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Autore: haydeeamarina    12/05/2019    1 recensioni
< Ora, come potrai vedere, davanti a te c’è un cupo labirinto disseminato d’idee; e ti sembrerà di perderti alla prima svolta, ma attento! Per viaggiare nella tua mente senza rimanere bloccato lì per sempre, dove nessuno non potrà fare nulla per salvarti e riportarti alla tua vita, devi andare a caccia di un ricordo. Quello che voglio che tu trovi è molto antico, il primo, e lo stai ancora conservando in te. >
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ABBAGLIO ONIRICO

< La cosa più strana è come nonostante tutto tu possa continuare a essere così - >.
A parlare era una giovane ragazza, accovacciata sul tappeto davanti al camino, nel soggiorno della sua casa. Aveva il volto impassibile rivolto verso l’ondeggiare delle fiamme, che riflettevano nei suoi occhi.
< tremendamente tranquillo, sempre con un lieve sorriso cucito sulle labbra. Non ho trovato nulla fino ad ora in grado di scalfirti. Devo ammettere che a volte cerco di convincermi che questa tua costante felicità sia un segno di stupidità; purtroppo, poi, mi rendo conto che la sciocca sono io, a volermi accontentare di questa banale giustificazione. Sì, perché sei anche infinitamente intelligente – non guardarmi così per quello che ti ho detto prima. Puoi avvicinarti piccolo Ermi, la tigre non morde più, per tua fortuna. >
Il bambino, fermo sotto l’arco della sala, non rispose, né si mosse a quelle parole. Non tanto perché fosse scosso dalla furiosa litigata che aveva appena avuto con la sorella – per quanto pesante fosse stata la sua reazione, lui voleva e riusciva a mantenere il controllo di sé. 
La ragazza si girò fulminea verso di lui, incrociando lo sguardo con la vera causa della sua rabbia: quel lampadario di cristallo crollato a terra, i frammenti una pioggia scintillante a coprire il pavimento. La calma che la vista delle fiamme le aveva dato scomparve subito e, furiosa nel vedere quel bambino che se ne stava lì, senza battere un ciglio, ma con l’espressione compiaciuta in viso, le ridestò dall’interno quei tremendi sentimenti che non riusciva a controllare.
< Giocare a palla dentro casa! Non credo sia solo l’autodifesa dell’orgoglio il motivo per cui io cerchi di convincermi che hai la testa vuota. Tutto lo spazio che abbiamo in giardino, il Sole che tanto dici di amare: guardalo come splende in cielo oggi! Sembra stare lì proprio per chiamarti, e tu te ne stai qua dentro a distruggere. >
Ermanno continuava a non rispondere alla sorella, ma il velato sorriso che aveva sulle labbra si fece più evidente. In questo modo cercava anche di nascondere il dolore che provava. Il lampadario era caduto dritto sopra di lui, colpendolo alla testa con una violenza tale da obbligarlo a restare a terra immobile per qualche minuto. Almeno fino a che non arrivò la sorella, che iniziò a urlargli contro senza nemmeno notare il rivolo di sangue che gli scorreva lungo la nuca.
< Ridi di me, cosa c’è? Ridi perché la reazione che ho avuto in fondo non è giustificabile? >. La ragazza si andò a sdraiare sul divano,  liberandolo con la mano dai cristalli che lo tempestavano.
< Ermi perdonami, ma è quel tuo sorriso costante a farmi comportare così. Se solo tu fossi un po’ più umano, non sentirei quel viscerale disagio nel raccontarti i miei sentimenti, le mie passioni, per quanto scure siano. Te ne stai lì come una statua di bronzo però, avvicinati: voglio che tu capisca. O meglio, cerca di far capire me. Trasmettimi questa tua gioia di vivere, perché per me tutto è noia. Tutto mi annoia, e ne sono esasperata >.
