ALLA TAVERNA
Da quando, pochi giorni prima,
quell'imponente veliero aveva attraccato al piccolo molo del
villaggio, facendo sfigurare tutte le altre umili imbarcazioni di
pescatori, la vita monotona e tranquilla degli abitanti era stata
messa sottosopra.
Si trattava di una ciurma di pirati che
si era fermata per fare rifornimento di provviste e altri beni utili
a bordo della nave, prima di riprendere il viaggio per mare.
La gente del posto aveva storto il
naso: gli stranieri non erano ben visti, soprattutto se questi erano
personaggi inquietanti, agghindati in modo bizzarro e soprattutto
portavano spadoni, sciabole, pugnali e altre armi che sembravano
pronti a sfoderare con fin troppa facilità.
La sera, l'intera ciurma si riuniva
nell'unica taverna del villaggio e tutti bevevano litri di birra e
rum, cantavano stornelli marinareschi, raccontavano delle loro
avventure, ridevano sguaiatamente e amoreggiavano con le donne e le
ragazze che si lasciavano incantare dal loro fascino esotico.
Tra queste, vi era anche una donna dai
lunghi capelli neri e dalla scollatura generosa di nome Milah.
Ogni sera si recava alla taverna e
s'intratteneva a giocare a dadi con gli uomini e ad ascoltare i loro
racconti; sembrava particolarmente attratta dal capitano Killian
Jones, un giovane uomo sulla trentina, di bell'aspetto, dallo sguardo
furbo e l'atteggiamento spavaldo.
Le attenzioni della donna erano
ricambiate e spesso, dopo qualche giro di birra, i due si appartavano
in un angolo e si lasciavano andare ad effusioni più o meno spinte.
Quella sera, una piratessa di nome
Belle stava consumando la sua pinta di birra ad un tavolo isolato in
un angolo, senza curarsi molto di ciò che le accadeva intorno.
Niente che non avesse già visto in altri porti, in ogni caso.
Non amava la confusione e detestava
assistere al pietoso spettacolo di tutte quelle donne adoranti che
sbavavano dietro agli uomini dell'equipaggio, che, dal canto loro,
erano fin troppo felici di approfittarsene.
Attendeva con ansia il momento in cui
finalmente avrebbero potuto salpare, riprendere il largo e tornare in
mare aperto.
Belle era una giovane donna dai lunghi
capelli castani, venati di riflessi color rame, e meravigliosi occhi
azzurri come l'oceano stesso.
Aveva vissuto la maggior parte della
sua vita con l'anziano padre Maurice in un piccolo villaggio dove
tutti la consideravano strana e diversa, ostracizzandola a causa
della sua passione per i libri e l'avventura.
Non c'era dubbio che fosse la ragazza
più carina del paese, ma il suo comportamento singolare e la sua
tendenza a sognare ad occhi aperti e a fantasticare di mondi lontani
faceva sì che molti la guardassero con sospetto o scherno.
Lei non ci aveva mai fatto molto caso:
il giudizio di quel manipolo di ottusi paesani non avrebbe potuto
importarle di meno, tuttavia più cresceva e più si sentiva
intrappolata in quel minuscolo villaggio dove tutti i giorni
trascorrevano esattamente uguali ai precedenti e le persone
sembravano non voler guardare oltre le loro noiose e piccole vite
provinciali.
Ma lei aveva ben altre ambizioni:
sognava di vedere il mondo, di partire per qualche avventura come
quelle di cui leggeva nei suoi amati libri in cui gli eroi si
gettavano in imprese epiche e vivevano amori travagliati, intensi e
romantici.
Dopo la morte improvvisa di Maurice,
Belle si era ritrovata sola, in balia di quel rozzo mascalzone di
Gaston, il belloccio del paese che ogni giorno si presentava
baldanzosamente da lei chiedendole, con sempre maggiore insistenza,
di sposarlo.
Belle aveva già rifiutato molte volte
ma Gaston non si era arreso, inoltre era noto per la sua vena
collerica e aggressiva e la giovane era sempre più convinta che
presto avrebbe messo da parte i modi galanti e le lusinghe per
tentare di obbligarla a divenire sua moglie ricorrendo alla forza.
