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Autore: Riflessi    22/03/2019    8 recensioni
Draco lo sapeva che quella donna -prima o poi- l'avrebbe fatto morire...
D'odio, o d'amore.
Che, in un modo o nell'altro, lei non sarebbe mai uscita dalla sua vita, per tormentarlo deliziosamente fino alla fine dei suoi giorni.
Hermione Granger era nel destino di Draco Malfoy come Tom Riddle era stato in quello di Harry Potter: una persecuzione costante, continua, perenne, che l'avrebbe portato alla pazzia totale... o forse chissà, l'avrebbe invece salvato dal profondo abisso della solitudine!
SEQUEL DE "LE FIABE OSCURE"
Genere: Dark, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il Cacciatore di maledizioni
 
Capitolo 1
-Le origini del male-


 

Nurmengard, agosto 1972.

Quell'uomo, ormai, aveva il volto segnato. La stanchezza di ventisette anni di galera aveva scavato occhiaie profonde sul suo profilo un tempo bello; aveva ingrigito la barba, incurvato quell'eterno ghigno malefico, distrutto la sua eleganza sofisticata, e addirittura spento gli occhi... quegli occhi intensi da uomo affascinante e maledetto come solo un mago oscuro poteva essere.

Sbuffò di noia Gellert, passandosi una mano fra i capelli, e riflettendo sulla sua agonia: agonia che non avrebbe mai avuto fine. Era consapevole che in quella cella, vi avrebbe trascorso tutto ciò che gli restava da vivere... era infatti dal lontano 1945 che si rigirava dentro quelle quattro opprimenti mura come un riprovevole figlio di puttana! Proprio lui, sì... Proprio lui che aveva tenuto in pugno il mondo magico. Lui, che aveva vissuto una vita avventurosa, controversa, al limite del possibile...

Perché, beh... Gellert Grindelwald, era stato il mago più potente e pericoloso del mondo magico. Almeno fin quando Lord Voldemort, anni dopo, gli avrebbe strappato a pieno diritto il titolo.

Con un sorriso amaro, ricordò di essere stato proprio lui a costruire la prigione di Nurmengard quando il potere ed il terrore che aveva seminato in giro per l'Europa erano giunti all'apice. E vi aveva rinchiuso dentro qualsiasi mago ribelle, per anni ed anni. Fino al giorno in cui era tornato, per sua disgrazia, il solo ed unico uomo in grado di fermarlo: Albus Silente... che l'aveva trionfalmente sconfitto in un duello epico, un duello di quelli che sarebbero passati alla storia.
E per ironia della sorte, dopo il leggendario scontro che l'aveva visto soccombere, era stato imprigionato proprio dentro il suo stesso carcere, quello di cui lui si era tanto vantato in passato, quello che ancora oggi si innalzava imponente e minaccioso su di uno sperone di roccia scura circondata dal mare. Una fortezza sinistra, di un nero lucente, di difficile accesso e in grado di distruggere tutte le speranze di chi vi entrava.

Grindelwald era stato un uomo a dir poco complesso, ed in nome delle sue fantasie utopistiche, si era macchiato di così tanti crimini, che la comunità magica era convinta non sarebbe mai apparso al mondo, un mago ancor più pazzo...
Ma come la vita ci ha sempre insegnato: non c'è un limite, al peggio. Perché Tom Riddle, fu un assassino di certo molto più sadico di lui...
Un giorno lontano, comunque, Gellert si sarebbe pentito dei suoi peccati. Ma adesso non era ancora il momento.
Non era ancora giunto il tempo di redimersi, e molti anni ancora sarebbero trascorsi prima che il Signore Oscuro volasse sul mare in tempesta per raggiungere Nurmengard con l'unico scopo di farsi dare da lui informazioni sulla bacchetta di sambuco, ed un fascio di brillante luce verde lo avrebbe ucciso in un solo colpo, per essersi rifiutato di collaborare. Eppure Grindelwald, dopo un'esistenza trascorsa a cercare il modo di vincere la morte... di fronte al suo assassino l'avrebbe accolta con serenità, e si sarebbe fatto trovare da essa perfettamente in pace con se stesso, e con il mondo.

Ma non ora.

Improvvisamente, scacciando via pensieri malinconici, Gellert si alzò si scatto dal letto e chiamò a gran voce:
"Guardie!"
Un rumore di passi decisi si avvicinò rapidamente alla sua cella, ed un uomo robusto vestito di nero, si piazzò di fronte a lui, in attesa.

