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Autore: Lamy_    29/03/2019    3 recensioni
Ivar, oltre a possedere la fama di essere ‘’senza ossa’’, è anche noto per essere ‘’senza cuore’’. La sua condizione fisica gli ha procurato sin dalla nascita atroci sofferenze, emarginazione, e solitudine. L’unico barlume d’amore era sua madre Aslaug, che lo ha salvato da morte certa e lo ha sempre protetto, volendogli più bene degli altri figli. La vita di Ivar cambia quando arriva Hildr, la nipote orfana di Floki. Tra i due nasce una profonda amicizia che li lega in modo indissolubile e che li porterà a schierarsi sempre dalla stessa parte. A spezzare l’equilibrio, però, è la nomina del Senza Ossa a Re di Kattegat e il suo matrimonio con Freydis.
Ma quale sentimento si cela davvero dietro l’amicizia di Ivar e Hildr?
La sofferenza, il sangue e l’amore si scaglieranno su di loro come il fulmine di Thor sulla terra infrangendo promesse e spezzando cuori.
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9. LA VALCHIRIA DEL RE

“La Valchiria mi ha fatto una promessa, o vivrà oppure morirà con me. Lei mi condurrà alla battaglia gloriosa e le mie gesta saranno cantate nel Valhalla.
Ragnarok sta arrivando, la Valchiria è tra le mie braccia, e la morte dilaga tutta intorno.”
(Sparsh Bhasin)
 
Un mese dopo
Il sole penetrava tramite l’uscio della porta, sgusciando dentro la stanza e illuminandola. Era giunta la primavera, i prati fiorivano, il porto lavorava instancabilmente, e tutti i cittadini si davano da fare per le provviste da conservare per l’inverno successivo. Ivar si rigirò nel letto e sbatté le palpebre, riparandosi gli occhi dalla luce. Allungò una mano ma non trovò nessuno, le lenzuola erano ancora tiepide e ciò voleva dire che lei si era da poco alzata. In quel momento Hildr fece il suo ingresso con addosso solo un telo grigio e i capelli raccolti in uno chignon improvvisato.
“Alla buon’ora, Ivar! Credevo di doverti tirare giù dal letto letteralmente.”
“Dove sei stata?”
Hildr roteò gli occhi e raccattò il pettine, dunque si sedette sul letto.
“Ero nella stanza adiacente a farmi il bagno. Tranquillo, nessuno mi ha vista mezza nuda.”
Ivar si mise a sedere con la schiena contro la testata e si passò le mani sul viso nella speranza di ridestarsi. Avevano trascorso la notte tra baci bollenti e carezze di fuoco, pertanto si erano addormentati tardi e il mancato sonno si faceva sentire.
“Sono tranquillo. Allora, che programmi hai per la giornata?”
“Devo incontrare Isobel tra un’ora per aiutarla con le provviste dato che Hvitserk non è qui.”
Hvitserk, infatti, era partito per incontrare re Olaf e sperare di stringere un’alleanza in vista della guerra contro Bjorn, Ubbe e Lagertha.
“Io devo vedere Sveinn e Hvithàr* per ridefinire le ultime strategie.”
“Sta già succedendo. Io che mi occupo delle faccende domestiche come una brava massaia e tu che discuti di guerra. Dannazione!”
Ivar rise all’espressione truce della ragazza, spalancò le braccia e la invitò ad avvicinarsi.
“Dai, vieni qui.”
Hildr strisciò da lui, si sedette a cavalcioni sul suo bacino e appoggiò i palmi aperti sul suo ampio e tonico petto.
“Non sono una brava massaia, sappilo.” Disse lei con il broncio, facendo ridere ancora di più il ragazzo.
“Però sei una bambina che fa i capricci. Facciamo così: vieni con me a parlare con Sveinn e Hvithàr e poi aiuti Isobel. Ti sta bene?”
“Sì, mi sembra un’offerta ragionevole.”
“Quindi me lo merito un bacio?”
Hildr annuì, gli prese il mento e lo attirò in un tenero bacio.
“Bene, ora puoi legarmi i capelli.” Disse, dandogli le spalle e sciogliendosi i capelli che ricaddero lunghi sulle spalle come una cascata. Ivar le intrecciava i capelli da quando erano bambini, aveva perso l’abitudine da diversi anni, ma da quando stavano insieme aveva ripreso la mano. Hildr adorava sentire le mani di Ivar scorrere tra le sue ciocche per intrecciarle, era una sensazione piacevole. Chiuse gli occhi per godersi quelle attenzioni.
