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Autore: Harley Sparrow    19/03/2019    3 recensioni
Dal testo:
“Sono un capitano. So quali stelle seguire per far ritorno…”
Si era bloccato senza continuare e lei si era chiesta il perché. Presa com’era dal compito che le era stato affidato da lui in persona non aveva voluto indagare.
'Ora tutto torna' pensa Carina con un tuffo al cuore.

*
Il bisogno di conoscere una persona anche se si sa di averla perduta per sempre.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carina Smith, Henry Turner, Jack Sparrow, Joshamee Gibbs
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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WHO LIVES, WHO DIES, WHO TELLS YOUR STORY

 
 
“But when you’re gone,
who remembers your name?
 Who keeps your flame,
 who tells your story?”

Hamilton – Who lives, who dies, who tells your story
(2015)
 



Carina fissa le onde e prega che la notte tardi ad arrivare. Sente ogni tanto il peso dello sguardo di Henry su di sé. Occhi indagatori, pietosi, occhi che le vorrebbero dare il conforto di cui ha disperatamente bisogno, ma lei non si volta, perché guardarlo le farebbe perdere solo tempo, e ciò che spera di vedere fra le onde potrebbe comparire solo per poco, come una stella cadente, e non può permettersi di distrarsi.
Non si volta nemmeno quando le comunica che si è accordato con Jack sulla rotta: lui tornerà da sua madre, e lei andrà con lui – è ovvio, di certo non si unirà alla ciurma della Perla – il tempo per ringraziarlo lo troverà dopo. Lui si siede ai suoi piedi, la schiena contro la chiglia nerastra della Perla Nera, e aspetta. Sa bene che è legittimo, normale, illudersi per un po’, sa che il dolore che lei sente per adesso è ancora avvelenato dalla rabbia e dalla frustrazione. Lui ci è già passato più di una volta, quindi tace e aspetta. Quel comportamento non gli è estraneo: conosce molto bene quello sguardo, ma non è ancora il momento di far vacillare la sua speranza. Non è giusto dirle adesso che suo padre, Capitan Barbossa, non riemergerà mai più dalle onde. 
Anche Jack Sparrow sembra scosso. Forse trovarsi davanti alla morte gli ha fatto rivedere le sue priorità, così ha smesso di fare il buffone e ha preso il comando. Henry lo guarda dare ordini ai suoi uomini con un’autorevolezza mai vista in quei giorni, solo millantata. E in più è dal giorno precedente che non tocca il rum. A volte essere sobri non è poi così male.
C’è molto da fare a bordo della nave. Falle da riparare, cime da fissare, vele da rammendare, e Henry vuole aiutare, ma quando si avvicina a Jack per chiedergli come può rendersi utile, questi gli dice di chiedere a Gibbs e se ne va da un’altra parte, per poi sparire mezzora dopo nella sua cabina. Sembra quasi che abbia paura di parlare con le persone, con lui in particolare. Gli piacerebbe scambiare due parole sui suoi genitori, dei quali sa molto poco sulla loro vita prima che lui nascesse, ma Jack sembra averlo intuito e per qualche strana ragione lo evita. 
Quando Henry torna vicino a Carina con cesto pieno di corde spezzate da sistemare, il sole sta iniziando a calare. Sul ponte l’umore dell’equipaggio si era fatto più rilassato da quando il capitano si è ritirato nei suoi alloggi; l’unica persona a non aver cambiato umore è la ragazza in piedi accanto a lui. Deciso a lasciarla soffrire in pace, realizza che anche lui ha bisogno di qualche momento da solo. La sensazione di avere ancora addosso il tanfo di morte che Salazar ha portato con sé quando lo ha posseduto gli lascia il vago presentimento che ci vorranno giorni, se non mesi, per levarselo di dosso. Ha bisogno di lasciarsi alle spalle quell’incubo, e per questo lascia che la sua mente inizi a vagare verso casa. Sa che presto abbraccerà sua madre e, con un po’ di fortuna, anche suo padre. La paura, l’ansia, la stanchezza si allontanano da lui via via che il tempo scorre. L’idea di avere davanti qualche giorno di navigazione lo mette improvvisamente di buon umore: ha tutto il tempo che vuole per interrogare i membri dell’equipaggio sui suoi genitori. Di sicuro Gibbs sa qualcosa, dal momento che quando si è presentato a lui giorni prima, i suoi occhi hanno brillato. Sa sicuramente qualcosa su di loro, qualcosa che sua madre non gli ha mai voluto raccontare. 
Un movimento di Carina lo fa ridestare dai suoi pensieri. Ora non guarda più le onde: il sole è a metà dell’orizzonte, sulla nave tutte le ombre sono allungate a dismisura e il mare è sempre più scuro. La ragazza si guarda intorno con attenzione, in cerca di qualcuno.
“Dov’è Jack?” sussurra iniziando a tormentarsi le mani.
“Nella sua cabina” risponde distrattamente Henry. È troppo occupato a cercare di decifrare l’espressione che ha sul viso.
