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Autore: alessandroago_94    06/03/2019    10 recensioni
Due brevi lettere introspettive scritte per il Contest “Caro amico ti scrivo”, indetto da Gella sul suo profilo Facebook.
Seconde classificate al Contest.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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23 aprile 2019

Forlimpopoli, 23 aprile 2019

 

 

 

Carissimo Giovanni,

certo che ne hai impiegato di tempo, per rispondermi!

Sto scherzando, naturalmente.

Però mi aspettavo che… non saprei, ecco… come dire. Be’, forse mi aspettavo una risposta più completa da parte tua.

Invece ho atteso tutto questo tempo per leggere solo due righe molto filosofiche.

Ti sei limitato a scrivermi che, prima di tutto, devo imparare a volermi bene da solo. Quando ho letto questo scarno concetto, ho pensato subito; che aiuto! Grazie, davvero. Questa tua risposta l’ho attesa con trepidazione per lunghissime settimane, e tu mi hai liquidato con una frase spiaccicata lì sulla carta, come un qualche consiglio appena sfornato dal saggio del villaggio.

Sì, non ti nascondo quindi che sono rimasto deluso. Ho aspettato qualche giorno prima di risponderti, infatti. Dovevo a mia volta raccogliere le idee, capire quello che mi avevi scritto. Temevo di aver frainteso o di aver fatto la figura dello sciocco, del deficiente di turno.

Ammetto che mi sono vergognato un po’.

Poi, a mente fredda, ho compreso. Dopo due giorni dalla prima frettolosa lettura, ho riletto di nuovo quello che mi avevi scritto.

Uhm. Puoi notare le mie meningi che ancora fumano, nell’atto di ragionare! In ogni caso, penso di aver compreso quello che volevi dirmi, e se ho sbagliato interpretazione correggimi pure, per favore. Anche per telefono, oramai non ha più importanza.

In verità mi sono reso conto che farmi ragionare era proprio la tua intenzione, vero?

Ora che ho riflettuto, ho capito tante cose.

Prima tra tutte, che hai ragione. Come posso pretendere di essere qualcuno per gli altri, quando mi sento nessuno anche per me stesso? Non dirmi ora che è stato il mio turno di fare il filosofo, per carità, ma una domanda filosofica richiede una risposta che la eguagli.

Sto ancora scherzando, carissimo!

Come ti stavo dicendo, infatti, questo mio continuo buttarmi giù è principalmente colpa mia. Ho analizzato i miei problemi e ciò che mi spaventa, rendendomi conto che continuo ininterrottamente a mettere mattoni sul mio muro.

Sono io che mi isolo. Sono io che non mi amo e non mi accetto. Sono io che voglio farla finita perché mi sento una delusione e un peso.

Sono sempre io quello che cerca rifugio nel cibo, nella ghiottoneria sfrenata. Con passività, tra l’altro, e senza mai cercare di fare qualcosa di concreto per interrompere questo processo ormai avviato da troppo tempo.

Le tue parole mi hanno sussurrato che devo provare a cambiare punto di vista, e ci ho provato. Mi sono alzato una mattina e mi sono detto; oggi sarò qualcuno. Lo sarò per me. Nonostante il mio carattere poco socievole, mi sforzerò di sorridere al prossimo e di stare a testa alta, fiero di me stesso.

Poco dopo aver riletto la tua risposta, ho preferito uscire per schiarirmi le idee. Ebbene, mentre mi concedevo una passeggiata lungo la spiaggia, ho notato qualcosa di insolito che mi ha aiutato a capire meglio ciò che tu hai espresso nello scritto che mi hai spedito.

Nel mezzo dell’indifferenza generale, un ragazzo mio coetaneo stava lavorando, munito di guanti e di un sacco apposito per la raccolta differenziata dei rifiuti. Questo giovane si stava dando da fare a raccogliere tutte le schifezze umane che il mare, ogni giorno, riporta alle nostre spiagge.

Non ti pare una sorta di vendetta naturale? Noi trattiamo il mare come una discarica, gettandoci plastica, vetro… senza alcuna premura. Ed ecco che esso ce lo riporta a riva, con disgusto, come se anch’esso disprezzasse l’essere umano.

Tornando a noi, ebbene, questo giovane raccoglieva tutti i rifiuti sparsi sulla spiaggia e li puliva con attenzione dalla sabbia, sbattendoli per bene. Poi, uno a uno, li metteva nell’apposito sacchetto. Si trattava più che altro di plastica, c’erano bottiglie di ogni genere e frammenti di reti dei pescatori, quindi la raccolta differenziata non era complicata. Il suo però restava un immenso gesto di coraggio.

Alcuni passanti lo guardavano con sospetto. Come a dire; questo è bacato.

Io invece l’ho osservato e, cavolo, sono rimasto folgorato dal suo coraggio. Ho realizzato in fretta che lui stava lavorando anche per me, per noi e per la Natura, sforzandosi di ripulire ciò che appartiene a tutti.

