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Autore: Elgas    08/03/2019    19 recensioni
[Primo Atto, Till The End of The Time
Kingdom Hearts 3 Alternative Ending (no DLC:ReMind)
Crossover: personaggi tratti da Bleach, Blue Exorcist, Full Metal Alchemist Brotherhood]
N.B. Lettura Pc. Lettura Angolo Autrice.
***
1. Luxord.
Al contrario il dubbio sorgeva nell’impossibilità di comprendere, minando ogni convinzione,
base, regola.[...] Una partita a scacchi, un’innocente partita a scacchi, si tramutò all’improvviso
in una chimera; quell’uomo l’incarnazione stessa del dubbio.
2. Aqua
Il cuore sussultò… e questa volta fu il terrore; l’assalì, violento e improvviso come una tempesta;
trafisse corpo e mente distruggendo ogni speranza, ogni luce.
3. Luxord
Un coltello, il bagliore della lama, l’odore metallico; un rosso scarlatto a dipingerne il palmo e la
sabbia sottostante. Rimase indifferente Le Vaar, fissando quasi divertito il taglio appena procuratosi.
4. Axel
La coscienza ribollì gettandogli in faccia l’amara e cruda verità. Ventus ne era stata la semplice anticipazione,
niente di più e niente di meno.
5. Luxu
《 [...] Ognuno rappresentava... quelli che nel mio Mondo si definivano peccati capitali; Aced...Accidia, Ava…
Avarizia, Gula… Gola, Invi… Invidia, Ira… beh questo è rimasto invariato! Infine tu… Lussuria. Ora rispondimi...
sei mai affogato nel tuo peccato,
Genere: Angst, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Aqua, Axel, Luxord, Xigbar
Note: Cross-over, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Till the End of the Time'
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1. Beyond the Board



Osservare, pianificare. Così riassumeva il proprio modo d’agire; modo applicato fin dal
principio di quella missione così importante per l’Organizzazione, o meglio la nuova
Organizzazione sotto la guida di Xehanort. La ricerca della Black Box, in un Mondo zeppo
di pirati, canaglie, assassini e dove i forzieri abbondavano come funghi, era cominciata
con un’accurata raccolta d’informazioni; dicerie, leggende, documenti antichi, mappe,
parole origliate nelle bettole di Tortuga, o sussurrate da una bella donna nella camera di
un bordello… fino a giungere allo scrigno di Davy Jones, Capitano dell’Olandese Volante;
l’unico oggetto le cui caratteristiche si avvicinavano alla Black Box. Per trovare il vascello
maledetto inoltre era indispensabile l’aiuto di Jack Sparrow, con cui Jones aveva parecchi
conti in sospeso. Sparrow e ciurma però erano spariti nel nulla e lo Sfidante del Destino si
stava adoperando a creare una flotta Heartless, con fregate simili a quelle native, con cui
setacciare ogni angolo dei Caraibi senza destar sospetti.
Osservare, pianificare, agire, con scrupolosa attenzione. Nella propria meticolosità Luxord
preferiva muoversi da solo, specie in Mondi ben conosciuti e dove l’immersione era
fondamentale. Peccato qualcuno non riuscisse a comprendere un concetto così basilare.
Vexen sarebbe giunto il giorno seguente per assisterlo; una scusa banale allo scopo di
soddisfare la sua irritante curiosità; ammirar da vicino Davy Jones, l’essere in grado di
muoversi e a mantenere una coscienza pur avendo rinunciato al cuore; scoprire il
contenuto dello scrigno, a esclusione della speranza tanto decantata da Xemnas.
Luxord sospirò scrutando il mare, un mare nero in una notte senza stelle né luna. Avrebbe
messo in chiaro la questione con Vexen, semmai il discorso fosse venuto a galla; la missione
consisteva nel recuperare la scatola, non scoprirne i segreti.
Quella si prefissava l’ultima notte senza scocciatori, Luxord aveva intenzione di godersela
appieno, accompagnato da rum, un mazzo di carte e una buona dose di scommesse.
