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Autore: Vera_D_Winters    04/03/2019    1 recensioni
Tributi:
Sabo e Zoroko
Ace e Kidda
Pell e Miss Doublefinger
Kobi e Tashigi
X Drake e Lawiko
Izou e Whitey Bay
Paulie e Kalifa
Wiper e Nami
Sanji e Shirahoshi
Marco e Nico Robin
Ichiji e Reiju
Bartolomeo e Rebecca
Settantacinque anni fa i pirati di Raftel insorsero per rivendicare la propria libertà dal governo mondiale oppressivo e totalitario. Attraverso la marina ed altre organizzazioni governative però, tale ribellione venne sedata con il sangue ed ogni isola tacciata di essere rifugio dei pirati venne distrutta.
Solo dodici isole vennero risparmiate dalla furia dei nobili di Marijoa, e per far si che gli orrori del passato non venissero ripetuti, ogni anno da quel momento in poi ogni isola ebbe l'obbligo di offrire in tributo un giovane e una giovane del luogo, affinchè questi partecipassero ai "Giochi dei Sette Mari", un torneo all'ultimo sangue da cui un solo tributo può uscire vincitore.
Tutto proseguì dunque in questo macabro ordine, almeno fino ai settantaquattresimi giochi, nei quali uno dei giovani provenienti dalla più povera e cupa delle isole, sfidò apertamente Marijoa e il Presidente in carica Akainu.
Cosa succederà dunque nell'incombente edizione della memoria?
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akainu, Altro Personaggio, ASL, Famiglia Vinsmoke, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Gender Bender, Violenza
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Quella stessa notte furono distrutte molte vite nei distretti che trovarono la forza di ribellarsi.
Sembrò quasi di essere tornati alle rivolte dei cento anni di buio, ma nemmeno quel'ultimo gesto di sfida servì ad evitare ciò che quel mattino doveva accadere.
Era stato solo altro sangue versato, su quello che sarebbe corso a fiumi nell'Arena.
I ventiquattro tributi erano già stati divisi infatti in altrettanti corridoi differenti, senza ritardi o intoppi, per permettere loro di compiere l'ultimo cammino che li avrebbe condotti direttamente al patibolo. Non vi era stato nemmeno modo di riuscire a scambiarsi almeno un'ultima parola, scortati a vista dai Pacificatori della Marina com'erano.
Marco e Bay si erano scambiati un solo ed unico lunghissimo sguardo carico di parole non dette, mentre Ace aveva strizzato l'occhio alla spadaccina dai capelli verdi del dodici. Si era preso una bella cotta, e giustamente pazienza che stesse andando probabilmente a morire, e che altrettanto probabilmente si sarebbe dovuto battere con lei. Non poteva esimersi da fare lo spaccone in nessuna situazione lui.
Kidda dal canto sui invece, si era fatta scortare stranamente in silenzio, stretta nella sua pelliccia rossa, così come avevano fatto i Vinsmoke, impassibili nel loro avanzare. Da due fratelli ci si sarebbe aspettato un minimo di interazione in più, ma da loro era giunta solo freddezza.
Quando ormai quasi tutti erano stati incanalati verso la loro ultima destinazione, fu però Rebecca a creare il caos: a metà del proprio corridoio sembrò essere colta infatti da un panico improvviso che la spinse a provare a scappare via. Mossa inutile e stupida ovviamente, dato che immediatamente venne abbattuta con un sedativo sparato nel braccio, e trascinata ugualmente nel tubo che l'avrebbe trasportata sino alla Cornucopia, dove sarebbe stata un bersaglio più che semplice stordita com'era dai tranquillanti.
Davanti a quella scena sia Sabo che Wiper mossero entrambi un passo verso la giovane, ed entrambi furono bloccati all'istante. Il biondo tuttavia, era stato afferrato non dai pacificatori, ma dal proprio stilista, Ivankov, che lesto gli sussurrò anche all'orecchio:
« Non ora. Ricorda chi è il vero nemico. »
Quelle erano state anche le parole di Dragon-San. Una sorta di monito, o forse qualcosa di più.
Sabo annuì e diede un ultimo caloroso e grato saluto all'omone dai ricci capelli violacei, prima di essere scortato via.
Mentre veniva fatto entrare nel tubo elevatore trasparente però, un nuovo grido squarciò la calma, facendolo voltare per lanciarsi fuori a razzo verso la strada da cui era arrivato. Troppo tardi però, ormai era chiuso dentro, ed il rullo cominciava a trasportarlo verso l'alto.
« IVA!»
Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, battendo ripetutamente i palmi aperte contro la superficie in vetro fortificato. Non poteva vedere cosa stesse accadendo, ma le urla dell'okama erano terrificanti, ed erano altresì sufficienti a dargli un'idea di quanto stesse avvenendo: una punizione per lui, non per colui che stava venendo torturato. Una punizione per essersi innalazato dove non avrebbe dovuto.
