Videogiochi > Uncharted
Ricorda la storia  |      
Autore: Bolty    21/04/2019    1 recensioni
Storia incentrata su Elena Fisher, personaggio di cui non sappiamo quasi niente sul suo retroscena personale. Piccola storia headcanon. Contiene piccolissimo spoiler sul finale di Uncharted 4.
"Prendere sonno era impossibile. Tra i vari modi e tentativi che fece per addormentarsi, ci fu una promessa che si fece in quella notte: da quel giorno in poi, non avrebbe più cantato."
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Fisher, Nathan Drake, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Fin da quando aveva memoria, Elena amava la musica. Per i suoi sette anni, i suoi genitori le regalarono una pianola. Sua madre, che ere un'insegnante di musica, le insegnò le basi della materia, per affinare le doti canori e pratiche. E ad Elena non dispiaceva, anzi, le piaceva molto. Lo faceva sia per sé stessa, sia per i suoi genitori, che erano chiaramente fieri di lei.

Se la cavava bene con il canto, forse decisamente meno con il suonare. E se ne rendeva conto. Aveva sempre preferito cantare al suonare uno strumento. Mentre suonava, invece di usare il metronomo, lei teneva il tempo canticchiando la melodia. Le note erano più facili da captare solo quando cantava tra sé e sé. Era anche più divertente e ci trovava più divertimento e sfida. Dopotutto, lei era una che non si tirava indietro molto facilmente: adorava le sfide.
Sotto richiesta dei suoi genitori, Elena si esibì perfino a qualche gara, anche di livello nazionale. Solo poche volte arrivò prima, ma a lei importava fino a un certo punto. Non era una persona esibizionista, con tutto che amava mettersi in gioco e aveva volentieri dimostrato le sue abilità musicali. Ma in cuor suo, sentiva che quel mondo e modo di fare non facevano pienamente per lei. Con tutto che amava la musica, lei aveva fatto quelle esibizioni soprattutto per i suoi genitori, perché sapeva che non c’era modo migliore di dimostrare loro quanto gli voleva bene.

Suo padre, allora le disse: “Sei già abbastanza grande per fare le tue scelte. D'ora in poi, ti lasceremo scegliere a te, se avrai voglia di suonare o cantare in queste occasioni. Ma sappi, che noi saremo qui, ad ascoltarti.”

“Tu hai un dono», gli disse sua madre «e noi vogliamo che non venga sprecato.”
Quelle parole si rivelarono vere. Infatti, col passare degli anni, Elena non partecipò più a competizioni. Non suonava nemmeno più, ma si dedicava solo al canto. Ogni tanto gli capitava di cantare per i suoi genitori, per qualche compleanno o semplicemente perché le piaceva farlo. E a lei andava bene così. Era tutto quello che importava.  
 

________________________  
 

Elena non era mai stata una persona particolarmente religiosa. I suoi genitori erano cattolici, ma lei non era stata una grande praticante, ciò nonostante credeva in Dio. Fino a quel giorno particolare. Elena aveva ventun anni quando i suoi genitori furono coinvolti in un incidente stradale, che si rivelò mortale per entrambi. Incolpò Dio, di come avesse permesso una cosa del genere. Di come non avesse pensato che a parte loro, lei non aveva nessuno. Anzi, cominciò persino a dubitare dell'esistenza di Dio. Tuttavia, se i suoi genitori erano credenti, allora avrebbe dovuto esserci un posto come il Paradiso, dove sarebbero stati in pace e sarebbero stati meglio.
Era in un vortice di emozioni che andavano dalla tristezza, alla rabbia e al terrore. Quello fu uno dei periodi più bui della sua vita.
Quando venne il giorno del funerale, il prete le chiese cosa voleva fare per la cerimonia.

“Canterò.” aveva detto.

