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Autore: Carme93    21/04/2019    2 recensioni
Chi non conosce i Malandrini? James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus. Le loro gesta sono ormai leggenda.
Ma vi siete mai chiesti chi ha preso il loro posto?
Ecco a voi la storia delle Malandrine!
[Questa storia si è classificata terza al contest "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni" indetto da amicadeilibri sul forum di EFP ed è vincitrice del premio speciale "Gli eredi"]
Genere: Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ernie Macmillan, Lily Luna Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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[Questa storia si è classificata terza al contest "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni" indetto da amicadeilibri sul forum di EFP ed è vincitrice del premio speciale "Gli eredi"]

 

Una consueta giornata da Malandrine
 
 
Un trillo acuto spezzò la quiete nella camera delle Grifondoro del quarto anno.
«Spegni quella cosa, Gabri, prima che si sveglino tutti» borbottò Alice Paciock, della quale si scorgevano soltanto alcune ciocche di capelli di un castano quasi biondo; il resto del corpo era ben nascosto sotto un pesante piumone scarlatto.
Gabriella Jefferson mugugnò in risposta e allungò un braccio per spegnere la sua sveglia. «Non è possibile alzarsi alle sei, quando abbiamo lezione alle nove!» bofonchiò, ritirando la mano nuovamente sotto le coperte.
«Abbiamo una missione da compiere» ribatté Alice, mettendosi seduta e con una punta di solennità nella voce.
«Giusto. Uso io il bagno per prima. Non pensare neanche di muoverti da lì» intervenne una ragazza dai fluenti capelli neri, leggermente scompigliati dopo una notte di sonno, alta e dai lineamenti fini.
«Fa’ pure, Elisabeth» ribatté Alice, sdraiandosi a terra per fare una serie di addominali.
«Ancora sei intenzionata a entrare nella squadra di Quidditch?» le chiese Elisabeth, con la mano sulla maniglia della porta del bagno, fissandola con una smorfia.
«Certo! E i provini sono sempre più vicini».
Elisabeth alzò gli occhi al cielo e prima di chiudersi nel bagno, disse: «Vedete di svegliare Lily».
«Pensaci tu, Gabri» disse Alice leggermente affannata.
«No» rispose la ragazzina, stringendosi il piumone addosso. «L’ho fatto ieri».
Alice sbuffò e si sollevò da terra, ben decisa a buttare giù dal letto la sua migliore amica, Lily Luna Potter, nel minor tempo possibile.
La ragazzina, però, aveva il sonno pesante e non si mosse di un millimetro, quando l’amica la scrollò. Alice non se ne sorprese e recuperò la bacchetta, abbandonata la sera prima sul comodino.  «Aguamenti!» pronunciò indirizzando un fiotto d’acqua sul viso di Lily.
«Ma che cavolo?!» sbottò quest’ultima sputacchiando acqua e tossendo. «Ma sei impazzita?» sibilò focalizzando l’amica.
«No. Ti ricordo che abbiamo da fare stamattina. Se non ti sbrighi, non faremo mai in tempo».
Gli occhi di Lily luccicarono ed ella gettò di lato le coperte saltando sul tappeto. «Beh, che state aspettando? Vi ricordo che abbiamo tempi serrati». Poi si guardò intorno. «Avete fatto andare in bagno prima Eli?».
«Lo sai com’è fatta» replicò Alice cercando una divisa pulita nel baule.
«Elisabeth Corner esci subito da quel bagno!» quasi gridò Lily.
«Ma vuoi che ci sentano tutti?» la richiamò Alice.
«Gabri, alzati» intimò Lily senza neanche dare ascolto all’amica.
 «Vi odio» biascicò Gabriella mettendosi seduta.
«È stata una tua idea» esclamò Lily puntandole il dito contro e ghignando.
Ella sbiancò e la fissò interdetta. «Cosa? No, non è vero!».
«Sì, che è vero» la contraddisse Alice.
«Tecnicamente vi ha solo ispirate. Non ha ancora capito che deve stare molto attenta a quello che dice di fronte a noi…» commentò Elisabeth rientrando in camera.
«Miooo!» strillò Lily, correndo verso il bagno.
«Sveglierà tutta la torre, se continua così» gemette Elisabeth.
«Voglio un magiavvocato» si lamentò Gabriella.
«Beh, Hugo potrebbe anche diventarlo» buttò lì maliziosamente Elisabeth, suscitando le risatine di Alice.
«Che c’entra Hugo?» replicò frettolosamente Gabriella, arrossendo.
Alice ed Elisabeth si scambiarono un’occhiata complice e non dissero nulla.
Nel giro di mezz’ora furono pronte tutt’e quattro.
«Portiamo gli zaini?» chiese Gabriella a nessuna in particolare.
«Ci intralcerebbero» ribatté Lily all’istante.
«Non avremo il tempo di tornare in Sala Comune» la contraddisse Elisabeth.
Alice si mordicchiò il labbro meditabonda.
«Sei seria? Non possiamo!» insisté Lily.
«Non abbiamo scelta» sbuffò Alice. «A meno che tu non voglia arrivare in ritardo da Williams».
Lily storse la bocca: Difesa contro le Arti Oscure era una delle sue materie preferite, in più il professor Williams avrebbe sicuramente tolto punti a Grifondoro se fossero arrivate in ritardo e, a essere proprio pignoli, stavano già infrangendo le regole perciò non era il caso di attirare l’attenzione per un banale ritardo.
«Va bene, ma cerchiamo di essere coordinate» sospirò tirando fuori il mantello dell’invisibilità, appartenente alla sua famiglia da generazione. Sorrise al pensiero che l’anno successivo non avrebbe dovuto più condividerlo con i fratelli: James si sarebbe diplomato e Albus era fin troppo ligio alle regole per servirsene.
Alice fischiò in risposta.
«Ma se sei la prima a essere imbranata» replicò Elisabeth.
«La tengo io la Mappa del Malandrino» disse Alice.
Lily gliela porse e insieme controllarono che la via fosse libera. «Le ragazze sono tutte nelle loro stanze».
«E dormono» bofonchiò Gabriella. «D’altronde sono sì e no le sette del mattino».