"Mi annoio. Procuratemi una tela, colori e pennelli." Disse il mago, in tono di autorevole comando.
Il carceriere sollevò un sopracciglio tra lo stupito e lo scettico, poi però annuì con un gesto secco del capo e si allontanò. In fondo anche un mago oscuro, in quanto essere umano, aveva il diritto di usufruire a piacimento del proprio lungo ed ozioso tempo...

Ma era il 1972. Ciò che Grindelwald avrebbe fatto con quei tubetti di colore, avrebbe avuto conseguenze devastanti ben oltre la sua morte...

 
***
 

Scozia, ottobre 2008.

Non aveva mai visto un'alba più tetra di quella Draco, che bestemmiava a denti stretti mentre tirava su il cappuccio del mantello, per proteggersi dall'umidità della brughiera. La nebbia aveva avvolto i prati, soffocato ogni suono, spento la tenue luce del sole mattutino... ed in lontananza, la città babbana di Inverness non si vedeva più, completamente inghiottita dalla bruma.

"Ma chi me l'ha fatto fare..." Grugnì tra sé e sé, e prese a calci un sassolino, che rotolò lontano facendo scappare uno scoiattolo rosso. Quell'attesa inutile lo stava innervosendo, o forse invece, era l'atmosfera funerea ad angosciarlo, lui che già di suo era un incredibile codardo. Sì! Perché almeno nell'intimo silenzio della sua mente, Draco poteva ammetterlo ogni volta che voleva!
Sorrise amaramente, con la solita ombra di disprezzo verso se stesso a deformargli i lineamenti perfetti del viso: lui era Draco Malfoy, il pavido piccolo uomo che aveva provato a redimersi giocando a combattere la magia oscura, ma che invece aveva finito per diventare ridicolo. Ancora. Di nuovo. Come sempre.
E la rabbia, per ciò che nessuno riusciva mai a capire di lui, divampò per l'ennesima volta, convincendolo di avere addosso una sorta di maleficio, che impediva alla serenità di posarsi sul suo capo e placarne i tormenti dell'anima.

Uno stormo di corvi gracchianti si levò all'improvviso fra la nebbia, spezzando il silenzio cupo degli altipiani scozzesi. Draco sgranò gli occhi, in allerta... e mentre cercava di vedere qualcosa in mezzo a quelle fumose volute biancastre, apparvero in lontananza delle piccole figure che sembravano precipitarsi verso di lui. Strinse violentemente la bacchetta fra le dita tremanti, e quando riuscì a mettere a fuoco, riconobbe dei fottuti berretti rossi dalle facce orrende e gli occhi iniettati di sangue. Ad occhio e croce, erano almeno una trentina.
"Cazzo..."
Draco allora iniziò a correre disperatamente, pregando Merlino di salvargli la pelle. Saltò cespugli di erica selvatica respirando con affanno, inciampò in un paio di piccoli speroni rocciosi che spuntavano dal terreno, cadde rotolando, si rialzò imprecando, e lanciò dietro di sé un numero imprecisato di Stupeficium, nella speranza di schiantarne un po'.

Berretti rossi. Le sanguinarie creature che abitavano le rovine dei castelli scozzesi.
Non li aveva messi in conto, maledizione.
Durante la corsa sfrenata, Draco provò pure a girarsi, ed impallidì quando si rese conto che quei bastardi avevano diminuito le distanze. Digrignò i denti, mentre il cuore pompava scatenato... ma incredibilmente, uno di quei raccapriccianti nani, lo sorpassò quasi senza vederlo, continuando a correre come se avesse un esercito di Troll alle calcagna.
Così, Draco si fermò di colpo sbilanciandosi in avanti, sconcertato; altri berretti rossi lo superarono grugnendo, e solo in quel momento, cercando di contenere il fiatone della corsa, capì che stavano scappando anche loro. Scappando da qualcosa alle loro spalle...
Un gelo pauroso lo invase, e con la lentezza tipica del terrore, Draco si voltò indietro, verso l'ignoto. Ai suoi occhi grigi apparve una gigantesca massa oscura che avanzava ad una velocità impossibile, fluttuando a mezz'aria.
Vide solo questo, prima che quel globo fatto di denso fumo nero lo travolgesse, scaraventandolo a terra.

Poi... tutto si fece buio, nella sua testa.

 
***
 

Nurmengard, agosto 1972.

