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Autore: EmsEms    27/04/2019    0 recensioni
[Golden Kamui]
"Forse Tsukishima non si rendeva conto di quanto stesse già facendo per lui, di come fosse diventato l’unico angolo di pace in un mondo caotico e spietato." [TsuruTsuki]
Tanti auguri Fede!!
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chi aveva avuto il piacere di incontrare il Tenente Tsurumi poteva raccontare due storie ben diverse sul suo conto. Per alcuni Tsurumi era un capo carismatico, un uomo capace di grandi cose, un profeta che aveva portato speranza laddove non ve n’era più traccia. Un uomo, insomma, che sarebbe passato alla Storia. Per altri invece Tsurumi era un abile manipolatore, un folle senza scrupoli che aveva ingannato i suoi soldati con la promessa di un migliore avvenire, ma che era segretamente pronto a sacrificarli al dio della guerra qualora ve ne fosse stato bisogno.

 

Per il Sergente Tsukishima non era niente di tutto questo. Per lui Tsurumi era un incurabile morfinomane.

 

“Signore” esclamò Tsukishima, schiarendosi la voce e scattando sull'attenti in modo che lo schiocco dei tacchi dei suoi stivali potesse svegliare il Tenente, il quale, testa china sulla scrivania, era sprofondato in un sonno inquieto.

 

Tsurumi aprì un occhio a fatica e biascicò qualcosa di incomprensibile mentre Tsukishima si frugava nella tasca della giacca in cerca di un fazzoletto.

 

“Quando sei arrivato?” domandò Tsurumi, accettando di buon grado il fazzoletto per asciugare il liquido perlaceo che gli era colato su una guancia. Tsukishima osservò che aveva una pessima cera, ma si guardò bene dal farglielo notare. Negli ultimi tempi la situazione era drammaticamente precipitata: da due fiale al giorno, Tsurumi era passato a sei.

 

“Poco fa, signore” mentì Tsukishima, osservando con una punta di preoccupazione il colorito pallido che aveva assunto il viso del suo superiore.

 

“Quantifica ‘poco fa’, sergente” sospirò Tsurumi, restituendogli il fazzoletto.

 

“Un quarto d’ora fa, signore” ammise Tsukishima, riluttante.

 

Tsurumi si accasciò contro lo schienale della sedia e si premette le dita sulle palpebre sottilissime di due occhi che erano ormai così incavati nelle diramazioni della cicatrice, da fargli assumere un aspetto ancora più spettrale.

 

“Signore, se posso permettermi un consiglio….”

 

“Puoi permetterti tutto, Tsukishima” rispose Tsurumi, senza muoversi da quella che l’osservatore poco attento avrebbe definito una posizione di profonda meditazione, ma che Tsukishima conosceva come il silenzioso lamento del ‘mi-sta-esplodendo-la-testa’.

 

“Dovrebbe ridurre la dose di morfina, signore” azzardò il sergente, appallottolando il fazzoletto ed infilandolo in tasca.

 

“Vieni qua” sbuffò Tsurumi, il tutto senza accennare a voler aprire gli occhi.

 

Tsukishima lanciò un breve sguardo alla porta, prima di fare il giro della scrivania e spostare un paio di fogli per fare posto sul bordo del tavolo, esattamente davanti alla sedia di Tsurumi.

 

“I dottori dicono che dovrei raddoppiare la dose” commentò il tenente, afferrando Tsukishima per la vita e tirandolo a sé.

 

“I dottori sbagliano” sibilò il sergente, affondando le dita nei capelli del suo capo e lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo. Era da quella mattina che aspettava il momento in cui avrebbe potuto toccare liberamente Tsurumi, e la giornata gli era sembrata prolungarsi per un secolo.

 

“Mi hai lasciato dormire fino a mezzogiorno” protestò il tenente, strofinando il naso contro la giacca di Tsukishima finché un bottone della divisa non saltò fuori dalla sua asola.

