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Autore: Athelye    29/05/2019    2 recensioni
Capelli decolorati, occhi di ghiaccio, aria misteriosa e da delinquente.
Sorriso da mille watt, occhi vispi e allegri, un'ingenuità senza pari.
Un gruppo di amici, una scommessa, e un mese e mezzo per vincerla.
Basta dimostrare che l'apparenza inganna, sarà davvero così?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Mani sempre in tasca, una matassa di capelli ricci e scompigliati dalla sfumatura argentata, decolorati fin quasi alla radice, occhi magnetici di un azzurro intenso.
Il classico tipo affascinante e misterioso, strano in quel modo particolare che ti attrae anche se non vuoi. Il classico tipo che tutti osservano senza avvicinarsi, subendo quel fascino pericoloso di cui ti avverte la ragione prima che sia troppo tardi. Il classico tipo che “ha i capelli decolorati e un orecchino, dev’essere certamente poco raccomandabile”, su cui tutti fanno congetture e un’idea loro, finendo spesso con il cliché del drogato, del delinquente o del bohémien che si gode la vita, non importa come.
Ecco, Gon era attratto proprio da quel ragazzo che se ne stava in disparte a fumare tutte le mattine, appoggiato al muro della scuola. Attratto da quell’aura azzurra che emanava in solitudine.
L’aveva notato una mattina a inizio anno senza averlo mai visto prima, quindi probabilmente si era trasferito da poco. E anche quella mattina, come tutte, si era ritagliato dal caos generale, solo a volte stava con una ragazzina di poco più piccola che, a giudicare dai tratti, doveva essere sua sorella. E anche quella volta, come tante da allora, Gon aveva pensato di avvicinarsi per conoscerlo, ma non l’aveva fatto.
Gon era un ragazzo molto socievole con chiunque, il classico ‘amico di tutti’. Era un diciottenne come tanti, con i capelli neri, carnagione olivastra e occhi allegri color ambra. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, in un’espressione solare e accattivante che rallegrava anche solo a guardarla. Con la sua innocente ingenuità, Gon era il ritratto dell’onestà e per questo era facilmente raggirabile da chiunque e in qualsiasi tipo di scherzo.
Tipo quel giorno.