Pur non essendo grande, Port Royal offriva una vasta gamma di locali; dal casinò nella
parte alta, alle bische negli angoli più sporchi del porto. Optando una via di mezzo, risalì il
molo e si diresse sopra la zona del mercato. L’aria umida e salina lasciò il posto al calore e
all’odore dell’alcool appena le porte del Black Marlin si spalancarono. Avventori d’ogni
tipo affollavano come sempre l’osteria, metà dei quali avrebbe riempito le strade a fine
serata, ubriaca fradicia. Con l’arrivo del governatore Beckett, i pirati si tenevano alla larga
dalla cittadina e gli attuali clienti comprendevano corsari, per lo più inglesi, mercanti e
bottegai, desiderosi di lasciarsi alle spalle le fatiche della giornata e arrotondare i guadagni
in maniera più o meno lecita.
In due mesi Luxord era diventato un cliente abituale; l’oste lo accolse sorridente e lo fece
accomodare vicino al bancone, non prima di aver fatto sloggiare un poveretto troppo
alticcio per reggersi in piedi. Poco dopo gli venne servito il solito; rum puro, il sogno di
tutti gli uomini dopo lunghe attraversate in mare. Sorseggiando il liquore osservò con
discrezione i tavoli; nessuno stava giocando, buona parte dell’attenzione si monopolizzava
verso una discussione al limitare della sala, dove la breve scalinata portava al soppalco
riservato alla clientela più facoltosa.
« ...dovessi cavarmi un occhio! », concluse un giovane rivolto a un gruppo di compari.
« Una zattera guidata da un moccioso, accompagnato da un cane e un papero vestiti da pirati!
Ne ho sentite di storie strambe, ma questa le supera tutte! », lo canzonò uno di loro.
« Ammettilo Tom! Eri di nuovo sbronzo! »
« Okay, okay, lo ero, ma meno del solito! Quelli non erano animali … normali. Avevano
piedi e mani! Riuscivano a remare! Li ho osservati a lungo e mentre mi stropicciavo gli
occhi… puff! Spariti nel nulla! Ma erano reali, ve lo posso assicurare! »
« Reali come l’asta di un piede tra le mie gambe! », fece eco un altro.
Tra un coro di risate e l’altro Luxord sorrise, deliziandosi dell’incredibile colpo di fortuna.
Sora, assieme agli inseparabili Goofy e Donald, stava viaggiando per recuperare il Potere
del Risveglio e ora giungeva nei Caraibi al momento giusto. Dati i legami con Sparrow, era
probabile fosse già sulle sue tracce; presto o tardi sarebbero apparsi e con loro Jones assieme
al forziere, altrimenti celati nelle profondità dell’oceano.
“ La flotta Heartless potrebbe sempre tornarmi utile. Per il resto... basterà modificare
leggermente il piano iniziale. ”
« Dovresti lavorare in un circo Tom! E poi una roba del genere m’inquieterebbe non poco!
Meglio l’Olandese Volante a ‘sto punto! »
Nell’ennesimo fragore una voce si elevò sopra le altre.
« Suvvia, signori! Non siate così crudeli! Concediamo al mozzo il beneficio del dubbio!
Credo nel suo racconto vi sia un fondo di verità, ma non nel tuo John… altrimenti avresti
fatto chiudere tutti i bordelli da qui a Tortuga! Con nostro grande dispiacere! »
Luxord alzò lo sguardo, incuriosito da parole tanto inusuali, a maggior ragione quando
buona parte dei presenti ignorava la definizione di beneficio del dubbio. Un uomo sedeva
sopra la balaustra del soppalco; gomito poggiato sul ginocchio, la gamba sinistra lasciata
penzolare nel vuoto; in mano reggeva un calice di vino. Negli abiti di ottima fattura
spiccavano stivali di cuoio nero alti fino alle ginocchia, e l’ampio copricapo decorato da
una piuma bianca. Mai s’aspettava che un tono quasi scherzoso potesse suscitare un tale
rispetto; alzandosi, alcuni chinarono il capo, cappello o mano al petto.
