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Autore: Tristan_and_Isolde    05/04/2019    0 recensioni
[Dolores O’Riordan]
[Dolores O’Riordan]“Ci sarà sempre un po' di te in questo cuore...”
Anni novanta
Gwenhwyfar è la compagna di Dolores, più giovane di lei di quattro anni: le due hanno una relazione omosessuale. Un giorno, mentre la cantante si sta dirigendo a casa dallo studio di registrazione subisce un gravoso incidente, purtroppo fatale per lei. Gwenhwyfar non riesce ad accettare di averla persa ed ecco cosa succede...
Genere: Drammatico, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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E ti cerco ancora...

Fuori piove, piove a dirotto da giorni ormai, ma io non oso scostarmi da questa finestra, non voglio guardarmi attorno, non voglio rivedere le fotografie sparse per casa, non voglio vedere tutti quei luoghi, non voglio sentire il silenzio che mi avvolge, quel silenzio che non si spezza mai, non voglio rendermi conto che tu non ci sei. La pioggia scivola lentamente contro il vetro. Seguo le gocce che scendono e gioco a rincorrerle, le punto con un dito fino a quando non confluiscono sotto la finestra, così ne prendo un’altra e riparto da capo. Te lo ricordi quando lo facevamo insieme? Quando mi dicesti che anche un giorno di pioggia può diventare bello se si coglie il modo. Ti ricordi quando, stanche di inseguire le gocce sul vetro, ci sedevamo sul divano e ti ponevi in grembo la tua chitarra per suonare? Mi sembra ancora di sentire le note pizzicate che suonavi sul divano dietro di me. L’aria profuma ancora dell’ultimo te che hai preparato per noi in un giorno di pioggia, forse invece è solo la tazza d’acqua ormai fredda che sta dinnanzi a me appoggiata sul davanzale della finestra. Non importa, non la voglio riporre in cucina, non voglio alzarmi da qui, perché la realtà mi fa troppa paura. Cerco di convincermi che non sono sola, che tu stia solo dormendo: ti sei addormentata sulla poltrona del salotto e non vuoi che io ti svegli, perché se lo facessi mi colpiresti con un cuscino, come l’ultima volta, facendomi cadere sul divano per poi torturami con il solletico. Non ti sveglierò questa volta, lo farai da sola e mi darai un colpo sulla spalla quando vorrai attrarre la mia attenzione, oppure ti metterai a ridere perché me sto qua ferma come un sacco di patate a fissare uno spettacolo osservato troppe volte. Riderai, riderai e mi farai ridere, poi mi condurrai in cucina perché ti aiuti con la cena e ceneremo insieme. Uscirai un attimo per fumare una delle tue schifose sigarette, che tanto odio, e a cercare il gatto del vicino per dargli i rimasugli della nostra cena, mentre io laverò i piatti. Lo farai, entrerai con il tuo bel sorriso furbo stampato sulle labbra e lascerai cadere il piatto nel lavandino. Dopo mi lascerai sola per andare a farti una doccia e te ne starai fuori come a voler scappare da me. Non scapperai, lo so, ti prenderai solo del tempo per te, come io mi prenderò il mio. Quando il buio sarà già giunto da un po’, sbucherai sulla soglia della mia porta, mentre io starò ascoltando qualche canzone sul mio registratore. Spegnerai e accenderai la luce per attrarre la mia attenzione: allora io spegnerò il registratore, ti guarderò e tu mi darai la buonanotte. Così ripartirà un altro giorno e sarà tutto perfetto: smetterà di piovere, faremo quattro passi, tu andrai fuori città per registrare, io rimarrò a casa per scrivere l’ennesima novella, ci vedremo la sera e tutto sarà normale. Tutto sarà normale! 

Chi mai voglio illudere? Me stessa, la stessa che incontrasti in una stazione di Galway, di cui ti innamorasti. Sono sempre la stessa giovane timida che non osava pubblicare pezzi scritti dieci anni prima, la stessa che tu avevi spinto a uscire dall’ombra. Tu eri il mio passo nel mondo, il mio varco verso la luce, la mano tesa dinnanzi alle difficoltà, come lo sono stata io per te. Se tu fossi ancora qui con me, mi diresti di alzarmi, di prendere i colpi ricevuti per divenire più forte, ma di fatto tu non sei qui con me, tu non puoi parlarmi, non puoi darmi la carica questa volta né lo farai mai più. Trattengo le lacrime, ma queste scivolano giù lungo le mie guance. Non puoi avermi lasciato davvero! Sei stata con me fino a ieri, sei stata al mio fianco fino al momento in cui ho chiuso gli occhi, sei stata con me per tutto questo tempo e non puoi avermi lasciata sola! Dolores, ti prego svegliami da questo incubo e dimostrami che non te ne sei andata! Non posso essere rimasta sola, sola in questa casa senza di te. Toccami ancora la spalla, picchiettaci sopra, ormai non mi dai più fastidio, fammi il solletico, anche se lo soffro incredibilmente! 

Allungo una mano dove ti sedevi tu: questo vuoto è destabilizzante e inquietante. Stringo l’aria tra le dita con furore, ma non afferro nulla. Volto il capo nella direzione della mano e mi sembra di rivederti: i tuoi bei capelli corti, il tuo mezzo sorriso e gli occhi fissi sul vetro bagnato. Te ne stai lì a guardare fuori con tutta la calma di questo modo, felice e serena come se non fosse accaduto nulla. Strizzo gli occhi e l’immagine svanisce: rimane solo il vuoto, il buio e il silenzio. Non sono abituata a tutto questo, non riesco ancora ad accettarlo. Il mio respiro si fa sempre più rapido, ansimo. Scatto sul divano come un gatto, convita di star sognando. Mi tappo le orecchie e strizzo gli occhi. Tu non mi hai lasciato! No! Tu sei qui con me! Sei qui con me! Riapro gli occhi e non posso credere che tu non ci sia. Ti cerco con lo sguardo voltandomi a destra e sinistra, ma non vedo la tua figura. Le immagini di noi due insieme iniziano ad assillare la mia mente. “Lei è morta...”. Le parole di questo triste annuncio rimbombano nella mia testa, mi fanno impazzire. Inizio a colpire freneticamente il pavimento con un pugno. La consapevolezza sta nascendo dentro di me, sebbene io la voglia eliminare. Il tuo viso, la tua voce, la tua figura, il tuo atteggiamento riempie la mia mente e non so che fare se non emettere un grido di dolore aspro e acuto come se fossi rimasta uccisa io in quell’incidente! “Gwen!” Sento qualcuno afferrarmi per le spalle, mentre crollo in un pianto disperato. Grido, piango e mi sento come se stessi bruciando dal dolore. “Guardami! Guardami! Gwen, ci sono qua io!” Paul mi prende il viso cercando di riportarmi alla realtà. Lo abbraccio continuando a piangere, fino a che il buio non mi accoglie tra le sue braccia.
   
 
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