Lei muove subito qualche passo sul ponte, poi si blocca e si volta verso di lui con il volto lievemente arrossato.
“Puoi venire con me”.
Non fa in tempo a chiedersi se si tratta di una domanda o di una semplice concessione – conoscendola, probabilmente è la seconda – che è già al suo fianco.
Percorrono il ponte in silenzio. Henry non sa cosa ha in mente la ragazza ma non vuole sprecare fiato, dal momento che a breve lo saprà. La famigliare luce negli occhi di lei gli fa capire che non si fermerà finché non avrà trovato il capitano. In un attimo si trovano a scendere le scale di legno che portano sottocoperta, raggiungono la cabina del capitano e Carina bussa sonoramente per tre volte.
La voce seccata del capitano si fa sentire dopo poco.
“Che cosa c’è?”
“Capitan Sparrow, sono Carina Smyth, vi devo parlare!” dichiara subito la ragazza avvicinandosi alla porta.
“Ho già detto al giovane Turner che faremo tappa nella sua isola, e ora lasciatemi in pace” risponde pensando che il problema di Carina sia solo quello, ma dallo sguardo di lei non si direbbe.
Guarda Henry realizzando forse in quel momento che avrebbe dovuto mettere in conto l’eventualità che Jack non volesse parlare con lei; lui non può fare altro che guardarla incoraggiante e rimanere in silenzio.
Lei avvicina la bocca alla porta, come se in quel modo la sua voce possa arrivare più diretta; parla di nuovo.
“No… Io ho bisogno di parlarvi, capitano” ripete cercando di mantenere la calma. Il ragazzo accanto a lei vede nei suoi occhi la donna sicura di sé dalla lingua biforcuta che scalpita per emergere, ma che viene tenuta a bada dal bisogno di parlare con il capitano.
“Devo chiederti delle cose. Io…” un altro sospiro “…Te lo chiedo per favore” conclude stringendo il pugno contro il pesante legno della porta.
Il rumore secco di una sedia che si sposta li avverte che la porta sta per aprirsi, così si allontanano di mezzo passo. Carina si passa una mano fra i lunghi capelli neri, asciutti ma spettinati, e cerca di non incrociare lo sguardo con Henry, visibilmente incuriosito dalla situazione. La porta si apre, davanti a loro Jack Sparrow se ne sta in piedi spogliato delle sue armi: ha solo i pantaloni, una camicia bianca ingiallita e la sua assurda chioma di capelli intrecciati fra loro. Rimane colpito nel trovare lì anche Henry, dato che quel ragazzo non perde mai l’occasione per stare zitto – tale padre, tale figlio, vero? – ma la sua sorpresa dura meno di un secondo e lascia passare anche lui.
Quando entrano nella cabina del capitano la prima cosa che attira la loro attenzione è l’ordine impeccabile guastato da alcuni elementi sicuramente appartenenti a Jack. Già salta all’occhio il contrasto fra i due capitani: dove alcuni libri sono sistemati bene, in ordine alfabetico, un libro riposto da poco interrompe l’armonia. Per terra non c’è nulla salvo gli stivali di Jack gettati alla rinfusa e qualche foglio di carta. Anche quello sembra un’aggiunta delle ultime ore. Il grande tavolo al centro è già pieno di carte, pistole e una bottiglia di rum appena stappata, ma il vassoio d’argento con una dozzina di mele disposte in ordine simmetrico è di sicuro una traccia del precedente capitano. Carina è sicura che se fossero appartenute a Jack si sarebbero trovate sparse per tutto il tavolo, se non per la stanza.
“Sappi che ti lascio entrare solo perché mi hai chiamato capitano, appellativo omesso da troppi, ultimamente”.
La voce di Jack la riporta alla realtà. Solo in quel momento si accorge della presenza di Gibbs, seduto al tavolo con davanti un bicchiere di rum. La saluta con un cenno e lei prova a sorridergli.
“Avanti, cara, prima che venga sera” farfuglia Jack tornando a sedersi al tavolo, senza invitare i due ospiti a fare lo stesso.
A quel punto Carina abbassa gli occhi, si appiattisce contro la porta chiusa e incrocia le braccia.
"Volevo chiederti una cosa" dice la ragazza schiarendosi la voce. 
"Questo lo avevo intuito" risponde il capitano con un ghigno. Lei rimane a fissarlo per qualche istante, poi fa un respiro profondo e parla. 
“...Lo conoscevi?”
Henry, rimasto a vagare per la stanza, si blocca per un attimo udendo la richiesta della ragazza. Cerca di non guardarla, ma rimane in ascolto, capendo subito a chi si stia riferendo. Anche Jack sembra capirlo, ma rimane a scrutarla silenziosamente per qualche istante.
“Di chi stai parlando, ragazza?” chiede Gibbs, l’unico che ancora non ha capito, che non sa. 
In quel momento però Jack ha occhi solo per la ragazza, che lo trafigge con degli occhi che lui conosce molto bene, e si chiede come abbia fatto a non capire prima chi glieli avesse trasmessi.
