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Autore: Giadavnt    31/05/2019    4 recensioni
|| Bloom x Valtor ||
Non sarebbe stata il suo riscatto.
...
Sarebbe stata il suo nuovo punto d'inizio.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bloom, Valtor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Correre non era più un problema per lui.
Scappare via ormai faceva parte della sua routine quotidiana.
Provava una certa soddisfazione ogni volta che riusciva a fuggire.

Ormai era una gara, quella tra lui e la polizia.
Una corsa in cui lui era sempre un passo avanti rispetto a loro.

Saltò un muretto ghignando per poi riprendere la sua corsa senza voltarsi, sotto la pioggia che cadeva.
Vide un motel in lontananza, davanti a sé.
Bene. Si sarebbe nascosto tra le casette per poi sparire nel buio.



Bloom si rigirò nel letto senza riuscire ad prendere sonno.
Le succedeva sempre di non riuscire a dormire, quando non era nel suo letto, a casa sua.

O meglio, a casa dei suoi zii.
Della “sua vera casa” non ricordava molto.
Quanti anni aveva? 2? Forse 3...?
Non ricordava neanche quello.

Fatto sta che quella sera perse tutto.
Ritornata da una gita con gli zii Mike e Vanessa, non aveva trovato la sua casa. No.
Solo un edificio completamente distrutto e annerito dalle fiamme da poco spente.
Nessun sopravvissuto, così avevano detto.

Lei rimaneva così l'ultima erede della famiglia Domino, una delle più ricche e influenti della città.
E Bloom era convinta che proprio questo, l'invidia, il successo bancario del padre, avesse portato alla fine di tutto il suo mondo.
Da allora era andata a vivere con gli zii.
La polizia e gli investigatori non erano stati capaci rintracciare il colpevole.
Si, perché l'incendio non fu causato da una qualche distrazione, ma appiccato volontariamente.
Anche indagando sui colleghi e rivali del padre non si era trovato nulla.
Nulla di nulla.

E adesso che ci faceva li?
In un motel, su una strada sperduta, da sola in una camera, tentando di dormire.
Aveva deciso di fare un viaggio con le amiche e i proprio ragazzi.
Così, senza prenotazioni o percorsi prefissati.

Avevano semplicemente fatto la valigia ed erano saltati in macchina, alla ricerca di chissà cosa poi.
Il cattivo tempo li aveva costretti a fermarsi e il piccolo motel era stato in primo punto di ristoro che gli si era palesato davanti.

Avevano preso tre camere. Una per Stella e Brandon, l'altra per Flora ed Helia e l'ultima per lei.
Sky non era riuscito a venire a causa di vari impegni riguardanti l'industria del padre.
Eppure aveva comunque deciso di partire con le altre 2 coppie.
Non volendo fare da terzo incomodo a nessuno aveva quindi optato per una singola.

Si era fatta una doccia nel piccolo bagno e messo i vestiti ad asciugare.
Adesso, nel letto sentiva ancora l'incessante battere della pioggia sul vetro della finestra.
Uff, avrebbe perso il senno un altro secondo nel letto.
Si alzò stizzita spostando le coperte e iniziando a girare per la piccola stanza alla ricerca di qualcosa per distrarsi.

Si accostò alla finestra guardando, attraverso i piccoli fori della persiana, la strada deserta su cui il motel si affacciava.
Era tutto buio, solo i lampi illuminavano la distesa di cemento.
Un brivido le percorse la schiena.
Il proprietario del motel li aveva avvertiti di chiudere a chiave le porte e le tapparelle delle singole casette.

In una zona deserta come quella, non si poteva mai sapere.
Ma una zona deserta era e una zona deserta rimaneva.

Bloom girò la chiave, aprì la porta e, rimanendo sull'uscio e appoggiata allo stipite, ammirò meglio il panorama che aveva si fronte.
Sembrava una scena di quei film americani in cui i due innamorati si ritrovano, con lo sfondo di una tempesta immane ma finalmente felici di stare insieme.

Ma da lei non sarebbe arrivato nessuno.
Sky era a chilometri di distanza e probabilmente a quest'ora dormiva, esausto dalla giornata passata.

La piccola tettoia della casetta non permetteva alla pioggia di arrivare a lei ma una folata di vento la investì completamente e solo a quel punto la ragazza decise di rientrare.
Girò nuovamente per la stanza.
Guardò il cellulare.
02:17
Sbuffò sonoramente per poi costringersi a rimettersi a letto.



Era arrivato tra le casette del motel.
La pioggia lo aveva completamente inzuppato ma almeno aveva rallentato gli agenti che lo rincorrevano, dandogli il tempo necessario per organizzarsi.
Si sarebbe nascosto e al primo loro momento di distrazione, avrebbe cambiato direzione lasciandoli con un pugno di mosche tra le mani.
Si mosse tra i vari prefabbricati alla ricerca di un buon nascondiglio.
Altro fattore a suo favore, la pioggia avrebbe eliminato le sue impronte tra l'erba e il fango.

