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Autore: Nadie    10/03/2019    1 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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25 Occhi Bui



Londra ha il sapore amaro della tua pelle oggi che piove, ed ogni goccia mi osserva appesa al vetro della mia finestra mentre io rimango qui immobile, guardo l’acqua sgretolarsi al suolo alla fine della caduta e non salvo nemmeno una goccia, così come non ho salvato la nostra storia.                                                            
Rimango a guardare finché non smette di piovere e la tua pelle svanisce nel sole.                                              
Ho gli occhi più bui del solito e tu non appari, eppure io ti penso: perché non appari?

Stamattina ho fumato una sigaretta di nascosto, però ho smesso. Fumo ma ho smesso, ti amo ma ho smesso.

Ieri sera ho fatto l’amore ma tu non c’eri, e come faccio a fare l’amore se non ci sei? Ho sbagliato: ieri sera non ho fatto l’amore.

Stanotte è pieno di stelle ma a me non va mai di fissare il cielo perché ci perdo dentro gli occhi, è troppo grande per me. Sei troppo bella per me.

Domani dicono farà molto caldo, sarà una fatica tenere addosso i vestiti e allora perché non vieni qui a toglierteli insieme a me? Lascia stare, me li
tengo addosso e tu rimani lontana e perduta, nella tua città di vento e di pioggia e di farfalle che mordono.

Occhi Bui si frantuma oltre il confine dei suoi pensieri che non sa tradurre nella realtà, rimane ancorato a ciò che non dice mai ma che ripete sempre, in ogni istante. E se l’amore è una magia allora Prudence sei una strega, altro che sirena, ma adesso io non rido più quindi vieni qui e spezza l’incantesimo. Maledetto sia il giorno che ti ho incontrato!                                                                                                                                    
Sembra assurdo anche a lui eppure ha scordato che persona era prima di incontrarla.                
Era la stessa persona che è adesso? Tifava la stessa squadra e ordinava gli stessi gusti in gelateria? Ascoltava i Beatles o li ha scoperti dopo? Gli piaceva l’Irlanda, voleva fare l’attore, andava d’accordo con suo fratello, avrebbe voluto un cane anche prima e si chiamava sempre Ben? Quante domande a cui non trova più risposta e tu hai spazzato via il passato, strega che finge d’essere sirena, con un colpo di coda hai cancellato tutto ciò che sono stato prima d’incontrati e adesso sento che sono nato quella notte, in quella metropolitana, dentro ai tuoi occhi verdi.                                                                                                                                                       
Che occhi tremendi, incastrati negli angoli nascosti della sua mente buia, pronti a farlo inciampare.                                                           
A volte li vede comparire tra i sedili del treno, o sotto i cornicioni dei palazzi quando piove tanto e lui abita troppo lontano, e ai margini della pagine dei libri che parlano di gente che si ama, che si vuole, che non sa lasciarsi, che non sa tradirsi e tu come hai potuto? Ma pensi che ti perdono? Tieni per te quei dannati occhi che non voglio più vederli e vederti!

Anzi no, vorrei vederti per prenderti a schiaffi, per spogliarti e vedere se sei sporca della mia pelle o di quella di un altro. Sì, di un altro che hai incontrato per la strada, una notte, dentro un bar e lo hai lasciato fare. Non hai pensato a me.

Anzi no, vorrei vederti per sputarti in faccia tutta la rabbia che provo per te e perché non sparisci, mi lasci in pace, dammi la pace, fammi respirare, vieni qui e fatti respirare.

Anzi no, vorrei vederti per chiederti ti va una tazza di tè? Ti va un film sul divano? Ti va di cenare insieme? Ti va se ti accompagno a casa? Ti va il mio letto?
Ti va se ti amo?

Ma se poi non ti va io capisco, sparisco, svanisco.

Vorrei raccontarti quanto è bella Londra oggi che piove e il cielo è malato e grigio e spento ma qui tutto splende, splende nell’oscurità di questa brutta giornata che è tanto brutta da lasciarmi incantato di fronte a questa città che sa di vento, che sa di metropolitane puntuali, che sa di immenso e che sa anche di me. Vorrei raccontarti quanto è bella Londra anche oggi che è l’ennesimo giorno in cui non ti amo e non mi ami e non ci amiamo, ma la bellezza non si racconta: si guarda. Allora fammi un favore e guardati allo specchio, segui il contorno dei tuoi occhi grandi e verdi dove nasce il sole freddo che suda sopra la mia città, e scendi giù fino alle labbra carnose e purpuree che ti ha dipinto Dio, là dove tieni tra i denti il mio Tamigi segreto che ti scorre nelle vene, oltre la pelle, la tua pelle, la mia pelle, la pelle di questa città che ha mille strade, mille mani e le tue mani? Non dimenticarti delle tue mani dove tieni strette le luci di ogni quartiere quando qui cala la gonna scura della Notte ma nessuno ha sonno, e forse è perché tu non riesci mai a dormire.                                               
Vorrei raccontarti quanto è bella Londra ma ti basterà incontrare te stessa nel riflesso dello specchio per vederla.