« La-la ringrazio infinitamente per le sue parole, Capitano Le Vaar! », balbettò il ragazzo
con un profondo inchino, « È davvero un onore! »
« Di nulla Tom! E voi, canaglie, non siete cambiati affatto in questi due anni! Per punirvi
festeggiamo il mio ritorno come da tradizione! Offre il Capitano Le Vaar, corsaro delle
Indie Orientali e Occidentali! Bevete fino all’alba feccia! Voglio vedervi pisciare alcool! »
Il destino non smetteva di regalare sorprese; una persona colta in grado al contempo di
trascinare la massa; l’avversario ideale per un’ultima, eccitante sfida. Compiacendosi di
cotanta fortuna, finì il rum e si avviò al piano superiore; intorno la gioia scorreva frenetica
assieme all’alcool; molti inneggiavano al Capitano Le Vaar e alla sua nave, la Kelpie, un
vascello dalle inconfondibili vele rosse, in grado di cavalcare le onde al pari della bestia
equina intagliata nella polena.
Nel soppalco, pochi i commensali, mercanti facoltosi perlopiù, desiderosi di espandere i
commerci approfittando all’operato di Beckett.
Il cappello era ben visibile accanto a una bottiglia di vino rosso, accompagnato da un
tagliere di formaggi e un grappolo d’uva. Mangiava da solo il Capitano, le dita affusolate
intente a raccogliere il cibo finemente tagliato. Solo avvicinandosi lo notò; un grosso cane-
lupo acquattato sotto il tavolo; il pelo così scuro da renderlo quasi invisibile nella penombra.
« Non temete, malgrado la stazza è un animale tranquillo », esordì Le Vaar di spalle.
« Ho notato il vostro successo, Capitano. », s’affretto ad aggiungere, « Avete parlato in
maniera egregia, ma trovo curioso che una persona del vostro calibro possa credere a una
storia così strampalata. »
L’altro finì di sgranocchiare un chicco d’uva e solo allora si girò. Iridi viola, un colore
insolito in quel Mondo; capelli neri tirati all’indietro e lasciati liberi lungo il collo.
« Gli uomini sono portati a credere a tutto, in pochi riescono a scindere la verità dalla
menzogna, anche se spesso il confine tra esse è sottile come il filo di una lama. La vostra
presenza conferma che voi, più di tutti, siete rimasto colpito dal mio discorso, Signor…? »
« Luxord. Mi chiamo Luxord. »
« Luxord avete detto… », ripeté il Capitano assottigliando lo sguardo, « no… non credo
di avervi mai visto prima. Coraggio, sedetevi! I gentiluomini devono poter conversare in
comodità! Gradite qualcosa da bere? »
« Non ho preferenze, fate voi », rispose sedendosi di fronte a lui.
Con uno schiocco di dita Le Vaar richiamò l’attenzione del cameriere.
« Forza ragazzo! Altro vino per me e il mio ospite! Ah…! Porta anche la scacchiera! »
« Una scacchiera? » chiese fingendo stupore.
Le Vaar sorrise, la guancia poggiata sul dorso della mano.
« Il vostro orecchino, quello che portate al lobo sinistro, ricorda la cavità tipica dei vescovi.
Così mi è venuta voglia di giocare a scacchi; ho l’impressione che siate l’avversario giusto.
Vi va una partita? »
Un sorriso compiaciuto si dipinse sullo Sfidante del Destino; l’uomo si prospettava un
avversario degno, il primo dopo tanto tempo.