 
Exactly Another Teen Story

Capitolo I – Whatever It Takes


Era una mattina, semplicemente una mattina. Fredda, con il cielo terso di fine novembre. Ognuno era al proprio posto poco prima di entrare: chi in gruppo a chiacchierare con compagni e amici, chi a studiare o copiare i compiti, chi tranquillo a farsi i fatti propri o a fumare lontano dagli altri.
Gon faceva parte della prima categoria, in particolare lui e i suoi amici stavano scherzando su quella figura così evanescente eppure così appariscente del ragazzo con i capelli quasi argentati. O meglio, loro lo stavano facendo, a Gon non piaceva parlare male o prendere in giro gli altri, che quelli fossero presenti o assenti.
“Quel ragazzo è davvero strano, se ne sta sempre sulle sue.”
“Già, anche in classe mi hanno detto parla poco e ha uno sguardo che.. Dio, mette i brividi. Sembra possa ucciderti con quegli occhi.”
“Però gli vanno dietro parecchie ragazze a quanto ne so.”
“è inquietante. Sicuramente, con quei capelli non dev’essere un tipo raccomandabile.”
“Probabilmente è proprio l’aspetto da ‘cattivo ragazzo’ che le attira.”
“Gon, tu cosa ne pensi?”
Mentre stavano parlando, Gon stava guardando il soggetto dei loro discorsi, intento come sempre a sbuffare nuvole azzurre di fumo. Tutto in quel ragazzo sembrava toccare le sfumature dal blu al celeste.
“Penso che dovreste provare a conoscerlo prima di parlarne. Magari è solo un ragazzo tranquillissimo ed è solo timido.”
“Con quei capelli?” Esclamò una ragazza.
“Parli proprio tu, Neon? Ti sei fatta i capelli blu e sei fra le persone più timide che io conosca.” Ribatté Gon, segnando un punto a proprio favore.
“Allora perché non facciamo così.” Iniziò un ragazzo del gruppetto. “Dato che sei così sicuro che sia un tipo sereno e tranquillo, perché non vai a parlargli?”
“Eh? Perché dovrei andare io? Siete voi che avete bisogno di ricredervi.”
“Perché, fino a prova contraria, potrebbe essere un tossico, uno stronzo o comunque una persona poco raccomandabile.” Replicò il ragazzo.
“Però così è come il paradosso di Schrödinger.” Aggiunse un ragazzo biondo dall’aria più sveglia degli altri. “Finché non apriamo la scatola non possiamo saperlo.”
“Quello in effetti ha la stessa espressione del gatto.. Quando sta per mangiarsi il canarino.” Disse un altro ragazzo, più grande degli altri.
“Leorio!” Lo richiamò Gon. “E poi Kurapika, scusa, ma perché devo essere io ad aprire la scatola?”
“Perché sei il solito bastian contrario, quindi vai tu.” Affermò Neon. “E sei sempre allegro, sicuramente gli faresti un’impressione migliore di noi.”
Gli altri annuirono alla sua affermazione, costringendo Gon a sbuffare. “Begli amici siete.”
“Scommetto che non è quello stinco di santo che ti ostini a difendere.” Disse Leorio. “E anzi, è un delinquente. Non dev’essere poi ‘sto granché se sta sempre da solo."
“D’accordo, scommettiamo.” Rispose il ragazzo, pronto a difendere la propria idea. “Per me è un bravissimo ragazzo, e ve lo dimostrerò!”
“Vediamo.. Come scadenza poniamo un mese. Se ho ragione io, fra un mese esatto dovrai venire in mutande. E sì, sarà dicembre, quindi ti concedo qualcosa per coprirti finché non entriamo.” Rise all’idea.
“Un mese non è poco per conoscere una persona?” Ribatté Gon. “Almeno tre.”
Il maggiore scosse vigorosamente la testa. “Troppo, uno e mezzo.”
Quello trattò ancora. “Due. Prendere o lasciare.”
Leorio sbuffò, ma annuì. “Va bene.”
“Perfetto. Allora se vinco io dovrai lasciar perdere l’alcool e impegnarti a passare l’anno. Sarebbe la terza bocciatura altrimenti.”
“Non è una controproposta equa!” Replicò quello. “Pensa a qualcos’altro. Di stupido o divertente possibilmente!”
Kurapika roteò gli occhi mentre gli altri ragazzi risero, Gon incluso.
“D’accordo, allora.. Dovrai farti in ginocchio tutto il percorso dentro la scuola, ogni volta che dovrai muoverti.”
“E sia. Ora vai, prima che suoni la campana.”
“Vedremo per chi suona la campana.”
“Kurapika, studi troppo.”
 
