IN UN BUCO NERO
È buio e la gravità si fa più forte. Muovo le braccia freneticamente e ripenso
(quando andavo in campeggio le falene erano attirate dalla lampada più di ogni altra cosa toccavano il vetro si bruciavano continuavano a sbatterci contro finché nella tenda non si diffondeva l’aroma di bruciato sentivi quei rumori costanti che scandivano le ore a parlare a fumare a ridere e ogni tanto si piangeva pure e le falene continuavano a far musica ma era macabra non ce ne rendevamo conto)
adesso mi viene in mente e mi rimane in testa questa parola: macabra.
(ti accorgi che qualcuno sta male ma fa quasi fatica andargli incontro tendere la mano che ridiamo a fare insieme se non posso farmi vedere mentre piango)
inspiroespiro
(la senti la mia musica?)
Mi rigiro tra le coperte del mio buco nero mentre continuo a cadere, e la vita è la mia lampada dalla luce gialla, e con il vetro rovente. Io continuo a sbattere, e cado.
(la senti la mia musica?)
È uno spazio infinito quello in cui mi perdo e non vedo la luce, ho gli occhi chiusi.
Isomorfica, sono spazio e sono tempo; gocciolo dal soffitto, ma non mi puoi più stringere.
(macabra).