“Ho bisogno di sapere qualcosa di lui, me lo devi!” aggiunge Carina guardandolo con aria di sfida, anche se questa volta la sua determinazione non è particolarmente intimidatoria. Jack fa un mezzo sorriso, quasi nostalgico.
“Sei proprio uguale a lui” sospira allungandosi verso Gibbs per afferrare la bottiglia e un bicchiere.
Rimane a pensarci su per qualche istante e si alza. Seguito dallo sguardo di tutti, inizia a rovistare in un armadietto, intanto continua a parlare.
“No, insomma, nell’aspetto sei uguale a tua madre, ora che ci penso, ma hai la sua stessa indole altezzosa e prepotente, un vero peccato”.
Gibbs sembra annegare nella sua stessa curiosità e inizia a guardare Carina e Jack chiedendosi cosa stia succedendo. Henry invece, colpito da quelle parole, si avvicina al tavolo e si siede senza chiedere il permesso. Sa che sarà una lunga serata.
Finalmente Jack riemerge dalla sua ricerca con un “Ah!” soddisfatto e torna al tavolo con altri due bicchieri senza distogliere lo sguardo dalla ragazza, che lo guarda turbata, come se in quel momento Jack gli avesse rivelato di essere lui stesso suo padre.
“Tu… Tu lo sapevi?!” chiede senza fiato.
“Signor Gibbs,”Jack non le stacca gli occhi di dosso e non smette di sorridere “Raccontate il vostro miglior aneddoto su Hector a sua figlia!” poi rivolge lo sguardo a Henry e fa una smorfia, ma il ragazzo non se ne cura.
Gibbs, intento fino a quel momento a portarsi il bicchiere alla bocca, è costretto a rimetterlo giù con un gran fracasso per la rivelazione che ha appena ricevuto. Il poco rum bevuto gli va di traverso. 
“Stai scherzando, Jack” dice guardando prima il capitano e poi la ragazza, che a sua volta guarda Jack, scioccata dalla rivelazione.
“Jack, tu sai chi è mia madre?” sussurra con le lacrime agli occhi.
“Ma come è possibile?” ripete Gibbs attento a non aggiungere le parole “...che io non lo sapessi”. 
“Jack!” Carina si dirige verso il tavolo e rimane in piedi davanti a lui. Se non sapesse che è una ragazza perbene, sembrerebbe quasi che lo voglia uccidere.
“Via, state calmi. Carina, siediti” risponde in modo rilassato mostrandole una sedia libera.
Lei sbuffa e si siede, furiosa. Jack le sorride, soddisfatto di aver vinto e di averla alla sua mercé. Si rivolge al suo quartiermastro. Intanto Henry guarda Carina mentre si tormenta le mani sotto il tavolo. Silenziosamente le prende la mano, lei rimane colpita ma non lo respinge.
“Hector è riuscito a tenermi segreta la relazione con Margaret Smyth fino a ieri, e questa è la loro figlioletta” risponde per chiarire prima dubbi del suo compare sporgendosi verso di lui, poi, pensandoci meglio, aggiunge: “a dire il vero sapevo che stavano insieme, ma pensavo che dopo la sua morte avessero perso i contatti”
Gibbs annuisce incantato, facendosi scappare un "Ah, Margaret!" come se in quel momento stessero andando a posto tutti i pezzi del puzzle nella sua mente, mentre Henry e Carina rimangono interdetti dall’ultima affermazione di Jack. Mentre gli occhi di Carina, all’udire per due volte di fila il nome di Margaret, diventano opachi e iniziarono a fissare vacui le mele a poca distanza, Henry si rivolge ai due pirati con aria instupidita.
“Che vuol dire dopo la sua morte? Come avrebbero fatto a tornare insieme?!”
I due si lanciano uno sguardo complice, poi in un tacito accordo, Jack permette a Gibbs di parlare, mette le braccia dietro la schiena e si accomoda sulla sedia posando i piedi sul tavolo, in ascolto.
“Mai sentito parlare del tesoro maledetto di Cortes?”
“Sì ma…” dice subito Henry.
I tre uomini inziano a parlare di un'isola maledetta che può essere trovata solo da coloro che sanno già dove si trovi e altre sciocchezze. Carina rimane zitta per un po’, poi alza gli occhi al cielo e batte una mano sul tavolo, facendo spaventare i tre presenti.
“Dimmi di mia madre, Jack, poi potrete parlare delle vostre favolette senza senso”
Nonostante l’affronto appena subito contro le leggende piratesche, rivelatesi vere fino a quel momento, Henry è costretto a darle ragione. La capisce, chiunque potendo scegliere fra una storia probabilmente inventata ed esagerata nel corso degli anni e la vera storia dei suoi genitori defunti, sceglierebbe la seconda, anche se, a quanto pare, le due cose sono collegate.
“Non so molto di lei, a dire il vero” ammette il capitano. “Abbiamo fatto tappa a Bristol poche volte, e tanti anni fa. La mia strada si è incrociata con quella di Margaret solo due o tre volte, lei aveva occhi solo per il tuo caro papino. Ancora mi chiedo come possa essere successo... Hector era davvero brutto”
Mentre dà queste informazioni alla ragazza, Jack Sparrow muove la mano con noncuranza, come se la storia fosse stata detta e ridetta. In realtà è la prima volta che ne fa parola con qualcuno.