Così Gon, sotto lo sguardo attento del suo gruppo di amici, si stava dirigendo verso il ragazzo in questione.
Pensò a cosa dirgli, come presentarsi, cosa fare. Cosa sapeva di lui? Che aveva la sua stessa età, che era in un’altra sezione e che, se la memoria non lo ingannava, una volta a settimana partecipavano allo stesso gruppo sportivo.
Ma, per quanto potesse sembrare assurdo, in quasi due mesi, non aveva mai saputo il suo nome. Decise quindi di cominciare da quello.
Si ritrovò a due passi da lui. Aveva le cuffiette nelle orecchie, collegate al cellulare che stava controllando, o forse stava scrivendo a qualcuno. Teneva l’altra mano nella tasca della giacca, giocando con un paio di monetine a giudicare dal tintinnio appena percettibile.
Quando il ragazzo alzò lo sguardo, Gon sfoderò uno dei suoi sorrisi più accattivanti. L’altro si tolse una cuffietta e mise istintivamente in tasca il telefono, per sentire cos’avesse da dirgli.
“Ciao..!”
Gon si sentì un perfetto idiota quando si rese conto che a quel saluto non era seguito nient’altro, sebbene il suo tono lo sottintendesse, e l’altro ragazzo, comodamente appoggiato al muro, aveva due occhi molto azzurri e molto perplessi.
“Sei Freecss, vero?”
Gon ebbe un piccolo sussulto nella propria mente. Lo conosceva? O meglio, quel ragazzo sapeva il suo nome? Perché allora lui non conosceva il suo?
Mentre nella sua mente si formavano queste domande, annuì. Nonostante già suonasse come l’inizio di un avvertimento, quella voce cupa manteneva una nota seducente.
“Bene, Freecss, penso che tu debba dare retta ai pettegolezzi. Non sono una persona con cui dovresti socializzare.” Aggiunse, giusto in tempo perché suonasse la campana.
Il ragazzo si diede una spinta per staccarsi dal muro e seguire la calca verso l’ingresso dell’edificio, lasciando Gon lì impalato.
Gli altri gli si avvicinarono, curiosi di sapere le poche parole che si erano appena scambiati.
“Allora?” Lo incalzò subito Neon.
“Mi ha detto che non è una persona con cui dovrei socializzare..” Ripeté quello, a voce bassa, più come se parlasse a se stesso.
“Ah! C’è voluto decisamente meno di quanto pensassi, potrò già gustare domani la mia vittoria!” Rise Leorio. “O meglio, io avrò la soddisfazione, Neon godrà dello spettacolo!”
La ragazza con i capelli blu elettrico lo fulminò con lo sguardo, ma tanto Gon aveva sentito solo la prima parte di ciò che aveva detto il ragazzo.
“No. Mi hai dato due mesi, e io in due mesi cazzo se ci riuscirò a dimostrare che si sbagliano tutti, lui incluso!” Esclamò risoluto, lasciando tutti stupiti per la parolaccia. Se c’era una cosa che Gon non faceva, quella era imprecare.
Kurapika sorrise della sua determinazione, poi si salutarono tutti prima di entrare e separarsi per andare ognuno nella propria aula.
 
