Film > The Avengers
Ricorda la storia  |       
Autore: Miryel    28/05/2019    43 recensioni
[ Spoiler End Game ]
Peter ha le mani ancora bagnate; raggrinzite per il tempo infinito che ha passato sotto l’acqua bollente, impegnato a far scivolare i propri demoni nel tubo di scarico della doccia, senza successo. Si infila un accappatoio e raggiunge la sua stanza. Afferra il telefono e lo sblocca, con quel nodo allo stomaco che lo accompagna ormai da mesi. Non c’è più la foto con Tony, sul suo schermo; È riuscito a trovare il coraggio di toglierla, solo qualche giorno fa, nella sola e unica speranza che, risparmiandosi quella visione, avrebbe sofferto meno. Balle. Tutte balle. Ha solo peggiorato le cose. Dopo anni che non succedeva, ha pure ricominciato a dormire con la luce accesa. Come se servisse a qualcosa, solo… a Peter sembra un faro guida, nell'assurdo caso Tony decidesse di tornare da lui. Sa che è assurdo, ma il cuore gli dice questo e lui… lui ha bisogno di assecondarlo. Di assecondarsi.
[ Peter Parker - Lieve Accenno Past!Tony x Peter - Spoiler End Game - Angst ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.



 
Note Autore: La storia è strutturata in questa maniera: le parti in grigio sono un flashback del funerale di Tony, quello che si vede alla fine di EndGame. Peter, dopo mesi dall'evento, ripercorre quei ricordi, paripasso con il presente. Ogni avvenimento di questa minilong è frutto di headcanon generati dalla mia testa, misti ad alcuni elementi canonici nei fumetti. Spero che, alla fine, il risultato possa risultare risolutivo, tanto quanto lo è stato per me. Vi rimando alle note autore a fine capitolo e vi ringrazio per la pazienza dimostrata.
Buona lettura ♥
Miryel
 
 
 

[ Peter Parker - Past!Tony x Peter - Spoiler End Game - Angst - word count: 3505 ]

Protocollo Speranza


Part 4

«You're just a book that never turns its page. You can stand on the edge shouting out
That you're ready to change, ready to change. You can say what you want
You won't jump, you're not ready to change, ready to change.»
Kodaline - Ready To Change

 


Capitolo I.

 

Peter ha le mani ancora bagnate; raggrinzite per il tempo infinito che ha passato sotto l’acqua bollente, impegnato a far scivolare i propri demoni nel tubo di scarico della doccia, senza successo. Si infila un accappatoio e raggiunge la sua stanza. Afferra il telefono e lo sblocca, con quel nodo allo stomaco che lo accompagna ormai da mesi. Non c’è più la foto con Tony, sul suo schermo; è riuscito a trovare il coraggio di toglierla, solo qualche giorno fa, nella sola e unica speranza che, risparmiandosi quella visione, avrebbe sofferto meno. Balle. Tutte balle. Ha solo peggiorato le cose. Dopo anni che non succedeva, ha pure ricominciato a dormire con la luce accesa. Come se servisse a qualcosa, solo… a Peter sembra un faro guida, nell'assurdo caso Tony decidesse di tornare da lui. Sa che è assurdo, ma il cuore gli dice questo e lui… lui ha bisogno di assecondarlo. Di assecondarsi.

Ha così tante notifiche che non sa da dove iniziare, ma quella che spicca tra tutte è una telefonata della signorina Potts. Lo chiama ogni giorno; gli chiede come sta, lo invita a pranzo. Gli dice ogni volta che Morgan ha il desiderio di vederlo, perché Tony le ha parlato così tanto di Spider-Man che ora lei vuole parlare di Tony con lui. Si sente uno schifo, al sol pensiero di aver sempre rifiutato quegli inviti, eppure Peter sa che sarebbe una vera carogna, ad accettare. Un vile. Un bugiardo. Se accettasse, dovrebbe fingersi troppe cose che non è stato – specie con Tony – e non vuole. Così inventa scuse, su scuse, su scuse...

Non ho tempo, signorina Potts, Ho da fare i compiti, Zia May ha bisogno di me..., Magari passo la prossima settimana per un caffè, okay?, e altre bugie patetiche accatastate per mesi, alla quale Pepper comunque risponde con gentilezza e, malgrado tutto, non ha mai smesso di chiamarlo per domandargli se va meglio, se la sta superando, se la vita, alla fine, continua a dargli qualcosa; qualunque cosa. Ma la vita è vuota. Senza uno scopo, senza un senso, capace solo di prendere e non dare mai nulla in cambio. La vita è crudele.