Imprecò quando si rese conto che le casette erano allineate.
Significava nessuna stradina stretta e storta tra le mura, nessun angolo nascosto.

Solo una rete razionale e precisa di spazi ben misurati e uguali tra di loro.
Vide la polizia pericolosamente vicina.
Doveva trovare una soluzione. E velocemente.

Si fece prendere dall'istinto e provo a girare qualche maniglia, tra le porte più vicine.

Chiusa. Prossima.
Chiusa. Prossima.
Ancora. Chiusa.

Ringhiò di rabbia passando ancora alla seguente.
Finalmente la maniglia si abbassò sotto la sua mano.
Senza perdere tempo si immerse nell'oscurità della stanza, richiudendo immediatamente la porta dietro di sé.
Cercò con le mani il lucchetto per poi chiuderlo.
Sentì un fruscio, poi una voce.

-Chi è? Stella? Sei tu?-
Una voce femminile, dolce...eppure ancora senza un volto.

-Come hai fatto ad entrare? Hai chiesto un'altra chiave?- un fascio di luce azzurrino si accese improvvisamente.

Valtor distinse una foto di due ragazzi sullo schermo illuminato, insieme a varie icone colorate.
Una mano passò sopra lo schermo verso la lampada sul piccolo ripiano. Dopo qualche secondo, una timida luce aranciata illuminò l'ambiente.
Finalmente la voce ebbe un volto.
Ancora per metà avvolta nelle coperte, una ragazza dai capelli rossi lo fissava sorpresa, con gli occhi sgranati.
 

-Chi sei?- chiese dopo qualche secondo, con la voce palesemente tremante.
Quel viso, quei capelli...erano troppo familiari.
Dove...?
Poi come un fulmine a ciel sereno.


-Marion?- sussurrò lui.

No, impossibile. Lei era morta. Morta. MORTA.
Sbattè le palpebre più volte, convinto di essere in preda ad un'allucinazione.
 

-Marion? Intendi Marion Domino? Conosci mia madre?- la ragazza scattò dal letto, con ritrovato coraggio, quasi non avesse più paura dell'uomo balzato in camera sua dal nulla.

Una speranza si accese nel cuore di Bloom.
Da piccola aveva sempre sperato, pregato, che i genitori, in realtà, non fossero morti.
Nel suo cuore da bambina immaginava che fossero riusciti a scappare e, in qualche modo, nascosti altrove per poi rimettersi in contatto con lei, un giorno...
Adesso si rendeva conto che quel sogno infantile, nonostante gli anni passati, non era morto dentro di lei.
Guardò speranzosa l'uomo, in attesa di una risposta affermativa.

Lui, a sua volta, la guardò negli occhi scoprendoli di un azzurro brillante.
Non verdi.
Non era Marion.
Chi era allora lei?
Perché la chiamava madre?
Sua figlia era morta con lei.
Lo ricordava bene.
 

-Conoscevo Marion Domino.- precisò poi.
Vide la ragazza oscurarsi in volto e abbassare la testa.
Portò le mani al volto, scuotendosi leggermente per poi riportarle violentemente lungo i fianchi.


-Chi sei?- ripeté, stavolta più decisa.

-Mi chiamo Valtor.- rispose lui, cosciente di non aver risposto realmente ai dubbi della ragazza.

Ma ora era il suo turno.


-Tu invece chi sei? Come conoscevi Marion? È morta molti anni fa.-

La rossa lo fissò per qualche secondo.
 

-Sono sua figlia.-
Qualcosa si bloccò nella mente di Valtor.
Sua figlia.
Una seconda figlia.
Una sopravvissuta.
Una Domino.
 

-Credevo avesse solo una bambina...- disse lui, forse più a se stesso che alla ragazza che aveva di fronte.
Marion era morta da 17 anni.
Aveva contato precisamente di tempo da quella sera.

Erano 17 anni che lui scappava.
17 anni che lui non viveva più.
17 anni da quando si era fidato di persone sbagliate, facendo il più grande errore della sua vita.
17 anni da quando subiva le conseguenze di quel gesto.

I rimorsi di quel momento di rabbia e pazzia estrema da portarlo ad uccidere l'unica donna veramente importante per lui.
 

Aveva scelto Oritel. Non lui.
 

Non aveva mai tenuto conto dei suoi sentimenti o, forse, non li aveva mai conosciuti perché non dimostrati.
Si era allontanata da lui, a cui non era rimasto altro che seguire la sua vita da lontano.

Aveva assistito al loro matrimonio.
Aveva visto il sorriso raggiante di Marion nell'avvicinarsi all'altare.
Lo stesso di quando era nata sua figlia, la prima, quella che lui credeva unica.
 

