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Autore: ballerina 89    20/04/2019    2 recensioni
Seguito della fanfiction "Il miracolo di Natale".
Ci eravamo lasciati con l'idea di Emma e Killian di adottare un bambino, ricordate? Bene, i nostri due eroi sono finalmente pronti a compiere il grande passo e regalare un fratellino o una sorellina alla loro piccola Hope.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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POV KILLIAN
Successe tutto così velocemente che neanche me ne resi conto. Un minuto prima stavamo compilando i documenti per la domanda di adozione e l'attimo dopo eravamo già all'interno dell'orfanotrofio, che avevamo selezionato, a parlare con il direttore di un possibile affidamento. Ricordo che ero teso come una corda di violino e a giudicare dallo sguardo di mia moglie anche lei lo era. Avevamo la nostra piccola principessa a casa, sapevamo già a cosa stavamo andando in contro, eppure l'idea di un nuovo membro della famiglia ci emozionava e ci rendeva nervosi allo stesso tempo. 
Ci venne proposto l'affidamento di una neonata di appena cinque giorni la quale aveva perso la sua mamma a causa di complicazioni port partum e il suo papà non l'aveva riconosciuta. A sentire quella triste storia mi emozionai subito, mi voltai verso Emma per capire che cosa ne pensasse ma non ci fu bisogno di parole, i suoi occhi parlavano chiaro: anche lei aveva preso a cuore la storia di quella piccola creatura ed era pronta, come me, ad occuparsi di lei. Non capita certo tutti i giorni che in un orfanotrofio venga data la possibilità di adottare un bambino così piccolo, sono tutti decisamente più grandicelli i bimbi che vivono li, eppure eccoci qui, con i documenti in mano, pronti a rendere una piccola orfanella la bambina più felice del mondo. Impugnai la penna per firmare quando improvvisamente fummo interrotti da un rumore assordante. 
- Cos'è stato? - chiese mia moglie allarmata. 
- Vogliate scusarmi, vado a controllare cosa sia successo e sono subito da voi. - rispose il direttore dell'istituto per poi incamminarsi per il corridoio. Lo aspettammo li, in silenzio, mano nella mano, ad immaginare silenziosamente quella che sarebbe stata la nostra vita a breve quando improvvisamente lo sentimmo inveire contro qualcuno. - Ei tu, delinquente! Corri immediatamente nel mio ufficio! ORA! - Tornò da noi subito dopo - Scusate per l'attesa, risolvo una piccola questione disciplinare e poi procederemo con tutta tranquillità con la firma. - Si mise a sedere e in assoluto silenzio aspettammo che un ipotetico qualcuno entrasse nell'ufficio. Che accidenti poteva essere successo di così grave per rendere quell'uomo così nervoso?
- Signor... -  un bambino che poteva avere su per giù quattro anni fece ingresso, con sguardo basso e testa china, nello studio.
 
 
- TACI! Sei tornato da neanche due settimane e già ricominci a metterti nei casini? Cosa ci facevi fuori dalla tua stanza a quest'ora è? E come ti è venuto in mente di giocare con il pallone in un luogo non adatto? - lo rimproverò senza neanche farlo spiegare.
- Io... mi... disp...
- Hai rotto l'intera vetrata per fare questa bravata te ne rendi conto vero? Lo sai a quanto ammonta il danno che hai appena combinato? - Se la stava davvero prendendo con un bambino così piccolo per un piccolo incidente domestico?  Stava pensando ad una stupida vetrata e non alla possibilità che potesse esseri fatto male?  Avrei tanto voluto alzarmi e prendere a pugni quell'uomo ma purtroppo non avevo voce in capitolo. 
- Io... - quel povero bambino era mortificato dall'accaduto, lo si poteva leggere chiaramente nel suo sguardo, era impaurito e sull'orlo di piangere, eppure all'uomo che aveva difronte non sembrava importare nulla.
- Non ti ho dato il permesso di parlare. Devi ascoltare... "Ascoltare"! cosa che ti risulta molto difficile fare a quanto vedo. Capisci adesso il motivo per cui ogni famiglia che ti adotta ti rispedisce qui? Sei un bambino problematico, nessuno vuole avere a che fare con te. 
- ADESSO BASTA! - Vidi mia moglie alzarsi in piedi e sbattere le mani con violenza contro la scrivania. - SI RENDE CONTO CHE STA PARLANDO AD UN BAMBINO? LA SMETTA IMMEDIATAMENTE. - lo ammonì.
