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Autore: Dida77    02/06/2019    6 recensioni
"Sposami." (tratta dal testo)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4 luglio 2016
 
Era il compleanno di Steve, il primo da quando Bucky era tornato a casa, da quando erano di nuovo insieme. Le cose sembravano aver preso una giusta piega e per la prima volta, dopo tanto tempo, troppo tempo, il futuro era tornato ad essere qualcosa da costruire e non più un buco nero pronto ad inghiottire le loro vite.

Bucky adesso era entrato a far parte dello S.H.I.E.L.D. e le riunioni, le missioni, le cene insieme ai ragazzi della squadra nella sala comune dell'Avengers Tower erano diventate una piacevole abitudine.

Certo le missioni erano pericolose, rischiavano la vita tutte le volte, ma la squadra era preparata e ben affiatata, e Bucky aveva capito che era quanto di meglio si potesse sperare, sempre pronti a coprirti le spalle sul campo di battaglia.
Certo, quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, quella paura strisciante dovuta all’eventualità che Steve potesse rimanere ferito in missione (o peggio) era sempre presente e, probabilmente, lo sarebbe sempre stata.
Ma non poteva tenere Captain America a casa al sicuro, così come non era mai riuscito a tenere Steve Rogers lontano dai guai. Quindi era sceso a patti con la realtà e aveva deciso di convivere con quella sgradevole sensazione. Pian piano, però, con il tempo, conoscendo la squadra ed entrando a farne parte, quella sensazione aveva iniziato a stemperarsi. Adesso era di nuovo al fianco di Steve sul campo di battaglia, adesso ci avrebbe pensato lui a proteggerlo, come settant’anni prima. E questo rendeva tutto molto più facile.

Era il compleanno di Steve, il primo da quando Bucky era tornato a casa, e avevano deciso di festeggiarlo insieme al resto della famiglia. Per la prima volta nella loro vita non lo avrebbero passato da soli.

Ma le vecchie abitudini sono dure a morire e la sera precedente avevano comunque festeggiato per conto loro: una pizza mangiata in un localino appartato del quartiere italiano, un muffin comprato per strada con l’unico scopo di far da supporto all’unica candelina portata da Bucky, una lunga passeggiata sotto le stelle di ritorno verso casa.

Niente di speciale, come al solito.
Ma comunque bellissimo, come sempre.

Quando uscirono dal locale l’aria era fresca, il cielo limpido, una serata perfetta. All'inizio avevano camminato semplicemente fianco a fianco, un po' parlando, un po' stando in silenzio. Poi le loro mani si erano sfiorate e le dita si erano intrecciate tra di loro come se fosse la cosa più naturale del mondo (in effetti era la cosa più naturale del mondo, ma il poterlo fare così, fuori dalle mura domestiche, continuava a stupire due ragazzi come loro, cresciuti nella Brooklyn degli anni Trenta).
Prima le loro dita si erano intrecciate. Poi il braccio destro di Bucky si era spostato protettivo sulla spalla di Steve, come faceva sempre quando erano piccoli. Un attimo dopo il braccio sinistro di Steve si era mosso istintivamente verso vita di Bucky, appoggiandosi sul suo fianco in modo da attirare il moro ancora più verso di sé. Dopo qualche passo la testa di Steve si era appoggiata sulla spalla destra di Bucky e questi aveva approfittato della situazione per baciarlo teneramente sulla fronte, sulle guance, sugli occhi. Avevano camminato così, agganciati l'uno all'altro, fino a quando, ore dopo, non erano arrivati sotto casa.

Quindi, alla fine, non fu un peso festeggiare il compleanno di Steve nella sala comune, tutti insieme.

Furono festeggiamenti in grande, come Steve non aveva mai ricevuto in vita sua. Ma c’era una strana euforia nell’aria. Come se tutti, finalmente, avessero trovato il loro posto nel mondo. O comunque un posto da chiamare casa, una famiglia a cui tornare, di cui fidarsi. Era una sensazione nuova per tutti, che li portava, più o meno consapevolmente, ad aver voglia di festeggiare. Non festeggiavano solo il compleanno di Steve, festeggiavano il fatto di essere tutti insieme, festeggiavano il fatto di potersi rilassare e godere semplicemente momenti come quelli.
Così, quando i primi fuochi di artificio per il 4 luglio si fecero sentire, tutti corsero fuori sulla terrazza, il naso puntato verso l’alto come tanti bambini eccitati, con le braccia alzate ad indicare l’un l’altro quale fosse lo scoppio più bello, più colorato, più grande.