La ragazza stagliò quell’ultima, premeditata frase con fierezza, per poi indagare compiaciuta nelle iridi del suo interlocutore; era ben sicura di ottenere un notevole effetto sullo spensierato bambino che le stava davanti. Di quale natura esso fosse, era così che voleva scoprirlo.
Ermanno, da un lato, era avvezzo alla pateticità della sua consanguinea, così egocentricamente ricercatrice degli eccessi nelle emozioni; dall’altro, non poteva che assorbirne tutti gli influssi negativi, per quanto la sua natura fosse repellente al male. Aveva dipinta sul viso una costante espressione di pace, come diceva lei – e la dolce sorella non poteva che invidiare questo riflesso di un’interiorità tanto opposta alla sua.
Tutto ciò che diede come risposta alla sorella fu uno sguardo sprezzante, e aprì la porta principale della casa, che dava direttamente su una via del paese, per lasciarla sola a sbollire. Mentre si girava, sentì il suo sguardo posato sulla riccioluta nuca. La ragazza, per quanto lontana si trovasse, vide la ferita che aveva il fratello, e si precipitò d’istinto verso di lui. Non fece in tempo a pronunciare il suo nome, che Ermanno già le aveva chiuso la porta in faccia, e stava correndo via dal vicolo. Una volta sicuro di essere abbastanza lontano da potersi confondere fra la folla, si fermò per riprendere fiato. Era inondato dai raggi caldi del mezzogiorno, che fendevano l’aria gelida invernale. Portò la mano destra dietro la nuca, nel punto esatto da cui proveniva il dolore acuto.
 < Tutto è noia> Parole che battevano come un picchio nella sua mente. Riportò la mano davanti al viso, bagnata di sangue. Quanto cinica doveva essere sua sorella per dirgli una frase del genere, nonostante più di una volta gli avesse spiegato quanto preziosa fosse per lui la felicità! Quante serate trascorse a discutere di questo – lei irremovibile nella sua convinzione che la felicità non esistesse, e lui che la riteneva nascosta dietro ogni cosa ma fragile come un passerotto stretto fra le mani.
Passeggiava tra le ben note vie del paesetto, e pensava a com’era possibile che lei non riuscisse a compiacersi con un cielo così terso, di un Sole così magico? Delle bellezze, naturali o create dall’uomo che sono in giro nel mondo? E se il concreto della realtà non era abbastanza da appagarla, perché non tentava di cambiare qualcosa lei stessa, con la sua mente? Credeva che persino lei fosse capace di cambiare la prospettiva con cui guardava il mondo.
Il sole splendeva, e lui quasi si dimenticava del dolore che provava. In un angolo, nascosta dall’ombra di un antico palazzo, una ragazzina piangeva flebilmente, cercando di nascondersi da sguardi indiscreti. Provò tenerezza, vedendo quelle guance rosee che nascondeva nell’avambraccio, e il visetto timido dallo sguardo carico di rammarico. Non c’era nessuno accanto a lei che la consolasse, e sentì l’istinto di andare lui stesso. Mentre valutava se avvicinarsi o no, un grande uomo, trasandato, con una divisa da lavoro, gli tagliò la strada con prepotenza. Non si accorse neppure della presenza del bambino, poiché era totalmente preso nel litigare con un altro; e lo faceva trasformando la sua fisionomia in mostruose membra. Il volto e le braccia subivano una metamorfosi infernale e terribile ogni volta che tornava all’assalto con nuovi insulti.
Ermanno si allontanò a piccoli passi dal posto, in direzione della piazza. Quello a cui aveva appena assistito gli fece dimenticare le parole acide della sorella; ma quando queste gli tornarono nella mente con l’esigenza di un lavoro non completato, sentì una cappa pesante coprirgli il cuore, senza che riuscisse a trovare quella leggerezza a cui era avvezzo.
Si sedette su una panchina gelida a osservare i passanti, quando dai candidi occhi del fanciullo, senza che lui se ne rendesse conto, iniziarono a scendere delle lacrime calde e scintillanti sotto i raggi del sole. Era totalmente immobile, solo il ruscello che sgorgava del suo viso sembrava dotato di vita.