- Signora mi scusi - le sorrise - Non siamo sempre così mi creda, ma delle volte non si può fare altrimenti. Converrà con me che bisogna raddrizzarli questi ragazzini. - tornò a guardare il bambino. - Torna in camera tua, riprenderemo la nostra discussione più tardi. - vedemmo il bimbo uscire forse più mortificato di come era entrato e questo portò Emma a non mettere la parola fine a quell'argomento. - Dunque signori Jones, stavamo per concludere la pratica giusto? Una piccola firma da parte di entrambi qui, su questo modulo, e potrete portare a casa la vostra piccina.
- Io non firmerò proprio un bel niente. Ho cambiato idea! - esclamò Emma lasciandomi spiazzato. Aveva cambiato idea? Su cosa esattamente? - Voglio parlare con quel bambino! - Ah! Forse avevo capito.
- Signora non vorrà prendere in considerazione l'idea di... no no guardi, glielo sconsiglio categoricamente. Molti sono caduti nello stesso errore, si sono fatti imbambolare da quel faccino angelico ma tempo un mese lo hanno riportato qui perché ingestibile. Vi sto offrendo la possibilità di adottare una neonata, capisce la fortuna rara che le è capitata?
- Forse non ci siamo capiti... io voglio parlare con quel bambino e voglio farlo adesso! - era irremovibile.
- Non è possibile signora mi dispiace. - cercò di liquidarla.
- Non le conviene scherzare con me sa? Faccio parte delle forze dell'ordine e posso assicurarle che sia per lavoro, che per cultura personale, ho letto da cima a fondo il vostro regolamento: in quanto canditati all'adozione di un bambino, io e mio marito possiamo scegliere due strade: o affidarci alla vostra esperienza  o decidere personalmente; pertanto, se ho voglia di parlare con uno dei vostri ragazzi durante la mia permanenza qui, posso farlo senza alcun problema. -  Lo mise al tappeto nel giro di un minuto e mezzo. Mia moglie è una grande. Per nulla contento e senza  proferire parola, il direttore dell'orfanotrofio, si alzò dalla sua postazione e dopo un "aspettatemi qui" sussurrato a malapena usci di scena lasciandoci nuovamente da soli.
- Emma tesoro...
- Killian... scusami ok? Non so cosa mi sia preso. Ho agito senza pensare ma devi credermi... quando ho visto gli occhi di quel bambino io... io non ho capito più nulla.  Ho rifiutato la possibilità di adottare quella bambina senza neanche consultarti minimamente... non avrei dovuto lo s... 
 - Ei... calmati ok? Non devi scusarti di nulla, non hai fatto nulla di sbagliato. Hai preso a cuore le problematiche di quel bambino e questo ti fa solo che onore. 
- E se avessimo perso la nostra possibilità?  Ho agito senza pensare alle conseguenze Killian... non volevo rifiutare così di getto. Volevo solamente parlare prima con quella povera creatura. Hai una vaga idea di quanto possa essere orrendo essere considerati e sentirsi soggetti in grado di mettersi solo ed esclusivamente nei guai? Io purtroppo ne so qualcosa e non permetterò ad un pallone gonfiato di azzerare l'autostima di quel povero bambino. - la baciai d'istinto, non so perchè lo feci, fu una cosa che mi partì dal cuore. 
- Sono orgoglioso di te! - dissi guardandola negli occhi. 
- Davvero?
- Assolutamente e  se sei d'accordo con me, visto che siamo gli unici ad avere un appuntamento quest'oggi, potremmo chiedere al direttore di non scartare ancora la proposta di adozione di quella bambina, ma di darci del tempo per parlare con il piccoletto e fare chiarezza nella testa. Che ne dici?
- Dico che ti amo! - fu lei questa volta a baciarmi - Sicuro che a te stia bene il fatto che voglia parlare con lui? - Mi chiese.
- Ancora? Cosa sono tutte queste insicurezze è? Ricordi il perchè abbiamo deciso di adottare piuttosto che tentare nuovamente la sorte? Perchè desideravamo rendere felice un bambino poco fortunato. Per quanto possa essere bello adottare una neonata, non credo che rispetteremmo il nostro piano originale. 
- Mah...