«Ciò vuol dire che siamo in ritardo. Dobbiamo agire prima che la colazione venga servita» tagliò corto Lily, avviandosi verso la porta.
«Ma a che ora servono la colazione?» domandò Gabriella.
«Verso le sette e mezza, che io sappia» rispose Elisabeth.
«Ma chi è che si alza a un’ora del genere?» ribatté Alice.
«Alcuni professori probabilmente…» rispose Gabriella.
«… e studenti anche, fidati…» continuò Elisabeth.
«Gente con gravi problemi» borbottò Alice.
Elisabeth scrollò le spalle. «In effetti mio fratello lo fa, dice che così può ripetere prima delle lezioni…».
«Il Caposcuola di Corvonero. Appunto, gente con gravi problemi» ribadì Alice.
«I miei fratelli sono Prefetti, ma di certo non si alzano tanto presto» intervenne Lily. «E ora state zitte o ci beccheranno prima del tempo».
«C’è qualcuno in Sala Comune?» chiese Alice, sporgendosi dall’ultimo gradino della scala per sbirciare.
«No, copriamoci e filiamo prima che qualcuno ci veda» ribatté Lily, facendo segno alle amiche di nascondersi sotto il mantello dell’invisibilità. «Bene, andiamo» commentò soddisfatta, dopo aver verificato che fossero completamente invisibili.
«E, Alice, per l’amor di Merlino, ignora la Signora Grassa» soggiunse Elisabeth.
«È lei che sta sempre a provocarmi!».
«State zitte e andiamo» ripeté Lily.
Fortunatamente i corridoi era deserti a quell’ora del mattino, persino gli insegnanti si stavano probabilmente preparando per le lezioni e non si curavano di pattugliare, dopotutto il coprifuoco era terminato. Incontrarono solo il Barone Sanguinario e lo evitarono per un pelo, con grande sollievo di tutte.
«Stavolta finiremo in un guaio enorme» borbottò Gabriella, quando furono quasi a destinazione.
«Non ti lamentare» sibilò Elisabeth, che non tollerava minimamente il carattere dell’altra.
«Smettetela, finirete per farci beccare!» soffiò Lily.
«Ma no dai, i Prefetti di Tassorosso penseranno che siamo un fantasma».
Effettivamente se qualcuno fosse passato in quel corridoio, non avrebbe visto proprio nessuno, ma le avrebbero sentite e probabilmente riconosciute vista la loro fama. Inoltre avevano impiegato più tempo del necessario per raggiungere la meta, poiché si erano iteratamente fermate a controllare la Mappa del Malandrino.
«Non siamo trasparenti, siamo invisibili».
«Eli, che vuoi che importi?» domandò Alice.
«Era per precisare».
«Gabri, mi hai pestato un piede!».
«Scusa, Lily» mormorò la prima voce.
«Basta, siamo arrivate» sbottò Alice, togliendo il mantello con un secco gesto della mano.
«Ehi, potevi aspettare che fossimo dentro!».
«Elisabeth» sbuffò ella, mentre i lunghi capelli castani quasi biondi, racchiusi in una coda disordinata, oscillavano a poca distanza dal viso di Gabriella. «Di che hai paura?».
«Di niente. Un po’ di attenzione, però, potremmo farla».
«Non c’è nessuno» dichiarò Lily. «Alice, comincia a entrare. Gabriella, la Mappa mettila nel tuo zaino e anche il mantello» soggiunse. Aveva preso da tempo quest’abitudine, perché Gabriella con il suo carattere mite e remissivo non attirava facilmente l’attenzione dei professori e sarebbe stato molto più probabile che perquisissero il suo zaino o quello di Alice. Certo negli ultimi anni avevano imparato a conoscerle come un gruppo, per cui la faccia pulita di Gabriella funzionava fino a un certo punto, mentre Elisabeth aveva fatto in modo di distruggere la sua reputazione da studentessa modella, costruita durante il primo anno e mezzo al castello.
Alice si avvicinò maggiormente a un dipinto, ritraente un cesto di frutta, e solleticò l’unica pera presente. Il ritratto si sollevò e apparve un varco, le quattro ragazze, una alla volta, lo superarono. Non era certo la prima volta.
Gli elfi domestici, già affaccendati nella preparazione della colazione, corsero ad accoglierle.
«Signorine, cosa possiamo fare per voi?».
«Non è che avete delle brioche calde?» chiese Alice, accomodandosi tranquillamente a uno dei lunghi tavoli.
«E del tè, s’è possibile» mormorò Gabriella a disagio, prendendo posto di fronte all’amica. Fortunatamente avevano scelto un compito semplice per lei, che non adorava l’azione. Alice si era accontenta solo perché avrebbe avuto la possibilità di mangiare le brioche di zucca che adorava e che, poiché erano perennemente in ritardo, trovava sempre fredde.
Gli elfi si affrettarono ad accontentarle.
Nel frattempo Lily ed Elisabeth si scambiarono uno sguardo complice e, approfittando della distrazione degli elfi, si avvicinarono alle caraffe di succo di zucca già presenti sull’unico tavolo in orizzontale nella sala, quello dei professori.
«Tieni» sussurrò Elisabeth passando all’amica una boccetta, contenente un liquido dal colore giallo intenso.
Lily la prese e l’amica si mise davanti a lei, per coprirla, essendo molto più alta. Infine Lily svuotò la boccetta nelle brocche.
«Quanta ne stai mettendo?» commentò Elisabeth a occhi sgranati.
«Tutta quella possibile o la volevi riportare a Mcmillan?».
«Ti ricordi quali sono le avvertenze in caso di dosi eccessive?».
«Oh, sì» ghignò Lily. «Sarà una giornata divertente» canticchiò saltellando verso Alice e Gabriella.
«Lo sarà finché non ci verranno a chiedere il conto» rispose ironica Elisabeth.
«Ripensamenti?» l’apostrofò Alice.
«Figurati» replicò Elisabeth. «Io avrei usato ben altra pozione, lo sapete benissimo».
«Tu vuoi essere sospesa» sbottò Gabriella lanciandole un’occhiataccia.
«Effettivamente una sospensione manca nel mio curriculum».