‘Margaret, mia madre si chiamava Margaret’ pensa Carina sentendo il cuore riempirsi di emozioni mai conosciute prima. Non riesce a fermare le lacrime e si volta di fretta e per asciugarsi subito gli occhi con una manica del vestito color albicocca, sperando che non l’abbiano vista. Non le capita di piangere da anni. Stando in orfanotrofio aveva imparato a reprimere la sua tristezza, ma ciò che aveva appreso alla fine di quel viaggio era troppo, e quel troppo le aveva fatto sciogliere il cuore.
“La conoscevi?” chiede con voce tremante.
“La tua aria mi era famigliare, mi sembrava di averti minacciata da qualche parte, ma non ricordavo dove. In realtà ti ho scambiata con tua madre1” risponde Jack con un sorriso furbo stampato sulle labbra.
“…Quindi quel figlio di buona donna che tre anni fa ha cercato di uccidermi ha avuto una donna… E una figlia?!” si intromette Gibbs prima che Carina trovi le parole per ribattere, poco abituata alle parole sprezzanti del capitano.
Henry invece è intento a chiedersi se il disappunto nella voce di Gibbs sia dovuto all’invidia nei confronti del capitano oppure al rancore per il fatto averlo scoperto solo in quel momento. 
“Hai detto…?” chiede Carina distogliendo lo sguardo da Jack per un attimo, colpita dalle parole del quartiermastro. 
“Voleva che mi stringessi da solo il cappio al collo” risponde quello con una scrollata di spalle “...Carogna...” aggiunge a denti stretti.
Hector Barbossa non doveva essere popolare per la sua simpatia, a bordo di quella nave. Eppure, in quei momenti che aveva passato con lui le era sembrato il più gentile fra tutti. Forse anche il più normale.
“Mastro Gibbs avrà modo di raccontarti tutti i suoi aneddoti su Barbossa, nei prossimi giorni” taglia corto Jack sorridendo al pensiero di quanto sarebbe stato felice il suo quartiermastro all’idea di narrare a una donzella le grandi imprese di Capitan Jack Sparrow e di come più di una volta avesse prevalso su Capitan Barbossa.
Sorride ancora di più al pensiero di quanto l’inclinazione di Carina alla polemica e allo scetticismo gli darà del filo da torcere.
“Da quanto vi conoscevate, esattamente?” chiede la ragazza, confusa. 
“Troppo, per i miei gusti” risponde Jack addentando una mela.
Gliene lancia una e Carina, colta di sorpresa, la prende al volo. È una mela verde, perfettamente lucidata, come se qualcunol'avesse strofinata con uno straccio per ore. Se la rigira fra le mani incerta. Nella mente le balena un pensiero orribile, una nuova domanda che esige una risposta.
“E mia madre… Era...”
Non si aspettava che anche Jack l’avesse conosciuta, quindi o lui stava bluffando o sua madre era stata una di quelle donne che frequentano i pirati, quindi una…
Non riesce nemmeno a formulare il pensiero: ha passato la sua intera vita a pensare che i suoi genitori fossero delle persone per bene. Aveva smesso di pensare a sua madre quando era stata abbastanza grande da focalizzare tutta l’attenzione sul padre che le aveva lasciato il diario, di cui era fermamente convinta di essere l'erede. Nei suoi sogni sua madre era una donna comune, molto bella, probabilmente, ma non ci aveva mai pensato più di tanto. E ora aveva scoperto che suo padre era un pirata. Chi poteva essere stata sua madre per aver conosciuto dei pirati e aver avuto rapporti con uno di loro?
Leggendo nel suo sguardo il terrore che sua madre potesse essere una prostituta da taverna, Jack sogghigna.
“Non so cosa ci facesse in quella taverna quella sera. Non la vidi più se non di sfuggita o a fianco di Hector qualche altra volta. Non era di certo una prostituta, a giudicare da come mi respinse…”
Fa una smorfia al ricordo di quella che era stata la risposta della donna alle sue avances. Il cuore della ragazza in ascolto si gonfia di orgoglio nei confronti della donna che aveva respinto quel pirata. Sua madre doveva essere stata una grande persona. La tristezza e la paura l’abbandonano per un po’, facendo spazio alla curiosità e all’affetto. Adesso vorrebbe sapere di più su come aveva reagito la madre, ma Jack sembra non voler approfondire. Probabilmente non è abituato a parlare delle donne che lo hanno respinto.