- Ascolta... A me non mi interessa che sia un neonato, un bambino già bello che cresciuto o addirittura un adolescente, mi importa solo riuscire ad adottarne uno. E poi pensaci... Di sicuro lei troverà più facilmente un famiglia pronta ad amarla rispetto ad un bimbo piu grandicello e ti ricordo anche che la nostra bambolina ha solo 1 anno: non parla ancora bene, gattona, qualche volta prende ancora il latte da te e non per ultimo è una fabbrica di pannolini puzzolenti... non so quanto sia conveniente, se ci pensi, prenderne un'altra con le stesse "problematiche"  - naturalmente stavo ironizzando e proprio grazie a quell'ultima battuta riuscii a farla smettere di sentirsi in colpa e sorridere un pochino. - oooh... così voglio vederti! Ora sediamoci e aspettiamo di incontrare questo giovanotto. - Non dovemmo attendere molto, qualche minuto dopo il bimbo fece il suo ingresso nella stanza accompagnato dal direttore.
- Potete portarlo dove volete, dovete solamente firmare questo modulo di consenso e riportarlo qui entro stasera alle 19:00. - ci affrettammo a firmare e subito dopo, mano nella mano con quel piccolo ometto, uscimmo da quell'orribile istituto e andammo a prenderci un bel gelato.
- Ti piace il gelato vero? - chiesi al bimbo davanti l'entrata della gelateria nella speranza mi rispondesse; da quando eravamo usciti da quel tugurio non aveva ancora proferito mezza parola. Si limitò ad annuire e per quanto mi dispiacesse me lo feci bastare, non sarebbe stato di sicuro un bene forzarlo.  Il problema si presentò qualche minuto dopo quando dovemmo ordinare: gli chiesi che gusti preferisse ma lui ancora una volta non rispose.  In compenso però notai che strinse con più forza la mano di Emma la quale, inginocchiandosi alla sua altezza, provò a riformulargli la domanda. Non so come ci riuscì, il bimbo le sussurrò qualcosa all'orecchio che poi scoprii essere i gusti del gelato che voleva provare. Sorrisi a quella tenera scena e dopo aver preso i nostri rispettivi gelati andammo a gustarli su una panchina di un parco giochi poco distante. Avrei voluto riempirlo di domande, conoscere qualcosa in piu su di lui, ma sapevo già che non mi avrebbe risposto quindi chiesi ad Emma di provare:
- E' proprio una bella giornata non trovate? Perfetta per un buon gelato. - esordì  rivolgendosi ad entrambi. 
- Hai pienamente ragione - risposi io. - Questo gelato poi... è la fine del mondo!
- Vero... e il tuo com'è? - provò a chiederli sperando di essere fortunata come poco prima.
- Buono... -  incredibile, finalmente fece sentire la sua voce anche a me.
- Sono contenta che ti piaccia - gli sorrise - Toglimi una curiosità però, sbaglio o non ci siamo ancora presentati? Piacere, io mi chiamo Emma e lui  è mio marito... tu come ti chiami piccolino?
- Tu... tu curi i cervelli? - le chiese lasciandoci interdetti a quella strana domanda. Aveva risposto ad una domanda con un'altra domanda.
- Curo cosa? 
- Tu sei la dottoressa che cura i cervelli dei bambini cattivi? - questa poi... ma cosa mettevano nella testa di quei bambini? - la psi.... psi....uffa! Non me lo ricordo mai come si chiama.
- Ho capito cosa mi stai chiedendo e la risposta è no, non sono una psicologa. Sono uno sceriffo a dire la verità - gli mostrò il distintivo lasciandolo letteralmente a bocca aperta.
- Che bellooooooo! Hai anche la pistola? - annuì - Posso vederla?
- Mi dispiace ma è in ufficio custodita in una cassaforte in questo momento. Non posso portarla quando non sono in servizio. - spiegò mentre il piccolo continuava ad osservare incantato il distintivo. - Allora, mi voi dire o no come ti chiami?
- David! Mi chiamo David - Cosa? davvero? 
- Ma che bel nome che hai David... - disse Emma scompigliandogli i capelli e lanciandomi uno sguardo che la diceva lunga. David... si chiamava David, come suo padre. Una semplice coincidenza? Mmh...
- E lui come si chiama? Che lavoro fa? E' lui il dottore dei cervelli? - ancora con quella storia... secondo me lo avevano traumatizzato quel povero bambino.
- Mi chiamo Killian, piacere di conoscerti David - risposi io - Vuoi sapere che lavoro faccio è? Dimmi un  po': sai mantenere un segreto? - gli feci l'occhiolino accaparrandomi la sua simpatia.