«Io non ce la voglio» chiarì Gabriella infastidita. «Te l’ho detto un milione di volte: un conto è uno scherzo, un conto è fare qualcosa di veramente offensivo, specialmente nei confronti dei professori».
«Mia cara» iniziò Elisabeth incupendosi, «te l’ho detto un milione di volte anch’io: quella con gli adulti è una guerra. Dico bene?».
Lily e Alice si scambiarono un’occhiata e annuirono non del tutto convinte.
«È un gioco» tentò la prima.
«Tu ce l’hai con tuo padre» disse, invece, Alice senza mezzi termini. «E se vuoi fare una guerra contro di lui, noi ti sosteniamo. Sai benissimo che adoro usare come cavia tuo fratello Gabriel… ma…».
«… ma noi non vogliamo entrare in guerra con le nostre famiglie» le venne in aiuto Lily. «Giochiamo soltanto».
«Infatti» ribadì Alice. «E ti ricordo che uno dei professori è mio padre, non ti avrei permesso di usare quella pozione!».
«Erbologia è una materia inutile» replicò Elisabeth con un sbuffo. «Non sarebbe mica morto, ma avremmo fatto almeno una vacanza di un giorno».
«Possiamo allagare i bagni per quello» propose Lily, recuperando lo zaino buttato alla rinfusa sul pavimento.
«Già. Non facciamo male a nessuno, lo sai. È una delle nostre regole» ribadì Alice.
«Con le dovute eccezioni, s’intende… tuo fratello, Meredith Ashton, Goyle e i suoi stupidi amici…» continuò Lily. «E soprattutto, Gabriella non è obbligata a prendere parte agli scherzi, se non se la sente… L’abbiamo deciso la prima sera…».
Elisabeth sbuffò contrariata. «Il capo sei tu… andiamo in Sala Grande non voglio perdermi lo spettacolo».
«Che spettacolo?» intervenne Gabriella, mentre, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno nei paraggi, uscivano dalla cucina e si affrettavano a raggiungere la Sala d’Ingresso. «Non dovrebbe avere nessun effetto spettacolare quella pozione!» insisté quando finalmente si fermarono.
«Lily ha esagerato con le dosi» ghignò Elisabeth.
Alice scoppiò a ridere, mentre Gabriella sgranava gli occhi. «In che senso esagerato?».
«Ho svuotato l’intera boccetta».
Gabriella sbiancò, ma chiese soltanto: «Perché?».
«Così è più divertente» replicò Lily.
«Oh, guarda, ci sono i ragazzi» attirò la loro attenzione Alice.
In effetti un gruppetto di Grifondoro stava sopraggiungendo.
«Che caspita fate già in piedi?».
«Buongiorno anche a te cugino!» replicò Lily con un enorme sorriso.
Le orecchie di Hugo Weasley assunsero un colorito rossastro. «Non è un buongiorno, se voi tre siete già in piedi alle otto meno venti del mattino!» sbraitò indicando la cugina, Alice ed Elisabeth.
«Dovresti vergognarti!» replicò caustica Elisabeth. «Dovresti apprezzare i nostri tentativi di diventare brave ragazze».
Hugo la fissò per un attimo e poi sbuffò. «Ma per favore».
«Dai, Hugo, andiamo a fare colazione» lo esortò un compagno.
«Sì, è meglio» sospirò il ragazzo. «È possibile che non riusciate mai a star tranquille? Albus ha proprio ragione».
«Lascia Al fuori da questa questione per favore! O dovrò sorbirmelo!» si affrettò ad affermare Lily. «E poi, mi spieghi che problema hai? Quello che facciamo mica ti tocca? Abbiamo fatto un patto: non ti mettiamo in mezzo. E lo sai che mantengo sempre la parola».
Hugo si morse il labbro e la tirò in disparte, mentre gli altri iniziavano a prendere posto al tavolo dei Grifondoro. «Non è questo il punto» sussurrò infastidito.
«E qual è?».
«Mi urta che mettiate nei guai Gabriella! Lei che c’entra?».
Lily alzò gli occhi al cielo e trattenne a stento un sorriso divertito. «Tranquillo, siamo sue amiche, ci prendiamo cura di lei. Piuttosto tu, dovresti darti una mossa. Sai, non manca molto alla prossima gita a Hogsmeade!».
A quelle parole Hugo divenne paonazzo. «M-ma che dici?!».
«Sì, vabbè…» borbottò Lily. «Pensaci, io vado a mangiare».
La Sala Grande iniziava a riempirsi rapidamente, ma ella non ebbe problemi a prendere posto vicino alle amiche e gli altri compagni del suo anno. D’altronde ormai tutti conoscevano le Malandrine. Tra gli studenti più piccoli vi erano persino alcuni che avevano dimostrato di provare un certo timore, quasi reverenziale, nei loro confronti.
«Lily» la chiamò Alice, accennando poi al tavolo delle Autorità, dove la Preside e il professore di Pozioni, Ernie Mcmillan, avevano già preso posto.
«Ci sarà da ridere» dichiarò ella in riposta e poi diede una gomitata a Gabriella. «E dai, su con la vita… è solo un gioco…».
Gabriella accennò un sorriso e sembrò rilassarsi leggermente.
Non passò molto tempo che anche il resto del corpo docenti iniziò a fare colazione. Le Malandrine si scambiarono uno sguardo complice e, continuando a chiacchierare con i compagni, come se nulla fosse, lanciavano, di tanto in tanto, occhiate in tralice al tavolo dei professori.
«Ciao» disse una voce timida attirando la loro attenzione. «Oggi ho fatto proprio tardi, posso sedermi vicino a voi?».
Lily si voltò a fissare un coetaneo dai capelli castano chiaro e un incerto sorriso stampato sul viso.
«Certo!» rispose all’istante, quasi spingendo giù dalla panca Alice, che mugugnò infastidita.
«Grazie» mormorò il ragazzino.
Lily sorrise, ma probabilmente apparve più come una smorfia: com’era possibile che in presenza di quel ragazzo non riuscisse a spiccicare una frase di senso compiuto? Eppure era lui quello timido tra loro due.
«Ma che ha Mcmillan stamattina?» sbottò Colin Canon, un Grifondoro del loro anno.
«Finch-Fletchley avrà raccontato una barzelletta delle sue» borbottò Hugo, sollevando a sua volta gli occhi sugli insegnanti.