-No. Io sono nata 5 anni dopo Daphne.- disse lei.
-Mi chiamo Bloom.- aggiunse poi, come se questo potesse far ricordare Valtor di lei.

Era stato lontano per qualche tempo.
Il tempo necessario ad entrare in una cattiva compagnia e farsi fottere completamente il cervello tanto da non ragionare più se non per i propri interessi.
Una promessa di compenso era bastata a squilibrare completamente la sua mente.
Sarebbe stato un'ulteriore motivo per vendicarsi di Marion.

Per essersi allontanata da lui, essersi sposata e aver avuto figli con un altro.

Così era tornato in città.
Si era introdotto in casa, aveva stordito Oritel e appiccato il fuoco.

Poi era rimasto per quanto più tempo possibile con Marion.
Lei, che nascondeva la piccola Daphne dietro le gambe, e lo guardava con odio e aria di sfida mentre il fumo nero li circondava.
Non una parola, non una supplica era uscita dalla sua bocca.

Troppa forza, troppo orgoglio racchiuso in quel corpo così esile.
Così simile alla figura che, ora, gli stava davanti.

La sensazione di deja-vu scomparve quando rifissò i suoi occhi azzurri.
Al viso determinato di Marion si sostituì quello nuovamente incerto e spaventato di Bloom.

Quella ragazza era la punizione per il suo peccato.
Era arrivata dagli inferi, o qualcosa del genere, per fargli soffrire tutte le pene possibili ed immaginabili.

Cancellare dal mondo i Domino, questo era stato il suo obiettivo.
Oltre che per ricevere la ricompensa, anche perché, così facendo, credeva di pacificare il suo animo.

E ora scopriva che non era riuscito neanche in quello.

Lei rendeva ciò che credeva un successo, un completo fallimento.

Lei sarebbe stata la sua dannazione, la sua spina nel fianco.

Il suo viso gli avrebbe continuamente rinfacciato il suo passato, il suo errore più grande e il suo amore.

E fu in quel momento che qualcosa scattò nella sua mente.

Se non poteva più avere Marion, sua figlia sarebbe stato il riscatto per tutto ciò che aveva passato e perso.

Un ragionamento illogico e perverso.
Della serie le colpe dei padri ricadono sui figli.

Sarebbe diventato lui il suo inferno.
Avrebbe scatenato su di lei tutto il suo dolore. Si sarebbe spezzata sotto le sue mani.

Così fragile. Così delicata.

Sarebbe diventata di sua proprietà immediatamente.
Si avventò su di lei, trascinandola vicino al letto e gettandocela sopra, senza alcuno sforzo.

Così leggera. Così sottile.

Riuscì ad urlare prima che Valtor le tappasse la bocca.

-Shhhhh...- gli disse piano, ad un palmo dal suo viso.

Riusciva a vedere la paura in quel mare azzurro, traboccante di calde lacrime.
Le sue mani gli stringevano il braccio nel vano tentativo di allontanarlo.

Così debole.

Si immerse col viso nell'incavatura del collo, alla ricerca di un profumo familiare che però non trovò.
All'essenza di arancio dei suoi ricordi si andava a sostituire un miscuglio di fiori e erba.
Rimase fermo qualche istante ad assaporare quella nuova fragranza mentre la sentiva tremare.

Lei non era Marion.

Si rese conto che non gli importava.

Così vicino a quel corpo, ricevendo calore umano, provò sensazioni ormai dimenticate.

Messe da parte da fatica, rabbia e orgoglio.

La sua presa si allentò e la ragazza si dibattè per liberarsi.


-Lasciami, ti prego...- sussurrò lei.

Così dolce.

Incatenò il suo sguardo con il suo.

Qualcuno aveva preso a bussare insistentemente alla porta e da fuori provenivano voci confuse, che raggiungevano ovattate il suo udito.

Una piccola parte della sua mente gli suggerì che non aveva più tempo. Doveva andare via.
Ma non sarebbe scappato prima di provare un'ultima cosa.

Unì le sue labbra con quelle della ragazza.

Un'inspiegabile calore gli scaldò il petto.

Non sarebbe stata il suo riscatto.

Sarebbe stata il suo premio.

Per aver resistito.

Per essere arrivato fino a quel momento.

 

Sarebbe stata il suo nuovo punto d'inizio.

 

-Tornerò a prenderti, principessa.- le disse ancora sfiorandola.

Si alzò di scatto.

Bloom lo vide sfondare la finestra opposta alla porta per poi attraversarla, nello stesso momento in cui la porta veniva aperta.

La stanza si riempì di agenti, i suoi amici corsero ad abbracciarla.

Ma lei ormai non aveva più paura.
Era solo andato via.
Era sicura sarebbe tornato, così come aveva detto.





Angolo Autrice
Piccola storia nata da un sogno "leggeremente" più confuso e inspiegabile di come appare qui.
Spero comunque vi sia piaciuta e mi scuso per eventuali errori.
A presto
Giada00

  
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