 

Peter guarda il buffet imbastito per l'occasione. Ha lo stomaco gonfio da quando Tony è morto. Non tocca cibo dal giorno prima. Ogni boccone messo sotto ai denti sembra un masso di marmo e lava che scende a fatica nell'esofago. Ogni microframmento di cibo lo riempie e lo distrugge, come se il suo apparato digerente avesse smesso improvvisamente di funzionare. È la tristezza, lo sa. È la voglia di cedere; di crollare. Di lasciare che la vita smetta di fare il suo corso, siccome senza Tony niente ha più uno straccio di senso. Niente. Nemmeno quel suo caro e infantile proposito di salvare tutti. Proprio tutti. Nessuno escluso.

Non ha salvato Tony? Bene, allora non tenterà di farlo più con nessun altro. Non ne è in grado; sebbene ha sempre preteso di poterlo fare.

Ignora il tavolo dei dolci. Solo l'odore gli fa salire la bile sotto al palato. Si volta disgustato e incontra lo sguardo di Stephen Strange. Da quando sono arrivati a casa Stark, non ha fatto altro che lanciargli occhiate comprensive e colpevoli. Peter ce l'ha a morte, con lui, per averlo tenuto all'oscuro che, l'unico modo per vincere, era quello di perdere tutto. No, non è vero, non ce l'ha con lui. Non abbastanza. Non così tanto. Gli fa un cenno con la testa e prosegue la sua camminata verso il nulla. Non sa dove andare. Ignora Pepper, ignora Happy, ma soprattutto ignora Morgan. Lei cerca il suo sguardo, e lui fugge. Non le permette di entrare nel suo mondo, benché Peter vorrebbe tanto ma non è ancora il momento. Non riesce a guardarla. È troppe cose; è troppo Tony, per non lacerarsi l'anima a guardarla. Fa ancora troppo male. È ancora tutto troppo fresco, troppo vicino a qualcosa che era e non sarà più. Prosegue il suo cammino. Il ragazzo che gli si è presentato prima, Harley Keener – di cui ricorda il nome, siccome Tony gliene ha parlato in un particolare momento che Peter non riesce proprio a ricordare – gli regala un sorriso. Un malinconico, distrutto, ma luminoso sorriso. Ha la sua età, forse un anno o due in più, e Tony è stato importante anche per quel ragazzo, nonostante sia cosciente che, con molta probabilità, non è stato lo stesso, con Harley. Non è arroganza, la sua, solo consapevolezza. Per Tony è stato importante, in un modo troppo intimo per poterlo confrontare con quello degli altri. Troppo speciale. Troppo doloroso. Cerca di rivolgergli lo stesso gesto, ma lo nasconde subito dietro al bicchiere di succo di frutta che tiene in mano. Ne butta giù un sorso e gli brucia lo stomaco. Fa male. Tanto male.

 

Se l'era presa col mondo, non appena era successo. Se l’era presa con tutti, con nessuno, con Tony e con se stesso; ma, soprattutto, se l’era presa con Strange. Lui lo sapeva. Lo aveva sempre saputo. In quei quattordici milioni di futuri esplorati, aveva visto Iron-Man morire e aveva lasciato poi che accadesse. Peter aveva alzato lo sguardo da terra, non appena l'aveva visto andargli incontro. Lo aveva raggiunto di corsa e lo aveva preso per il colletto, confuso e impaurito da quello che sarebbe stato capace di fare, se solo non avesse conservato un briciolo di autocontrollo.

«Lei lo sapeva! Lei lo sapeva e l'ha lasciato morire! Lei sapeva tutto e non gli ha detto niente! Non mi ha detto niente! Aveva detto che quella era l’unica possibilità per vincere! Questo non è vincere, non è vincere!» Glielo aveva urlato, e poi era crollato in ginocchio, piangendo. Strange lo aveva fatto alzare in piedi e lo aveva abbracciato. Senza dire una sola, cavolo di parola e, alla fine, gli aveva chiesto scusa.