Il riverbero delle candele proiettava una tenue luce aranciata sulle pareti in pietra della cella di Gellert Grindelwald che, ormai da ore, era impegnato a muovere con attenzione il pennello sulla superficie ruvida di una tela. Studiava attentamente l'effetto dei colori pastosi che scorrevano sulla fitta trama, il modo in cui si mescolavano sfumandosi, l'odore che emanava l'olio di lino, e la forma che i suoi soggetti stavano via via prendendo. Intanto, sussurrava impercettibili parole latine, ripetendole infinite volte, come una litania, sprigionando la propria incontenibile magia senza l'aiuto di alcuna bacchetta, a dimostrazione che il suo straordinario dono gli scorreva prepotente nelle vene, e che nessun incantesimo neutralizzante, alcuna barriera, limite, o restrizione posta in quella prigione, poteva fermare il mago oscuro più potente del secolo.
Gellert si fermò un momento ad osservare il lavoro svolto e poi, gettando un'occhiata rapida verso il lugubre corridoio per controllare che la guardia fosse ben lontana dalla sua cella, si affrettò a mordersi un'unghia, sputandola a terra. Il suo viso si contrasse in una smorfia di dolore, ma il sangue che fuoriuscì dalla carne esposta, gli fu prezioso per proseguire l'opera. Tre gocce di denso liquido vermiglio infatti, caddero sulla tavolozza e vennero mescolate perfettamente ai colori. Dopodiché, il prigioniero riprese a dipingere bisbigliando incantesimi.

Quella sera, a Nurmengard, all'insaputa del mondo, Gellert Grindelwald proiettò una parte di sé, della sua magia e dei suoi ideali folli, dentro un quadro, senza poter immaginare che quella parte di sé, gli sarebbe sopravvissuta per anni...

***
 

Scozia, ottobre 2008.

Quando Draco aveva riaperto gli occhi, feriti dalla luce del sole splendente, si era guardato attorno spaesato. Le Highlands stavano salutando il nuovo giorno con la loro sconvolgente bellezza selvaggia; la nebbia si era diradata, gli animali erano andati a cercare cibo altrove, e non c'era nessuna traccia di creature magiche.
Lui però, stava tremando in modo convulso, e si sentiva gelato fin dentro le ossa, come se qualcosa lo avesse investito in pieno, trapassandolo da parte a parte. Draco allora si ricordò di quell'indefinibile essere oscuro, che pareva fatto di fumo nero e non sembrava né uomo né animale, e della violenza con cui l'aveva scagliato sul prato, lasciandocelo svenuto per almeno un'ora, a giudicare dal sole luminoso ed il cielo sgombero.

Si strinse febbrilmente nel mantello, lottando contro una fiacchezza incredibile e un capogiro improvviso.
Prima di partire per la Scozia, Draco aveva già fatto i conti con la certezza che non gli sarebbe stato per niente facile affrontare quel mostro, perché stavolta sapeva che non avrebbe avuto a che fare con un semplice oggetto maledetto come quelli che studiava nella penombra della sua stanza segreta, ma con qualcosa di VIVO, che si muoveva, reagiva, pensava. Ed era assolutamente sicuro anche di non esserne all'altezza: non ne aveva le capacità ma, soprattutto, non ne aveva il coraggio. In fondo... era scappato come un vigliacco solo per aver visto dei berretti rossi corrergli incontro! Figurarsi!

Purtroppo eroi si nasce, non si diventa.
Anche se gli eroi, a parer suo, nascevano, oltre che con il talento, anche con un pacchetto di botte di culo pronte da usare al momento opportuno! Come Potter, ad esempio, che si era costruito la fama di paladino della giustizia solo grazie ad una fortunata serie di coincidenze, e alla genialità della sua amica che, in quegli anni, come una piccola madre l'aveva guidato nelle scelte, e l'aveva consigliato nelle azioni da compiere, evitandogli il peggio in svariate occasioni.
Hermione Granger...

Sospirò, come se all'improvviso gli si fosse aperta una voragine in mezzo al petto, e subito dopo imprecò contro Merlino, senza sapere neanche bene il perché, poi... con fatica, si inghinocchiò recuperando la bacchetta caduta sul prato umido. Se le forze glielo avessero permesso, se ne sarebbe tornato nel Wiltshire, e quella creatura vagante per le Highlands scozzesi sarebbe potuta andare tranquillamente a farsi fottere, per i suoi gusti! Non voleva più umiliarsi in quel modo, non gli interessava.