 

“Si è addormentato all’alba, signore. Ho pensato che fosse meglio lasciarla riposare.”

 

All’equipaggiamento impiegato per lo scavo archeologico in corso all’altezza dello stomaco di Tsukishima si aggiunse l’indice, strumento che Tsurumi ritenne decisamente più adeguato per proseguire con lo sbottonamento della giacca.

 

“Mi sono svegliato e non c’eri” lo rimproverò il tenente, inspirando a fondo l’odore di legna bruciata di cui era rimasta impregnata la camicia di Tsukishima e ricordandosi della serata passata a scambiarsi baci davanti al fuoco.

 

“Dovevo tornare nel mio futon prima della sveglia, signore, o avremmo destato sospetti.”

 

Tsurumi rise, una risata stanca che tuttavia rimbombò con l’intensità del fischio di un treno nella sua dolorante scatola cranica. L’idea che Tsukishima volesse salvare le apparenze quando tutti ormai sapevano della loro relazione lo divertiva oltremodo.

 

“Oh, sarebbe proprio uno scandalo se qualcuno scoprisse che questo…” - cominciò Tsurumi, prima di lasciar momentaneamente cadere il discorso per afferrare una bella manciata di culo - “è mio”.

 

Tsukishima arrossì lievemente, ma non spostò le mani del tenente dal suo fondoschiena. Le parole che si erano sussurrati in punta di labbra la sera prima erano ancora fresche nella sua memoria, e sotto la divisa i lividi che avevano lasciato i denti di Tsurumi iniziarono a dialogare con un’area del cervello di Tsukishima che, sebbene minuscola in confronto al resto, non aveva assolutamente nulla di razionale.

 

“Dovrebbe cominciare a delegare qualcuno, signore. Un segretario. Qualcuno che si possa occupare dei rapporti. Vederla così oberata di lavoro mi… mi preoccupa” ammise Tsukishima, tirando leggermente le ciocche castane di Tsurumi per invitarlo ad alzare lo sguardo.

 

“Lo sai che non posso. Voglio mantenere contatti diretti con tutti i miei uomini.”

 

“Ma si sta già occupando del piano dell’oro ainu. Se continua così i mal di testa peggioreranno” osservò Tsukishima, sussultando leggermente quando Tsurumi, che nel frattempo era riuscito a farsi strada fra i lembi della sua camicia, posò un bacio sul suo petto.

 

“Oh, Tsukishima, vorrei tanto accettare la tua offerta, ma significherebbe privare i miei uomini della tua presenza quando hanno bisogno di te. Sarebbe crudele da parte mia rinchiuderti in un ufficio ad analizzare carte. Quello è compito mio.”

 

Tsukishima aveva perso un sacco di battaglie nella vita, molte delle quali lo avevano lasciato se non addolorato, profondamente amareggiato, ma perdere contro Tsurumi era quasi naturale. Il tenente era convinto che mostrare disponibilità verso tutti i suoi soldati fosse l’unico vero modo per far funzionare un esercito, e nulla al mondo lo avrebbe convinto a prendersi una pausa di tanto in tanto.

 

“Ti amo” mormorò Tsukishima, così piano che le sue parole caddero sul viso di Tsurumi senza far rumore.

 

Il tenente risalì con le mani la schiena di Tsukishima e si alzò in piedi per stringerlo a sé in un abbraccio che era ormai diventato familiare ad entrambi. D’altronde avevano cominciato a dormire insieme tutte le notti. Il sergente non se ne accorse, ma Tsurumi sorrise nel bacio che si scambiarono, felice di dimenticare il dolore che gli annebbiava la vista per una frazione di secondo. Forse Tsukishima non si rendeva conto di quanto stesse già facendo per lui, di come fosse diventato l’unico angolo di pace in un mondo caotico e spietato. Prima o poi Tsurumi glielo avrebbe detto, ma era ancora troppo presto.

 

L’indomani Tsurumi non toccò la morfina.   

 
  
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