«So che non te la senti. So che non vuoi stare con noi, so che non sei ancora pronto ad affrontare l’argomento e so che non vuoi ancora parlare di Tony – nemmeno con Morgan, anche se lei vorrebbe tanto. Lo so… prima o poi ci riuscirai, ma finché non succederà, io non smetterò di telefonarti. So che ne hai bisogno, tanto quanto ne ho bisogno io.»

«Signorina Potts, mi creda… voi – lei e Morgan, non c’entrate niente. È qualcosa di più personale, più intimo. Qualcosa che porterò dentro di me e che morirà con me, probabilmente e che devo affrontare da solo, per superarla. Ma ora è troppo difficile solo da concepire, la possibilità che io possa riuscirci», le dice, e appoggia la schiena al muro. Ha ancora l’accappatoio e i capelli bagnati. La chiamerò subito e mi toglierò questo pensiero; le dirò di no, ancora una volta, ha pensato, prima di richiamarla e sono di nuovo lì, a fare l’unica cosa che Peter non vuole fare: parlare di Tony.

«La tua assenza è stata lunga. Tu non ne sei cosciente; per te è durato un secondo. Per Tony sono stati cinque anni di agonia, di sensi di colpa, di ammissioni che ho faticato ad accettare ma che infine ho compreso. Peter, io so. Non mi interessa se non ero l’unica; gli ho perdonato quel fatto molto tempo fa. Ho desiderato il tuo ritorno tanto quanto lo ha desiderato lui. Aveva bisogno di te e va bene così. Non ti odio per quello che siete stati, perché non penso che tu me l'abbia rubato.» Non è colpito dal fatto che lei sappia. Non è colpito come dovrebbe. C’è altro che lo consuma, primo fra questi quel senso di appartenenza che non ha motivo di esistere, soprattutto parlando di un uomo come Tony Stark.

«Non l’ho reclamato, perché non era né mio, né suo. Non era di nessuno.» Alza la testa e la sbatte contro il muro, tre volte. Non fa abbastanza male. Niente fa abbastanza male, da coprire le ferite del suo spettro. Ogni giorno sarà meglio, dicono tutti e lui si sente meno vivo di quanto dovrebbe. Pepper tace. Se non fosse per il suo respiro contro la cornetta, Peter direbbe che è caduta la linea. Sta per chiederle se va tutto bene, ma lei sospira e gli riempie le orecchie di parole, e gli sale il cuore tra le scapole; batte così forte che sembra una bomba. Esplode e gli frantuma le ossa.

 

Happy gli posa una mano sulla spalla e lo fa sussultare. Quasi il succo gli cade dalle mani. Stringe il bicchiere tra le dita, per non lasciarlo scivolare via, come invece sta succedendo alla sua vita. L'uomo indica dietro di sé col pollice. C'è un tavolo, alle sue spalle, che Peter – nel marasma infinito della sua confusione, non aveva nemmeno notato. Ci sono un mucchio di cose, sopra. Scatole, attrezzi, computer, hard disk. Persino un lettore MP3 e una saldatrice. Tante cose mischiate, che anche solo a guardarle ricordano Tony. Ricordano la sua vita, le sue gesta, la sua persona e i suoi sbagli. Persino quelli che è riuscito a rimediare fino all'ultimo secondo della sua fenomenale vita. Peter trattiene il magone. Ricaccia indietro lacrime amare e annuisce. Ha capito. Ha capito tutto. È il momento di rubare le sue cose, farle proprie. Infilarle in casa per non dimenticarlo mai. Solo per guardare quegli oggetti, una volta privi di significato, ma che ora vogliono dire tutto.

«Pepper ha scelto per tutti. C'è qualcosa anche per te. Dice che Tony ti avrebbe di sicuro regalato una cosa del genere.»

 

«La verità è che ho qualcosa per te. Ho sperato trovassi il coraggio di venire qui, così che io potessi consegnartela, ma a quanto pare ho creduto che la cosa potesse essere più semplice di così. L’ho sperato, senza immedesimarmi, sebbene condividiamo un dolore simile… ma è chiaro che lo stiamo affrontando in modo diverso.»

Peter apre la bocca, ma non esce nessun suono. Non gli è rimasto niente di Tony, a meno di una tuta costosa e un diploma di frequenza alla Stark Internship; una manciata di foto, due messaggi vocali – che ascolta fino alla nausea – e ricordi. Per lo più baci, profumi e carezze. Premure. Cose che non torneranno mai più e che ha paura di perdere nello scorrere inevitabile del tempo. «Di che si tratta?» azzarda.

