Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: L o t t i e    21/04/2019    1 recensioni
𝟷.┊Guardò l'orologio da polso, segnava le sette e mezzo di sera.
𝟸.┊Il silenzio che seguì era assordante, peggiore di qualsiasi grido o frastuono.
𝟹.┊L'atmosfera era tesa.
𝟺.┊Quasi le dieci di sera. […] Per il momento avrebbero aspettato.

[tw: self-harm (ch 2)]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A








Looking Forward




We're all living in the same universe
Where the stars collide as the planets turn
But I'll give my love, I don't care if it hurts
'Cause I'll love you til the end

If we're torn apart, then I won't let go
'Cause wherever we are, it feels like home
MARINA, End of the Earth





Quasi le dieci di sera.
Michelangelo aveva impiegato più del previsto ad arrivare all'appartamento: era come l'avevano lasciato, congelato nel tempo. L'unico spazio in cui si sentiva al sicuro in quel momento. Entrò e gettò le chiavi sul mobiletto all'ingresso - quelle di Lucifero mancavano, notò. Avanzò velocemente di qualche passo, fuggendo dal riflesso dello specchio verticale, disgustato. Sbagliato. Cosa avevano sbagliato, i suoi genitori?
Schiuse le labbra, esitò, non aveva senso chiamare Lucifero, era evidente che fosse davvero andato via. Nessuna chiamata sul cellulare. Niente di niente.
La solitudine fece tremare le pareti, il corridoio sembrava asfissiarlo mentre si dirigeva nella loro camera da letto. Venne inondato dal profumo della sua colonia, quella che doveva essersi messo mentre si preparava per uscire. Sedette sul letto con uno sbuffo prima di rannicchiarsi con tutti i vestiti e le scarpe, il materasso sembrava più scomodo del solito, ma in qualche modo rassicurante. Spense le luci, rimanendo in compagnia di quelle giallognole dei lampioni che filtravano dalla finestra.
Lo schermo del cellulare gli illuminò il viso. Solo adesso si rendeva conto di quanto era stato arido nei confronti del suo ragazzo, mentre leggeva in rubrica il suo nome, la tentazione di chiamargli: non un nomignolo, nessun cuore a renderlo più intimo, più… suo. Perché sarebbe stato strano avere un cuore vicino al nome di un ragazzo.
Sospirò e chiuse gli occhi, spossato. Gettò l'apparecchio sul comodino: non voleva più pensarci, non voleva pensare a niente.
Li riaprì al suono della prima sveglia: le cinque e mezza del mattino; sentiva gli occhi gonfi, aridi come una prugna, sicuramente arrossati. Si voltò, osservando inespressivo l'altro lato del letto: Lucifero non era lì vicino a lui e questa consapevolezza lo uccideva, la sua mancanza lo uccideva.
Michelangelo avrebbe dovuto alzarsi, lavarsi, andare in accademia. Si preparava ogni mattina allo stesso modo, era un processo automatico ormai, allora perché non riusciva a muoversi?


*


«Sicuro di voler andare via? Sai che puoi restare quanto vuoi, non devi farti problemi.»
Eva era sulla soglia di casa, stretta in una vestaglia di flanella, la luce del sole ancora tenue. Lo guardò un po’ apprensiva.
«Tranquilla», Lucifero le sorrise appena, come una piccola fiamma che faticava a rimanere accesa. Aveva rifiutato l'invito di dormire insieme a lei nel letto preferendo il divano, seppur più scomodo. «Grazie per tutto.»
«Luci.»
«Mh?»
«Se posso darti un consiglio», esitò, portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sembravano più biondi a contatto con i primi raggi del sole. «non fare vedere i tagli al tuo ragazzo, potrebbe sentirsi in colpa. Va bene?»
«Non l'avrei fatto a prescindere.»
Silenzio.
«Guida con prudenza e non fare cazzate, le cose si aggiusteranno.»

