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Autore: Crudelia 2_0    01/06/2019    0 recensioni
Esmeralda e Phoebus sono al Valdamore quando qualcuno colpisce il Capitano. Quest'ultimo, ferito solo superficialmente, si getta all'inseguimento della gitana, che troverà aiuto nel posto più inaspettato.
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Claude Frollo, La Esmeralda
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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E così scegli tu
A chi tieni di più
 
 
 
 Li sentiva dietro di sé. Doveva correre più veloce.
 Si sforzò di ignorare il dolore al fianco e accelerare, svoltare ancora un angolo, attraversare un altro vicolo- si fermò di colpo. Il terrore doveva averle fatto perdere  l'orientamento perché mai, mai, si sarebbe diretta lì, sul parvis di Notre Dame.
Attraversare la piazza era impensabile, sarebbe stata un bersaglio troppo facile, ma tornare indietro era da escludere nello stesso modo, preferiva gettarsi tra le fiamme dell'inferno piuttosto che tra le braccia dei soldati.
 Ogni secondo che passava esitando sul bordo della piazza era un secondo in più regalato alla morte certa che l'attendeva se l'avessero catturata, già le sembrava di sentire il fiato bollente dei cavalli sul collo, a scompigliarle i capelli, e il gelido metallo a stringerle polsi e caviglie.
Un urlo che pareva un richiamo la fece fremere; un ultimo, fugace sguardo alle sue spalle e prese la decisione più disperata, chiedendo un ultimo sforzo ai piedi martoriati.
Si gettò in una corsa folle verso il portone della cattedrale. Non aveva fatto neanche metà strada quando altre urla e risate degli uomini le dettero la certezza di essere stata scoperta. Accelerò ancora, quasi soffocando per la mancanza di fiato, le cosce che inziavano a bruciare e le ginocchia a dolere. Si scontrò con così tanta violenza sul legno da scorticarsi le mani, si ritrovò a metà navata senza accorgersene e fu svelta nel ripararsi nell'ombra della colonna più vicina. Si concesse il lusso di appoggiarsi alla fredda pietra e contare fino a cinque, poi riprese la corsa verso l'angolo più scuro.
Trovò una porta e la spinse.
Chiusa.
 Nel frattempo le voci avevano raggiunto l'entrata. Sentendosi sempre più un animale in trappola cercò un'altra maniglia per girarla.
 Nulla.
 Strinse i denti per soffocare l'urlo che le stava scoppiando nella gola e provò ancora un'altra porta.
Convinta di dover trovare un altro modo per salvarsi non si accorse subito che questa volta il tentativo era andato a buon fine e stava osservando una stretta scala che si perdeva nel buio.
 Azzardò uno sguardo verso i soldati, ma riuscì solo a scorgere lo scintillio di una fiaccola.
 Varcò la porta e la chiuse il più silenziosamente possibile, fu solo con la forza della disperazione che cominciò a salire i freddi gradini.
 
 
 Arrivò ad un corridoio e svoltò a sinistra seguendo niente se non l'istinto. Non sapeva quanto potesse essere saggio continuare ad inoltrarsi nella cattedrale quando doveva invece uscire e mettere quanta più distanza tra sé e quegli uomini, ma al momento continuare a correre senza meta le sembrava l'unica soluzione.
Avrebbe voluto che i suoi innumerevoli braccialetti, per quanto amati, smettessero di suonare ad ogni suo passo. Il loro tintinnio, unito al suo ansimare, sembrava un grido in quel silenzio di pietra.
Vide un'altra porta e si preparò ancora a spingerla con tutto il corpo, senza fermarsi. Tuttavia appena la chiuse cercando di fare meno rumore possibile si fermò.
Era in trappola.
 Pensava che avrebbe trovato un altro corridoio per continuare la sua fuga, ma in fondo lo sapeva che non poteva continuare così in eterno.
Nel disperato tentativo di riprendere fiato studiò l'ambiente. Una sola candela sembrava abbandonata su una scrivania ingombra di libri aperti, fogli, ampolle e strani oggetti. L'unica altra fonte di luce era data dalla grande vetrata che si affacciava ad un balcone.
La ragazza si avvicinò e, senza quasi accorgersene, si ritrovò a camminare verso la balaustra per osservarsi intorno. Era più in alto di quanto pensasse, al di sotto la piazza sembrava lontanissima, sopra lei i gargoille la osservavano con i loro gelidi occhi di pietra.
 Uno stallo.
 Né in alto, né in basso.
 Non ancora al sicuro, ma neanche spacciata.
 