« Molto volentieri, ma non c’è sfida senza premio. Cosa scommettete? »
« Se vinco… mi darete il vostro orecchino. »
« Oh… una richiesta curiosa. Deduco vi abbia colpito. »
« … Stuzzicato la curiosità, a voler essere precisi. E voi invece ? »
« Il cappello è fattibile? Sarebbe scortese usufruire ancora della vostra generosità . »
« Ah! Siamo pari allora! »
Il cameriere tornò con quanto ordinato. Il vino risultò buono e corposo, non annacquato
come molte bevande del piano inferiore. La scacchiera invece non era delle migliori; il
legno consumato in più punti, la pittura sbiadita, miracolosamente però tutti i pezzi erano
presenti. Scelse i neri, curioso di osservare le prime mosse di Le Vaar. Tra un sorso di vino
e commenti leggeri, gli schieramenti vennero disposti; il corsaro spostò subito un pedone
di due caselle, per dopo liberare il cavallo dal blocco principale.
« Ho mentito prima. In verità ero più interessato al vostro soprabito. »
Aveva parlato senza preavviso il corsaro; le iridi, pozze viola decorate dai riflessi delle
candele, intente a scrutare i pezzi in lento movimento. Nonostante questo, Luxord si
domandò se egli stesse effettivamente fissando la scacchiera.
« Questa cappa? Oh… non è nulla di speciale », ribatté con leggerezza, sennonché l’altro
sorrise, come in risposta a una barzelletta.
« Davvero? Pur viaggiando in lungo e largo non ho... mai ammirato un abito simile.
Vestito così prima o poi attirerete l’attenzione, al pari di quello strano trio in zattera. »
Il tono era il medesimo, ma in esso avvertì una suadente punta di malizia. Fu allora che
il dubbio strisciò, aggrovigliandosi nello stomaco, viscido come un verme nel fango.
« Un’affermazione curiosa. Cosa state insinuando, Capitano? »
« Soltanto quel che ho detto. Ops! Ho mangiato uno dei vescovi! »
Domande. Luxord, più di altri membri dell’Organizzazione, poneva quesiti là dove fosse
possibile; osservare, chiedere, senza correre rischi. Al contrario il dubbio sorgeva
nell’impossibilità di comprendere, minando ogni convinzione, base, regola. Allo stato
attuale, pur supponendo Le Vaar volesse trarre un vantaggio strategico, le ultime frasi
erano suonate precise, troppo precise.
Una partita a scacchi, un’innocente partita a scacchi, si tramutò all’improvviso in una
chimera; quell’uomo l’incarnazione stessa del dubbio. Nel silenzio, scandito dal tocco dei
pezzi sulla scacchiera via via più vuota, lo Sfidante del Destino formulò una domanda,
l’unica in grado di porre ordine nel caos.
« Chi sei? »
« Un viaggiatore. Proprio come te. »
« Impossibile. »
« Impossibile dici. Un’affermazione curiosa, la tua. »
« … Ho viaggiato in lungo e largo, ma né io né i miei compagni abbiamo sentito di un
uomo chiamato Le Vaar, sempre sia questo il tuo nome. »
« Sei intelligente, Luxord, poni... i giusti quesiti. Vediamo… come potrei risponderti?
Uhm... osserva la scacchiera », sottolineò con un ampio gesto, « tu sei come la regina;
rispetto agli uomini qua attorno, le cui esistenze sono rilegate entro i confini di una singola
casella, sei... bello e fortunato! Mentre io... sono un pezzo mangiato; posso esistere, vedere
al di là della scacchiera. E resto lì, in attesa che questa lunghissima partita si concluda. »
Una metafora, un’assurda metafora in cui la verità rasentava la follia.
« Stai mentendo… tutto questo non ha senso! »
Un’accecante follia, poiché soltanto dopo Luxord si rese conto di essersi alzato, del respiro
mozzato, della delizia negli occhi dell’altro.