La mattina proseguì tranquilla, un’ora dopo l’altra, ma tutte ugualmente noiose.
Anche la pausa pranzo passò monotona, nonostante il gruppo di amici si fosse radunato per pranzare insieme.
Gon non riusciva a togliersi quel ragazzo dalla testa, e lo osservò per tutto il tempo a mensa. Era seduto con due persone: quella che pensava fosse sua sorella e un altro ragazzino, certamente anche lui parente; o lei, perché aveva i capelli a caschetto e vestiva in modo curato, e senza avvicinarsi gli era difficile capirlo.
Nel pomeriggio aveva il club sportivo a cui aveva deciso di partecipare quell’anno. Ogni anno provava un nuovo sport. Quest’anno era il turno della squadra di pallavolo, e gli sembrava di aver visto giocare l’altro ragazzo. Sperò di rivederlo, e così fu.
Con la maglia e i pantaloncini della scuola, apparve insieme ad altri ragazzi, e Neon non mancò di farglielo notare. Già, c’era anche lei, ma Neon veniva solo a guardare gli altri fare sport e fare il tifo per Gon.
Caso volle, per fortuna o per disgrazia, che l’allenatore avesse deciso di far lavorare insieme i ragazzi dal primo minuto quel giorno.
Caso volle che gli abbinamenti fossero del tutto casuali, in quanto l’uomo appaiava i ragazzi basandosi sui nomi dei presenti e come gli suonavano meglio insieme.
“Freecss e Zoldyck. Sulla linea, accanto agli altri.”
Gon si avviò diligentemente in fila accanto agli altri, senza badare a chi fosse in coppia con lui finché, girandosi, non vide avvicinarsi proprio quel ragazzo. Lo guardò sorpreso, ricevendo in risposta solo un sopracciglio inarcato e un’espressione che probabilmente indicava sgomento.
L’allenatore assegnò degli esercizi da fare in coppia, durante i quali Gon tentò più volte di iniziare una conversazione, ma l’altro non rispose, un po’ per la confusione che probabilmente non gli permetteva di sentirlo (o faceva finta) e un po’ perché gli esercizi erano faticosi e quindi erano effettivamente impegnati a riprendere fiato.
Dopo lo stretching, iniziarono con delle flessioni, uno accanto all’altro.
“E così ti chiami Zoldyck, eh? Piacere! Il mio cognome già lo sai.” Tentò, piegando e stendendo le braccia, mentre girava un poco la testa per sorridergli.
“Ti consiglio di risparmiare il fiato, Freecss, abbiamo due ore da passare così.” Tagliò corto lui, senza staccare gli occhi dalle proprie mani.
Alla successiva serie di esercizi, addominali, riprovò. “Comunque il mio nome è Gon, il tuo?”
“Si lavora meglio stando in silenzio, sai?”
Gon provò altre volte, con domande altrettanto stupide e basilari, ottenendo altrettante risposte brevi e taglienti. Si chiese se quel ragazzo fosse molto scorbutico o solo molto diligente. Preferì non rispondersi.
Circa un’ora passò senza che si parlassero.
Iniziarono a fare dei passaggi per prepararsi a giocare a palla avvelenata. Quando Razor, l’allenatore, aveva annunciato la cosa, gli studenti si erano guardati in modo abbastanza perplesso: perché giocare a palla avvelenata per prepararsi a pallavolo? ‘Per migliorare potenza di lancio e mira’, Razor l’aveva giustificato così.
Intanto Gon iniziava a innervosirsi. Cosa aveva voluto dire quel ragazzo quella mattina? E perché si rifiutava di rispondergli?
Poco dopo i ragazzi furono di nuovo smistati fra loro, e i due finirono in squadre avversarie. Durante la partita, Gon osservò lo Zoldyck, come si muoveva, come stava in mezzo agli altri, e non notò niente di particolare o strano, se non contiamo una certa cattiveria in crescendo nei lanci contro gli avversari. Lanci che andavano sempre a segno facendo uscire il giocatore dal gioco, ma il ragazzo non ne sembrava particolarmente soddisfatto né dispiaciuto. Era come se dovesse semplicemente farlo.
A Gon non era mai successo che qualcuno non avesse ceduto al suo sorriso, e questo pensiero gli invadeva il cervello. Perché? Perché non gli aveva parlato? Non si era neppure presentato come si deve, porca miseria!
Erano ormai rimasti solo in tre nel suo campo, e una palla venne scagliata con incredibile violenza proprio in sua direzione, ma era talmente preso dai propri pensieri da non averlo notato.
Si sentì chiamare, e da quell’istante le cose si mossero al rallentatore nella sua testa.
Ebbe il tempo di girarsi verso la palla, osservarla mentre copriva la distanza che li separava, sgranare gli occhi vedendola fin troppo vicina alla propria faccia prima di chiuderli per quella frazione di secondo, e infine sentire un gran dolore che partiva dal naso e gli invadeva le guance, oltre a sentire il pavimento contro la propria schiena.
Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide furono quelli blu intenso della persona che l’aveva colpito (e affondato di brutto). Accanto al ragazzo con i capelli decolorati c’era una preoccupatissima Neon.
“Ehi, Gon! Stai bene?!” Chiese lei, in preda all’agitazione. Accanto a loro accorse anche l’allenatore ed altri ragazzi che lo sommersero con la stessa domanda a più voci.
Gon si sollevò un poco col busto, puntando i gomiti sul pavimento per sostenersi.
“Cosa vuoi tu?! Guarda cos’hai fatto! Vai via, sei solo d’impiccio qui!” Lei inveì contro il ragazzo, che si ritrasse istantaneamente, alzandosi e pronto ad allontanarsi.
“Scusa..” Disse a bassa voce Gon, quasi ridacchiando, bloccando il movimento dell’altro. “Mi sono distratto e non ho fatto caso alla palla. Non è colpa tua, ma mia che dovevo stare attento.”
Quelle parole parvero stupirlo, perché, pur rimanendo in silenzio, inarcò le sopracciglia, guardandolo con un’espressione indecifrabile.
“Cosa stai dicendo, Gon?! Quella palla era fatta per uccidere, non devi essere tu a scusarti!”
“Ma no, è la verità. Avrei dovuto fare più attenzione.” Le rispose sorridendo Gon.
L’altro ragazzo intanto si avvicinò a Razor. “Mi scusi signore, accompagnerò Freecss in infermeria.” L’uomo annuì, dandogli il permesso.
 