“Preferisci una o due trecce?”
“Mmh, una.”
Ivar si mise al lavoro, tirava le ciocche, le lisciava, le aggrovigliava tra di loro, le fissava con le forcine. I capelli della ragazza erano lunghi sino alla base della schiena, ci voleva tempo e pazienza per raccoglierli tutti, ma a lui non dispiaceva prendersi cura di lei.
“Fatto. Sei bellissima.” Disse, scostando la treccia per baciarle il collo. Hildr si morse la labbra e si abbandonò a quella scia di baci vogliosi. Sussultò quando la mano di Ivar si avvolse intorno al suo collo in una debole presa. La pelle bagnata di Hildr era fredda a contatto con quella calda del ragazzo, insieme creavano un mix sensazionale. Ivar emise un gemito gutturale quando Hildr gli strizzò la coscia, intontita dai baci, e approfondì quella dolce tortura baciandole le spalle, le scapole, e poi la porzione di seno che il telo mostrava.
“Ivar.” Annaspò Hildr, affondando le unghie nelle braccia del ragazzo tanta era l’intensità del momento. Ivar sollevò il telo per accarezzarle l’interno coscia, la mano scorreva scivolosa sulla pelle bagnata, mentre continuava imperterrito a baciarle il petto. Riuscire a soddisfarla, anche senza un vero e proprio rapporto carnale, era una vittoria quotidiana. Hildr poteva avere tutti gli uomini che voleva, ma aveva scelto lui e lo sceglieva ogni singolo giorno.
“Re Ivar!” esordì una voce dalla sala reale, che li costrinse a separarsi. Hildr si allacciò il telo sul seno e balzò in piedi, seguita da Ivar che a fatica si alzò dal letto. Lei si premurò di aiutarlo a prendere la stampella e di accompagnarlo alla porta. Hvithàr attendeva davanti al trono e, quando Ivar si mostrò, chinò il capo in segno di riverenza. Hildr era rimasta accucciata dietro la parete della camera da letto in ascolto.
“Che succede?”
“Mio re, devo informarvi della situazione attuale. L’esercito di Bjorn la Corazza e i suoi alleati hanno oltrepassato i confini e hanno allestito un accampamento a due settimane da Kattegat. Presto arriveranno.”
Ivar sorrise, finalmente era arrivato il momento fatidico di scendere in battaglia.
“Invia altri ricognitori affinché acquisiscano maggiori informazioni. Voglio sapere tutto, che armi usano, quanti sono, chi sono. Vai.”
Hvithàr si congedò con un altro cenno del capo, dopodiché sparì in strada. Hildr emerse dalla camera e abbracciò Ivar da dietro, posando la fronte sulla sua schiena.
“E’ tempo di combattere, mia Valchiria.”
 
 
Era una giornata adrenalinica, Hildr e Ivar stavano decidendo le strategie da adottare contro i nemici mentre intorno a loro Kattegat si preparava alla guerra. L’esercito di Bjorn era stato avvistato a due giorni di distanza, pertanto l’attacco era imminente. Hvitserk era partito per formare un’alleanza con re Olaf, ma non era ancora rientrato.
“Io potrei posizionarmi lungo le porte per rispondere alle prime offese.” disse Hildr bevendo un sorso d’acqua.
“Non ci pensare proprio. – obiettò Ivar con tono perentorio – Tu non ti avvicinerai alle porte. Non ho intenzione di vederti morire.”
“So difendermi! Sei tu quello che ripete sempre che sono la migliore, e ora cosa è cambiato?”
Hildr era avvilita da quella negazione, non voleva che lui la trattasse come una bambina indifesa. Sveinn notò lo scambio di occhiatacce tra i due e represse una risata, erano come cane e gatto quando si trattava di combattere.
“Sono sicuro che Bjorn ha dato l’ordine di ucciderti perché sa che sei la mia debolezza, non gli servirò la vittoria su un piatto d’argento. Tu starai sul ponte con me e Sveinn.” Disse Ivar indicando con le mani le mura difensive.
“Sveinn, lasciaci da soli.” Disse Hildr, al che Sveinn si congedò con un cenno del capo e si allontanò. Ivar sbuffò, lo sguardo inferocito della ragazza lo annoiava.