- Si si si! Dimmelo! - rispose incuriosito.
- Ho una nave come quella dei pirati e lavoro in mare. - spalancò la bocca in segno di stupore. Neanche il distintivo gli aveva fatto quell'effetto. 
- Hai una naveeeeeee? Io amo i pirati! Me la fai vedere? Ti pregooooo. - come avrei potuto mostrargliela? Era a Storybrooke, non potevo di certo portarlo li. Tentai di pensare velocemente a qualcosa con cui rispondergli ma fortunatamente mia moglie, vedendomi in difficoltà, venne in mio soccorso. 
- Vieni qui, ti faccio vedere una foto. - gli mostrò l'immagine della mia nave dal suo parlofono. David ne rimase talmente tanto affascinato che per tutto il pomeriggio non facemmo altro che parlare della mia adorata jolly. Se prima ero preoccupato che non parlasse ora non lo ero più: era un piccolo fiume in piena quel piccoletto.
Trascorremmo un bel pomeriggio ma com'è classico fare da ogni bambino che si sta divertendo, all'affermazione di dover rincasare, iniziò a fare qualche capriccio.
- No... voglio giocare ancora un po... - disse gentilmente tenendo stretta la mano di Emma.
- Non posso riportarti in ritardo lo sai questo vero? - cercò di spiegarli lei.
- Non voglio tornare li... non mi piace... -i suoi occhi si inumidirono di lacrime e questo mi spezzò il cuore. -lui mi punirà per oggi... io ho paura. E' cattivo. - mi bastavano quelle parole per tornare all'istituto e far fuori quel gradasso. Chi gli dava il permesso di trattare quei bambini così?
- Ti prometto che nessuno ti punirà ok? Parlerò personalmente  con il direttore e gli dirò che sei dispiaciuto. - provò a farlo ragionare ancora una volta Emma.
- Non ti crederà... lui è cattivo... ha già bucato il mio pallone - iniziò a piangere. - Era l'unico gioco che avevo... e adesso? - Emma lo prese in braccio e lo abbracciò con forza ma allo stesso tempo pianse silenziosamente anche lei. 
- Facciamo così... - disse dopo essersi ricomposta - Abbiamo ancora una mezz'oretta, ci facciamo una bella camminata e nel mentre ci racconti cos'è successo questo pomeriggio e come hai fatto a rompere la vetrata. -scosse la testa. - Non ti giudicherò puoi stare tranquillo. - non era ancora del tutto convinto - Ti propongo un accordo: se mi racconterai come sono andate le cose io ti racconterò un mio piccolo segreto.
- Hai anche tu un segreto?
- Uno bello grande anche! 
- Ok... allora.  Stavo giocando con un mio amico più grande... lui tirava la palla e io ero in porta. Non pensavo che la lanciasse tanto forte e... e... - si bloccò.
- Avanti, non aver paura... - lo incoraggiai io.
- La palla mi ha colpito sulla pancia e sono caduto all'indietro andando a sbattere contro la vetrata che si è rotta. Non volevooooo.... - si era calmato da poco ma al solo ricordo di quella giornata riprese a piangere.
- Oiiii, non fare cosi!  Non è stata colpa tua piccolino! 
- Il direttore ha detto di si! Ha detto che io sono bugiardo. Non mi crede.
- Non pensare a quello che ha detto...  io credo a te. - gli sorrise Emma - Non ti sei fatto male vero? Andando a sbattere contro il vetro intendo. - chiese conferma anche se apparentemente si vedeva che stava bene.
- No, non mi sono fatto nulla! Davvero mi credi Emma? 
- Certo che ti credo! 
sorrise felice. - Mi dici il tuo segreto adesso? 
- Ok... sei stato sincero con me e di conseguenza io lo sarò con te... ho vissuto per anni in un orfanotrofio proprio come te.
- Sul serio? - non se l'aspettava
- Già e poi sono stata anche mandata in una casa famiglia. So come ti senti... so cosa vuol dire non essere capiti e farò di tutto per aiutarti ad uscire da li. 
-  Quindi tu sei come me! Ecco perchè mi capisci - l'abbracciò  - Emma, non riportarmi li ti pregooooo!
- Non posso fare altrimenti David, mi arresterebbero per rapimento se non ti riportassi indietro.