Il professor Mcmillan, però, sghignazzava senza freno come mai alle uscite ridicole del suo collega di Babbanologia.
«Non è l’unico» commentò un ragazzo più grande, seduto a pochi posti di distanza da loro.
«Guardate, Delaney è piegato in due dalle risate» disse Marcellus Nott, lasciandosi sfuggire un risolino a sua volta. Lentamente le occhiate rivolte al tavolo dei professori aumentarono e qualcuno cominciò persino a indicarli agli amici.
Neville Paciock, insegnante di Erbologia e Vicepreside, e Alicia Spinnett, docente di Antiche Rune, si misero addirittura a cantare una vecchissima canzone di Celestina Warbeck, che Lily riconobbe perché piaceva molto a sua nonna Molly.
«Vieni, mescola il mio calderoneee…» quasi gridò Neville.
«e, se con passione ti riuscirààà…» continuò la Spinnet, decisamente più intonata, anche se ogni due parole rideva.
In tutto ciò la Preside si copriva la bocca, scossa da risatine non del tutto silenziose.
«Quanto resisterà?» sussurrò Alice alle amiche.
«Potremmo scommettere» propose Elisabeth.
«…il mio forte amor bollente…».
Al piccolo coro si era aggiunto anche il professor Finch-Fletchley e i tre insegnanti erano sempre più sguaiati, e alle loro risate si aggiungevano quelle degli studenti ormai con le lacrime agli occhi di fronte a quello spettacolo, decisamente inconsueto.
«Ne sai qualcosa?» chiese Hugo a Lily, ma neanche lui riusciva a rimanere serio.
«Chi io? Ma è possibile che dev’essere sempre colpa mia?» ribatté la ragazzina mettendo su una finta faccia da angioletto, alla quale non credette nessuno.
«Lo spero per te» borbottò suo fratello Albus, sopraggiunto giusto in tempo per sentire le sue ultime parole. «Devo andare, Virginia ritiene che i Prefetti e i Caposcuola debbano fare qualcosa… Non si sta mai in pace…» borbottò allontanandosi rapidamente.
«Oh, mio povero cuore, dov’è andatooooo» continuavano a cantare i tre professori.
«Se i bicchieri fossero di vetro, sarebbero già in frantumi…» dichiarò Hugo, riprendendo fiato.
«Vorrei tanto avere una videocamera babbana» sospirò Elisabeth che si stava godendo lo spettacolo.
«Paciock, ma tuo padre non si sta rendendo ridicolo più del solito?» la voce di Vincent Goyle, loro odiato nemico di Serpeverde, le costrinse a voltarsi.
Alice avvampò e mise mano alla bacchetta. «Mio padre non è mai ridicolo» sibilò in risposta.
Goyle inarcò un sopracciglio mostrandosi scettico e i suoi degni amici ridacchiarono.
«PER UN INCANTESIMO MI HAAI LASCIATOOO».
«Vi prego, ditemi che avete una telecamera» supplicò Elisabeth fuori di sé, tenendosi la pancia dal gran ridere.
«Alan Avery di Tassorosso sta facendo delle foto» le fece notare Gabriella.
«Ottimo».
«Andiamo via di qui» decise Lily, trattenendo Alice pronta a saltare su i tre Serpeverde.
Gabriella la seguì all’istante, mentre Elisabeth lo fece a malincuore. «Ma insomma che ti è preso?!».
«I Capiscuola e i Prefetti stanno intervenendo: lo spettacolo è finito» ribatté Lily. «È meglio non farci notare troppo».
«Non credo di aver mai riso tanto in vita mia» sospirò Elisabeth con il fiato corto, lasciandosi scivolare lungo la parete di fronte all’aula di Difesa contro le Arti Oscure.
«S’è per questo, è la prima volta che arriviamo in anticipo in quattro anni» borbottò Alice, leggermente contrariata.
«Che c’hai?» le chiese Gabriella.
«Non so se avete notato come si è reso ridicolo mio padre!» sbottò in risposta.
«Ero sotto l’effetto dell’Elisir dell’Euforia, è normale» mormorò Lily.
«Beh, è stato comunque imbarazzante. Ricordatemi di affatturare Goyle appena ne avrò l’opportunità».
«Hai visto la faccia di Frank prima di lasciare la Sala Grande? Era rossissimo in volto! Altro che aiutare gli altri Prefetti, sembrava voler sprofondare nel pavimento» ridacchiò Lily.
«Tu affatturi sempre Goyle» disse, invece, Gabriella.
«Questa volta ho un buon motivo… E Lily, lascia i miei fratelli fuori da questa storia… scommetto quello che volete, che Augusta starà già scrivendo alla mamma…».
«Ma non sa che sei stata tu…».
«Quanto sei ingenua Gabri, si vede che non la conosci… ora scriverà la prima parte, dopo aggiungerà il resto… Un resoconto completo e impeccabile…».
I ragazzi del quinto anno di Grifondoro e Tassorosso si radunarono alla spicciolata fuori dall’aula, commentando alacremente quanto accaduto in Sala Grande. Hugo arrivò per ultimo.
«Allora, i Capiscuola hanno fatto il loro dovere?» chiese sprezzante Elisabeth.
«I professori non erano per nulla contenti» sospirò Chris in risposta.
«Meno che mai la Preside» ridacchiò Colin Canon.
«Che palle» sbottò Elisabeth lanciando loro delle occhiate di fuoco. «Non potevano lasciarli sfogare in pace? Avremmo perso almeno le lezioni del mattino!».
«Si stavano per sentire male» ribatté incerto un Tassorosso.
«Abbiamo un’infermeria» replicò come se nulla fosse Elisabeth.
«Entrate in classe» ordinò una voce autoritaria, ma con un accento strano nella voce.
«Ma che bel sorriso professore!» esclamò Lily sorridendo a propria volta e suscitando una risatina generale.
«Molto divertente, stasera mi faranno male tutti i muscoli facciali» borbottò l’uomo. «Entrate».
Grifondoro e Tassorosso obbedirono ma continuarono a ridacchiare.
«Lo sa, che non fa male sorridere, professore?» gli chiese Alice.