“Non guardarmi così, Hildr. Non ci casco!”
“E come dovrei guardarti? Mi stai risparmiando solo perché stiamo insieme! Non è giusto. Sai che sono la tua arma migliore.”
“Sì, lo so, ma so anche che non posso perderti come guerriero. Se le cose dovessero andare male, ho bisogno che tu sia viva per continuare a combattere. E sì, ti risparmio soprattutto perché ti amo. Non ci perderemo, te l’ho promesso.”
Prima che Hildr proferisse parola, Isobel irruppe con le lacrime agli occhi e le mani intorno al pancione di sei mesi.
“Isobel, che succede?”
“Alcuni uomini hanno visto Hvitserk e re Olaf insieme a Bjorn e Ubbe.”
Ivar e Hildr, anziché stupirsi, si guardarono consapevoli di aver avuto sempre ragione.
“Ipotizzavamo che Hvitserk ci avrebbe traditi, non ci restava che capire come e quando. Ora lo sappiamo.” Spiegò Hildr, e Isobel si gettò tra le sue braccia singhiozzando.
“Ha tradito anche me e il nostro bambino.”
Ivar irrigidì la mascella e inspirò con forza, sembrava un toro sul punto di scagliarsi contro il bersaglio.
“Ascoltami bene, Isobel: avvisa Sveinn e poi torna a casa, non parlare con nessun altro.”
Isobel, sebbene sconvolta, andò spedita da Sveinn. Hildr si abbassò all’altezza di Ivar, seduto su un barile, e gli afferrò il mento.
“Guardami. So che fa male questo ulteriore tradimento, ma non possiamo mollare. Dobbiamo rivedere il nostro piano. Ci serve una via di uscita.”
“Ci ho già pensato mesi fa, è tutto pronto.” Assicurò Ivar, che aveva previsto ogni dettaglio nel corso del tempo per essere certo di non lasciare nulla al caso. Hildr si chinò a baciarlo, in una sorta di assenso, e poggiò la fronte contro la sua.
“Ce la faremo.”
 
Hildr immerse le mani nella ciotola ricolma del sangue dell’animale sacrificato e si disegnò due linee rosse sotto gli occhi. Sveinn fece lo stesso, poi fu il turno del resto dell’armata. Era l’alba e i ricognitori erano da poco sopraggiunti per annunciare l’incombente attacco nemico, perciò tutti i guerrieri si erano riversati in strada per armarsi e disporsi secondo le indicazioni del re. Hildr e le altre shieldmaiden avevano aiutato i cittadini comuni a trovare riparo, avevano consegnato loro cibo e acqua a sufficienza poiché l’assedio si prospettava lungo. Isobel era stata affidata a Dagrùn perché la proteggesse a costo della sua vita. Ivar e Hildr non avevano chiuso occhio, insieme a Sveinn e a Hvithàr avevano progettato e riprogettato ogni dettaglio, avevano montato e smontato teorie difensive fino alle prime luci del giorno.
“Ti senti pronta?” chiese Sveinn, i capelli rossi legati in una doppia treccia, la mano sull’ascia.
“Sì. Questa guerra deve finire.” Rispose Hildr sistemandosi sulla schiena la faretra e l’arco. Il silenzio calò nella sala reale quando la stampella di Ivar picchiò duramente contro il pavimento. Indossava l’armatura e alla cintola erano appesi i suoi fedeli coltelli.
“Amici, ci siamo. I miei fratelli sono arrivati alle nostre mura. E’ ora di mostrare loro chi è che comanda davvero. Ammazzateli brutalmente, non abbiate pietà di nessuno, e solo così vinceremo. Che Odino sia con noi!”
I guerrieri esultarono, carichi per andare in battaglia. Rapidamente corsero fuori per occupare le posizioni, chi sul ponte, chi sulle torri e chi lungo le mura. Hildr raccolse due asce e le allacciò alla cintura, poi nascose le collane dentro l’armatura come amuleti di buona fortuna.
“Non hai bisogno della protezione delle collane. Sei tu la tua forza.” Le disse Ivar con un mezzo sorriso. Hildr, però, non sorrise.
“Dobbiamo davvero uccidere i tuoi fratelli? Voglio che tu ne sia sicuro.”
“Ho ucciso Sigurd per dei banali insulti, non vedo perché dovrei essere clemente con quei tre che mi vogliono spodestare. Ne sono sicuro.”