- Allora scapperò! - esclamò convinto
- NO! - rispose decisa. - Ascolta, guardami... - i loro sguardi si incrociarono ancora una volta - ti prometto che tornerò a trovarti prestissimo ma tu dovrai fare il bravo bambino e tornare li senza capricci. Non provare a scappare che poi non verrò piu a trovarti chiaro? - ormai eravamo davanti il cancello dell'orfanotrofio.
- Ok...
- Avanti, dammi la manina e entriamo. 
Lo accompagnammo fino all'ingresso principale dopodichè fummo costretti a salutarlo. Venne accolto da un tutore che prontamente si affretto a riportarlo nella sua stanza mentre noi fummo costretti ad  attendere  in un ufficio l'arrivo del direttore, il quale voleva sapere come fosse andata la giornata e se ci fossimo finalmente convinti a riprendere in mano l'adozione originale, quella della bambina. Io e Emma avevamo parlato  un pochino di questa situazione nel mentre aspettavamo che quel pallone gonfiato ci raggiungesse e concordammo entrambi che la cosa migliore da farsi fosse quella di rimanere sul nostro piano originale. 
- Ci abbiamo riflettuto a lungo e abbiamo preso una decisione. Rinunciamo alla custodia della bambina e chiediamo l'adozione del piccolo David. 
- Ne siete sicuri? Ve lo ripeto, è un bambino problematico e poi voi avete  già una bambina di un anno... non credo che sia una buona idea.
- Non ci interessa la sua opinione! Vogliamo adottare David! 
- Lei signor Jones non dice nulla? - mi chiese sperando che riuscissi a far cambiare idea a mia moglie.
- La penso esattamente come lei. - risposi deciso.
- Beh... non venitemi a dire, semmai combinerà qualche disastro,  che non vi avevo messo in guardia. - fece una pausa - Se avete deciso non mi resta altro che farvi firmare la domanda di adozione, ma vi avverto: sarà un po piu lungo il procedimento. Rispetto a come sarebbe avvenuto con la neonata, non potrete portare David a casa oggi. Essendo un bambino reduce già di sei adozioni andate male, prima di procedere con l'adozione vera e propria, ci sarà bisogno di un percorso con uno psicologo e con un assistente sociale  che valuterà lo stato d'animo vostro e del bambino nei momenti in cui sarete insieme. Siete disposti ad accettare tutto questo?
- Assolutamente si, ma non dica nulla al bambino cortesemente. - chiesi gentilmente - Non vorrei che ci restasse male semmai non dovessimo risultare idonei.
- Come desidera, non ci sono assolutamente  problemi per questo. - ci porse la mano. - Se non c'è altro vi auguro una buona serata. -  bene, il primo step era andato, ora bisognava solamente convincere gli assistenti sociali che eravamo i genitori perfetti per quel bambino.
Da quel giorno, per ben quattro mesi, io e Emma una o due volte a settimana partivano da Storybrooke per raggiungere l’orfanotrofio di New York e far visita al piccolo David. A lui raccontammo che eravamo lì per controllare che il direttore si comportasse bene sia con  lui e gli altri bambini e per quanto riguarda lo psicologo e l'assistente sociale, che ci accompagnavano ad ogni visita, li presentammo come dei nostri carissimi amici newyorchesi. Non avendoli mai visti, poiché nuovi di quell'incarico, il bambino non si insospettì e ci credette. Mi dispiaceva mentirgli ma non potevo di certo dirgli che stavamo cercando di adottarlo: se la cosa non fosse andata in porto ci sarebbe rimasto molto molto male ed è l'ultima cosa che avrei voluto. Una cosa è certa...nel giro del primo mese lo avevamo già viziato. Ad ogni visita gli portavamo un regalino, un gioco, o un capo di abbigliamento o una semplice busta piena di caramelle e lui prontamente ci ricambiava abbracciandoci in un modo che solo sui sapeva fare. Il mio cuore si scioglieva ogni volta e quello di mia moglie non era di certo da meno... era completamente innamorata di quel ragazzino. 