Maximillian Williams, insegnante di Difesa contro le Arti Oscure e Direttore di Corvonero, si voltò verso di lei. Bisognava ammettere che quel sorriso apparisse inquietante, non estendendosi agli occhi. «Non è divertente».
«Dipende dai punti di vista» intervenne Elisabeth. «Perché non si è unito al coro dei suoi colleghi?».
«Merlino me ne scampi» borbottò l’uomo in risposta, appoggiandosi alla cattedra. «Buon per voi che vi siete divertiti, temo che la Preside lo farà presto con i colpevoli» soggiunse, lasciando cadere lo sguardo sulle Malandrine, sedute agli ultimi banchi.
«Perché guarda noi? Lo sa che non ci può accusare senza prove?» proruppe Elisabeth.
«Conosci il detto latino “Excusatio non petita, accusatio manifesta”?».
«Non conosco il latino» ribatté Elisabeth, suscitando varie risatine.
«Dieci punti in meno a Grifondoro».
«Perché non conosco il latino? Questo è davvero ingiusto! Nessuno conosce il latino qui dentro… o sì, a parte Ashton, ma lui è una specie a parte…».
«No, perché mi stai ripetutamente mancando di rispetto. Non sono tuo fratello».
Elisabeth fece una smorfia. «Mmm… Corvonero… secchione… presuntuoso… N’è sicuro?».
Lily tossì, Alice sospirò e Gabriella si coprì il volto con le mani: Elisabeth adorava rispondere ai professori e di solito veniva espulsa dalla classe.
Williams si avvicinò al loro banco, sempre con quel sorriso inquietante stampato in volto. «Se vuoi essere buttata fuori, con me non attacca».
Tutti tranne Williams, appunto.
«Professore, ma magari chi l’ha fatto non aveva cattive intenzioni». Chris Ashton attirò l’attenzione su di sé e il professore si allontanò dalle ragazze. Gabriella lanciò un’occhiataccia a Elisabeth, che la ignorò incurante.
«Christopher, sei stato tu per caso?».
Il ragazzino sbiancò e Lily quasi saltò dalla sedia. «Ma che dice, professore?» non riuscì a trattenersi, sebbene conoscesse abbastanza Williams da sapere che non se la sarebbe presa con il primo studente a caso.
«N-no, signore» mormorò Chris.
«E quali sarebbero state le intenzioni del colpevole, allora? Non era mettere in ridicolo i professori?» domandò Williams a Chris, ma contemporaneamente al resto della classe.
«Beh, quello sarebbe già un buon motivo» dichiarò Elisabeth, suscitando ulteriori risatine.
«Allora, Christopher?».
Il ragazzino boccheggiò evidentemente a disagio.
«Voi insegnanti dovreste sorridere più spesso, professore» intervenne Lily in aiuto del compagno. «Le lezioni, i compiti, lo studio, ecc. ecc., non è che siano leggeri… Se sorrideste di più, anziché entrare in classe con il muso lungo, come se foste più annoiati di noi, non sarebbe male…».
«Magari il colpevole avrebbe soltanto voluto vedervi sorridere, signore» aggiunse Alice.
«La lezione è un momento serio» borbottò Williams. «Non vorrete mica che mi metta a ridere e scherzare?».
«Non sarebbe male» bofonchiò Alice.
«Non intendiamo questo, professore» intervenne Gabriella parlando per la prima volta, tentando di superare la propria timidezza. «Un sorriso non sarebbe male per alleggerire la situazione».
«Infatti, io non ho parlato di barzellette» disse Lily stizzita per il modo in cui il professore aveva banalizzato le sue parole.
Williams si passò una mano tra i capelli.
«Professore, non mi dica che non ha mai pensato di un suo insegnante questo vecchio bacucco non potrebbe almeno sorridere?» chiese a bruciapelo Alice.
Il sorriso di Williams apparve più sincero e non più semplicemente un effetto collaterale della pozione. «Può darsi».
«Quindi ci dà ragione, signore?» ne approfittò Alice.
«Se tu avessi visto quanto è arrabbiata la professoressa McGranitt, non risponderesti mai sì» ribatté l’uomo. «Ma proverò a sorridere di più, basta che non mi rifiliate più un Elisir dell’Euforia in quel modo… ci mancherebbe solo che mi mettessi a cantare una canzone d’amore… Ah, e per la cronaca, Alice, non ho neanche quarant’anni: non sono un vecchio bacucco!». La classe rise. «Bene, fuori le bacchette e mettiamoci a lavoro».
Lily adorava le lezioni pratiche di Difesa contro le Arti Oscure, perciò non se lo fece ripetere due volte. «Adoro Williams» comunicò estasiata alle amiche alla fine della lezione.
Alice ricambiò il suo sorriso e annuì. «Peccato che non abbiamo lezione con i Serpeverde, avrei schiantato qualcuno volentieri».
«Uno a caso, di certo…» bofonchiò Gabriella con un pizzico di divertimento e rassegnazione nella voce.
«A parte il fatto che la lezione non era sugli schiantesimi» borbottò Lily. Alice fece spallucce.
Molto meno bene andò Pozioni, il professor Mcmillan era di carattere certamente meno accondiscendente e alla mano di Williams.
«Ho incontrato la professoressa De Mattheis poco fa ed era furiosa» confidò Chris a Lily mentre entravano in classe.
«Meno male che non seguiamo Aritmanzia».
Chris fece una smorfia. «Pomeriggio, ci distruggerà».
Lily gli sorrise.
«Vuoi bere la Pozione Polisucco e andare al posto suo?» le propose Elisabeth. Alice e Gabriella ridacchiarono.
«Potrei anche farlo» rispose seria Lily, ignorandole mentre ridevano.
«Sedetevi» sibilò il professor Mcmillan.
«Perché lui non sorride come Williams?» sussurrò Gabriella alle altre.
«Evidentemente gli effetti sono già finiti» rispose Alice.
«Di già? Ne hai messa poca Lily» sbuffò Elisabeth.
«Ho messo tutta la pozione. Non ne avevamo altra» si difese la ragazzina.
Ernie Mcmillan era un professore giusto, ma rigido e pomposo, perciò a differenza di Williams non cercò un approccio morbido, ma si limitò a guardarli male, soffermandosi particolarmente sulle Malandrine, come a dire so che siete state voi.