“Non finirà bene, Ivar.”
Ivar le sollevò il mento per guardarla negli occhi, era stranamente agitata.
“Non importa come finirà, l’importante è vincere. Le perdite saranno molte ma ne sarà valsa la pena. Lo so che non ti piace ammazzare la gente, però sei una guerriera e devi agire come tale. Sii crudele, Hildr. Lascia uscire la valchiria che è in te. Dimostra a tutti quegli uomini quanto vali, quanto tu sia migliore di loro.”
Hildr sapeva che quella era l’unica occasione per far vedere a tutti quanto fosse forte, quanto meritasse di essere considerata al pari di uomo, perciò annuì con convinzione.
“Allora andiamo ad uccidere quei bastardi.”
Prima che si avviasse verso le mura, Ivar l’attirò in un bacio intenso e amaro, quasi fosse l’ultimo.
“Io ti amo. Qualsiasi cosa succeda, ricordatelo.”
“E io amo te, Ivar.”
 
L’esercito che si estendeva alle spalle di Bjorn era enorme, erano tre armate messe insieme ed erano guerrieri letali. Accanto a lui stavano Ubbe, Hvitserk, Harald e Olaf. Sul ponte delle difese di Kattegat stavano Ivar, Hildr, Sveinn e Hvithàr, e l’esercito a terra era decisamente minore di numero. Stettero svariati minuti ad osservarsi con accuratezza, gli uni studiavano gli altri, erano tutti predatori e prede al tempo stesso. Poi la guerra divampò in pochi attimi. Bjorn e alcuni suoi soldati iniziarono a sfondare le porte di Kattegat, mentre Ubbe e gli altri tentavano di risalire lungo le mura.
“Che il divertimento abbia inizio.” Disse Hildr, poi incoccò una freccia dopo l’altra e iniziò ad uccidere con una mira infallibile. Puntò l’arco contro Hvitserk che si muoveva lesto tra i guerrieri, scagliando la spada a destra e a sinistra. Un nemico, salito sul ponte, agguantò Sveinn e lo spinse di sotto.
“Sveinn!” strillò Hildr sporgendosi oltre il bordo, e vide Sveinn inerme sputare sangue.
“Non ci pensare!” le disse Ivar, che aveva già capito le intenzioni della ragazza.
“Non posso lasciarlo, e poi è lì sotto che si combatte davvero.”
Ivar era furente ma non poteva impedirle di seguire il suo istinto, grugnì per la rabbia e strinse le mani a pugno.
“D’accordo. Però resta viva, devo ancora sposarti.”
Hildr si mise a ridere, poi gli diede un bacio a stampo e si calò giù lungo la parete. Non appena toccò terra, un uomo riuscì a graffiarla con la spada. Gli piantò l’ascia nel petto e la spinse in fondo per spaccargli lo sterno, e quello si accasciò morto. Stava per avanzare quando Hvitserk la minacciò con la spada.
“Hildr! Dov’è mia moglie? La rivoglio!”
“Ti ricordi solo ora di avere una moglie? Isobel sta bene, al riparo da te e dalla tua infinita indecisione! Tu non te la meriti!”
Hildr con un calcio gli fece sfuggire di mano la spada e gli tirò un pugno rompendogli il naso. Hvitserk le diede una gomitata nelle costole, però lei non si arrese e lo attaccò con un calcio alle ginocchia.
“Io la amo davvero. Devi credermi.”
“Ho smesso di crederti molto tempo fa. Allearti con Bjorn? Mossa stupida!” disse Hildr, poi lo colpì in volto con l’asta dell’ascia. Hvitserk l’afferrò per i capelli e la strattonò per tutto il terreno insanguinato. Hildr si dimenò e, liberatasi, gli conficcò una freccia nel braccio. Recuperò velocemente il suo arco, incoccò una freccia e gliela puntò contro, ma l’istante dopo cadde in ginocchio a causa di un colpo di scudo alla schiena.
“Vai!” gridò a Hvitserk il ragazzo che l’aveva colpita, era biondo e impaurito. Hildr strabuzzò gli occhi per il dolore, però non si abbatté, si rimise in piedi e prese l’altra ascia dalla cintura.
“Ti sei messo contro la persona sbagliata, idiota.”
“Io sono Magnus, figlio di Ragnar!”
