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Autore: Axel Knaves    19/05/2019    0 recensioni
La vita di Laila Black non è mai andata come voleva, neanche nel momento peggiore.
Quando sembra che la sua vita sia arrivata alla fine, incontra Jason Todd.
Lui le chiede una semplice cosa: 12 ore della sua vita.
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Contenuti delicati. Pubblicata anche su Wattpad con il mio account Axel_Knaves
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damian Wayne, Dick Grayson, Jason Todd, Nuovo personaggio, Tim Drake
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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~ Epilogo ~

 

Era da quella mattina che avevo la mascella rigida e non ne voleva sapere di rilassarsi. Sentivo i denti compressi l'uno contro l'altro, i muscoli della mandibola tirarsi il più possibile.
Come risultato la testa mi aveva iniziato a dolermi e il collo era di una rigidità innaturale.
«Se continui a essere così rigida ti si stirerà un muscolo prima ancora di arrivare a destinazione». Disse una voce profonda alle mie spalle.
Guardai allo specchio e, come già sospettavo, trovai Bruce Wayne sulla soglia; solo metà corpo nella stanza. Potevo comunque vedere il frac nero che aveva sfoggiato per la giornata.
«Bruce!» Esclamai, sorridendo e piena di gioia. «Cosa ci fai qui? Non dovresti essere con i tuoi figli a… Non so… Tenere buono Jason?» Chiesi mentre mi alzavo titubante, cercando di non ammaccare la gonna bianca prima del tempo, per chiudere la distanza tra noi.
Bruce rise nell'abbraccio leggero prima di staccarsi, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Abbiamo quasi tutti perso le speranze a tenere calmo Jason», mi rispose divertito, «sta diventando un po’ isterico a star fermo davanti all'altare in tua attesa».
Arrossii vividamente e mi dovetti grattare il naso per cercare di nasconderlo.
«Così brutta la situazione?» Investigai.
«Per primo, ovviamente, ha rinunciato Damian», spiegò, «senza una parola si è andato a sedere accanto ad Alfred e a tenere compagnia ad Emily. Poi è stato il turno di Duke e Tim, i due si sono guardati e sono corsi via. Cas non si è provata nemmeno ad avvicinare. “Io sono qua solo per guardare”, ha detto. Infine io ho abbandonato il compito di calmare lo sposo a Dick per venire da te».
Non potei non sorridere alla confusione creata dalla mia famiglia nel prato della magione Wayne.
«E come mai ha deciso di farmi visita?» Chiesi, ipotizzando la risposta.
«Prima per vedere che tutto andasse bene, secondo per chiederti se sei sicura di voler sposare Jason; sei sempre in tempo per scappare». Aggiunse ridendo e la risata contagiò anche me.
«Tranquillo, Bruce», gli dissi, «credo che la famiglia Wayne sarà bloccata con me ancora per un bel po’ di decadi».
Erano passati ormai due anni dal giorno in cui incontrai Jason. All’epoca non lo sapevo ma quell’incontro avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
Oltre ad iniziare davvero a vivere, grazie a Tim avevo avuto non solo un nuovo lavoro alle Wayne Enterprises - per dispiacere di Jason - ma addirittura il posto di lavoro del mio ex-capo; licenziato dal giorno alla notte. Avevo cercato di capire cosa era successo ma nessuno dei Wayne voleva darmi una risposta, mi rispondevano con un semplice: “Non era la persona giusta per il lavoro”.
Solo una sera in cui Jason era particolarmente stanco ero riuscita a scoprire come fosse stato Tim l’artefice di tutto.
Essere in una relazione con Jason aveva significato conoscere anche Bruce Wayne. Non Bruce Wayne il playboy con una strana passione per l'adozione, conosciuto dai media; ma quello vero, quello che amava andare in giro con un mantello nero e un’assistente vestito di colori sgargianti.
Dopo aver ascoltato la mia storia Bruce era stato così gentile da far erigere una piccola lapide nella magione per il mio figlio mai nato, così da potermi dare un posto dove poter andargli a parlare quando mai ne sentissi il bisogno.
Un’altra sera impressa nella mia memoria era la sera in cui avevo invitato a cena i miei genitori nel ristorante più lussuoso e più snob di tutta Gotham. In realtà non li avrei mai voluti invitare, era stata tutta un’idea di Bruce e Jason.
Dopo aver sentito come ero stata cresciuta, il padre e il secondo figlio avevano iniziato a lavorare insieme – cosa quasi impossibile ed estremamente pericolosa a detta di Alfred e degli altri figli di Bruce – per distruggerli pubblicamente. C’eravamo così trovati a cena insieme: io, i miei genitori, Bruce e i figli di quest’ultimo con l’aggiunta di Steph e Babs.
Dire che la famiglia Wayne avesse trattato i miei genitori come loro avevano trattato me per anni era un eufemismo. I miei genitori mi avevano diseredato il giorno successivo ma non me ne era importato più nulla: avevo una vera famiglia ora.
Il tempo sembrava proprio volato in quei due anni. Io e Jason avevamo impiegato sei mesi prima di iniziare ad uscire ufficialmente e sei mesi ancora per andare a vivere insieme.
E se la falsa morte – la sera in cui Jason mi aveva raccontato la storia mi aveva dovuto trattenere dall’andare ad uccidere Joker con le mie stesse mani – di Jason Todd mi aveva salvato da una marea di paparazzi; la doppia personalità di Jason, Cappuccio Rosso, mi aveva portato a fare amicizia con certi criminali, quali Ivy, Catwoman ed Harley Queen, per tutto il tempo passato in loro compagnia.
Ci erano voluti due rapimenti, cinque minacce di morte e un test di gravidanza positivo per far decidere a Jason di fare il grande passo: Emily era nata un mese e mezzo prima ed era la cosa più importante della nostra vita.
Bruce aveva impiegato qualche giorno a processare l’informazione di essere diventato nonno. Alfred aveva minacciato di offendersi a vita se avessi solo pensato di far fare la baby sitter a qualcun altro.
A parte gli zii particolari, Emily era una bambina forte e vivace. Il lato positivo di vivere nella magione Wayne – Jason aveva decretato fosse il posto più sicuro in cui poter crescere Emily – era di avere un intero esercito pronto a calmare la piccola quando piangeva.