Calde lacrime di rabbia gli solcarono le guance, prima che il riverbero del sole lo colpisse in pieno, offuscandogli la vista per qualche secondo e riportandolo bruscamente alla realtà.
La superficie in vetro si ritrasse, e lui rimase solo sul proprio piedistallo. Girò su se stesso, prima per controllare che ci fossero tutti, poi per farsi un'idea di come fosse stata strutturata l'Arena.
Il conto alla rovescia era già iniziato inesorabile e brillava dorato nel cielo, lì dove la cupola invisibile che delimitava quel luogo, proiettava immagini.
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Sabbia, attorno a loro c'era soltanto sabbia.
Il calore del sole era bruciante, e non sembravano esserci ripari disponibili, almeno nell'imminente circondario.
Dune, dune, soltanto dune. Quelli di Alabasta perlomeno sarebbero morti sentendosi a casa...
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La Cornucopia si ergeva imponente nella raggiera creata dai ventiquattro piedistalli, una struttura nera, austera e minacciosa, ornata sulla superficie con spuntoni argentei dall'aria letale.
Al suo interno gli zaini e le armi erano uno specchio per le allodole, ma soprattutto una fonte d'acqua zampillava fresca ed invitante.
Quei bastardi avevano messo l'unica fonte di sostentamento lì?
Che razza di strategia era?
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Ah ma certo... improvvisamente Sabo vide tutto chiaramente.
I Giochi non sarebbero durati giorni come al solito, ma ore. Solo ore. Akainu non poteva permettersi ulteriori passi falsi, ulteriori scherzi da parte dei tributi. Li avrebbe distrutti lì, tutti in un colpo solo o quasi, e senza nemmeno muovere un dito di persona.
La fratellanza mostrata nei giorni precedenti infatti, si sarebbe affievolita in un secondo di fronte a quelle impervie condizioni.
Bastardo... Bastardo dittatore maledetto.
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Spasmodicamente Sabo cercò lo sguardo di almeno qualcuno degli altri Tributi, ma ormai si erano piegati quasi tutti sulle ginocchia pronti a compiere lo scatto che li avrebbe portati alla Cornucopia, unica ancora di salvezza in quel mare desertico.
Ovviamente, volevano sopravvivere, e come dargli torto?
In fondo per quanto si fossero opposti a quella infausta situazione, nessuno di loro voleva rivoluzionare le cose, ma solo tornare a casa dalla propria famiglia, al sicuro. Avrebbero combattuto ognuno per sè, e Akainu avrebbe vinto.
Maledetto.
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Sabo voleva gridare, dire a tutti di fermarsi, ma aveva come l'impressione che se lo avesse fatto, gli Astri diSaggezza, Strateghi da generazioni, avrebbero buttato loro addosso una bomba o qualcosa del genere, costringendoli in qualche modo a fare lo sporco gioco di Marijoa.
Fu così dunque, nei disperati secondi che si rincorrevano, che il biondo decise che avrebbe fatto da solo la differenza. O almeno che ci avrebbe provato.
Se doveva morire infatti, lo avrebbe fatto alle sue regole e non a quelle di qualcun altro.
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Il colpo che dava inizio alla battaglia esplose nel fragore di un tuono, ed in effetti Sabo scattò come tutti gli altri... solo correndo dalla parte opposta.
Alle sue spalle in pochi secondi sarebbe cominciato un massacro cui non voleva nè assistere nè prendere parte, ma soprattutto desiderava avere il tempo di crearsi una valida strategia a propria volta.
Corse, corse a perdifiato, ignorando il pressante calore che lo stava già facendo boccheggiare, tanto concentrato da non rendersi nemmeno conto di non essere da solo.
« Se hai un piano, questo è il momento di esporlo. Zoroko ha detto che recuperava una spada e poi ci avrebbe raggiunto in qualche modo, quindi dobbiamo darci una mossa. »
In uno scatto stralunato Sabo voltò allora la testa alla sua destra, giusto in tempo per vedere Ace che lo affiancava senza sforzo.
« Io non ho un piano. »
Rispose allora sincero, nonostante lo sbigottimento, facendo nascere nell'altro un sorriso che era a metà tra l'incredulo e il divertito.
« Oh, perfetto. Allora immagino non ci resti che correre. »
E quello fu esattamente ciò che fecero.
Spalla a spalla corsero tra la sabbia bollente, allontanandosi dalle grida belluine che cominciavano a risuonare dietro di loro.
 

 


// si ogni tanto torno con questa storia. Ho scoperto di avere poca ispirazione per questa trama, ma ormai ero in ballo, e anche se piano piano, la voglio finire. A preso //

 

 

   
 
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