In quel preciso momento una freccia dall’alto trafisse Magnus facendolo afflosciare con il viso contorto dal dolore. Era stato Hvithàr ad ucciderlo dal ponte. Hildr lo ringrazio con un gesto della mano, poi raccattò le proprie armi e si gettò nella mischia. Sentiva Ivar abbaiare ordini, incitare gli uomini, mentre piovevano frecce da ogni dove. Si riparò con il cadavere di un guerriero per evitare una freccia, dopodiché uccise chi l’aveva lanciata. Bjorn continuava a smantellare la porta, che non avrebbe retto ancora, e Ivar comandò di bruciarli vivi. Prima che l’olio e il fuoco si mischiassero, Hildr accorse in aiuto di Sveinn, lo strascinò per l’armatura e si allontanò il più possibile dalle fiamme.
“Sveinn!”
Il ragazzo aprì gli occhi e boccheggiò in cerca di aria, i polmoni erano pieni di sangue. Hildr lo aiutò a mettersi seduto e gli fece vomitare altro sangue per farlo stare meglio.
“Ce la faccio. Grazie, Hildr. Sei scesa per me?”
“Non potevo abbandonare un amico.”
Sveinn ridacchiò e un dolore terribile gli pungolò le costole.
“Hildr, alle tue spalle!” tuonò la voce di Ivar. Hildr si girò e vide re Harald camminare verso di lei con la spada e con un sorriso folle sulle labbra.
“Hildr la Valchiria!” la salutò Harald inchinandosi goffamente. L’arco era andato perso tra le fiamme, perciò Hildr serrò le dita intorno alle due asce e si parò davanti a Sveinn per proteggerlo.
Ivar batté le mani sul bordo del ponte imprecando a bassa voce. Vedeva Hildr e Harald fronteggiarsi e si diede dello sciocco per averle permesso di scendere in battaglia. Saperla là non gli dava la possibilità di concentrarsi sulla difesa e sugli ordini da impartire, a lui importava solo di Hildr. Ed era forse quello il vero amore? In  mezzo all’inferno focalizzarsi soltanto su una minuscola persona?
“Re Ivar! Manca poco e saranno entrati!” gli riferì una delle shieldmaiden, i capelli arruffati e l’armatura sporca di sangue e terra. La sua mente non riusciva a riprendersi, guardava svariati guerrieri cadere e immaginava che uno di loro fosse Hildr. Poi si ricordò della loro promessa: tu vinci la guerra e io ti sposo.
“Lasciateli entrare!”
Hildr, dal canto suo, fece scricchiolare le ossa del collo che aveva riportato una serie di traumi e si pulì gli occhi dal sangue.
“Fatti avanti, Harald. Forza, fatti ammazzare come il maiale che sei!”
Re Harald caricò la spada contro di lei e Hildr gli andò addosso con tutta la furia di cui era dotata. Le loro armi cozzarono con un forte clangore che scheggiò il metallo.
“Saresti stata una splendida regina.” Le disse Harald, indietreggiando per riprendere il controllo della spada. Hildr gli sfregiò una guancia con l’ascia e lo spinse a terra, approfittando della sua debolezza.
“Scusami, ma sono già impegnata!”
Harald le fece lo sgambetto e Hildr sbatté la testa sulla dura terra, dal naso e dalla bocca fuoriuscì del sangue. Sveinn si alzò a fatica e assalì Harald alle spalle. Il re si difese trapassandogli l’addome con la spada.
“S-veinn.” Mormorò Hildr mentre vedeva la vita fluire dal corpo dell’amico. Nel frattempo Bjorn aveva fatto irruzione dentro Kattegat ma, invece di entrare in città, si ritrovò bloccato da altre mura e accerchiato dai guerrieri del fratello. Ivar con un innocuo gesto della mano ordinò agli arcieri di attaccare. Gli uomini e le donne cadevano come fiori estirpati dal prato, uno dopo l’altro, tra urla e sofferenze.
“Non sei furbo, Bjorn! Le tue tattiche belliche sono datate!” lo canzonò Ivar ridendo di gusto.
“Ritirata!” gridò Bjorn, e pian piano i suoi guerrieri abbandonarono il campo di battaglia. Ivar non festeggiò, anzi rivolse la sua attenzione a Hildr. La ragazza era lercia di sangue sul viso e sulle mani, anche i suoi capelli neri erano imbrattati dalla sostanza viscosa, e la sua pelle recava lividi e graffi. A malapena si reggeva sulle gambe, eppure non mollava la presa intorno alle asce e la sua espressione restava determinata.
