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Autore: yonoi    06/05/2019    29 recensioni
Un paesino della bassa padana immerso nella nebbia, un bar dove si è soliti tirare tardi e una leggenda a proposito di un antico cimitero in disuso...
Questa storia partecipa alla challenge "Kaku koto, nante jōnetsu! (Scrivere, che passione!)" indetta da Pikapikahoshi sul Forum di EFP.
Questa storia si è classificata seconda a "Il Contest delle Triadi" indetto da Ayumu sul Forum di EFP.
Storia partecipante al contest "Il meglio di me" indetto da Milla4 sul Forum di EFP
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Carla
 
 
D’inverno, nella bassa, già alle sette di sera la nebbia scavalca l’argine e si accomoda lunga distesa sui campi, con il pelo che puzza di acqua marcia e di tutte le scorie che il fiume si porta dietro. È una nebbia ispida, che punge le ossa e leva la voglia di mettere il naso fuori, brancolare in cerca dell’auto e mettersi alla guida col rischio di precipitare dentro a un fosso.
L’ora di chiusura è passata da un pezzo e il Nanni gira tra i tavoli armato di strofinaccio. Si avvicina a quei tre ancora appollaiati davanti al paginone della gazzetta e strofina più forte, per trasmettere chiaro e forte il messaggio.
Aggrappati al bancone, sulla schiena una gobba come i gatti e la nebbia, i tre sono impegnati a discutere su una scommessa.
“È soltanto una balla,” insiste il Moretto. “E comunque, a quest’ora la buca è chiusa.”
“Chiuderei anch’io, se non è troppo incomodo,” si fa sentire il Nanni, che imperversa tra i tavoli a colpi di burazzo.  
“Sarà anche una balla, però te la fai sotto, ” tira dritto il Bertuzzi tamburellando sulla gazzetta. “Bologna - Napoli, due a zero. Avete perso, quindi poche pugnette.”
“La buca è sempre aperta” incalza il Beccamorto, quello che lavora alla camera mortuaria ed esibisce una faccia da cadavere ripescato. “Fa orario continuato, apposta per i terroni.”
Escono sul piazzale.
Prima che ci ripensino, il Nanni cala la saracinesca con un fracasso da svegliare tutti i morti del mondo, compresi quelli che, a quanto si racconta, la Carla s’è pappata prima di finire a sua volta nella buca, accoppata dai contadini a suon di vanga e piccone.
Pare che nelle notti di nebbia la Carla si aggiri ancora per il vecchio cimitero, frugando la terra fradicia in cerca di qualcosa, o meglio di qualcuno, da mettere sotto i denti. Che si tratti di una balla per tenere i cinni lontani da quel luogo forato dai pozzi come un groviera, lo pensano tutti finché è giorno. Ma quando la nebbia inizia a raggomitolarsi sui campi, a nessuno viene in mente di girare da quelle parti: non sia mai che alla Carla, una volta finito di rosicchiare le ossa ai morti, venga in mente di prendersi un vivo come spuntino.
Il Moretto scende dall’auto e scompare oltre la recinzione.
Brancolando perché non ci si vede un tubo, pianta un paletto sul tumulo ma la Carla non si prende neppure il disturbo di dire ahi!
Compiuta l’impresa, il Moretto è lì per filarsela a gambe levate ma qualcosa lo trattiene.
Più tenta di svincolarsi, più rimane inchiodato.
Non vedendolo tornare, gli altri due s’inoltrano sulla scia dei fari dell’auto.
Si fermano accanto a un ciuffo che pare un refolo di nebbia, e invece sono i capelli sbiancati del Moretto, morto per la paura dopo avere inchiodato, insieme col paletto, la falda del suo cappotto.
Quando la notizia esce sulla cronaca locale, il titolo recita a caratteri cubitali: “Destini intrecciati: la Carla ha colpito ancora!”
 
******
 
 
 
Note: alcune parole in slang (più che dialetto) in uso a Bologna e dintorni contenute in questa storia:
burazzo: strofinaccio
poche pugnette: modo raffinato ed elegante e per dire “poche storie”
cinni: bambini
  
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