«Professore, perché non sorride? Dopotutto oggi è una bellissima giornata» disse Elisabeth. I compagni la fissarono come se fosse impazzita, specialmente i Corvonero con cui seguivano la lezione.
Lily, seduta accanto a lei, le tirò una gomitata. «Vuoi perdere altri punti?».
«Se hai voglia di ridere signorina Corner, puoi anche uscire dalla mia classe, ma ritengo che tu e le tue amiche abbiate già fatto abbastanza per oggi».
«Ci sta accusando di qualcosa, signore?» sibilò Elisabeth.
«Io sono certo che siate state voi e spero che la Preside ne trovi presto le prove».
Lily fece cenno a Elisabeth di non ribattere ulteriormente: i loro compagni non sarebbero stati felice, se avessero perso troppi punti nello stesso giorno.
«Oggi lavorerete sul Filtro Doxycida» disse il professor Mcmillan. «Iniziate. Non voglio sentirvi fiatare».
Le Malandrine si misero al lavoro, o almeno Lily, Alice e Gabriella. Elisabeth dovettero costringerla. Le prime due se la cavavano abbastanza bene in quella materia e, a turno, aiutarono, cercando di non farsi beccare, Gabriella e qualche altro Grifondoro in crisi. Elisabeth si limitò a pasticciare un po’.
«Corner, sai che se continui così non supererai l’anno?» le chiese a bruciapelo Mcmillan, irritato dalla sua costante mancanza d’impegno.
«Sono affari miei» rispose ella scrollando le spalle.
«Quindici punti in meno a Grifondoro» dichiarò il professore. Il suo atteggiamento non migliorò, anzi tese a peggiorare nel corso delle due, tanto da mettere in crisi persino Chris che di solito era bravo, ma non sopportava essere messo sotto pressione.
Lily, vedendolo avvilito alla fine della lezione, s’infuriò e imprecò.
«Te l’avevo detto io che si meritava che gli somministrassimo ben altra pozione» commentò Elisabeth.
Lily corse fuori dalla classe e raggiunse il compagno. «Ehi, mi dispiace, non era questo il nostro obiettivo».
«Lo so, tranquilla. Purtroppo, però, non tutti i professori sono pronti a mettersi in discussione. Credo che Mcmillan si sia sentito preso in giro, per questo ha reagito così» replicò Chris.
«Beh, ma allora non ha capito proprio nulla» sbuffò Lily. «Devo fare quattro chiacchiere con lui».
«Aspetta» disse rapidamente il ragazzino, trattenendola per un braccio. «Non è il caso. Lascia perdere. Non ne vale la pena, si è arrabbierebbe soltanto di più».
«Per me vale sempre la pena di combattere per qualcosa in cui si crede veramente».
«Voi. Finalmente vi ho trovato! Per Merlino, Elisabeth, che altro hai combinato stavolta? Non c’entrerai mica con la pagliacciata di stamattina?».
Un ragazzo alto, con la divisa di Corvonero e la spilla di Caposcuola appuntata al petto, le fissava dalle scale che conducevano alla Sala d’Ingresso. Elisabeth, Alice e Gabriella avevano seguito Lily mentre raggiungeva Chris e ora erano alle sue spalle.
«Levati, la tua vista mi provoca conati di vomito» sbottò Elisabeth facendo una faccia disgustata.
«Sono un Caposcuola! Cinque punti in meno per Grifondoro!».
Lily sospirò: avevano perso più punti per la lingua di Elisabeth che per lo scherzo compiuto ai danni dei professori.
«Scusa, Michael, dovremmo andare a pranzare» disse Alice, tentando un approccio cortese, sapendo per esperienza che il Caposcuola avrebbe continuato a togliere punti a Grifondoro.
Michael Corner scosse il capo. «La Preside vi vuole vedere, mi dispiace per voi ma il pranzo dovrà aspettare. Seguitemi». Non gli dispiaceva veramente. Alice e Lily gli lanciarono un’occhiataccia; Gabriella sospirò rassegnata alla loro sorte, mentre Elisabeth rivolse un gestaccio alle spalle del fratello.
«Da quant’è che la McGranitt non ci convoca?».
«Dalla fine dell’anno scorso, Eli. Vuoi far infuriare tuo fratello?» ribatté Lily.
«Sì» ghignò la ragazzina.
A un’occhiataccia del Caposcuola, decisero di rimanere in silenzio: se avessero voluto esprimere la propria opinione, Corner era di certo l’ultima persona che le avrebbe ascoltate.
Il Caposcuola le accompagnò fino al gargoyle della Presidenza, pronunciò la parola d’ordine e, prima di congedarsi, disse: «Vedete che vi aspetta, non pensate di fare le furbe».
Lily divenne paonazza e gli lanciò un’occhiata di sbieco: «Ci hai preso per Serpeverdi? Noi ci assumiamo le nostre responsabilità». Così, senza degnarlo più di uno sguardo, saltarono sul primo gradino e la scala a chiocciola cominciò a salire. «Gabri, se preferisci, ci assumiamo noi la colpa» mormorò Lily all’amica.
«No, ne abbiamo parlato. Grazie, ma siamo una squadra» sospirò ella. «Nel bene e nel male». Le altre le sorrisero incoraggianti.
Arrivate in cima, Lily bussò e, avuto il permesso, entrò per prima.
«Buongiorno, professoressa» disse tranquillamente e con voce forte e chiara.