“Volete che vada ad aiutarla?” domandò Hvithàr, i capelli bianchi striati di rosso, le mani rugose rosse e gonfie di dolore.
“No. Lei può farcela.”
“Rischia di morire, mio signore.”
Nonostante il desiderio di uccidere Harald con le sue stesse mani, Ivar dovette rimanere saldo nella sua decisione.
“Non morirà.”
Hildr si abbassò per chiudere gli occhi di Sveinn e in cuor suo lo raccomandò agli dèi affinché lo accogliessero nel Valhalla. Malgrado i loro rapporti da ragazzini, erano stati molto uniti negli ultimi mesi.
“Dicono che tu sia la migliore guerriera di Ivar, ma devo ammettere che non vedo tutta questa grandezza.” La stuzzicò Harald ma Hildr non disse una parola. Era stanca, provata, e voleva che tutto finisse al più presto. Avvertiva gli occhi azzurri di Ivar addosso, sapeva che dopo le avrebbero fatto la paternale, però doveva restare in vita perché ciò accadesse. I suoi genitori, Helga, Ragnar e tutti gli dèi la osservavano dall’alto del loro banchetto, aspettavano una sua mossa. Hildr allora partì alla carica, sganciò un calcio nello stomaco di Harald e lo fece ruzzolare al suolo. Harald si svincolò e Hildr gli premette il ginocchio sulla trachea  giusto per farlo placare. Il re, però, le tirò i capelli e la scaraventò di lato. Prese l’ascia e cominciò a fendere la terra mentre Hildr rotolava per spostarsi e sottrarsi all’arma. Fu bloccata da un cadavere, perciò si alzò e si protesse con un mezzo scudo spaccato.
“Morirai oggi, ragazzina!”
Harald stava per ucciderla quando ricadde sulle ginocchia con l’ascia ancora tra le mani. Hildr aveva estratto la spada dal cadavere alle sue spalle e aveva pugnalato l’uomo dritto al cuore.
“Non morirò oggi, Harald. Sai, devo sposarmi.” Disse Hildr, dopodiché estrasse la spada e di netto gli tranciò la testa. Il sangue le schizzò sul viso, sui capelli, sull’armatura. Intorno a lei solo una decina di guerrieri si erano salvati e facevano ritorno in città. Ivar la scorse aggirarsi tra le fiamme che ancora lambivano le mura, coperta di sangue e di terra, con lo sguardo vacuo, e quasi intravide due ali nere spuntarle sulla schiena. Non c’era dubbio che fosse una valchiria.
 
Tre anni prima.
Ivar impiegò due ore per raggiungere la dimora del Veggente. Le sue gambe non erano di aiuto e le sue braccia ogni tanto avevano bisogno di riposo, perciò era sfinito quando arrivò in cima al pendio. Scostò la porta e strisciò all’interno senza annunciarsi, in fondo il Veggente aveva già previsto la sua visita.
“Ivar Senz’Ossa, ti stavo aspettando.” Esordì il Veggente con voce roca, simile ad un canto antico quanto la creazione del mondo. Ivar si arrampicò sulla sedia e bevve un goccio d’acqua dalla borraccia, era sfiancato dalla scalata.
“Dunque sai perché sono qui. Voglio sapere cosa mi attende in futuro.”
“Io vedo! Vedo una guerra. Vedo molti morti e molti vivi. Vedo la fine di una famiglia. E ancora vedo …”
“Cos’altro vedi?” indagò Ivar. Gli occhi del Veggente si spostarono sul fuoco come se attraverso le fiamme potesse scorgere la verità.
“Vedo una donna dalle ali nere, forgiata dalle fiamme, vestita d’ambra. Questa donna è buio e luce, è tutto e niente, e l’inizio e la fine.”
“Chi è la donna?”
“Odino la chiama, la reclama, ordina ai suoi corvi di trovarla. E’ una donna di sangue, di carne, di vento, di acqua. E’ una donna viva. E’ l’arma segreta del re.”
Le fiamme di colpo sfavillarono e Ivar si scottò la mano, mentre il Veggente restava incantato dall’ardore del fuoco.
“La vedo! Tu e questa donna siete legati, giovane Ivar. Combatterete insieme ma non sarete insieme per sempre.”
“Chi è? Dimmi il suo nome, che aspetto ha, qualche indizio utile!”