Tutto procedeva a meraviglia tanto che in uno di quelli che dovevano essere i nostri ultimi incontri ci venne chiesto di portare con noi anche la nostra piccolina per vedere come David avrebbe reagito al dover dividere la sua giornata speciale con noi con un altro bambino. Ero spaventato... sia per la reazione di Hope che quella di David. Hope era gelosissima di me e Emma e quindi avevo paura che potesse prendere in antipatia il bambino, mentre per David ero preoccupato perché se reagiva in maniera negativa molto probabilmente avrebbero aggiunto delle note, per nulla positive, alla nostra candidatura. Entrai nella stanza delle visite con il batticuore ma dopo neanche dieci minuti, tempo necessario per le presentazioni e per sciogliere il ghiaccio, ecco che i due cominciarono a ridere e a giocare insieme. Erano talmente presi l’uno dall'altra che per quella giornata nessuno dei due ci calcolò. La tragedia avvenne nel momento esatto in cui cercammo di dividerli: Hope fece il diavolo a quattro, non voleva assolutamente saperne di staccarsi da lui. Mi venne da sorridere, la mia piccolina è sempre stata molto timida con le persone che non conosce eppure con David non è stato assolutamente così. Era come se lo considerasse già uno di noi. Restammo altri venti minuti poi fummo costretti a salutare il bambino. Con una Hope urlante tra le braccia provammo a raggiungere l’uscita dell’edificio ma ancor prima di scendere l’ultimo gradino la voce del direttore ci richiamò all'ordine.
- Avrei bisogno di parlare con voi se è possibile. - disse serio come al suo solito.
- Certamente! Ci dica - esordi Emma
- È una questione un po’ delicata, magari è meglio andare nel mio ufficio.
- Si, ci dia solamente il tempo di far calmare la bambina e poi saremo subito da lei - risposi io congedandolo.
Hope era davvero sconvolta, non aveva mai fatto così con qualcuno, solo con suo nonno il giorno in cui la portò allo zoo, ma mai per un estraneo. Per calmarla Emma dovette raccontarle un paio di favole e attaccarla al seno. Stavamo cercando di toglierle quell'abitudine perchè ormai stava diventando un vizio,  ma per quella volta chiudemmo un occhio, non si sarebbe calmata con nient'altro. Impiegammo un bel po' ma alla fine, sfinita dal pianto e coccolata dalla sua mamma, riuscì a calmarsi e si addormentò. La mettemmo nel suo passeggino e raggiungemmo subito l’ufficio del direttore: non era solo. L’assistente sociale e lo psicologo erano lì con lui.... mmmh non era per nulla un buon segno. L’incontro finale doveva esserci tra un mese, se avevano richiesto un incontro anticipato era evidente che non era una cosa positiva. Vidi Emma sbiancare e tenere con presa salsa il passeggino di Hope.
- Prego accomodatevi.
- No.... preferisco stare in piedi - rispose Emma già sulla difensiva
- Signora la vedo parecchio agitata, sicura di sentirsi bene? - chiese lo psicologo qualche minuto dopo averla fissata attentamente... evidentemente dal linguaggio del suo corpo aveva dedotto qualcosa.
- No, non mi sento bene per niente.... è da quando sono piccola che ho a che fare con assistenti sociali e psicologi per quanto riguarda l’adozione e so per certo che quando si hanno colloqui in anticipo rispetto alla data stabilita non è mai un buon segno.
- Vede signora, il punto è che noi abbiamo valutato per oltre quattro mesi i vostri incontri e non ci sembra giusto nei confronti del bambino continuare a...
- Cosa!!!!! Cosa avete riscontrato di negativo nei nostri incontri? Ditemelo e datemi la possibilità di rimediare vi prego.... mi sono affezionata troppo a David, non sopporterei che finisse in un’altra famiglia.... voglio essere io la sua famiglia. - era sull'orlo di una crisi nervosa.
- Signora la prego non faccia così o rischierà davvero di sentirsi male. Non mi interrompa ok? Per qualsiasi domanda sono a sua completa disposizione ma la prego di lasciarmi terminare il discorso. - la vidi respirare profondamente e mettersi a sedere. - Come le dicevo abbiamo assistito ai vostri incontri per ben 4 mesi e non ci sembra giusto nei confronti del bambino attendere ancora un altro mese prima di emettere il giudizio ufficiale. I nostri test sia su voi che sul piccolo sono risultati tutti positivi pertanto chiudiamo ufficialmente la richiesta di adozione in vostro favore. Congratulazioni, siete ufficialmente i genitori del piccolo David! - non potevo credere alle mie orecchie, avevano ottenuto la custodia del bambino con addirittura un mese d'anticipo.  David era ufficialmente parte della nostra famiglia! Avevamo un secondo figlio.
- Amore hai sentito? - mi avvicinai a lei per abbracciarla, piangeva... era commossa e sollevata allo stesso tempo. Aveva davvero temuto il peggio e ora stava facendo uscire, a suon di lacrime, le sue paure nascoste. - E' nostro! È nostro figlio Emma! Siamo nuovamente genitori tesoro e la nostra piccolina ha un fratello con cui giocare adesso. - non rispose, si limitò ad abbracciarmi. Eravamo felici... felici come poche volte nella vita.