“Ero io il capitano, e in teoria avevo la priorità sulle donne, ma Hector mi è passato davanti senza troppe cerimonie… Lo scoprii qualche giorno dopo – che me l’aveva rubata intendo – poi tenne nascosta quella relazione fino a… ieri”
Il viso di Carina si increspa per una smorfia quando sente quelle parole. Donne trattate come merce su cui anche il più rozzo degli uomini può avanzare delle pretese, una cosa inammissibile.
Chissà" dice la ragazza sforzandosi di non insultarlo "...Magari lui non l’ha mai trattata come una sua proprietà, per questo lei ha scelto lui e non te”.
Jack muove una mano con noncuranza e biascica “bazzecole”.
“Quindi l’hai vista solo poche volte più di venti anni fa?” insiste Carina, delusa. 
“Esattamente”.
La risposta di Jack arriva accompagnata da una strana smorfia. Sembra che voglia aggiungere qualcos’altro, ma si ferma all’ultimo, il che fa pensare ai presenti che abbia mentito su qualcosa2.
“…Sono cose successe prima della maledizione di Cortes. Circa trent’anni fa. Avrai notato anche tu che il caro Hector non era più così arzillo”
“Raccontami della maledizione” ordina Carina. “È vero quel che si dice? Ti rubò la Perla e la ciurma?”
Jack Sparrow fa un'altra smorfia per le parole scelte dalla ragazza. Gli ricordano l’umiliazione peggiore della sua vita, e ha ancora il sapore amaro. Poi però annuisce e passa i minuti successivi – che a mano a mano diventano ore – a raccontare insieme a mastro Gibbs le imprese che hanno visto capitan Jack Sparrow come protagonista e Hector Barbossa come comparsa, solitamente antagonista o seccatore.
Carina non ci fa caso subito, ma Henry sì: sembra quasi che Jack provi gusto a parlarne, come se ne avesse bisogno, e quando è Gibbs a raccontare questa o quella impresa, il viso Jack ogni tanto si scioglie in un sorriso malinconico. 
“…Barbossa era un pirata che non tollerava gli stupidi, chiedilo a mastri Murtogg e Mullroy” borbotta Gibbs portandosi alla bocca il bicchiere per la quinta volta. “…Però ultimamente abbiamo combattuto al suo fianco più di quanto vorremmo ammettere, vero, Jack?”
“Solo per convenienza o per disgrazia” taglia corto il capitano. “Ma devo ammettere che è stato un buon alleato nelle recenti scorribande”
“Ammettilo, Jack, se non ci fosse stato lui nelle nostre ultime oneste imprese, saresti sotto terra da un po’ col collo mozzato” ridacchia Gibbs sputacchiando un po’ di rum.
Deve essere piuttosto brillo per dire una cosa del genere, perché al “Bada e te” a denti digrignati del capitano continua a ridacchiare. Jack Sparrow infatti sta prendendo in considerazione l'idea di vendicarsi di quell'impudenza facendogli pulire il parapetto dagli escrementi dei gabbiani mentre lui guarda. A distoglierlo dai suoi propositi di vendetta giunge la voce di Carina.
“È stato l’unico a fidarsi di me...” mormora la ragazza, incurante del continuo berciare dei due, che ora si voltano verso di lei e la guardano con commiserazione. Henry le stringe una mano nella sua, ma questa volta lei la ritrae. 
“Te l’ho detto, cara: aveva perso un po’ di colpi” asserisce il capitano con un ghigno crudele.
Gli occhi però, gli occhi le dicono tutt’altro. Le dicono che infondo Hector aveva fatto una scelta dettata da un rispetto che in fondo Barbossa era in grado di dimostrare a chi riteneva degno. Jack Sparrow odiava Barbossa, non perdeva mai l'occasione per mancargli di rispetto, ma alla fine non gli dispiaceva parlare di lui a sua figlia. Sentiva di essere legato a lei da un sentimento che poche volte aveva provato prima. Forse era nostalgia. Forse era dovuta al vago rispetto che nonostante tutto era arrivato a provare nei confronti dell'odiato rivale. 
Quando la luna inizia a brillare nel cielo Carina esce dalla cabina del capitano con Henry Turner. Non ha trovato le parole adatte per ringraziare il capitano per quello che ha fatto per lei in quelle due ore.