“Lei è la valchiria!”
 
Hildr aprì lentamente gli occhi per abituarsi alla luce. Sentiva dolore dappertutto, sembrava che ogni organo e osso del corpo andasse a fuoco.
“Ehi!” sussurrò Ivar accarezzandole lo zigomo. Al suo fianco c’era Isobel che si accarezzava il pancione, sorrideva e piangeva al tempo stesso. Hildr si guardò intorno ma non riuscì a capire dove fossero.
“Sono morta?”
“No. Sei ancora viva. Sei solo un po’ ammaccata.”
Quando cercò di alzarsi, una fitta di dolore le punse l’addome. Ivar l’aiutò a mettersi seduta e si accertò che la benda fosse ancora al suo posto.
“Che diamine è successo?”
“Sei svenuta non appena sei rientrata in città dopo aver ucciso Harald. Hai riportato svariati lividi e abrasioni, ma è la ferita al fianco che ti procura questi dolori. Non è profonda e il sangue ha smesso di fuoriuscire, però non è guarita del tutto.”
Di colpo Hildr si rese conto di essere a bordo di una nave, circondata da uomini e barili.
“Che ci facciamo su una nave? Ivar, che sta succedendo?”
Isobel sospirò e prese posto accanto a lei, facendo attenzione alla propria condizione.
“Siamo stati traditi due volte, Hildr. Mentre preparavamo le difese, qualcuno ha liberato Freydis dalla gattabuia e si è rifugiata presso Bjorn in cambio di informazioni. Ha detto loro del passaggio segreto che permette di entrare e uscire da Kattegat senza essere visti, così stamattina Bjorn e gli altri hanno fatto irruzione. Io e Ivar siamo riusciti a portati via in tempo.”
“State scherzando! Ovviamente mi prendete in giro!” sdrammatizzò Hildr con una risata, ma la serietà di Ivar era la conferma di quanto raccontato da Isobel.
“Non avevamo altre opzioni, dovevano fuggire prima che ci catturassero. Ti abbiamo caricata sulla biga, siamo arrivati al molo e siamo saltati sulla prima nave che salpava.” Aggiunse Ivar, lo sguardo colpevole, le dita intorno alla stampella. Hildr si tolse di dosso la coperta e distese le gambe per sgranchirle nella speranza di lenire il dolore.
“Perché hai portato Isobel? Sarebbe potuta rimanere a Kattegat con Hvitserk date le sue condizioni.”
 “No! – obiettò Isobel – non potevo accettare di stare con Hvitserk. Ci ha traditi tutti, inclusi me e il bambino. Lui sarà anche mio marito, ma tu mi hai salvata da un destino crudele. Sei la mia casa, Hildr. Ovunque andrai, io e mio figlio verremo con te.”
Hildr si sciolse in un sorriso e baciò la fronte dell’amica, era ingiusto soffrire tanto alla sua giovane età.
“Questa nave dove conduce?”
“Va nelle regioni dell’Est, scarica tessuti e spezie.”
“Ad Est? Non ci siamo mai spinti così al largo.”
Ivar tracciò nella polvere una runa sul fianco di legno della nave, era una runa di protezione.
“Supereremo anche questa. L’importante è restate insieme.”
 
Le stelle brillavano come lucciole sul manto oscuro della notte. Hildr si assicurò che Isobel dormisse comoda, poi andò da Ivar che ne stava in disparte sulla prua.
“Come mai tutto solo?”
“Non riuscivo a dormire e ho pensato di venire qui a riflettere.”
Hildr si sedette al suo fianco, le loro spalle si toccavano e le dita si sfioravano.
“Quali pensieri ti tormentano?”
“Abbiamo perso la battaglia ma la guerra non è ancora finita. Vinceremo, costi quel che costi. Torneremo a Kattegat e ci riprenderemo ciò che ci spetta.”
“Lo so.”
Ivar si chinò a baciarla, le sue labbra morbide gli erano mancate, anzi lei gli era mancata in quelle poche ore di incoscienza.
“Devo dirti una cosa.”
“Dimmi.”