Nascosto fra le soffici nuvole, un’esserino osservava dall’alto questa scena tremendamente triste per lui. Aveva un motivo tutto personale per rammaricarsi della sofferenza del bambino: era il suo favorito, e spesso si era dato da fare per sussurrargli all’orecchio consigli che andavano direttamente al cuore di Ermanno, senza passare per la mente. Sapeva dei rischi che avrebbe corso scegliendo di immettersi nella vita umana, dalla quale era regola che dovesse stare lontano, ma partì dalla sua eterea postazione mosso da sentimenti - quei sentimenti che avevano fatto breccia in lui col frequentare la Terra.

Il bambino si sentiva così stanco che si era allungato sulla panca, e aveva iniziato a sognare.
< Piccolo, buongiorno. Sono la tua luce. Dopo tanto tempo sono finalmente venuta qua da te – e voglio che tu lo sappia, questa è un’occasione unica. Sono un’amica che conosci da un’intera vita, non farti problemi – perché in fondo è così, siamo sempre stati vicini. Solo che non te ne sei mai potuto accorgere. >.
Il bambino sgranò gli occhi cerchiati di rosso per il pianto, e vide davanti a sé, seduta sulla punta del suo naso, una luce bianca, piccola ma intensa. Era così intensa che non riusciva a vedere nient’altro, se non quel bagliore candido e purissimo.
< Chi sei? >.
La piccola fiammella bianca tremò, scintillando ancora di più.
< Bambino mio, non puoi chiedermi questo! Io non sono assolutamente niente. >
 < Che significa che non sei niente? >.
< La luce che stai vedendo, le parole che stai udendo mi servono solo per manifestarmi a te.  E’ molto più semplice di quanto tu possa credere. Non ho una materia, né una voce: sono solo un pensiero. >
Ermanno non rispose. Restò in silenzio a contemplare quella fiammella tanto piccola e tremolante.
< Comunque, se sono venuta fin qui, c’è una ragione. >.
< Sei entrata nei miei sogni? >.
< Se preferisci pensarla così, fai pure.  Non vorrei essere arrogante, ma non farmi più domande; le risposte che ti darei non potrebbero soddisfarti abbastanza, e mi rimane poco tempo. Stavo dicendo, sono venuta qua per un motivo: volevo portarti un regalo. E’ un dono che aspetto di darti da tanto. Devo avvisarti che il posto in cui l’ho nascosto è molto lontano da qui. Nessuno è mai arrivato alla destinazione da solo, quindi ti chiedo di seguire attentamente le istruzioni che sto per darti: chiudi gli occhi e dimentica tutto quello che può aver ferito la tua felicità, so che sta sanguinando. Devi solo fidarti di me. >.
< Cosa ti fa credere che io possa fidarmi? >.
< In realtà credo che tu lo stia già facendo. Tuttavia, se proprio non vuoi avere nulla a che fare con me, me ne andrò.  Ti prometto che non mi rivedrai mai più. Vuoi che io svanisca, non t’importa nulla del regalo che ho per te? >.
Il bambino cercò di portare la mano sopra il naso per afferrare la lucina, ma sentiva le braccia venti volte più pesanti del normale. Non riusciva a tirarle su, e anche solo un impercettibile movimento delle dita gli stava costando una fatica immane.
< Ho deciso che mi fiderò di te. Prenderò il tuo dono, di qualunque cosa si tratti, e verrò, in qualunque posto tu voglia portarmi. Sicuramente mi sto sbagliando, ma per quanto ti riguarda, sei arrivata nel momento giusto. >.
< Dovrai fare una cosa molto personale. Io resterò qui davanti a te tutto il tempo e ti dirò tutto quello che dovrai fare. Ci sei? >
< Ci sono. > rispose il bambino.