Mentre la Perla Nera naviga verso l’isola che Henry chiama casa, Carina passa da un marinaio all’altro a interrogarlo, per farsi raccontare di quando ha combattuto a fianco del defunto capitano, e più passano le ore e i giorni, più si sente meglio, anche se le storie che le vengono raccontate sembrano al limite del realismo.

Una sera, l’ultima sera, Henry la trova affacciata al parapetto di prua. Non aspetta più che suo padre emerga dalle onde del mare per tornare da lei. È tornata a scrutare il cielo. Da quel punto è ben visibile la costellazione di Carina, la carena della Nave3, e le tornano in mente le parole che le ha rivolto Hector qualche giorno prima. Parole che la fanno rendere conto ancora una volta di chi ha perso.

“Sono un capitano. So quali stelle seguire per far ritorno…”


Si era bloccato senza continuare e lei si era chiesta il perché. Presa com’era dal compito che le era stato affidato da lui in persona non aveva voluto indagare. 
'Ora tutto torna' pensa Carina con un tuffo al cuore.
Si ritrova a pensare che forse gli avrebbe voluto bene per davvero.
E forse in Hector Barbossa era ancora vivo il desiderio di tornare da lei e, chissà, forse anche di conoscerla e volerle bene, come aveva voluto bene a sua madre.