«L’invito per quel caffé è ancora valido, Peter. Quando vorrai saperlo, lo scoprirai venendo qui. Non pensare che non voglia dirtelo; semplicemente… non so nemmeno io cos’è, ma è roba tua. Solo tua

 

«Non voglio niente.» Si passa un dito sotto al naso e serra la mascella. Sa che, da adesso in poi, ogni tentativo di parlare lo farà esplodere. Piange da quando è successo. Nessun sonnifero accompagna il suo sonno inesistente. Le mani gli tremano, la testa gli scoppia. Sempre. Perennemente. Una sensazione di impotenza e di chiusura. La vita non gli appartiene più e non vuole che lo faccia. Fa troppo male vivere. Così male che non vuole più farlo. Happy gli fa cenno di avvicinarsi al tavolo, insieme a tutti gli altri. Peter, a differenza di tutti, si volta e raggiunge il muro, dove si poggia con la schiena e osserva. Guarda le persone scegliere i propri doni. C'è chi trova un cartellino col suo nome e chi riceve il proprio da una Pepper sorridente, ma sfinita. Una Pepper con gli occhi rossi e il trucco del giorno prima ancora addosso.

Lui non vuole niente per davvero. Ha avuto troppo da Tony, forse abbastanza, e non vuole altro che i ricordi che ha, impressi nella testa. Impressi nella mente come un marchio a fuoco. Vividi, vivi. Profumano, cantano e parlano di Tony e di tutti quei momenti che Peter non vuole dimenticare. Sa che sbiadiranno, ma non vuole dimenticare. Non vuole dimenticare; non vuole dimenticare! Gli si chiude il naso e gli scende una lacrima. Si affretta ad asciugarla e osserva ancora il mondo che si prende pezzi di Tony, e li guarda come se lui potesse tornare.

I doni finiscono, ne rimane uno solo. Il suo. È al centro del tavolo, abbandonato. Harley Keener si avvicina. Scruta l'oggetto curioso e Pepper gli posa una mano sulla spalla. Gli sorride e lui la guarda, enigmatico, mentre lei scuote la testa e Peter la vede alzare il dito verso di lui. «È suo», legge sulle sue labbra, e Peter abbassa la testa. Non vuole più ascoltare, anche se non lo sta facendo davvero. Sta leggendo le sue labbra che sorridono, e poi se la ritrova a due centimetri dalla faccia, e non può scappare.

...

È seduto sul divanetto di quel bel cottage che Tony ha fatto costruire sul lago. Dalla Stark Tower, maestosa e vistosa, è passato alla semplicità. Qualcosa che mai e poi mai Peter gli avrebbe attribuito. È sparito un secondo che è durato cinque lunghi anni, e le cose sono cambiate così tanto che sembrano aver distorto la realtà. Non sembra nemmeno che stia vivendo nel suo tempo; è assurdo che quello sia lo stesso mondo che si è lasciato alle spalle, sparendo su Titano e tornando giusto il tempo di vederlo morire, l’uomo che ama. Sospira a quel pensiero e abbassa la testa. Quella casa è troppo satura di lui. C’è troppo Tony, in quel posto. La sua presenza si avverte nell’aria, nei muri, nel profumo di caffé che arriva dalla cucina, dove Pepper è impegnata e lui è lì, solo con Morgan, che gioca con una bambola di pezza, seduta accanto a lui. Non riesce a dirle nulla. Non riesce a parlare con lei. È bloccato da troppe cose, prima fra tutti gli occhi castani, così simili – uguali, a quelli di Tony. I suoi, spiccicati, identici. Dio, quanto fa male. Fa male, cazzo, fa male!, pensa, e vorrebbe scappare. Vorrebbe fuggire, correre via alla ricerca di un appiglio, che non troverà. Peter lo sa. Non esiste nessun appiglio. Non esisterà mai.

Pepper torna con due tazze fumanti di caffé e un pacchetto di biscotti sotto al braccio, che cede a Morgan. Gli sorride. «Sono felice che tu sia qui, Peter.» Sorseggia il caffé e ne riemerge arricciando le labbra, mentre si siede accanto a lui. Un tentativo troppo poco celato, di prendere tempo. «So che non provi lo stesso, ma la tua presenza è un grosso passo avanti.»