Minerva McGranitt, ormai anziana e insegnante di lunga data, ne aveva visti di studenti, dai più studiosi e costumati ai più indisciplinati. Ce n’erano pochi, però, che ricordava quanto i famigerati Malandrini, James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus, e i gemelli Weasley. Ora, a distanza di più di vent’anni da questi ultimi, quelle quattro ragazzine di fronte a lei si sarebbero aggiunte ben presto a quella lista: Lily Potter era una ragazzina brillante, molto abile nelle attività pratiche e nella distillazione delle pozioni, ma era soprattutto una vera promessa del Quidditch; Alice, invece, aveva un carattere particolare, stava molto sulle sue e non metteva in mostra le proprie capacità, quasi come se non ne fosse consapevole: come Lily apprezzava le materie pratiche, ma era molto abile in Pozioni - questo le era stato comunicato dal professor Mcmillan, stizzito dal disinteresse che la ragazzina dimostrava per la Scuola; Gabriella Jefferson era una Nata Babbana, mite e tranquilla tanto che i suoi colleghi erano convinti che le altre fossero una cattiva influenza su di lei; infine ben altro discorso era Elisabeth Corner che per il primo anno e mezza della sua carriera scolastica era stata una studentessa modello, poi all’improvviso aveva deciso di cambiare totalmente e i professori avevano incolpato Alice e Lily, ma la McGranitt riteneva che nell’atteggiamento di Elisabeth vi fosse qualcosa di più serio e ben lontano dalla giocosità delle amiche. «Posso sapere che come vi siate permesse di mettere in ridicolo l’intero corpo docenti di Hogwarts?» chiese la Preside, le cui labbra formava un’unica linea, mettendo fine alle sue elucubrazioni.
«Di che ci sta accusando?» ribatté all’istante Elisabeth.
«Del fatto che, interrogati, gli elfi mi hanno chiaramente detto che quattro Grifondoro sono entrate in cucina questa mattina prima di colazione».
«E quindi?».
La donna si trattenne dallo sbuffare: quella ragazzina si divertiva a provocare! «Siete state voi a mettere l’Elisir dell’Euforia nel succo di zucca degli insegnanti».
«Lo dimostri».
Gabriella impallidì a quelle parole; mentre Alice e Lily le lanciarono un’occhiata di monito.
«Quindici punti in meno a Grifondoro!» sbottò la Preside. «Gli elfi mi hanno assicurato che, a parte voi, non è entrato nessun altro studente in cucina. Nessun altro avrebbe potuto mettere quella pozione nella bevanda».
«E lei pensa che la parola di un elfo valga più della nostra?».
«Essendo vincolati a me con la magia, mi devono obbedienza, quindi direi di sì» dichiarò la Preside. «Perché l’avete fatto? Avete mancato di rispetto all’intero corpo docenti!».
«Noi volevamo solo scherzare, non mancarvi di rispetto, professoressa» prese la parola Lily.
Elisabeth quasi sbuffò, mostrando quanto la cosa non la toccasse minimamente.
«Sì, infatti» intervenne Alice «Volevamo solo far sorridere i professori. Spesso sono più annoiati o infastiditi di noi e non sorridono neanche… ma noi siamo convinte che con un sorriso tutto sarebbe più semplice».
«Mi stai prendendo in giro?» proruppe sinceramente la McGranitt.
«No, professoressa. Sono serissima, vero, Gabri?».
La ragazzina impallidì ulteriormente, ma annuì lentamente con un cenno del capo. «Per esempio la professoressa De Mattheis… che è bravissima… non sorride mai, ma se lo facesse ogni tanto noi ragazzi saremmo più tranquilli e sicuramente avremmo risultati migliori…».
«Ci rimproverate che stiamo in classe senza alcuna voglia, costretti, come se ci stesse torturando… ma anche voi potreste provare a invogliarci di più… perché dovremmo essere noi a fare il primo passo, se siete voi i primi musoni…?» disse, invece, Elisabeth.
La McGranitt boccheggiò sorpresa per quel discorso inaspettato.
«Le intenzioni erano buone» ne approfittò Lily. «Certo, poi, abbiamo leggermente esagerato con le dosi perché non abbiamo saputo resistere, ma era solo per divertimento non per deridervi…».
Alice e Gabriella annuirono al suo fianco. L’espressione di Elisabeth, invece, non lasciava adito a dubbi sul fatto che ella l’avesse fatto principalmente per deridere gli adulti.
«Avete mai sentito l’espressione ‘La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni’?» domandò la Preside in un sospiro.
«Mi è stato detto parecchie volte» rispose sinceramente Lily.
«E io ero con lei di solito» soggiunse Alice.
Minerva McGranitt dovette trattenersi dal sorridere di fronte all’espressione delle due ragazzine: non c’era nulla di male in loro, se non l’esuberanza, che, ahimè, nel caso di Lily aveva una lunga ascendenza familiare. «Siete entrate nella dispensa personale del professor Mcmillan, avete rubato una pozione… mi lasci finire signorina Potter… siete entrate in cucina, il cui accesso è vietato agli studenti, infine, e non per importanza, avete messo quella pozione nel succo di zucca di noi insegnanti… Quali che fossero le vostre intenzioni, il vostro comportamento è stato deplorevole».
«Posso ora?» chiese Lily. La McGranitt la guardò male, ma assentì. «Non è che l’abbiamo rubata… Abbiamo solo fatto uso del materiale della Scuola…».
«Era la dispensa personale del professore!» ribatté la McGranitt.
«Sì, ma… insomma, non è come entrare in un negozio e rubare…» tentò Alice in aiuto dell’amica.
«È sempre e comunque un furto» replicò con fermezza la professoressa.
«Possiamo rifare la pozione» propose Lily.
«Sono sicura che il professor Mcmillan apprezzerà la proposta» assentì la Preside.
«Sì, come no…» borbottò Elisabeth.
La replica della Preside fu interrotta dall’arrivo di Neville Paciock.
«Ah, Neville, grazie di essere venuto. Ho già fatto due chiacchiere con le signorine».
Alice provò a sorridere al padre, ma non fu ricambiata.
«Per questa volta non prenderò provvedimenti severi, ma sappiate che, se si dovesse ripetere una situazione del genere, convocherò i vostri genitori e provvederò a sospendervi».
«Grazie» dissero in coro Alice e Lily, facendo per alzarsi.
«Non così in fretta» ribatté la McGranitt facendo loro segno di tornare a sedersi. «Toglierò cinquanta punti a Grifondoro. Ciascuno».
«Ciascuno? Ma sono tantissimi!» sbottò Lily. «Professoressa, non li recupereremo mai!».
«Oh, sì, basta che vi mettiate d’impegno» ribatté la donna. «E sconterete una settimana di punizione… Neville, a te il compito di sceglierla… ti consiglierei di metterti d’accordo con Ernie, visto che le ragazze sarebbero ben felici di rifare per lui l’Elisir dell’Euforia, che hanno consumato con la loro bravata».