Nel bel mezzo di gente che passeggiava e se ne fregava di qualunque cosa, questo giovane aveva scelto di dedicare il suo pomeriggio libero a un gesto che mi è parso eroico.

Il pomeriggio di un giorno festivo, tra l’altro.

Chi tra noi, io stesso in primis, può eguagliare quel suo grido nel deserto? Fossi forte come lo è lui…

Mi sono sentito una merda. Tutti lottano per qualcosa; chi per trovare uno spazio per sé, chi per cambiare il mondo, anche solo tramite piccoli sacrifici personali. Ed io, invece? Per cosa lotto?

Mi sveglio ogni mattina sperando di morire. Mi affogo nel cibo, tanto i soldi li ho ereditati, non mi mancano. Ecco, questa è la mia vita! La mia cazzo di vita!

Scusa per lo sfogo, ma ho le lacrime agli occhi. Da domani sarò io il ragazzo che indosserà gli appositi guanti e andrà a pulire la spiaggia, e finalmente all’aperto lascerò che i miei pensieri viaggino verso altri porti. Starò lontano da ogni mia dipendenza malsana, e… e… e mi vorrò bene! Vero? Tu che ne pensi?

No, mio caro amico! Queste sono solo buone intenzioni impresse sulla carta. Infatti, da quando sono tornato a casa da quell’uscita a testa alta, non ho fatto altro che sentirmi ancora più una nullità. Mi sono davvero vergognato di me, di quello che sono…

Il problema in realtà non sono i miei pensieri, le mie mangiate, la mia obesità, la mia scarsa voglia di fare le cose o di cambiarle in meglio. È che non mi voglio bene.

Non so apprezzarmi né accettarmi. Sono succube di tutto questo.

Mio caro amico, questo è per l’appunto un circolo vizioso dal quale non uscirò mai. La mia mente è un labirinto tortuoso, non trovo vie di fuga.

Adesso mi riprometto da giorni che mi vorrò bene, ma non ci riesco mai davvero. Quella mattina trascorsa a osservare il coraggioso ragazzo mi ha abbattuto ancora di più.

Potrei rivolgermi a uno psicologo, e parlargli un po’. Servirebbe, che ne dici?

La verità è, però, che in fondo non voglio essere aiutato. Sto benissimo così e non voglio cambiare. Citando il nostro amato Cremonini, Ma in fondo io sto bene qua, tra le reti del mio circo che non va.

Sono un Pagliaccio come quello di quella canzone, e se sciolgo il trucco che mi dona questa maschera che ancora a volte è in grado di sorridere, vedo un qualcosa di informe. Un buco nero di paure e di disprezzo.

È anche per questo che io non merito di essere aiutato; non voglio esserlo e non lo merito.

Io merito tutto questo.

Merito quello che sono.

Cambiare è difficile, e aspirare al cambiamento significa solo volersi mettere in gioco. A me non va di farlo. Non va perché sono viziato e sono sempre stato abituato ad avere tutto senza un minimo sforzo, quindi ho perso anche il mio istinto di sopravvivenza, oltre al senso di adattamento. Anche Darwin mi darebbe per spacciato.

Sono un uomo dalla mente che non funziona, come puoi notare.

Adesso basta, però. Non ho altro da aggiungere. Prendi queste mie tristi parole come se fossero un pensiero scritto alle due di notte, senza alcun fondamento.

Fingi che sia così, è meglio.

Non so se ci sentiremo più; sicuramente, quando ti arriverà questa lettera io avrò già consumato il mio dramma. L’attrazione misera che provo per quella corda appesa al soffitto è una sorta di macabra curiosità autolesionista, e non riuscirò a tenerla a bada a lungo.

Se verrai a sapere di qualcosa di brutto, questa lettera ti consolerà, poiché è una sorta di mio testamento che lascio a te, mio fedele amico. Te lo lascio affinché tu non sia affranto per l’accaduto, sempre se lo sarai.

Quello che sto per fare, in fondo, non solo me lo sono meritato, ma l’ho anche assecondato e cercato. Invocato.

Tanto non sarò mai l’uomo che fa la differenza. La persona che sacrifica qualcosa di sé per un’ideale di sopravvivenza, o per il prossimo. Non sono abituato al sacrificio fisico, ma solo a quello dell’anima.

Ti auguro tante belle cose, e di realizzare ogni tuo sogno nel cassetto. So che ne hai ancora tanti, qualche volta me ne parli.

Tante belle cose, sperando che il Destino sia sempre clemente nei tuoi confronti.

 

 

 

Un abbraccio,

il tuo carissimo amico Alex.  

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Che dire… due lettere scritte di getto. Non posso aggiungere molto altro, lasciando la parola alla nostra gentilissima giudice, che ringrazio molto per avermi concesso di partecipare alla sua interessante sfida ^^

Grazie a tutti.

 

 

   
 
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