«In realtà sono felice anch'io di essere qui, dopotutto. Prima o poi sarebbe dovuto accadere, o no?» Piega la bocca di lato e distoglie lo sguardo. Ha mentito, non è contento. Non lo è mai, quando succede, ma quella casa è un recipiente di dolore e di malinconia. Un peso troppo difficile da sostenere sulle spalle.

Pepper tace, poi guarda Morgan, e infine lui. «Ti ha convinto il fatto che abbia qualcosa da darti e so che se non te l'avessi detto non saresti mai venuto. Ci lega l’amore per lui, ed è giusto che tu sia venuto a prenderti quel che ti ha lasciato, e avrai tutto il diritto di non voler più farci visita, in futuro.»

Peter scuote la testa. «Come le ho detto non è lei, il problema, signorina Potts. Nemmeno Morgan. Ammetto che la curiosità mi abbia spinto a venire, ma prima o poi so che avrei trovato il coraggio di fare questo passo. Tra molto tempo, ma sarebbe successo comunque. Siete la sua famiglia, e lei è… insomma… è...»

«L’unica che può capirti?», chiede Pepper, retorica. Inclina la testa e i capelli biondi le cadono su una spalla. È così bella che blocca il fiato, due occhi azzurri che esprimono di tutto, a parte rancore nei suoi confronti. Poggia la tazza di caffé sul tavolino di legno. Gli si è chiuso lo stomaco, e non ha più voglia di fingere. È stanco di farlo, specie se è di Tony, che si parla.

«Lei cosa avrebbe fatto, se le parti fossero state invertite? Se fosse lei, qui, al mio posto… come si sentirebbe?»

«Peter, non ha importanza.»

«Lo so, ormai non ne ha più, certo! Ma, se non può immaginarlo… glielo dico io: si sarebbe sentita di troppo; si sarebbe sentita come se avesse sfasciato una famiglia, arrivando dal nulla e infilandosi nel mezzo. Come pensa che potrei mai sentirmi a mio agio, presentandomi qui come se… come se tra me e Tony non ci fosse stato niente?», farfuglia.

«Gli ho perdonato cose ben peggiori.» Il suo sorriso non si attenua. Anzi, lo accentua e stringe gli occhi. È tenera come una madre di fronte ad un figlio che ha fallito un test a scuola, e che cerca di consolare. Peter però non ha preso un brutto voto. Peter ha dormito con suo marito; gli ha rubato due scintille dagli occhi e si è sentito amato. Gli era piaciuta quella sensazione, solo perché – per una volta – qualcuno lo aveva ricambiato.

«Io sono una di quelle cose peggiori, e lo so, signorina Potts», risponde, e si sta agitando; il cuore gli batte troppo forte. Si preme una mano contro lo sterno, e raccoglie aria nei polmoni, puntando lo sguardo altrove. Ovunque, tranne in quegli occhi privi di accuse e colmi di comprensione, che sa di non meritare. Pepper gli prende la mano. La stringe. Hanno entrambi le dita gelide e sanno tutti e due il perché. «Non volevo causare tutto questo», piange, e non vorrebbe. Abbassa la testa e stringe gli occhi. «Avrei dovuto farmi da parte e basta, e invece n-»

«Ehi», lo interrompe Pepper. Gli posa una mano sulla guancia e lo costringe ad alzare il viso. «La cosa peggiore che potessi fare, era odiarlo. Non lo hai fatto. Va bene così», dice ancora, poi si alza in piedi e guarda Morgan, troppo concentrata sui suoi giochi, per dare loro importanza. «Bada tu a Peter, Maguna. Io torno subito», e quando la piccola annuisce, lei sparisce al piano di sopra e li lascia soli; nel momento in cui cala il silenzio, sospira e Morgan lo guarda. Il tempo si frizza e lo intrappola. Non riesce a distogliere lo sguardo, anche se vorrebbe tanto.

«Tu sei Spider-Man?», chiede lei e Peter ha un tuffo al cuore e si rizza sulla schiena. I sensi lo inondano e quella malinconia lo rompe in due. Alza istintivamente una mano per arruffarle i capelli, e lei lo lascia fare, come se lo conoscesse da una vita.

«Beh… tecnicamente sarebbe un segreto, ma so che tu sai mantenerli benissimo; quindi sì, sono Spider-Man.»