Ma perché!?! Si domandò fra sé e sé. Ma perché non ricominciava a vivere la sua irrilevante vita da aristocratico snob, dentro la sua enorme villa, a badare agli affari di famiglia e a leggere libri proibiti, piuttosto che continuare ad inseguire il MALE nel tentativo di distruggerlo? Era stanco! E poi tutto ciò, non gli dava più neanche la soddisfazione di una volta!
Quando aveva cominciato a collezionare manufatti oscuri per annientarli, dieci anni prima, era stato animato da una violenta voglia di riscatto, come se in quel modo avesse potuto cancellare i peccati della sua anima nera. Ma col trascorrere del tempo, era subentrata gradualmente una sorta di amara consapevolezza, fino al momento esatto in cui si era definitivamente accorto che, in fondo, era tutto inutile!
In quei lunghi anni di redenzione e di isolamento, a cosa era servito cercare a tutti i costi di essere diverso? A cosa era servito tentare disperatamente di convincere gli altri che lui era diventato un uomo migliore?
A niente. Assolutamente a niente. Perché, nonostante i suoi sforzi, NESSUNO aveva mai cambiato opinione su di lui. Sì... Draco si era pentito dolorosamente, aveva chiesto perdono, si era dannato nella solitudine, aveva sopportato sulle proprie fragili spalle il peso insostenibile della colpa, aveva perfino aperto il suo cuore a qualche cosa che pensava fosse bello, eppure... quando camminava per strada sentiva ancora bisbigliare la gente, vedeva ancora sguardi di sufficienza nella sua direzione, provava ancora difficoltà ad immergersi nella vita della comunità magica, e per ogni cosa che faceva, compreso provare ad amare una donna come un uomo qualunque, era guardato con sospetto.

Così, mandò rabbiosamente a fanculo tutto e, cancellando dalla mente quelle riflessioni inutili, concentrò i pensieri sulla sua bella casa con ferma volontà, lasciandosi risucchiare violentemente dallo spazio che prima aveva riempito con il suo corpo febbricitante.

Rovinò sul tappeto di morbida lana nel grande salone del maniero, ansimando per la fatica e cercando di resistere ai conati di vomito provocati da un capogiro sempre più violento. Tossì un paio di volte poi, con estremo sforzo, chiamò a denti stretti il suo elfo domestico.
Toby si presentò dopo un secondo esatto, con in mano il piumino che stava usando per spolverare il grande lampadario della biblioteca, e spalancò gli occhioni scuri, di fronte all'uomo a terra.
"Pa-pa-padrone! Cosa vi è s-successo?"
Ma Draco si asciugò il sudore gelato sulla fronte senza rispondere.
"Vado ad avvisare Signor Lucius!" Disse l'esserino, preoccupato.
"NO!" Si precipitò a ribattere il mago.
"Ma... M-Ma padrone! V-Voi state male!" E Toby, come un buon elfo domestico che si rispetti, lasciò cadere il piumino polveroso e cominciò a tirarsi le orecchie.
"T-Toby!" Disse Draco, con estremo sforzo: "Chiama lei!"
E provò ad alzarsi, accasciandosi di nuovo a terra.
L'elfo lasciò andare immediatamente la presa dalla punta delle orecchie, sbalordito dalla richiesta. Aveva capito subito a CHI il padrone si riferiva, ed anche se con un po' di timore, ebbe comunque l'ardire di rispondergli:
"Ma... Ma LEI ha detto che non vuole vedervi, padrone!"
"Ti ho detto: CHIAMALA!" Lo zittì Draco, tremando di febbre.

Era il primo pensiero che gli si affacciava alla mente ogni volta. Ogni dannata volta che ne aveva bisogno. Non poteva evitarlo, anche se sapeva che l'avrebbe fatta incazzare. Draco la sentiva legata a sé da un invisibile e sottilissimo filo, che era fatto d'amore e tormento.
E nonostante la convinzione che sarebbe stato inutile anche stavolta, sospirò di sollievo, quando vide Toby risucchiato dal turbine della smaterializzazione, obbligato, nonostante tutto, ad ubbidire ai suoi ordini.

 
***
 

Città di Londra, ottobre 2008.

"Allora, Signor Burner! Lei continua a professarsi INNOCENTE! Conferma?"
Il prigioniero seduto sul bordo della sedia al centro del tribunale magico si guardò attorno con aria di sfida, e pronunciò un SI deciso.
L'uomo che lo stava interrogando invece, riprese un po' esasperato a parlare ad alta voce, per farsi sentire distintamente da tutti i componenti del Wizengamot:
"La sua bacchetta è stata trovata sul luogo del delitto, ed il Prior Incantatio effettuato dagli Auror ha rivelato come ultimo incantesimo effettuato, un Avada Kedavra! Come ce lo spiega, Signor Burner?"
Seguì un breve silenzio, spezzato infine da una spavalda replica:
"Mi avvalgo della facoltà di non rispondere!"