< Perfetto.  Entra con gli occhi nella tua mente. >
< Fatto.>
< Benissimo. Ora, come potrai vedere, davanti a te c’è un cupo labirinto disseminato d’idee; e ti sembrerà di perderti alla prima svolta, ma attento! Per viaggiare nella tua mente senza rimanere bloccato lì per sempre, dove nessuno non potrà fare nulla per salvarti e riportarti alla tua vita, devi andare a caccia di un ricordo. Quello che voglio che tu trovi è molto antico, il primo, e lo stai ancora conservando in te. Tuttavia, tra poco tempo svanirà per sempre.
 Sarà bianco come la luce attraverso la quale mi vedi, e piccolissimo, perché questi sono i suoi ultimi giorni di vita. E’ ferito a morte dallo scorrere del tempo, quindi sarà molto schivo; ma tu dovrai riuscire a prenderlo. >
< Lucina bianca, sto camminando ma non vedo nulla. Solo dei piccoli ricordi innocenti che vagano senza nemmeno accorgersi della mia presenza, ma la giù in fondo ne vedo uno diverso – no, non è quello che mi hai descritto tu. E’ cupo, alto, ha un’aria minacciosa, e i contorni così definiti che non serve nemmeno avvicinarsi per capire di cosa si tratta. >
< Stai molto attento. Quello è il tuo ricordo più recente, e il fatto che sia nero indica che è malvagio. I ricordi di questo tipo possono essere molto pericolosi, perché per loro natura sono portati a cercare di inghiottirti non appena ti vedono. A quel punto, io non potrei fare nulla per salvarti: fuggi da lui ora che puoi, e non farti vedere, o t’inseguirà. >
< Non posso fuggire, lucina! Vedo sotto di lui una luce bianca, piccola ma luminosa. E’ il ricordo che mi hai descritto tu, il più antico. Che cosa devo fare? Rischiare di essere inghiottito dalle terribili parole di mia sorella per tentare di prenderlo? >
< Esattamente, devi fare questo. Usa tutte le tue abilità; è normale che si sia nascosto nel posto più sicuro che c’è nella tua mente. E’ ferito, e sa che una volta che tu lo prenderai, lui non avrà più un posto dove andare. Dovrà dissolversi per l’eternità. Tuttavia è fondamentale che tu lo estirpi da dove è: senza di questo, tu, bambino mio, non diventeresti mai adulto, e vagheresti per sempre nel dolce mondo illusorio in cui sei ora. Dentro di te c’è la capacità di catturare quella piccola luce bianca: lascia che sia il tuo istinto ad agire, e riuscirai a stringerla fra le mani. >
Così il bambino, del tutto ubbidiente alle parole del piccolo spirito appollaiato sulla punta del suo nasino, si preparò per combattere secondo regole stavolta dettate dalla sua stessa natura. Senza espedienti né raggiri, si avvicinò coraggiosamente alla grande figura nera del suo ricordo più recente, dove era contenuta tutta l’acidità che la sorella aveva lanciato su di lui pronunciando quelle parole. La nera massa informe dava l’impressione di fissare lo sfidante, ricambiando lo sguardo carico di tensione. Nel frattempo, il bianco obiettivo si nascondeva sotto di lei facendosi sempre più piccolo e tremolante, finché, vedendo con terrore che il suo assassino si stava avvicinando con fare spietato, non decise di lanciarsi, lasciandosi inglobare, dentro l’enorme, nera massa maligna.
Il bambino assistette incredulo alla scena, ma nonostante l’involucro, riuscì a localizzare il suo obiettivo – così brillante che traspariva dal ricordo nero. Piuttosto che chiedere un nuovo aiuto al suo consigliere, che pur osservando la scena non dava alcun segno di presenza, decise di seguire alla lettera le ultime parole dello spiritello: abbandonarsi all’istinto.