Non aveva più nulla che potesse
legarla al villaggio e così una notte aveva preparato una bisaccia
con le poche cose importanti che possedeva ed era sgattaiolata giù
al porto, dove la magnifica nave di Killian stava per salpare.
Parlando con un marinaio, aveva
scoperto che il capitano stava cercando una persona che sapesse
leggere e interpretare un'antica mappa del tesoro proveniente da un
paese lontano e incomprensibile per molti ma non per lei, che, guarda
caso, aveva letto alcuni libri a riguardo.
Aveva chiesto di essere ammessa alla
presenza di Killian e gli aveva offerto il suo aiuto in cambio della
possibilità di unirsi all'equipaggio; e così era stato.
Il capitano non aveva mai permesso che
qualcuno della ciurma le facesse del male o le mancasse di rispetto
e, col tempo, si era instaurato tra loro un profondo legame quasi
fraterno, inoltre anche il resto degli uomini le si era infine
affezionato.
Certo, all'inizio non erano mancate
pesanti e sgradite avances da parte di alcuni di loro più
sprovveduti, ma, con le buone o le cattive, lei aveva fatto capire a
tutti di non essere interessata a ciò che avevano da offrirle e che
non era certo il tipo di donna con cui potersi permettere certi
giochetti.
Era arrivata a godere del rispetto e
della lealtà della ciurma al pari di un uomo, al pari di Killian
stesso.
La ragazza voleva bene al capitano e
gli era grata per averla accolta a bordo della Jolly Roger, ma questi
sentimenti non potevano impedirle di provare un moto di fastidio
davanti a certi suoi atteggiamenti arroganti e prepotenti che metteva
in atto per impressionare gli altri, in particolare le donne, sulle
quali esercitava un fascino e un'attrazione irresistibili.
Ogni volta che facevano porto da
qualche parte ce n'era sempre qualcuna con cui si divertiva per un
po', ma con nessuna era mai andato oltre l'avventura di qualche
notte.
Quella bruna intrigante dagli occhi
chiari sarebbe stata solo l'ennesimo nome su quella lista di
conquiste ormai dimenticate, eppure a Belle sembrava di intravedere
qualcosa di più profondo negli occhi dell'uomo quando la guardava.
Qualcosa che non aveva mai scorto in lui prima di allora e che la
metteva stranamente in allarme.
Rumpelstiltskin rientrò a casa tardi
quella sera. Era stato costretto ad andare a cercare una pecora che
si era smarrita nel bosco e, con la sua andatura zoppa, aveva avuto
il suo bel daffare per recuperarla ma non poteva permettersi di
perderla: era giovane e gli avrebbe fruttato un bel po' di lana buona
da filare.
La luna era già alta nel cielo quando
l'uomo varcò soglia della piccola e umilissima casetta dove abitava
con la moglie e il figlioletto di sei anni.
- Milah? Bae? Sono tornato! - disse,
richiudendosi l'uscio alle spalle.
La stanza era fiocamente illuminata dai
resti morenti del fuoco che era stato acceso nel camino.
Seduto ad un piccolo e sbilenco tavolo
di legno, le gambe penzoloni, c'era un bimbo magro dai grandi occhi
castani che lo guardava. - Papà? -
- Bae! - Rumpelstiltskin si guardò
intorno ma non vide traccia della moglie. - Dov'è la mamma? -
Il piccolo non rispose e abbassò lo
sguardo mestamente.
Il padre gli sorrise cercando di
rassicurarlo. - Be', avrà... perso la cognizione del tempo. -
disse, cercando di suonare convincente più a se stesso che al
figlio. - Prendi il tuo mantello, figliolo. Andiamo a cercarla. -
Il bambino si alzò, l'uomo gli mise
una mano sulla spalla e lo guidò fuori dalla casupola appoggiandosi
al bastone che usava come sostegno per camminare.
Purtroppo sapeva perfettamente dove
cercare la moglie, che probabilmente si stava divertendo alla taverna
con quel gruppo di tagliagole che era arrivato dal mare qualche
giorno prima, ma non pensava che avrebbe perfino abbandonato a casa
il loro bambino da solo in piena notte per andarsi a fare i propri
comodi con quella gentaglia.
Dalla locanda provenivano suoni di risa
e di bicchieri che cozzavano uno contro l'altro.