 -Ehm, ehm-
 Si voltò di scatto, terrorizzata da quel colpo di tosse. Tra tutti, quell'uomo era l'ultimo che si aspettava di vedere.
Vestito semplicemente con pantaloni neri e una camiciola di lino, per un attimo faticò a riconoscere il prete che tanto la terrorizzava.
 Lo vide sollevare un sopracciglio, quasi ironicamente, mentre lei lo fissava ansimando. Arretrò finché non sentì la pietra contro la schiena.
 
Era in trappola, pensò nuovamente.
Il cuore iniziò a batterle in modo quasi malsano quando vide l'uomo avvicinarsi e sentì uscire dalle sue labbra un gemito terrorizzato.
Chiuse gli occhi in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa, che avrebbe segnato il suo destino.
La qual cosa non venne.
Riaprì le palpebre dopo qualche istante e scoprì l'uomo accanto a lei, le mani appoggiante pesantemente all'elaborato cornicione, lo sguardo a fissare la profondità della notte.
Rimase immobile, non aveva il coraggio di muovere un solo muscolo.
 
-Splendida notte, nevvero?-, le chiese l'uomo. Il suo sussurro roco sembrò un urlo in quel silenzio.
Sobbalzò, la gitana, quando si accorse che l'uomo la stava guardando, ancora con quell'espressione inspiegabilmente beffarda a curvargli le labbra.
Fece per aprir bocca e rispondergli quando lui voltò di scatto la testa.
Non fece in tempo ad accorgersene che si sentì afferrare il polso e spingere verso il muro. Sentì il corpo dell'uomo schiacciarla e la sua mano a coprirle la bocca, per soffocare il grido già salito alle labbra.
 
-Non muoverti!-.
 Un sussurro al suo orecchio. Non avrebbe obbedito se in quel soffio non ci fosse stata un'autorità e un’emergenza simile.
 Con una velocità sorprendente lo vide allontanarsi e rientrare.
-Capitano Phoebus-, furono le ultime parole che gli sentì dire prima che chiudesse la porta.
 
 
Stette schiacciata contro quelle pietre per minuti che le parvero ore. Non sentiva nessun suono provenire dall'interno, la sua unica compagnia era il rumore dei battiti sordi del suo cuore contro le costole, quasi doloroso, e il calore quasi estivo che le pietre ancora rilasciavano sotto i suoi polpastrelli. Dopo secoli di assoluto silenzio la porta si riaprì e ne uscì l'arcidiacono. Tornò alla posizione di prima, affacciandosi al basso, come se non fosse passato più di un secondo da quando le aveva rivolto quella domanda.
La zingara si avvicinò e chinò il viso sulla piazza. Vide i soldati allontanarsi, piccoli come bambole a quella distanza, le loro voci arrivavano ovattate e confuse.
Stettero immobili entrambi finché anche l'ultimo bagliore delle torce si perse tra l'oscurità dei vicoli parigini. L'uomo si girò e, senza degnarla di uno sguardo, fece per rientrare.
Solo allora dalle labbra della donna sfuggì un sospiro di struggente sollievo. Cadde in ginocchio, ai suoi piedi, e strinse un lembo della morbida stoffa dei suoi pantaloni per fermarlo.
 Alzò gli occhi pieni di lacrime verso il suo salvatore per sussurrare, con la voce spezzata dal pianto: -Sono in debito con voi-.
   
 
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