Fu così che si lanciò anch’egli dritto dentro la massa nera, che lo inghiottì vorace, proprio come l’aveva vista fare qualche attimo prima con il ricordo bianco. Lo spiritello parlante, nel frattempo, continuava ad assistere alla scena in tutta tranquillità, poiché era fermamente convinto della correttezza del suo consiglio. E così si dimostrò: trascorso qualche istante, il bambino riemerse dal suo più brutto ricordo, mentre questi si accasciava a terra lentamente. L’aveva sconfitto dall’interno, eliminandolo per sempre: ora non avrebbe più avuto la mente sporca con quelle parole. Nell’uscire vittorioso dal suo campo di battaglia, teneva stretto in mano il suo sfuggente bottino, il ricordo più antico.
< Sapevo che saresti riuscito, bambino mio. In fondo, come avresti potuto continuare con quella malignità attanagliata dentro? Forza, esci dalla tua mente e torna da me; ricordati di tenere sempre stretto il tuo prezioso ricordo, perché sarà proprio attraverso di lui che ora ti porterò nel posto dove troverai il mio regalo per te. Guardalo attentamente, fallo tornare a vivere per l’ultima volta. Al resto ci penserà lui. >
Continuando a fidarsi cecamente dell’esserino che aveva sul naso, gli fu sufficiente abbassare le palpebre perché il sipario si aprisse su una visione che lui non sarebbe mai riuscito a sognare. Guardava dall’alto un tripudio di tramonti, ognuno diverso dall’altro e altrettanto magnifici nella loro singolarità: tutti generati da un proprio Sole. I colori si riavvolgevano su se stessi, sprigionando dei vortici magici, mentre le nuvole si tingevano delle più svariate tonalità. Il bambino era estasiato alla vista di quei cieli, totalmente rapito dalla magia, quando l’esserino bianco si rivolse a lui:
< Tutto quello che vedi è il mio mondo; se vuoi sapere qual è la mia vera identità, ora te lo svelerò. >.
Ermanno riaprì lentamente gli occhi, stordito, nel sentire qualcuno che gli toccava le braccia e il collo. Sentiva in sottofondo delle voci mischiarsi confusamente fra di loro; ad un tratto gli sembrò persino di riconoscere quella della sorella. La fiammella riprese la sua attenzione rilasciandogli un po’ di calore sul naso, e inondandolo di luce. Poi riprese a parlargli così:
< Non mentivo quando ti ho detto che non sono nulla, che non ho davvero una materia. Io sono un’illusione, e abbiamo vissuto così tanto tempo assieme che ora è arrivato il momento di dividerci. Ci conosciamo da sempre,  siamo sempre stati più vicini di quanto tu possa credere. Per questo ti sei fidato di me, perché l’hai fatto con il cuore: io non ti ho mai parlato attraverso nulla che non fosse un sentimento. >.
Avrebbe voluto rispondere, ma le parole erano troppo gelate dentro di lui per riuscire ad articolarle. Si sentì sollevare e portare verso qualche luogo. Sfruttò le ultime energie per cercare ti tenere gli occhi aperti, per  la fiammella: lei era sempre lì davanti a lui, una presenza a suo modo rassicurante.
< Questo è il dono che ho voluto farti, Ermi: oggi sarà il nostro ultimo incontro. Il tuo antico ricordo, la fiammella bianca che hai catturato, ero io: quello che hai tenuto stretto in mano era la proiezione di me nella tua mente. Perdonami se ho dovuto nasconderti tutto ciò; se l’ho fatto, è stato  perché sapevo che poi saresti stato condizionato. Per quanto mi sia doloroso lasciarti, e dirti queste parole, si tratta del mio dovere. Forse ho fatto la mia scelta presto, sei piccolo per perdere le illusioni rispetto agli altri; però ti ritengo abbastanza maturo per poter continuare la tua vita, anche senza il mio aiuto. Ermanno, il mio tempo è finito per sempre, ma non essere triste: non avrai memoria di me. Tu vivrai, e in te resterà solo, se lo vorrai, il ricordo del paradiso che con te ho condiviso. >
   
 
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