Rumpelstiltskin osservò incerto il
figlio e decise che non era il caso di portarlo con sé lì dentro,
così s'inginocchiò in modo da essere alla sua stessa altezza,
ignorando la fitta alla gamba che quel gesto gli provocò, gli posò
le mani sulle spalle e lo guardò negli occhi nocciola così simili
ai suoi. - Bae, io vado a prendere la mamma ma tu devi aspettarmi qui
fuori per qualche minuto, d'accordo? -
Il piccolo annuì, il padre gli sorrise
con dolcezza e gli accarezzò una guancia prima di dirigersi verso
l'ingresso della taverna.
Quando entrò timidamente e con passo
incerto, cercò di non fare caso alle occhiate stupite e derisorie
che gli uomini gli lanciavano e ai risolini delle ragazze che
commentavano la sua zoppia.
Riconobbe subito Milah seduta a un
tavolo, circondata da alcuni di quei pirati.
Stava ridendo e brindando con uno di
loro, un giovane uomo abbastanza bello e dallo sguardo accattivante
che le cingeva la vita con un braccio e, di tanto in tanto, sbirciava
nella sua generosa scollatura.
- Milah? - la chiamò il marito.
La donna e gli altri uomini seduti al
tavolo alzarono lo sguardo su di lui e tacquero, incuriositi.
- Milah... - tentò di nuovo
Rumpelstiltskin, messo a disagio da quegli sguardi colmi di
derisione, – è ora di andare. -
- Bene, va' dunque. - ribatté lei
versandosi un altro bicchiere di rum.
- E questo chi è? - domandò l'uomo
che le sedeva accanto, senza accennare a toglierle le mani di dosso.
- Oh, nessuno. È solo mio marito.
- rispose la donna imprimendo a quell'ultima parola un tale disprezzo
che Rumpelstiltskin si ritrasse istintivamente.
- Be', è più alto di come l'hai
descritto! - fece l'uomo, al che tutti gli avventori, Milah compresa,
iniziarono a ridere.
Rumpelstiltskin cercò di ignorarli e
continuò a guardare la moglie, provando a farla ragionare. - Ti
prego... hai delle responsabilità! -
- Oh, come fare l'uomo e combattere
nelle guerre degli orchi? Altre mogli sono diventate vedove onorate,
ed io invece sono legata al codardo del villaggio. - sbottò buttando
giù il bicchiere tutto d'un fiato.
Ormai tutti avevano abbandonato le
proprie attività per godersi la scena, compresa la giovane Belle che
però, a differenza di tutti gli altri, non rideva affatto e, al
contrario, serrava i pugni con rabbia di fronte a quello spettacolo
orribile.
Rumpelstiltskin rimase ferito dalle
parole di Milah e dalla sua voce gelida e sprezzante.
- Corri a casa, Rumpel. È la cosa che
ti riesce meglio. - concluse mordace la bruna.
- Mamma? -
Ad un tratto si udì una flebile vocina
alle loro spalle e gli uomini si fecero da parte per lasciar passare
un bimbetto che si stringeva nel mantello e guardava la donna con
espressione interrogativa e smarrita.
L'uomo che si reggeva al bastone si
voltò. - Bae! Ti avevo detto di aspettarmi fuori, figliolo... -
Milah lo guardò rimanendo interdetta
per un secondo, poi si alzò dal tavolo senza dire nulla, cinse le
spalle del piccolo e lo guidò fuori dalla taverna, seguita dal
marito.
Passarono vicino al tavolo al quale era
seduta Belle, che li seguì con lo sguardo. Quando incrociò i suoi
occhi celesti con quelli castani e indicibilmente tristi di
Rumpelstiltskin, sorrise; non un sorriso di scherno o di
compatimento, ma un sorriso comprensivo e solidale, quasi di scuse,
un incoraggiamento a credere che, un giorno, le cose sarebbero andate
meglio.
L'uomo lo notò ma non fece in tempo a
rispondere a quel gesto, inoltre voleva allontanarsi il più in
fretta possibile da quel luogo in cui si era sentito umiliato da
tutti, a partire dalla sua stessa moglie, la quale, come se niente
fosse, si lasciava stringere nell'abbraccio di un altro uomo, un
pirata, proprio di fronte a lui e a loro figlio.
Durante il breve tragitto verso casa
nessuno disse una parola.