- Potete firmare già da adesso ma per portare il Piccolo a casa con voi occorrerà aspettare un altro paio di giorni, il tempo della certificazione. Fino a quel giorno però, come da voi richiesto, al piccolino non verrà detto nulla. 
Firmammo immediatamente e dopo aver parlato ancora qualche minuto con l'assistente sociale, ci mettemmo in viaggio verso casa. Differentemente dalle altre volte, nessuna sensazione di preoccupazione ci invase; a breve David avrebbe fatto parte della nostra famiglia... dovevamo solamente pazientare altri due giorni. 
Fu un'attesa snervante. Sapere di avere un bambino a km di distanza e non poterlo stringere a te e coccolarlo è una delle cose più brutte al mondo. Per due giorni fu il nostro chiodo fisso, l'argomento principale di ogni nostra conversazione. Forse agli occhi degli altri potevamo risultare ridicoli ma a me poco importava. 
 Per diminuire, almeno psicologicamente, l'attesa decidemmo di preparare la sua cameretta. Comprammo tutto il necessario per renderla accogliente e funzionale dopodiché chiamammo August, l'esperto in scrittura e disegni,  per rappresentare sul muro principale la mia fedelissima Jolly Roger. Amava i pirati? E una cameretta da pirata avrebbe avuto. 
 
Furono due giorni impegnativi ma alla fine non solo terminammo il lavoro per tempo, cosa che pensavo impossibile, ma senza accorgersene era già tempo di andarlo a prendere. Mettemmo a punto le ultime cosette: peluche, libri e decorazioni varie, dopodichè ci mettemmo in marcia per raggiungerlo. 
Arrivati all'istituto ci accomodammo qualche minuto nell'ufficio del direttore, prendemmo la certificazione ufficiale, mettemmo un’altro paio di firme dopodiché ci chiesero di aspettare nell'atrio l’arrivo di nostro figlio. Strinsi la mano di mia moglie incredulo che stesse succedendo sul serio e iniziai a fissare la grande scalinata impaziente di vederlo scendere. Cinque minuti... dieci.... un quarto d’ora... niente, nessuno sembrava voler scendere da quelle scale.
- Vieni qui! Dove scappi ragazzino! Devo portarti dalla tua nuova famiglia. - sentii urlare dal piano di sopra
- Non voglio andare in nessuna casa io! Prendimi se ci riesci - avrei riconosciuto quella vocina ovunque... era David, il mio David. Non ebbi il tempo materiale di elaborare cosa effettivamente stesse dicendo che improvvisamente lo vidi affacciarsi alle scale.
 - EMMAAAAA! KILLIANNN! -Non era giornata di visite e dalla sua faccia meravigliata capii che era sorpreso di vederci li. Scese i gradini due a due e venne immediatamente  ad abbracciarci. - Aiutatemi vi prego, mi vogliono portare via! Io... io non vogliooooo - si mise a piangere. Ma come non voleva andare via? Lui odiava quel posto...
- Ei campione, non piangere ok? Non ce n'è bisogno. - dissi - Avanti spiegami, che problema c’è? Perché non vuoi andare via da qui.
- Perché... perchè  poi io non vi vedo piuuuuuu! - era inconsolabile - Io vi voglio bene.... non la voglio una famiglia se poi non posso vedervi più. Non fatemi andare via per favore, farò tutto quello che volete ma vi prego non lasciate che mi prendano. - sorrisi per le sue motivazioni e così anche Emma. A quanto pare gli avevano detto che aveva trovato una famiglia ma non gli avevano ancora specificato chi fosse. 
- David, tesoro, guardami - lo invitò Emma - Asciugati le lacrime, non c’è assolutamente bisogno di piangere.
- Si invece...io...
- no tesoro, posso assicurarti di no! È vero, hai una nuova famiglia adesso ma prima di dire che non la vuoi e non vuoi andare nella tua nuova casa non ti converrebbe sapere prima chi sono queste persone che hanno deciso di tenerti con se? - gli domandò gentilmente 
- No, perché nessuno è come voi! Io vorrei stare per sempre con voi.... non voglio andare in una nuova famiglia. - che cucciolo che era, avevamo fatto breccia nel suo cuore a quanto parte e non potevo essere piu felice di così.