“Hai parlato con tutti quelli che hanno combattuto per lui” esordisce Henry a bassa voce “Nessuno di loro ti ha parlato bene di lui, eppure sorridi”
La sua osservazione arriva alla ragazza con una delicatezza tale che non si arrabbia, anzi, sorride ancora di più.
“Qualcuno ha mai parlato bene di me?” chiede Carina al ragazzo, guardandolo finalmente negli occhi. “Mi hanno mai capita, rispettata…?”
Henry la scruta un attimo, indeciso su come rispondere. Non vorrebbe offenderla o farla arrabbiare.
“…Io l’ho fatto dal primo momento, ti ho sempre...” risponde cercando di apparire indifferente, ma si blocca senza riuscire a concludere la frase. In realtà durante quel viaggio ha imparato ad andare ben oltre il rispetto per lei. 
Ci pensa Carina a parlare, senza scomporsi davanti a quella affermazione. 
“Vorrà dire che sarò io l’unica persona a parlare bene di lui, ad averne un bel ricordo. Come tu lo fai per me. Penso che ne sarebbe felice”
Henry, che ha conosciuto Hector Barbossa solo attraverso i racconti di altre persone, dubita fortemente che quell’uomo rozzo, arrogante e brusco potrebbe apprezzare una cosa del genere, ma Carina invece ne è sicura e dopo qualche riflessione questo gli basta per convincerlo. 
“Forse tu e Jack siete stati le uniche persone che dopotutto lo hanno visto per come era veramente” afferma il ragazzo sedendosi sul parapetto e reggendosi con una cima. 
A quelle parole, Carina distoglie lo sguardo dal cielo stellato e lo guarda con titubanza. 
Jack?!” chiede la ragazza, colpita da quell’affermazione con la quale non crede che riuscirebbe a concordare "Ma se ha passato gli ultimi giorni a insultarlo, anche davanti a me!"
“Ma non lo hai notato?!” chiede Henry sgranando gli occhi per lo stupore.
Carina lo guarda smarrita, senza capire.
Le parole che il giovane Turner le rivolge la rendono consapevole che, sulla Perla, lei non è l'unica a essere addolorata per la morte di Capitan Barbossa. 
 
“…Era così scosso dalla sua scomparsa che non vedeva l’ora di parlarne con qualcuno”

 

 
FINE

1: Per maggiori info: leggete la mia storia "His wreck was a Warship" 
2: Vedi nota sopra
3: Carina prende il nome da una costellazione che rappresenta la carena della Nave di Argo. È visibile solo nell’emisfero australe e dal 15° parallelo nord, che è proprio all’altezza del Mar dei Caraibi. Ora non so se gli sceneggiatori hanno fatto questi studi nella scelta del nome, ma è tutto così perfetto che a) non sembra per niente lasciato al caso; b) mi commuove. Andatela a cercare su google, è bellissima! 
 

Ehilà!
Il 25 giugno 2017 ho iniziato a scrivere questa one shot. Il 1° agosto 2017 ho pubblicato su questo fandom la mia ultima one-shot su Pirati dei Caraibi dopo aver guardato l'ultimo film uscito e questa che ho appena pubblicato era già scritta a metà. Poi mi sono persa in altre mille cose e l’ho messa da parte per quasi due anni. Avevo annunciato su facebook che sarei tornata a navigare su queste acque, e alla fine ce l'ho fatta.
È un caso il fatto che l’abbia pubblicata il giorno della festa del papà, però a pensarci bene mi piace molto questa casualità (che poi ormai la festa è praticamente passata).

Quando ho iniziato a scriverla avevo in mente due personaggi che dovevano in qualche modo “superare” la morte di Capitan Barbossa: Capitan Jack e Carina. Alla fine il primo supera il lutto parlandone, la seconda ci riesce conoscendolo attraverso i racconti del capitano. Spero di aver reso abbastanza l’idea.
(Anche io dovevo superare la sua morte, ma non penso che ci riuscirò mai. Rivedere il film qualche settimana fa mi ha fatto male, ma almeno mi ha fatto decidere di pubblicare questa storia).
 
Informazioni di servizio:
- La canzone che dà il titolo alla storia è questa . Non avete idea di quanto ho piagnucolato mentre plottavo la shot su queste note. 
- Ho un’idea piuttosto precisa della storia di Margaret Smyth, ne ho anche scritto un pezzo e ho messo un riferimento alla storia quando Jack parla di come l’ha incontrata. Purtroppo per voi sono presa da altri progetti e quindi rimanderò la stesura della storia a dopo la laurea. “Auguratemi buona fortuna, mi servirà!”
- Al momento sono impegnatissima nella scrittura e pubblicazione di una serie di long ambientate a Hogwarts. Se qualcuno volesse passare per curiosità è molto ben accetto. La storia si chiama This is Us

Non lascerò mai per sempre questo fandom, quindi arrivederci :) 
   
 
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