Bam.                                                                    
La persiana di camera sua sta combattendo una battaglia dura contro il vento, ma si ferisce irrimediabilmente sbattendo contro il muro ed interrompe i suoi pensieri.                                 
Vorrebbe chiuderla, vorrebbe davvero ma rimane impotente a fissarla, spietato e distratto, per poi abbandonare la stanza come niente fosse.                                                 
Bam.                                                                        
Che suono fastidioso che fanno le cose che sbattono, che si rompono. Ma il dolore fa così rumore? Occhi Bui sbuffa e si accende una sigaretta, in piedi al centro esatto del suo soggiorno.                                                         
Non pensa a niente di particolare, ha allenato la mente ad ignorare il sottofondo fastidioso dei suoi ricordi. Ha da fare. Ha del lavoro da fare. Si trasferisce in America.                                                                                                       
Giusto ieri ha comprato un biglietto per Los Angeles, solo andata senza ritorno perché ormai ha firmato un contratto importante, uno di quei lavori che se fai l’attore non ci pensi due volte a metterci una firma!                                              
Lo aspettava da una vita un momento del genere, eppure eccolo in piedi, nel bel mezzo di quel tappeto beige così vecchio e rovinato, che si fuma una sigaretta e pensa che come Londra non c’è nessuno e scusa, scusa mia amata città se vado via, se ti tradisco col sole della California ma d’altronde lo sai che il nostro era un amore troppo intenso: ormai ci siamo consumati.                                                               
Ha brindato. La sera in cui ha firmato il contratto ha brindato di fronte agli occhi scuri e luminosi di Isabella, e il suo sorriso così regolare e di marmo non aveva nemmeno un difetto e a lui le cose senza difetti non convincono per niente.                                                                     
Però l’ha baciata, e a lungo, davanti alla sua famiglia e ai suoi amici, ed ha persino sorriso.                                                                 
Anzi, ha riso, riso di gusto, riso come chi si sente la felicità rannicchiata in mezzo al petto.          

Ma poi è tornato a casa, con Isabella.                                                                   
Si è spogliato nudo, con Isabella.                                                                  
Ha fatto l’amore, con Isabella.                                                                   
Non si è addormentato, con Isabella.                                                                   
Ha bevuto un birra, senza Isabella. Senza nessuno, coi gomiti poggiati al parapetto in ferro del suo balcone, un vento freddo aggrappato alle sue spalle ed una notte buia più dei suoi occhi calata sul suo capo.                                                 

Se lo sente dentro e addosso, che non finisce così. Che non può finire qui, qui su questo balcone dove il mio fegato piange rinchiuso da qualche parte dentro questa carne e nemmeno so dov’è, il fegato, ma so dove sei tu, strega che finge d’essere sirena, e non ti chiedo di amarmi ma almeno di curarmi il fegato, se puoi, se ti va, se hai tempo.                                                                      
A proposito: cosa fai col tuo tempo? Io ti penso. Tutto il tempo. A volte penso che per quanto ti penso dovresti sapere che ti penso, e allora perché non compari qua sotto il mio balcone, sotto questa notte, sotto questo vento, sotto al mio fegato?                                                            
Quanto è bella Londra di notte e quanto sei bella tu di notte. E anche di giorno, e a mezzogiorno, ma pure alle cinque del pomeriggio e alle otto di sera, e anche quando sono le sei del mattino e le sveglie suonano impazzite e impazienti.                                                              
Io sono nato impaziente, impaziente di vederti e di capirti e di capire che ci faccio sopra questo balcone, col fegato che piange mentre tu, strega strega strega, fatichi ad addormentarti nell’oscurità della tua stanza dove dormi sola, dormi sola, dormi solamente qualche ora. E spero che mi pensi e che pensarmi ti ferisca, spero che il mio pensiero ti faccia male perché tu non sai che male fai, tu che mi spacchi le costole al solo ricordarti.                                                                
Però la birra finisce ed i suoi occhi bui si stancano di rimanere aperti.                                                                      
Si concede un ultimo sospiro prima di rientrare in casa con la sua birra vuota, presto abbandonata sopra il tavolo della cucina.                                                                     
L’orologio digitale del forno segna le tre del mattino e a lui quel silenzio, quella luce fioca del lampadario e quei numeri simmetrici piacciono come gli piacciono poche cose nella vita.  Le tre del mattino gli piacciono come la birra, le sigarette, l’Inghilterra ai Mondiali, Prudence Gallagher, i film di Rossellini, il formaggio che si scioglie sulla griglia, il mare, Prudence Gallagher, la torta alle carote, il profumo di sua madre, i jeans scuri, Prudence Gallagher, Prudence Gallagher, Prudence Gallagher…                                                            
Apre il frigo e con quello che ci trova dentro si prepara un panino, poi si siede al tavolo e lo addenta tenendo gli occhi fissi sulle tre del mattino, le tre di questo mattino, le tre di questa città, le tre del mio mattino e le tre del tuo mattino e vorrei condividere le mie tre del mattino con le tue, cara Prudence, ma me le tengo per me e mangio un panino. E vado in America. E sono felice.                                                                      
Sorride e poi si addormenta a metà panino, a metà tre del mattino.                                                                                                                                                                     







Che strano tornare qui, dopo anni, adesso che sono cresciuta, ed aggiungere un altro pezzetto a questa storia.
Non seguo più Ben Barnes da anni(si è sposato? Si è trasferito ad Honolulu? Le mangia le verdure?), ma ricordo con tenerezza quando stavo super attenta ai suoi progetti, ed è strano che quindi io sia qui.
Il punto è che mi mancava Occhi Bui, forse perchè siamo sulla stessa barca, forse perchè ormai non è nemmeno Ben Barnes ma è il mio Occhi Bui, o forse semplicemente perchè è bello scrivere di lui, non lo so ma eccoci qua.
Spero la lunghissima assenza non abbia rovinato questa storia, sappiate che non ho dimenticato nulla e che so che ho promesso un finale.
Un grazie grazie grazie a chi legge, ed il più grande degli abbracci!
Una C un po' cresciuta
  
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