« Ah! Ah! Sei molto più stuzzicante quando ti arrabbi. Oh… finalmente hai abbassato la
guardia… scacco matto! »
Osservare, pianificare, agire; il dogma aveva funzionato… finora. Luxord non guardò
neanche la scacchiera; era stato sconfitto, su tutti i fronti. Al dubbio si mescolò inesorabile
la paura; viscida, simile a decine di serpi strette attorno al corpo. Poi… un tocco delicato,
un calore dietro al lobo sinistro. L’inquietudine lasciò il posto alla confusione, macchiata
da una punta d’imbarazzo. Da seduto non si notava, ma Le Vaar era alto, incredibilmente
alto, in piedi lo superava una spalla; le dita erano calde... troppo calde.
« Puoi tenerlo… sarebbe un peccato privarti di un tale oggetto. »
Il “corsaro” si allontanò fischiettando seguito dal cane-lupo, il cui passo felpato lo rendevano
simile a un’ombra in movimento.
« Tu… »
« Grazie di tutto! Ora... gioca questa partita! Fino alla fine! Gioca come sempre! », esultò Le
Vaar senza voltarsi, « Solo allora ci rincontreremo. Buona fortuna, Sfidante del Destino! »
E con parole altrettanto precise, scomparve oltre la scalinata. L’animale indugiò qualche
secondo, fissando Luxord coi selvaggi occhi azzurri, prima di seguire il padrone.
Avrebbe dovuto seguirli; per il bene dell'Organizzazione o forse per comprendere una
verità altresì indecifrabile. No… così com’erano apparsi, altrettanto misteriosamente
sarebbero svaniti al primo tentativo di raggiungerli.
L’incontro aveva minato ogni convinzione; quell’uomo sapeva... della Guerra, delle
battaglie che presto avrebbero contrapposto le Tredici Oscurità e le Sette Luci, dei
Keyblade, dell’Organizzazione e chissà quali altri eventi remoti, là dove né Xehanort
né nessuno del suo calibro aveva mai accennato all’esistenza di una terza fazione.
E al tempo stesso, Le Vaar aveva creato qualcosa di assolutamente inaspettato.
Un segno, riservato a lui soltanto.
“ Ah… perché no? Terrò questo jolly ben nascosto… non voglio precludermi la prossima
partita, una partita che si prospetta molto… molto interessante. ”
Si toccò l’orecchino, dove ancora persisteva un delicato tepore.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Dopo tanto, finalmente le nuvole si erano dissipate, lasciando spazio alla vastità del cielo
stellato. Ora, gli astri si riflettevano sulla superficie dell’acqua, trasformando il mare in
un’infinita distesa di pietre preziose, dove soltanto le sagome delle isole delineavano il
confine fra terra e cielo. Uno spettacolo sublime, ammirato centinaia e centinaia di volte,
l’unico in grado di donare un vago senso di delizia. In fondo era quello lo scopo di una
vacanza, una vacanza durata vent’anni e che, sul finire, gli aveva regalato la più magnifica
delle sorprese; un incontro per cui valeva la pena conservare ricordi.
« Non sei riuscito a trattenerti… eh? » protestò una voce alle sue spalle.
Askin Nakk Le Vaar si girò, piazzando di nuovo i gomiti sopra la balaustra della Kelpie.
Il cane-lupo era tornato umano; del resto, Kugo detestava mimetizzarsi secondo gli
standard di un Mondo, rimanendo in forma animale durante i momenti di socialità.
« Perdonami, ma rivederlo... è stato troppo emozionante! »
« Non ha ancora recuperato la memoria », gli ricordò l’altro, « fra poco la Black Box verrà
aperta... a quel punto sarà più facile per “ Luxord ” e gli altri Prescelti. »
Askin sbuffò gettando lo sguardo al cielo, a stelle non loro , poiché i loro astri erano stati
inghiottiti nel buio eterno... in un tempo ormai perduto nel passato.
« Uff! Mi sono limitato a gettare un po’ di briciole, ad accennare antichi legami. Combatto
così la noia, non certo spargendo sofferenza come quei demoni lascivi. »
Perdendosi nella volta celeste, Askin ricordò. Ricordò quando i Leoni si erano sbranati a
vicenda e quel piccolo universo aveva rischiato di collassare una seconda volta; rammentò
le urla e il dolore giungere fino ai Confini Imperituri, talmente forti da costringerlo a
voltarsi. Ricordò... il giorno in cui li aveva incrociati la prima volta, in mezzo alle rovine di
Auropoli, quegli occhi color dell’oro.