Una volta arrivati, Rumpelstiltskin
mise a letto Bae mentre Milah si dava una sistemata e s'infilava
sotto le coperte, con la testa che le girava e doleva a causa del
troppo bere.
L'uomo fece scaldare dell'acqua e
preparò una tisana di erbe per la moglie.
- Davvero avresti voluto che fossi
morto nella guerra degli orchi? - chiese piano mentre le porgeva una
tazza fumante.
La donna, distesa a letto, non sostenne
il suo sguardo né rispose subito, come se fosse indecisa tra
l'essere brutalmente sincera o indorare la pillola a beneficio del
marito.
- Avrei voluto che avessi almeno
provato a combattere. Tu no? -
- Be', però così sono vivo e sono qui
con te... e con Bae. Sono tornato da voi. - disse lui, sedendosi sul
bordo del letto.
Milah scosse la testa. - Questa non è
vita, Rumpel. Non per me. -
L'uomo sospirò stancamente: avevano
già affrontato quel discorso.
- Perché non ce ne andiamo? - continuò
la donna, insistendo su un'idea che aveva sottoposto al marito più e
più volte.
- Ne abbiamo già parlato. -
- Non devi per forza essere il codardo
del villaggio. Potremmo ricominciare da capo. Andare dove nessuno ci
conosce e vedere l'intero mondo che c'è oltre questo villaggio! -
Rumpelstiltskin scosse la testa e si
alzò. - So che questa non è la vita che avresti voluto, ma può
comunque essere una bella vita. Non c'è bisogno di andarcene. -
Il filatore si sedette al tavolo dando
le spalle alla moglie con l'aria più abbattuta che mai.
- Almeno provaci. Fai un tentativo. Se
non per me... fallo per Bae. -
Milah si massaggiò una tempia e chiuse
gli occhi con un sospiro stanco. - Ok, ci proverò. -
Quando il marito la raggiunse a letto e
spense con un soffio la lanterna che era rimasta l'unica fonte di
luce nella casupola, i due non si erano mai sentiti più lontani
l'uno dall'altra.
Belle aveva bisogno d'aria.
Non sopportava più l'atmosfera della
taverna e l'odore acre di alcol e sudore, senza considerare il fatto
che la scena alla quale aveva assistito poco prima le aveva messo una
gran voglia di strangolare qualcuno e, per la sicurezza di tutti,
dato che aveva anche bevuto e non si sentiva del tutto responsabile
delle proprie azioni, decise di andare a fare quattro passi per
sbollire la rabbia e ritrovare un po' di lucidità.
Ovviamente tutti i lumi delle case
erano spenti a quell'ora tarda e le stradine del villaggio erano
deserte, ma alla ragazza non importava, anzi apprezzava
particolarmente quell'atmosfera quieta e silenziosa dopo tutto
l'allegro baccano della taverna.
I suoi pensieri continuavano a tornare
a quell'uomo, allo sguardo pieno d'amore che aveva riservato a suo
figlio e al modo tremendo in cui sua moglie l'aveva trattato davanti
a tutti.
Belle sentì di nuovo montare la
collera dentro di sé nei confronti di quella donna.
Fortunatamente, il giorno seguente
sarebbero ripartiti e lei non avrebbe mai più dovuto rivederla.
Da Stria93: Bentrovati, dearies!
Ecco un'altra bozza saltata fuori dallo
“scrigno dei lavori incompiuti” e che risale alla lontanissima
2x04. Devo aver scritto le prime righe di questa storia pochi giorni
dopo aver visto la puntata per la prima volta quindi fate pure voi il
calcolo degli anni che questa fanfiction ha trascorso in un angolino
del mio PC, dimenticata, incompiuta e con urgente bisogno di essere
riveduta e corretta.
Be', qualche tempo fa ho deciso di
riprenderla e ho sistemato un po' di cose qua e là per renderla
pubblicabile.
A breve farò lo stesso anche con i
capitoli successivi. Mi scuso se molte parti sono prese pari pari
dalle scene della serie, ma il progetto era proprio di aderire il più
possibile a queste inserendo però l'elemento “Belle”.
Grazie come sempre a chi leggerà, a
chi inserirà la storia in una raccolta e a chi sarà così gentile
da lasciarmi il proprio commento.
A presto con il seguito!