Quando fu di fronte alla porta del loro appartamento, Lucifero non sapeva ancora se Michelangelo fosse in casa o meno: sapeva solo che sarebbe dovuto essere in accademia a quell'ora, ma non aveva nulla a dargli quella sicurezza. Neanche un'auto, perché Michelangelo non aveva la patente. Quindi dopo svariati minuti di osservare la serratura, indeciso se inserire la chiave o meno, aprì piano la porta nel modo più silenzioso che riuscì e se la richiuse alle spalle con altrettanta delicatezza.
Stette così, immobile, per qualche secondo stringendo le chiavi. Fin quando sentì chiamarsi e sussultò.
«Lucifero..?»
Vide Michele affacciarsi dalla cucina e letteralmente corrergli incontro per abbracciarlo in modo tanto ferreo da fargli perdere il respiro. Il braccio fasciato sotto la manica del giubbotto in pelle bruciava, schiacciato contro il suo torace.
Il biondo non sembrava intenzionato a lasciarlo, o a parlare, e lui non sapeva esattamente da dove iniziare perché troppe parole, tutte annodate tra loro, gli stavano affollando la testa.
«Ti amo. Non voglio perderti.»
Michelangelo sussurrò quelle parole tra i suoi ricci e l'ultimo briciolo d'aria che gli era rimasto nei polmoni si disperse, probabilmente gli era salita in testa, lo inebriò. Lucifero si morse le labbra: non voleva sciogliersi subito, ma le lacrime erano già agli angoli degli occhi pronte a tradirlo.
«Dove sei stato? Questa mattina ho provato a chiamarti, ma-»
«Ah», disse monotono. «Il mio cellulare…», non lo sentiva in nessuna tasca.
«L'hai lasciato qua. Poi ho chiamato Liv, ma non sapeva dov'eri. Ha perfino chiesto a tuo padre.»
«Hai… Hai chiamato mia madre?», sussurrò sorpreso. Cavolo, ci mancava poco che contattasse l'FBI. «Ero… Dovevo prendere una boccata d'aria. Scusa.» Era consapevole di quanto suonasse ridicolo, una boccata d'aria che durava un intera notte, eppure Michelangelo non fece questioni, rimase in silenzio. Lucifero pensò distrattamente che adesso avrebbe anche dovuto chiamare sua madre e rassicurarla. Suo padre… a lui probabilmente neanche importava. «Scusa per tutto, ti ho parlato in modo orribile.»
«Mh… È tutto okay. Mi sei mancato.»
«Anche tu. Puoi lasciarmi adesso?» Michele scosse piano il viso. «Va bene», sospirò l'altro. «Com'è andata la cena?», s'azzardò quindi a chiedere.
Passarono secondi interminabili di silenzio, riusciva a sentire il cuore gli pulsargli nelle orecchie. Era insopportabile, lo stava ignorando? Allora Lucifero tentò di divincolarsi, alzò lo sguardo e se prima avvertiva i battiti del cuore martellargli nei timpani in quel esatto momento, per un piccolo fatale istante, smise di colpo, fece una capriola. «A-Angelo…»
«È andata…», iniziò Michelangelo con voce malferma. Inspirò tentando di racimolare una qualche stabilità prima di scoppiare in lacrime. Non riusciva neanche a parlare, ogni volta che cercava di aprir bocca le parole gli morivano in gola, affogate nei singhiozzi. Si coprì il viso e Lucifero cercò di farsi strada tra quel muro di dita, gli prese il volto tra le mani, tentò di afferrare lo sguardo celeste in tutte quelle lacrime. Sentì il cuore spezzarsi, a vedere il suo ragazzo tanto devastato. Gli posò un bacio leggero e timido sulle labbra e lo abbracciò nuovamente: non sapeva cos'altro fare, o dire.
Una volta che l'altro fu più tranquillo riuscì a chiedergli cosa era successo.
Si spostarono in cucina e mentre Michele parlava i fazzoletti s'impilavano sulla tavola, uno alla volta, perché le lacrime continuavano a scivolare senza permesso sul suo viso. «Sei arrabbiato», notò Michelangelo alla fine. Lo capì dal silenzio dell'altro che non si era pronunciato neanche una volta, aveva notato la rabbia crescere e fiorire rigorosa in Lucifero mentre stringeva le labbra in una linea dura e serrava la mandibola.
«Ma va? Posso non esserlo? Nessuno merita un trattamento del genere, cazzo, neanche avessi la peste. Ma vaffanculo. 'Sti omofobi di m-»
«Lucifero!»
«Cosa?!»
«Sono sempre mia madre e mio padre, calmati. Sapevo che sarebbe andata così, per questo cercavo di evitarlo il più possibile. Solo...», sospirò massaggiandosi le tempie, gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate. «Adesso non so cosa fare.»
«Credo che per il momento sia meglio aspettare. Se sono intelligenti capiranno e tenteranno di avvicinarsi.»
Michelangelo lo osservò incredulo, quelle parole erano inaspettatamente... giuste. Annuì, poi cercò la mano dell'altro, per qualche motivo sentiva di aver bisogno di un contatto fisico, quando la trovo la strinse.
Per il momento avrebbero aspettato.




  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: L o t t i e