Fecero il percorso in silenzio. L’unica nota sonora fu il ‘grazie’ appena udibile di Gon, per l’accompagnamento.
Una volta lì, una giovane donna studiò il viso del ragazzo, controllandone i danni. Per fortuna di Gon, era solo vagamente ammaccato, e il colpo si sarebbe tradotto solo come un livido nei giorni a venire. Dopo poco tornarono in corridoio, diretti verso gli spogliatoi per recuperare le proprie cose.
“Però, che colpo! Devi essere un giocatore di.. Beh, qualcosa, per scagliare una palla così forte e veloce!” Esclamò Gon a un certo punto, entusiasta.
“Quanti anni hai?” Chiese l’altro dopo qualche interminabile secondo di silenzio, osservandolo.
“Diciotto. Ne farò diciannove a maggio.” Rispose Gon tutto sorridente, nonostante sorridere gli tirasse la pelle e gli facesse male in qualche modo.
Quello sembrò pensarci un po’ su, prima di rispondere.
“Ho giocato per qualche anno a pallavolo, ma avevo smesso un paio di anni fa.”
“Davvero? Wow!”
Quello annuì appena. “Comunque, sono Killua.”








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Angolo dell'Autrice
Buon salve!
Sì, so che non è venerdì, chi mi conosce sa che è tipo il mio giorno preferito per pubblicare. Non so perché, mi piace e basta, è il mio giorno preferito in generale della settimana lol
Anyway! Chi non è pronto per un'altra inutile commediola? *si alza un bosco di braccia tese su cui può planare Lucio Battisti*
Perfetto, immaginavo, ma! Indovinate un po'? Ve la schiocco qua ugualmente, contenti eh? :D
Sì, beh, a mia discolpa posso dire che questa cosa ha occupato circa cinque mesi della mia esistenza, che mi sono divertita comunque un mondo a scriverla.
E che ho un kink per Killua che fuma (perché secondo me ci sta un sacco), e per i ragazzi con l'orecchino in generale.
Ah, e sappiate che tutti i capitoli avranno il titolo di una canzone, quello di oggi è ovviamente "Whatever it takes" degli Imagine Dragons.
Dunque, se siete arrivati fin qui a leggere, sappiate che vi adoro, perché devo dire che fra le molte cose che ho scritto, questa long (sì, perché sarà discretamente long) l'ho iniziata dopo davvero tanto che non riprendevo in mano l'ispirazione (ergo, novembre scorso). Quindi è palese che io fossi fuori allenamento.
Inoltre, come potete intuire dal tipo di coppia che ho indicato, oggi partiamo dal giallo, in futuro è decisamente molto probabile che slitteremo verso l'arancione.

Non voglio raccontarvi altro di questa storia, ma posso garantirvi una cosa: l'ho finita, quindi (salvo una mia morte improvvisa) non dovrete temere che resti incompiuta per settimane, mesi, oppure anni, come purtroppo ho visto capitare in fin troppi fandom. Per il momento però non vi dirò quanti capitoli ha.
Vi rassicuro inoltre sul fatto che io sono quel tipo di scrittrice che va a cadenze settimanali, cosa che avrete comunque già notato con Cinque modi per sentirti (recuperatela se vi interessa u.u), quindi da oggi in poi avremo un (altro) appuntamento settimanale.
Onestamente, spero riusciate a leggerla, che vi piaccia, e soprattutto, che vi diverta farlo!

Via, direi che è giunto il momento di salutarci.
Volevo ringraziare la mia insostituibile beta, che legge e corregge anche a ore improbabili tutte le aberranti ciofecheche scrivo.
Ringrazio inoltre la parte fondamentale di ciò che scrivo, ovvero voi lettori. Silenziosi o meno, tutti voi, perché poter raccontare una storia a qualcuno che la ascolti, o legga in questo caso, a qualcuno è la soddisfazione più grande che posso avere.
Spero di non deludere nessuno di voi andando avanti.
Fatemi sapere cosa ne pensate, perché per me è davvero molto importante saperlo, non importa che lo facciate qua sotto o per messaggio privato.

Grazie a tutti quelli che leggeranno, da oggi per ogni mercoledì, quello che ho da raccontarvi. Quindi, per chi vuole a venerdì con una nuova drabble, per tutti gli altri, ci si legge mercoledi prossimo!
Tantissimi baci a tutti,


Athelyè ~ 
   
 
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