«Come desidera professoressa».
 
*
 
 
«Io mi sarei dovuta allenare… Di questo passo Rose non mi prenderà mai in squadra» si lamentò per la millesima volta Alice.
«Smettila o ti riempio la bocca di fertilizzante di drago» sibilò in risposta Elisabeth, intenta a rimestare svogliatamente la terra in un vaso, buttandone una buona parte sul pavimento.
«Sai che mio padre ci farà ripulire la serra dopo? Smettila di sporcare di più».
«Non è giusto che Lily e Gabriella scontino la punizione con Mcmillan!».
«Gabriella avrebbe volentieri evitato, dovresti saperlo…».
«Appunto, i grandi fanno di tutto per andarci contro… Io e te preferiamo Pozioni e odiamo Erbologia, Gabri odia Pozioni e adora Erbologia… e loro come ci hanno divisi?».
«Già» sospirò Alice, fissando con angoscia la fila di piantine troppo cresciute, che avrebbero dovuto travasare. «Non finiremo più».
«Avete una settimana, ti ricordo» commentò Neville entrando tranquillamente nella serra e ignorando le occhiatacce delle due ragazzine.
«Perché non hai supervisionato tu la punizione di Gabri? E mandato noi a distillare pozioni?» si lamentò Alice con il padre.
«Perché non sarebbe stata una punizione, non per Gabriella comunque… né Lily né Gabriella stanno distillando pozioni. Il professor Mcmillan ha chiesto loro di preparare alcuni ingredienti… e, vi assicuro, che non è divertente…».
Alice gemette.
«Figuriamoci, non sa neanche che vuol dire divertente» borbottò Elisabeth in maniera fin troppo udibile. «E più che chiesto, gliel’avrà ordinato»
«Lavorate» replicò Neville.
 

Effettivamente nell’aula di Pozioni, Lily e Gabriella non se la passavano per nulla meglio. La seconda era veramente disperata mentre puliva i rospi cornuti, Lily, invece, lanciava continue occhiate al professore.
«Avete mai sentito il detto ‘ride bene, chi ride per ultimo’?».
Mcmillan andava avanti e indietro e le osservava come se dovessero compiere qualcosa di sbagliato da un momento all’altro.
«Mi chiedo perché un ex Tassorosso debba essere così duro per un semplice scherzo». Le parole lasciarono la bocca di Lily prima che se ne rendesse conto.
Il professore si accigliò. «Potter, ti sembra il modo di parlare a un insegnante?».
«No, signore» ribatté Lily all’istante. «Ma stiamo già pagando per quello che abbiamo fatto e non è giusto che lei infierisca».
«E poi le nostre intenzioni non erano cattive» mormorò Gabriella, chiedendosi quante volte avessero pronunciato quella frase quel giorno. Quando si azzuffavano con i Serpeverde, i professori non la facevano tanto lunga.
«Ma Elisabeth ha ragione, a lei non basterebbe neanche una dose doppia di Elisir dell’Euforia per fare un semplice sorriso, professore» soggiunse Lily, ma se ne pentì immediatamente notando l’espressione balenata sul volto dell’insegnante. Aveva esagerato.
«Questa poi» borbottò Mcmillan. «Ce l’avete con me perché non sorrido?».
«Perché è sempre serio e rigido» specificò Lily ormai che c’era.
«Io faccio il mio dovere» ribatté Mcmillan. «E cerco di essere sempre corretto nel mio giudizio e di rispettarvi».
«A parte poco fa» gli fece notare Lily.
Mcmillan sospirò e annuì. «Vi chiedo scusa, non avrei dovuto dire quella frase. Questa non è una vendetta».
«Scuse accettate» sorrise Lily.
«E non volevamo mettere in dubbio la sua correttezza, professore, ma solo dire che se sorridesse e fosse meno rigido… beh… avremmomenopaura…».
«Non ho sentito le ultime parole» disse perplesso il professore. Anche Lily fissò interrogativa Gabriella.
«Avremmo meno paura di lei» scandì bene questa volta Gabriella, ma arrossendo.
Mcmillan rimase senza parole e gli fece cenno di continuare. Solo quando diede loro il permesso di tornare in Dormitorio, disse: «Non era mia intenzione suscitare timore».
Lily e Gabriella sorrisero.
 

In Sala Comune le attendevano Alice ed Elisabeth, tutte sporche di terra, persino tra i capelli.
«Perché non siete salite in camera a farvi una doccia?» chiese Lily, arricciando il naso all’odore del fertilizzante di drago.
«Dico ma vi siete viste le unghie?».
Lily si osservò automaticamente le mani. «Mcmillan ci ha fatto pulire rospi cornuti» sospirò, buttandosi sul divano e tentando di pulirsi le unghie.
«Esiste un incantesimo» le comunicò Alice, sporgendosi verso di lei e mostrandoglielo.
«Grazie» sospirarono in coro Lily e Gabriella.
«Comunque, vi aspettavamo» disse Elisabeth. «È stata una giornata infinita».
«E abbiamo ancora sei giorni di punizione da scontare» mormorò Lily.
«Comunque tuo padre è stonato» disse Elisabeth.
«Volevo vedere il tuo» ribatté Alice a tono.
Lily e Gabriella ridacchiarono.  «Ma insomma non è che fossero un gran trio».
Finirono per ridere tutt’e quattro.
«Elisir dell’Euforia» ridacchiò Alice. «Ma come diavolo c’è passato per la testa?».
«E domani che faremo?» domandò Elisabeth. «È un po’ che non facciamo uno scherzo a mio fratello».
«Sicura? A me pare che l’ultima volta che sia stata l’altro ieri» replicò Alice pensierosa.
«Appunto. È tantissimo!».
Risero nuovamente alle quelle parole.
«Andiamo a dormire, vi prego» disse Alice, quando, finalmente, si calmarono. Erano tutte d’accordo naturalmente.
«Aspettate, avete cancellato la Mappa?» chiese Gabriella.
Lily la tirò fuori dalla tasca della divisa e vi puntò sopra la bacchetta. «Fatto il misfatto!».
«Per oggi» replicarono in coro le altre, suscitando nuove risatine.
   
 
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