quell'anima pia.
Tirò indietro la nuca e l'appoggiò sulla spalla di Jimmy prendendo un fiato grave.
Domandò, il compagno di sventure, cosa avesse sognato questa volta, come se parlarne avrebbe scacciato via l'irreparabile senso di ansia e dolore.

Ma scosse la testa, Andrew, evitando di rispondere.
Non quella volta. Sapeva che avrebbe fatto infuriare l'altro, e non se la sentiva di affrontare un deleterio discorso. Non in quel momento.

Non di nuovo
   
 
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