« O forse… mi sto semplicemente affezionando », confessò con un sorriso.
Kugo rimase in silenzio, chiuso in una breve riflessione, poiché certe parole suonavano
ormai deboli, e rammentarne il significato era come afferrare l’aria.
« Affezionando? Strano sentirtelo dire. »
« … Almeno io non rimango aggrappato a un’illusione. »
Aveva parlato senza riflettere, dando voce a un pensiero a lungo taciuto. E in quella frase
uscita di getto, non riuscì a impedire al rimprovero di far capolino.
Come previsto Kugo gli lanciò un’occhiata, irritato all’inverosimile.
« E tu dovresti tener a freno la lingua », sentenziò raggiungendo il limitare del cassero,
« Non ho mai criticato le tue scelte. Mai. Gradirei facessi lo stesso. Sei uno dei pochi che
considero ancora amico , Askin. Non obbligarmi a cambiare idea. »
S’allontanò, scomparendo oltre la breve scalinata. I passi sempre più lievi, risucchiati
infine dall’interno degli alloggi. Anche allora il “capitano” rimase in silenzio, allorché una
risata crebbe, sprezzante e malinconica.
« Ah! Ah! L’immortalità! Altalena tra ragione e follia! Per noi, Kugo, uomini che rammentano
l’ amore, è più facile sentirci in salvo! Ma… lentamente i ricordi ci stanno distruggendo!
Lo sai, eppure ti ostini a ricordare… così intensamente. Io... sto cercando un motivo in più
per vivere il presente. Ah! Ah! Fra poco l’ennesima Guerra dei Keyblade finirà! Tutti noi la
osserveremo dal più magnifico dei palcoscenici! E quando torneremo fuori… saremo in
dolce compagnia. Ah...! Non vedo l’ora… »





Angolo Autrice:



Eccomi approdare nel Fandom di KH, dopo l’intensa e un po’ troppo deludente conclusione del Terzo Capitolo. Sia chiaro, alcune cose mi sono piaciute tanto, altre, troppe no.

Il preludio servirà appunto a questo; mostrare le principali modifiche apportate alla mia versione di KH3. Un finale alternativo e al tempo stesso un preludio al mio futuro Cross-Over. Ovviamente non posso ne avevo voglia di riscrivere tutto KH3, ma nei prossimi capitoli le sostanziali modifiche vi saranno chiare. Ci saranno collegamenti con Union X, già accennati in questo capitolo. Qui, più di ogni Capitolo di KH, ho alleggerito parecchio la mole del gomitolo: il tutto sarà molto più asciutto e sintetico nel suo svisceramento, cosa che Nomura si dimentica di fare.

I personaggi di Kugo e Askin sono tratti dal Manga Bleach; in questa versione essi fanno riferimento al mio Finale Alternativo, pubblicato su EFP nella relativa selezione. Anche in questo caso i collegamenti saranno velati e facilmente comprensibili.

Curiosità;
- Nei paesi anglosassoni l’alfiere è denominato bishop, ovvero vescovo. Essendo Askin travestito da corsaro inglese, ho deciso di tradurre il termine in maniera letterale.
- Il Kelpie è uno spirito d’acqua a forma di cavallo che vive nei laghi e nei fiumi di Gran Bretagna e Irlanda. Per la mia versione ho fatto riferimento al Kelpie presente in Harry Potter e Animali Fantastici;
https://harrypotter.fandom.com/wiki/Kelpie
- Ho trovato molto interessante ricercare i nomi specifici di alcune parti della nave.

Detto questo… grazie a tutti per aver letto questo primo capitolo. Fatemi sapere cosa ne pensate <3

Alla prossima <3
Elgas
   
 
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