“Sono stato io ad affibbiarti il soprannome ‘’Valchiria’’, non i guerrieri. L’ho fatto perché c’è un motivo alla base. Tempo fa feci visita al Veggente per sapere cosa mi avrebbe riservato il futuro e lui mi disse che ci sarebbe stata una guerra, morti, vivi, e una famiglia spezzata. Mi disse anche che nella mia vita ci sarebbe stata una donna dalle ali nere, forgiata dalle fiamme, e vestita d’ambra. Disse che questa donna e’ l’arma segreta del re per vincere definitivamente la guerra, che io e lei avremmo combattuto insieme ma non saremmo rimasti insieme per sempre.”
“Il Veggente disse una cosa simile anche a me.”
Ivar deglutì, spaventato dalle parole che gli si annidavano il gola.
“La donna in questione è la Valchiria. Quella donna sei tu.”
Hildr scattò in piedi con espressione sbigottita.
“Non dire sciocchezze. Credevo che il tuo cervello avesse ripreso a funzionare normalmente, forse mi sbagliavo.”
“Il mio cervello è più lucido di quanto non sia mai stato. I tuoi genitori sono morti tra le fiamme, tu porti una pietra di ambra al collo, e ieri mi sembrava di aver visto spuntare due ali nere sulla tua schiena. Non è un caso che il Veggente abbia riferito ad entrambi che non saremmo stati insieme per sempre. Non capisci? Sei tu l’arma segreta. Sei tu che ci garantirai la vittoria.”
“Ivar …”
“Sei tu la Valchiria del Re!”
“Tu credi davvero che io sia l’arma che ti farà vincere la guerra? Io sono solo una ragazza che combatte proprio come tutti gli altri! Non sono straordinaria come credi.”
Ivar si alzò, le mise le mani a coppa sulle guance e l’avvicinò a sé. In quel momento nei suoi occhi baluginava la stessa veemenza di Floki quando blaterava sugli dèi.
“Gli dèi hanno scelto te. Io ho scelto te. Tu non porti solo il nome di una valchiria, tu sei una valchiria!”
Hildr era spiazzata, confusa, e sembrava che il dolore fisico fosse aumentato.
“Una sola persona non basterà a sconfiggere Bjorn e gli altri.”
“Ma noi non siamo persone comuni! Siamo più intelligenti di loro, più furbi, più spietati, e siamo uniti.”
“Il Veggente ha detto che non saremmo rimasti insieme per sempre.” Gli fece notare Hildr con una note di disappunto nella voce. Ivar scosse la testa e sorrise.
“Allora vediamo di riscrivere quella parte a modo nostro. Sfidiamo il fato che gli dèi hanno stabilito per noi. Superiamo tutti i limiti, puntiamo al massimo. Sii un’eccezione, Hildr. Sposami!”
Hildr sentì la voce di suo padre riecheggiare tra le onde, calda e profonda come se la ricordava. Sii gentile. Sii un’eccezione.
“Ti sposo! Mille volte sì!”
Si diedero un bacio impetuoso, fatto di passione, forza, speranza nel futuro. Ivar tirò fuori dalla giacca un anello che era appartenuto a sua madre, una sottile fascia d’oro giallo ornata da un piccola pietra rossa, e lo fece scivolare all’anulare di Hildr.
“Con questo anello io ti prometto amore e rispetto. Con questo anello io ti consegno la mia vita.”
Hildr, invece, si slacciò la collana di sua madre, quella decorata da un piccolo pezzo di ambra, e l’appuntò al collo di Ivar.
“Con questa collana ti prometto amore e rispetto. Con questa collana io ti consegno la mia vita.”
“Resterai con me qualunque cosa accada?”
Hildr ridacchiò, era la stessa domanda che le aveva posto durante il viaggio di ritorno dal Wessex anni prima.
 “Resterò con te, per sempre.”
Circondò il collo di Ivar con le mani e lo baciò mentre una stella cadente attraversò il cielo.
Niente e nessuno avrebbe spezzato il vincolo tra il Re e la Valchiria, neppure gli dèi.
 
 
Salve a tutti!
Questo è l’ultimo capitolo.
Ho voluto concludere seguendo il finale della stagione, sempre con qualche modifica.
Ho cercato di mantenere il personaggio di Ivar il più possibile fedele alla serie e spero di esserci riuscita.
Mi auguro che vi sia piaciuta la storia.
Grazie di cuore per avermi seguita.
Un bacio.
 
[LA SECONDA PARTE ARRIVERA’ NON APPENA SARA’ DISPONIBILE LA SESTA STAGIONE, QUINDI ASPETTATEMI E RESTATE CON HILDR!]
 

 
  
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