Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |      
Autore: xmarjadax    09/05/2019    0 recensioni
Questa è la storia di un uomo comune. Di un uomo alle prese con i suoi fantasmi, i suoi scheletri nell’armadio e la sua vita. Tormentato dal suo subconscio, leggerete ogni singola sua emozione. Se Patrick Fran non entrerà nel vostro cuore senza guadagnare dell’interesse, tanto vale interrompere la lettura. Questa sì, è la storia di Pat, ma forse è anche la tua.
Genere: Drammatico, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Patrick Fran era ancorato come una vongola allo scarico di una nave alla sua sedia in legno. Una seggiuola comperata per pochi spiccioli al mercato, ma se voleva essere pignolo, diceva ai suoi parenti e amici altezzosi di averla pagata un terzo del suo stipendio. Ed in realtà non aveva  tutti i torti: la paga che riceveva da inserviente in un’azienda come la Terrance bastava ad acquistare tre sedie come quella.
Patrick però si riteneva soddisfatto del tocco vintage che aveva dato al suo appartamento da poco affittato che, sempre per essere pignoli, aveva molto d’antico oltre il mobilio.

Non aveva una compagna, nessun cerchio d’oro gli decorava il dito della mano sinistra, nessun tocco femminile regnava vigile nel suo bagno o nella sua cucina. D’altro canto non si era mai messo alla ricerca di un’anima gemella da amare e custodire. Era un grande ammiratore dell’amore ed un’impeccabile sognatore, ma in quanto al fare il primo passo non era proprio il tipo.
Certo, un omaccione di 24 anni suonati con un lavoro (misero mestiere, ma pur sempre un impiego) avrebbe dovuto iniziare a darsi da fare per dare una svolta alla sua vita. Ma Patrick non rientrava per nulla in quella classificata come “normalità”. D’altra parte cosa poteva significare essere normali? Rispettare una serie di divieti, limiti ed essere all’altezza di competere con persone ‘normali’ già da più tempo?
No, Patrick non si metteva in gioco.
A dir la verità non aveva mai giocato la sua partita: a questo ci aveva pensato Lloyd. Aveva sempre vissuto nell’ombra del fratello maggiore. Non era neppure lontanamente la sua spalla destra, né si poteva scorgere un vero legame affettivo fra i due uomini che avevano vissuto nella stessa placenta. Lloyd Fran era un uomo d’affari più che presuntuoso. Rigirava e cambiava mogli come la biancheria e, quando gli faceva comodo, sapeva come sfruttare il buon caro Patrick. Lloyd non era una gran mente, né tanto meno intuitivo per indole: tutto ciò che aveva, se lo era guadagnato a buon viso. Di certo è di dovere riconoscergli delle capacità altezzose nel manipolare le persone. Mostrava caratteri diversi in base agli uomini con i quali era seduto a tavolino. Tutti i suoi giochetti e i suoi finti discorsi, lo avevano portato ad un elevato successo nel campo degli immobili. E bravo il buon Lloyd.
In quanto a donne, si è ben intuita la sua bassa capacità affettiva. Un uomo narcisista ed egocentrico, in sommicapi anche alquanto tonto, come poteva tenersi stretta una compagna? Tuttavia la sua ultima relazione durò 5 anni, durante i quali diede vita ad una splendida creautirina. Una bimba, ormai di 3 anni, dall’aspetto candido come quello di sua madre. Quest’ultima, la sua attuale custode. Lloyd ha sempre comprato tutto con i suoi bigliettoni, ma forse su sua figlia non ha trovato un prezzo accessibile.