Erano anni che non si esibiva davanti un pubblico. Il tanto suggerito desiderio dei genitori, si era in un certo verso esaudito. Certo, non si trattava di cantare per diletto, come faceva di solito a casa. Doveva cantare davanti una folla di persone venute per i suoi genitori. E questo avrebbe fatto. Avrebbe cantato per loro. Ma solo per loro. Dopotutto, era la cosa che più amavano di lei ed andavano fieri per questo. Quale modo migliore per onorare la loro memoria?
Quando il prete fini il sermone, lei cantò un'unica canzone, l’unica che le venne in mente quel momento: "Hallelujah" di Leonard Cohen.
 
I'd heard there was a secret chord
That David played and it pleased the Lord
But you don't really care for music, do you?
Well, it goes like this
The fourth, the fifth, the minor fall, the major lift
The baffled king composing, Hallelujah…
 
E continuò fino alla fine. Cantò guardando un punto indefinito della chiesa, senza guardare nessuno negli occhi. Provò a essere il più naturale possibile, ma non ci riuscì a lungo, perché le lacrime le incominciarono a scorrere senza sosta sul volto. Non riuscì nemmeno a smettere di piangere quella notte. Prendere sonno era impossibile. Tra i vari modi e tentativi che fece per addormentarsi, ci fu una promessa che si fece in quella notte: da quel giorno in poi, non avrebbe più cantato.  
 

________________________  
 

Quattordici anni passano in fretta. In quel lasso di tempo, la vita di Elena era decisamente cambiata. In quegli anni, ne erano successe di tutti i colori, soprattutto negli anni recenti: tutte quelle avventure mortali a cui aveva preso parte. Ci era capitata dentro senza neanche chiederlo. Per un motivo o per un altro c’era bisogno di lei, e lei si era sempre fatta avanti, senza pensarci due volte. Si era anche divertita sotto un certo aspetto, anche se aveva rischiato diverse volte di lasciarci seriamente la pelle. Era diventata più cauta e meno avventata, certo, ma la sua vena avventuristica non si era mai spenta. Adorava scoprire ed esplorare, per sapere cose che lei ancora non sapeva.

Aveva dimostrato di cosa era capace, ed aveva imparato tanto, sia dagli altri ma anche da sé stessa. Aveva mostrato la parte migliore di sé. Aveva incontrato persone senza scrupoli, ma anche persone che si erano dimostrati meritevoli del suo sincero affetto.
Aveva un lavoro, una sua casa, ed era persino sposata. L’incontro con Nathan 'Nate' Drake le aveva cambiato la vita in meglio, nonostante gli alti e i bassi della coppia, lei amava davvero quell’uomo, cosi come lui amava lei. Ed era con quell’uomo che si era formata, la sua, di famiglia.
   
 

________________________  
 

Era notte fonda. Nella stanza risuonò un leggero gorgoglio, che presto che si trasformò presto in un lamento agitato. Solo una persona poteva fare quei suoni: una piccola bambina di appena tre mesi.
“Vuoi che vada io?” disse Elena con una voce impastata.
“No, faccio io.” rispose Nate alzandosi goffamente dal letto.
Con gli occhi aperti, ma ancora non pienamente sveglia, Elena osservò la sagoma del marito che dal loro letto si avvicinò alla culla messa lì difronte.
“Ehi, pulcino. Perché non lasci dormire mamma e papà? Hmm?” sussurrò leggermente Nate alla bambina, mentre la prendeva in braccio e cominciava a cullarla lentamente.
Elena non poté fare a meno di guardarli. Adorava quelle scene. Le davano un senso di amore e sicurezza. Nate era sempre stato… beh, Nate. Spaccone, curioso e perspicace. Ma quando era con Cassie, tirava fuori questo suo lato dolce, che non lasciava spesso trasparire. In quelle poche occasioni che l’aveva fatto, era stato solo con lei.
«Credi che abbia fame?” le disse Nate mentre continuava a tenere la piccola in braccio.
“Non credo. Questo non è un lamento da bambina affamata.” rispose Elena sollevandosi leggermente a sedere sul letto.
“Che abbia dolore? Forse uno di quei calmanti che abbiamo preso l’altro giorno, potrebbero fare effetto?” replicò l'uomo, guardando la moglie.
“Tentar non nuoce. Dalla a me, tu vai in cucina, e fai quel che devi.” disse Elena avvicinandosi al marito, per prendere la bambina in braccio.
“Sei tu il capo.” gli replicò di tutta risposta Nate accennando un sorriso “Cercherò di essere il più veloce possibile.”
Detto ciò, usci dalla camera da letto, per scendere le scale e dirigersi in cucina al piano di sotto.