Mi  morsi il labbro mentre ero davanti alle ultime porte che mi separavano dalla cerimonia di matrimonio. Alla mia destra avevo Babs – seppur sulla sedia a rotelle avevo voluto che fosse lei ad accompagnarmi all’altare: in quei due anni era divenuta come una sorella, non c’era nessuno di più adatto – ed alle mie spalle, ad aiutarmi con lo strascico, c’era Steph.
«Oh cielo!» Esclamò Steph. «Non dirmi che i dubbi ti sono venuti ora!»
La mia testa scattò verso di lei e per poco non le lanciai il bouquet addosso.
«NO, STEPH!» Urlai. «Non avevo dubbi il giorno in cui ho accettato di legarmi a lui a vita – anche se devo dire l’idea di essere sposata da Superman è strana – e non ho dubbi ora...»
«Ma...» Continuò per me Babs, stringendomi una mano.
«Se sono venuti a lui i dubbi?» Conclusi con tono flebile.
«Oh, Laila!» Esclamò addolcita Steph mentre Babs mi sorrideva.
«Non ti preoccupare», mi cercò di tranquillizzare Babs, «non credo Jason sia mai stato così sicuro di qualcosa quanto questo matrimonio. Non c’è molta gente in grado di sopportarlo, anche lui sa che sarebbe da idioti abbandonarti oggi».
«E di certo ha più neuroni di quel Anderson? O era Annibal? Arthur?» Cercò di ricordare Steph e iniziai a ridere al ricordo di quel pomeriggio in cui, durante un’uscita al parco giochi con l’intera famiglia Wayne, dopo il mio diseredamento, avevamo incrociato Andrew.
L’uomo aveva avuto la brillante idea di avvicinarsi, seppur in compagnia di una donna molto attraente, cercando di chiedermi un’altra possibilità. Non sapeva della presenza delle nove persone con cui ero in giro e soprattutto non sapeva che uno di essi fosse il mio ragazzo.
Andrew aveva passato un brutto quarto d’ora ed era scappato a gambe levate.
«Grazie», dissi alle due donne.
Prima che una delle due potesse dire qualcosa le porte si aprirono e alle nostre orecchie arrivarono le note della marcia nuziale.
Con un grosso respiro mi misi il più dritta possibile e feci il primo passo verso il mio matrimonio.

«Puoi baciare la sposa», disse Superman il quale aveva fluttuato ad una spanna da terra per tutto il tempo del matrimonio. Avevo fatto davvero molta fatica a non fissare lo spazio vuoto per tutta la cerimonia.
Con un gesto impaziente Jason mi prese per la vita. In un attimo mi ritrovai spalmata contro il suo petto mentre le sue labbra si posarono sulle mie in modo possessivo.
Seppur gli invitati fossero pochi, per la maggior parte supereroi, si levarono potente urla facendomi chiedere se fossimo in realtà in uno stadio. Quando ci staccammo, rimanemmo abbracciati, fronte contro fronte, entrambi con un sorriso sornione in volte.
«Signora Todd, lo sa, vero?» Mi chiese lui in un sussurro.
«So cosa, signor Todd?» Risposi, un attimo dubbiosa.
«Sono felice che quella mattina tu abbia deciso di salire su quel tetto», mi rispose e sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi. «Oppure non avrei mai avuto la possibilità di salvare e conoscere la donna perfetta».
«Se un idiota», tirai su con il naso, cercando di non distruggere le ore di lavoro di Steph piangendo. «Il mio idiota». Aggiunsi e lo baciai.
Finalmente andava tutto bene.
 

†Angolo Autrice†
Ed eccoci alla fine di questa corta fanfiction, grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fino alla fine <3.
So di essere stata lenta con alcuni aggiornamenti, la vita da universitaria mi ha tirato via più tempo di quel che pensavo e alcune volte mi dimenticavo completamente di pubblicare <.<". Lo so, sono stupida XD
Grazie ancora di cuore a tutti!!!
E se questa storia vi è piaciuta tenete un occhio sul mio profilo per la mia prossima storia!!!

Axel Knaves

   
 
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