- Allora a maggior ragione devi asciugarti le lacrime tesoro perché la famiglia che ti ha appena adottato ce l’hai proprio davanti agli occhi! - indicò sia se stessa che me per fargli capire ancor meglio la cosa - L’unica pecca che ti è capitata è che a casa c’è una sorellina dispettosa pronta a rubarti le merendine e le caramelle.
- Mi... mi avete adottato? - chiese per poi rimanere a bocca aperta e con gli occhi spalancati. Emma annuì regalandogli un meraviglio sorriso e io mi avvicinai per scompigliargli i capelli.
- Sei contento campione? - domandai anche se i suoi occhi parlavano da soli.
- SONO CONTENTISSIMOOOOOOOOO! SONO IL BAMBINO PIU' FELICE DEL MONDOOOO! - Ci abbracciò entrambi con tanta di quella forza da farci quasi cadere a terra. - Vi voglio un mondo di bene e non mi importa se la mia sorellina mi mangia le caramelle, voglio un mondo di bene anche a lei. 
Lo aiutammo a prendere le sue cose e finalmente salimmo in macchina direzione Storybrooke. L'ostacolo più grande lo avevamo superato, riuscire ad adottarlo, ora mancavano solamente altre due cosine da risolvere e poi avremmo potuto cominciare a vivere a pieno la nostra vita. Cosa ci impediva di farlo fin da subito? Beh... innanzitutto ci preoccupava un pochino la reazione della piccola Hope nell'accettare di dividere l'amore di mamma e papà con un'altro bambino e poi... beh, c'era il fattore magia da risolvere: lui non sapeva nulla di tutto quello che era il nostro mondo e avevamo paura che potesse esserne spaventato o non accettarlo. Il problema sorellina, con mia grande sorpresa, fu una passeggiata da sistemare. Hope non appena lo vide lo riconobbe all'istante e iniziò a saltellare e a battere le manine tutta felice.

 
Per il problemino magia impiegammo un po più di tempo ma alla fine riuscimmo a spiegargli il tutto e a fargliela accettare senza nessun problema. 
Finalmente iniziò la nostra nuova vita, David iniziò l'asilo nella scuola dove lavorava  sua nonna, fece subito nuove amicizie, passava i pomeriggi al parco giochi con sua sorella e  Regina mentre io e Emma eravamo a lavoro  e venne iscritto da suo nonno ad un corso di scherma. Voleva fargli imparare l'arte della spada in modo tale che se in un futuro fosse stato in pericolo sarebbe stato in grado di difendersi da solo. Come avrete potuto capire tutti amavano il piccolo David e non c'era un giorno che i miei familiari non passassero da casa per coccolare sia lui che Hope. Tutto sembrava perfetto ma in realtà c'era un altro piccolo problemino da sistemare: il suo nome. Ogni volta che qualcuno pronunciava il nome David, sia lui che mio suocero si giravano. Quest'ultimo era felicissimo che il suo nipotino portasse il suo stesso nome ma bisognava comunque trovare un modo per diversificarli perché altrimenti saremmo finiti presto tutti al manicomio. Optammo per David Senior e David Junior ma poi ci rendemmo conto che anche quell'appellativo non andava bene, sopratutto nella quotidianità, in quanto troppo lungo. Arrivammo così, dopo svariate idee, alla conclusione di abbreviare il nome dell'ultimo arrivato. Ora in famiglia c'era un David Nolan chiamato David e un David Jones chiamato Dave. 
 
Note dell'autore:
Come precedentemente annunciato eccomi qui ragazzi con il seguito della fanfiction: il miracolo di Natale. Questa storia nasce inizialmente come una one shot (come avrete potuto capire dal titolo sarà ambientata durante le feste pasquali), ma poi ho cambiato idea, visto la lunghezza e ho deciso di ampliare il tutto in due capitoli. Molti di voi nella storia precedente mi avete espresso il desiderio, tra recensioni e messaggi privati, di conoscere meglio il piccolo/a fortunato/a che i nostri coniugi Jones avrebbero adottato e cosa dire.... ho deciso di accontentarvi. Questo capitolo è stato dedicato escusivamente a lui ma nel prossimo, come da copione, parleremo dell'intera famiglia Jones ( Charming e Mills compresi) alle prese con una caccia alle uova di famiglia davvero molto particolare. Quando ci sarà il prossimo capitolo? Ovviamente domani! Baciooooo. 
  
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