Nella piccola stanza, rimase solo Elena con la piccola Cassie tra le braccia. Continuava a cullarla, ma la bambina non accennava a smettere.
“Andiamo, tesoro” disse in un sussurro Elena, mentre si mise a sedere sul bordo letto. Da quando era diventata mamma, Elena aveva scoperto un lato dolce e materno di cui non era mai stata pienamente consapevole di avere. Di solito, capiva subito che problemi avesse la bambina, da come piangeva o come si agitava; ma in quel preciso momento, non riusciva a capirci niente.
La teneva tra le braccia, con la piccola testa appoggiata al suo petto, ma lei ancora si lamentava.
“Sei davvero una piccola testa dura, come il tuo papà” cominciò a dire, sempre in un leggero sussurro «ma sei comunque l’amore della mia vita
A quelle parole, il leggero sorriso che Elena aveva, si trasformò in qualcos’altro. Un pensiero le passò per la testa. E se...?
 
Love of my life, you've hurt me
You've broken my heart and now you leave me
Love of my life, can't you see?
Bring it back, bring it back
Don't take it away from me, because you don't know
What it means to me
 
Improvvisamente, i lamenti di Cassie si interruppero per un paio di secondi. La bambina la stava ascoltando. A quella reazione, Elena continuò.
 
Love of my life, don't leave me
You've stolen my love, you now desert me
Love of my life, can't you see?
Bring it back, bring it back
Don't take it away from me
Because you don't know
What it means to me
 
Elena cominciò a canticchiare a bocca chiusa, le note strumentali della canzone. I lamenti ripresero, anche se in modo più moderato, fino a calare lentamente. Continuò.
 
You will remember
When this is blown over
Everything's all by the way
When I grow older
I will be there at your side to remind you
How I still love you
I still love you
 
La bambina, con le sue piccole braccia, cercò di sollevarle, per cercare la fonte di quel suono meraviglioso. A Elena gli si strinse il cuore e sorrise. Sollevò leggermente la bambina per portarla più vicino al suo viso.
 
Oh, hurry back, hurry back
Don't take it away from me
Because you don't know what it means to me
Love of my life
Love of my life
 
Ormai dei piccoli singhiozzi avevano preso il posto dei lamenti. Cassie si era rasserenata, ed era più addormentata che sveglia. Con la mano libera, Elena le passò alcune dita tra i capelli biondi e sul piccolo viso paffuto.
Gli occhi di Elena si riempirono di lacrime. Era incredibile come un gesto semplice come cantare avesse funzionato senza problemi su una bambina così piccola. Si era ripromessa di non cantare più, eppure in quel momento, gli era sembrato la cosa più naturale del mondo. I ricordi dei suoi genitori le tornarono alla mente. E questo non le impedì di singhiozzare appena.