Un brusio intenso si levò automaticamente all'interno della sala, e la Signorina Granger ne approfittò per trascrivere i botta e risposta tra il prigioniero e lo stregone Capo del Wizengamot con la sua solita precisione maniacale.
Quel giorno Hermione era lì perché, come capo dell'ufficio applicazione della legge sulla magia, aveva il dovere di presenziare ai processi che riguardavano direttamente i casi affidati al suo dipartimento. Le schiaccianti prove di colpevolezza inoltre, erano state fornite da lei in prima persona, che aveva indagato per lunghi mesi sull'omicidio e quindi, da scrupolosa dipendente del Ministero, non si sarebbe persa per niente al mondo la sentenza che avrebbe messo definitivamente dietro le sbarre Jonathan Burner, l'assassino della piccola Alyssa, la figlia di undici anni che aveva l'unica colpa, agli occhi folli del padre, di essere una maganò.

Mentre lavorava, uno strattone violento alla manica della sua giacca elegante la fece sobbalzare, e la piuma con la quale stava scrivendo scivolò sulla pergamena lasciando un visibile sfregio d'inchiostro blu fra le righe. Alcuni maghi si voltarono incuriositi poi, con noncuranza, ripresero a sussurrare fra loro sulla colpevolezza dell'imputato.
Hermione guardò in basso, ma quello che vide le fece roteare gli occhi al soffitto per l'esasperazione. Finse di non aver notato niente di strano e, con indifferenza, iniziò a far sventolare discretamente la sua bacchetta, per rimediare al disastro compiuto sul documento che stava redigendo... Tuttavia, prima di riuscire a concludere decentemente l'incantesimo, si sentì strattonare per la manica una seconda volta. Aggrottò le sopracciglia, e sbuffando portò finalmente l'attenzione sul piccolo elfo domestico che la stava silenziosamente chiamando con un'aria impaziente ed allarmata.
"Toby!" Sussurrò irritata Hermione, per non farsi sentire da tutta la stanza: "Che diamine ci fai qui? Lo sai che non potresti entrare senza un valido motivo!?"
Toby però, si appese alla sua giacca senza rispondere, con la visibile intenzione di farla uscire dall'aula giudiziaria. Un paio di streghe accanto a loro osservarono la scenetta con un sopracciglio sollevato a mò di rimprovero ed Hermione, guardandole di sottecchi, si vergognò così tanto, che arrossì fino alla radice dei capelli.

"Deve venire alla Villa, signorina!" Bisbigliò Toby esasperato, continuando a tirare il tessuto.
"Ma stai scherzando, Toby!? Assolutamente no! Ho da fare! E poi... i-io non... non voglio vederlo!" Sbottò lei, sottovoce.
"Sì, invece!"
"No!"
"Ma padrone chiede di lei, signorina!"

Il processo continuava a svolgersi, mentre il battibecco sussurrato tra Hermione Granger e l'elfo domestico di Draco Malfoy, raggiungeva le vette più alte del ridicolo.
"Toby, ascolta! Lui non è un bambino di cinque anni. Deve imparare una buona volta che non basta mettersi a frignare, per ottenere ciò che vuole!"
L'esserino roteò gli occhi, prima di riprendere: "Sì, ma lei ora deve venire! Per forza!"
Hermione depositò la bacchetta sul banco, evitando lo sguardo esasperato dei colleghi attorno a lei, e si piegò all'altezza dell'elfo:
"Devi riferire al tuo padrone che io non sono il suo giocattolo! Solo quando si deciderà a mettere da parte orgoglio e presunz..."
"STA MALE, SIGNORINA!" Sussurrò Toby più forte che potè, interrompendola bruscamente.
"C-Cosa?!" Balbettò la ragazza, interdetta.
"Padrone sta male, e lei deve sbrigarsi!"
Hermione, a quel punto, realizzò che l'urgenza negli occhioni allarmati di Toby, non poteva essere una scusa, e non dubitò più delle sue parole. Che poteva esser successo? Lui era malato? Aveva avuto un incidente? Era grave? Si alzò di scatto dalla sedia, improvvisamente agitata, e chiese in tono turbato a Melanie Jeff, la strega che l'affiancava, di proseguire gentilmente il lavoro al suo posto.
Poi, prese per mano Toby e corse via, facendo inciampare il piccolo elfo sui suoi stessi passi, fino a raggiungere i grandi camini dell'Atrium, dove si smaterializzarono via dal Ministero... e via da Londra.



Continua...



 
   
 
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