«Eri in quasi tutte le mie favole della buonanotte, ti conosco per questo. Papà diceva che mi saresti stato simpatico.» Morgan si sposta una ciocca di capelli da davanti al viso con fare distratto e torna a guardare la sua bambola. Le sistema la gonna. «E mi diceva che lo avrebbe fatto, a qualunque costo.»

«Cosa? Cosa avrebbe fatto, a qualunque costo?», Peter lo dice con dolcezza, ma anche con urgente curiosità. Lo ha colpito il fatto che Tony le abbia parlato di lui, sebbene forse non è così sorpreso.

«Riportarti indietro.»

Peter ha la testa che gli scoppia, e se non fosse per quel piccolo barlume di autocontrollo, ora starebbe piangendo di nuovo. È tutto difficile. È tutto troppo difficile. Lo ha riportato indietro per davvero, e poi lo ha lasciato solo. È morto per tutti, e di lui ne è rimasto solo un ricordo che non basterà mai a colmare la sua assenza. Peter si sente spaccato in due, e non ha la forza di rispondere. Sa solo che, sorriderle, è l'unica cosa che può fare, perché le ha rivelato qualcosa che aveva solo immaginato, e che non sapeva fosse reale. Tony lo rivoleva indietro, e non si era dato pace finché non era successo.

Pepper torna. Ha tra le mani una maschera di Iron-Man. Una di quelle che Tony, probabilmente, non ha mai concluso. Gliela cede e lui si alza in piedi e la fronteggia. Le chiede con gli occhi delle risposte. Ha il cuore in gola, che blocca ogni parola. Non si è mai sentito peggio di così.

«C'è il tuo nome, dietro. L’abbiamo trovata tra alcune cianfrusaglie, nel laboratorio di Tony.»

«Una maschera?», Pepper sorride. Gira l'oggetto e gli mostra un bottone. Peter la guarda come se non avesse mai visto niente del genere in vita sua, e forse è così.

«C'è un messaggio. Lo so, perché ne ha lasciato uno del genere anche a me. Siamo le uniche persone per la quale ha speso del tempo per registrarsi e lasciare un pensiero.» Pepper gli preme la maschera contro il petto. Una lacrima le riga il viso stanco e stringe gli occhi. «È tua.»

Peter non sa che dire. Non ha abbastanza ossigeno nel cervello, per realizzare che Tony Stark gli ha dedicato qualcosa; lo ha reso parte di quella stretta – strettissima cerchia, di persone importanti. Forse le uniche che Iron-Man abbia mai amato davvero. Guarda Pepper come se potesse risollevarle il morale con solo uno sguardo. Le infila gli occhi nei suoi e, poggiando la maschera sul divano, la abbraccia forte.

«Grazie per avermela consegnata. Verrò qui ogni volta che potrò, glielo prometto», dice e affonda la testa nella sua spalla. Lei alza una mano per accarezzargli i capelli. «Non è facile, ma devo. Glielo devo.» Lo devo a Tony, e a me.

«Tutte le volte che vorrai, Peter. La mia porta, per te, sarà sempre aperta.»

 

Fine Capitolo I




_____________________________________________________________________________
Angolo autrice:
Avevo accennato, nella precendete shot – facente parte anch'essa della raccolta dedicata al canone Marvel – che avrei di sicuro postato presto qualcosa per salvarli e salvarmi.
Questa storia non è esattamente ciò che si definirebbe un salvataggio, ma ha la sua risoluzione canonica di cui ho immensamente bisogno. Ho mantenuto la promessa, in parte, e ci tengo a precisarlo perché, sebbene io stia lavorando a qualche storia che davvero li vede ancora insieme e non prende in considerazione nel modo più assoluto ciò che è successo nel film, mi sono di nuovo bloccata e avevo immensamente bisogno di scrivere questa breve long, che si concluderà con il prossimo capitolo.
Ne avevo bisogno. Avevo lasciato Peter a domandarsi quale fosse il suo lato oscuro... ora gli serve qualcosa per andare avanti. Gli devo questo, nel canone. Gli devo quello che so non vedrò mai, andando avanti con la visione dei film.
Spero che, questo primo capitolo, vi sia piaciuto. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. Ringrazio tutti come sempre per il supporto sempre dimostrato.
Grazie davvero. Ce la farò, la supererò. Non è facile, ma lo farò ♥
A presto,
Miry



 
Parte 1: Empty Hands
   
 
Leggi le 43 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Miryel