“’lena?”
Quel richiamo la fece sussultare. Vide la figura di Nate sulla soglia della porta.
Questo non se l’aspettava. Continuava a piangere, ma non fece nulla per nasconderlo.
“Ehi…” replicò lei in un sussurro “Da quanto sei lì?”
“Da abbastanza per aver sentito.” rispose Nate mentre si sedeva al bordo letto, accanto alla moglie. È stato bellissimo.”
“Non avresti dovuto sentire.” disse Elena mentre cominciava stropicciarsi la faccia, nel tentativo di asciugarsi le lacrime.
“E perché no? Questa è stata la cosa più tenera e dolce- “
“Smettila…” disse in una piccola risata smorzata, cercando di nascondere il suo imbarazzo mentre lo guardava negli occhi.
“No, davvero.» replicò il marito con un tono interrogatorio «Ma perché non l’hai mai fatto prima?”
“Non ne abbiamo mai parlato. Non abbiamo mai parlato di molte cose.”
“Allora dovremmo...? Sempre se vuoi e se te la senti.”

Elena sospirò. Ormai era stanca di continuare a evitare quell’argomento. I fantasmi del suo passato l’avevano accompagnata abbastanza. Quale momento migliore per dire tutto? Guardò Cassie, che ormai si era addormentata beata tra le sue braccia, poi guardò Nate che la guardava con pazienza.
“Beh, saprai che i miei genitori sono morti, quando ero ragazza.”
“Si. Incidente, giusto?”
Elena annuii leggermente con la testa. Erano passati più di dieci anni, ma ancora faceva male parlarne.
“Da quando ero bambina, non facevo altro che cantare. A me piaceva farlo, ma lo facevo soprattutto per loro. Non mi chiedevano molto, e questo era un’occasione di dimostrargli quanto mi importasse di loro.”
Nate continuava a guardarla intensamente, annuendo con la testa, e, lentamente si mise più vicino alla moglie.
“Quando morirono, io cantai al loro funerale. Sai, per loro, no? Pensai fosse il modo migliore di ricordarli. Ed è per questo che mi ripromisi di non cantare più. Perché ogni volta che pensavo al canto, pensavo a loro e io- “ Elena non riuscii a finire la frase che riprese a singhiozzare.
“Oh, tesoro.» disse Nate mentre si avvicinava, cingendola con un braccio vicino a sé. Rimasero, cosi, abbracciati, per un tempo che sembrò infinito.
“Non devi giustificarti. Non lo fai più perché sai che fa troppo male.” gli disse Nate dopo un lungo silenzio, mentre poggiava la sua testa contro quella della moglie.
Elena rimase in silenzio. Aveva ragione e lei lo sapeva.
“Ma sai una cosa? Quando tengo lei” replicò Elena mentre guardava meglio quella piccola bambina che teneva ancora tra le braccia “Tutto va meglio. Nulla fa più male come prima.”
Le lacrime continuavano a scendere, ma erano lacrime sia di tristezza, sia di felicità e amore.
“Ma dimmi.” disse Nate cercando con lo sguardo la moglie. “Cantare, a te, rende felice?”
“No.”
Si guardarono negli occhi. Nate restò un po' interdetto da quella risposa. Poi Elena aggiunse.
“No. Non mi rende più felice come prima. Ma c’è qualcosa che ora è ancora meglio del canto: il solo tocco della nostra bambina e la tua presenza, mi rendono la persona più felice e orgogliosa, perché so di avere due persone splendide, accanto a me.”
 
 
 
________________________
 
 
*SpazioAutrice*
Dopo anni che sono su EFP, sono tornata! Questa fic la dedico ad Uncharted, probabilmente una delle saghe videoludiche più belle a cui abbia avuto il piacere di giocare. Non per questo, è la mia preferita. Ho voluto incentrare la storia sul personaggio di Elena, poiché nella serie non viene mai rivelato nulla sul suo passato. Perciò ho deciso di dargliene uno io, anche se un pò triste. Ho voluto infilarci Nathan anche perché, senza loro, la saga perderebbe parecchi colpi. Ho anche aggiunto il nuovo personaggio che compare alla fine del quarto capitolo, if you know what I mean ;)
Detto ciò, ritengo che sia venuta tenera... forse troppo per me. Spero vi piaccia e ditemi cosa ne pensate!
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Uncharted / Vai alla pagina dell'autore: Bolty