Patrick Fran era sempre stato un uomo creativo, o perlomeno così voleva essere. Si sentiva spiritualmente collegato alle materie scientifiche,  ma la mancanza di studi adeguati non lo avevano portato a raggiungere la meta tanto ambita. Sognava e sperava di diventare qualcuno, un qualcuno di grande: scienziato, ingegnere, matematico proprio perché sapeva di potercela fare. Eppure si ritrovava a lavorare come ‘addetto alla segreteria’ in una delle aziende dei finti amici di Lloyd.
La mamma aveva pregato il fratello affinchè trovasse un impiego a quel buono a nulla, e l’uomo non aveva perso occasione per guardare dall’alto al basso il poveraccio. Tuttavia Patrick conosceva la Terrence prima di suo fratello ed aveva consegnato il curriculum (privo di esperienze lavorative importanti, ma pur sempre documento valido) anticipando le azioni di Lloyd. I parenti questo, però, non lo sapevano.
Detestava quel lavoro, non c’era neanche un minimo aspetto che lo rendesse accattivante o che comunque attirasse la sua attenzione. Per quanto lui fosse un tipo preciso e puntuale, la mattina non aveva alcuna voglia di alzarsi o di lavarsi, o di fare colazione e uscire di casa. Al suono della sveglia, spalancava gli occhi con una sola frase stampata per la mente: “e per quale diavolo di ragione dovrei farlo?”; stessa cosa accadeva la sera, dopo una giornata sfiancante passata ad essere sballottolato in uffici e riunioni, seduto sul materasso rifletteva sull’indomani, ma il pensiero notturno era differente da quello mattutino: “Sono felice di ciò che ho fatto oggi?”.
La risposta non tardava così tanto ad arrivare.

Negli anni Pat era diventato un inguaribile pessimista. O meglio, lui considerava sé stesso come ‘razionale’. Tirando le somme, il bicchiere non lo vedeva né pieno né vuoto, probabilmente non notava neppure l’acqua al suo interno. Non credeva nel destino, così come allontanava dalla sua morale le dicerie dell’oroscopo o delle cartomanti che leggono la mano.
Non aveva bisogno di avere informazioni sul suo futuro, sul suo guadagno o sull’amore. Semplicemente non gli interessava. Quando aveva tempo libero, lo passava a seguire sul computer intere conferenze scientifiche.

Come già detto in precedenza, con la mancanza di determinati corsi di studio, non capiva granchè di ciò che veniva trattato, eppure continuava a farlo con insistenza. Anzi, quasi con regolarità. Non aveva neppure un granchè di amicizie. I legami affettivi erano sempre stati posti ad un ultimo stadio dei suoi obbiettivi. Preferiva la solitudine, o semplicemente vi si era ormai del tutto abituato, tanto da renderla routine. Eppure sapeva che c’era bisogno di mutare qualcosa, di aggiornare la sua vita ad una versione superiore, ma aveva timore. Timore di toccare tasti sbagliati, di errare la manovra e di schiantarsi contro il muro. “Chi non risica non rosica”, certo, come no. E chi non rischia, se ne sta ben seduto al sicuro. Perché la gente aveva tanta voglia di lanciarsi alla scoperta di mondi e universi lontani e sconosciuti?
Perché? Perché? Perché?

E allora lui restava lì, circoscritto nella sua mentalità come il Minotauro nel Labirinto. Fermamente convinto che l’essenziale fosse nel suo raggio d’azione e che, oltre di esso, ci fosse solo il superfluo, il vano, ciò di cui lui non aveva bisogno. Perché occorreva conoscere più del dovuto, spingersi oltre i propri limiti, mettersi in centro campo? A quale scopo, poi? Fasciarsi la testa prima di averla rotta era comunque meglio di rompersela a prescindere.
Veniva disegnato da tutti come ‘cinico’. A lui quella parola ricordava tanto l’immagine di un insetto, e così fantasticava a figurarsi con 8 zampette sottili, colorato di uno spento verde scuro e con due ali velate sulla schiena. Trovava offensivo essere giudicato sprezzante ed insensibile, ma il suo carattere era composto anche da una piccola percentuale di freddezza. E lui non sapeva utilizzarla al meglio né mascherarla.

In realtà aveva dei problemi nei rapporti interpersonali. Non era timido, ma neppure estroverso. Non provava timore nell’aprir bocca ma certe cose preferiva tenerle riservate nella sua inaccessibile intimità mentale.

Nelle riunioni (lavorative e non), doveva traficcare lu unghie nel legno della sedia per reprimere la tentazione di dar suono ai suoi pensieri. Perfezionista e scorbutico, giudicava tutto dentro di sé. Convinto, e spesso giustamente, di saperne una in più delle persone presenti nella stanza. Che idioti altezzosi , riassumeva il tutto per poi contare fino ad un numero indefinito e distrarsi dalla situazione.
Perché parlare senza conoscere? Come fanno a pronunciare simili idiozie?
Perché cercare di imitare Ulisse nel varcare le Colonne d’Ercole? Perché autoimmedesimarsi nei pensieri superbi di un uomo mai esistito?
E così tutto ritornava ad un fulcro portante della grande ruota.
Perché dir di sapere quando non si sa?

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: xmarjadax