Tutto come doveva essere. Semplicemente un gruppo di amici che guardavano i fuochi di artificio prima di terminare quella serata di festeggiamenti e andare a dormire. Tutto normale. Tutto come al solito.

Ma a volte il destino decide di metterci lo zampino e di mescolare le carte in tavola. Ripensando a quella serata, Bucky avrebbe sempre pensato che fosse stato proprio il destino a fare in modo che lui e Steve finissero a guardare i fuochi di artificio un po’ appartati in un angolo della terrazza, distanti dagli altri.

Steve era affascinato come al solito dallo spettacolo e non aveva occhi che per quelle cascate di luci di mille colori che piovevano dal cielo.

Anche Bucky era con il naso per aria, rapito dai fuochi di artificio – a chi non piacevano i fuochi di artificio? Ma poi, per un attimo si voltò verso Steve per dirgli qualcosa, forse semplicemente per sorridergli.

E fu come un lampo, un colpo al cuore.
Fu l’aria che si fermava nei polmoni.
Fu capire distintamente, in un attimo, ciò che in fondo al suo cuore aveva sempre saputo.
Fu capire che Steve era il suo sole, la sua luna, le sue stelle. Il suo centro di gravità. Il suo tutto.
Fu il prendere coscienza di come la sua vita avesse senso solo se passata accanto a Steve.
Fu la consapevolezza, improvvisa, che avrebbe voluto passare il resto della sua vita lì, al suo fianco, e in nessun’altro posto.
E, come aveva sentito dire in un film… quando ti rendi conto che vuoi passare il resto della tua vita con una persona, vuoi che il resto della tua vita inizi il prima possibile.

E capì che non poteva aspettare.
Perché ci sono momenti nella vita in cui aspettare non è possibile e ci sono decisioni che non hanno bisogno di essere ponderate, perché te le senti talmente radicate dentro le ossa da essere fondamento di tutto il tuo essere.

Non poté aspettare nemmeno la fine dello spettacolo di fuochi di artificio, quindi lo guardò con un sorriso che veniva dal cuore, alzò la voce quel tanto che bastava per farsi sentire e disse…

“Sposami.”

Steve all’inizio sembrò non averlo sentito, troppo preso dallo spettacolo. Poi, dopo una manciata di secondi, si voltò lentamente verso Bucky e lo guardò con aria interrogativa, come se non avesse capito ciò che Bucky gli stava dicendo.

“Ti amo, Stevie. Sposami.” Ripeté Bucky, utilizzando quel caro nomignolo utilizzato solo in momenti particolari della loro vita.

Appena il tempo necessario per capire a pieno il significato di quelle parole, che Steve si voltò veloce, dandogli le spalle. Bucky poteva solo vederne la forma alla luce intermittente dello spettacolo pirotecnico. Spalle immobili prima, e scosse da sussulti sempre più forti dopo.
I fuochi di artificio ormai dimenticati sopra le loro teste.

Il cuore di Bucky cadde a terra con un tonfo. Aveva rovinato tutto. Sarebbe dovuto rimanere in silenzio, non avrebbe dovuto parlare. Avrebbe dovuto tenere quel pensiero per sé, quel desiderio. Non avrebbe dovuto essere così impulsivo… L’ultima cosa che voleva era far soffrire Steve. Si sarebbe strappato il cuore dal petto pur di non farlo soffrire… e invece Steve era lì davanti a lui che piangeva per colpa sua.

Inconsapevolmente fece un passo avanti, avvicinandosi a Steve e mettendogli la mano destra sulla spalla, leggera, come per scusarsi della sua presenza.
“Scusami Steve, ti prego scusami. Non volevo farti star male. Sono un cretino, ti prego scusami… scusami… scusami… scusami…”
Alla fine riusciva a ripetere soltanto quell’ultima parola, con la voce ormai rotta, sapendo che non avrebbe potuto rimettere le cose a posto, ma incapace comunque di smettere.

“Hai ragione.” Disse Steve voltandosi e spiazzando Bucky che interruppe, per un momento, il suo fiume di scuse. “Hai ragione, sei un cretino e non hai capito niente.” Continuò Steve con il volto completamente bagnato da lacrime che non accennavano a fermarsi. “Ti amo, ti ho sempre amato credo, ma all’inizio eravamo giovani e stupidi e non me ne rendevo nemmeno conto… Due uomini… sembrava un’eresia… Poi te ne sei andato, sei caduto da quel treno e quello che provavo per te è diventato improvvisamente chiaro… ma ormai era tardi, troppo tardi.” Steve si fermò un attimo, come sopraffatto dai quei ricordi che facevano ancora male come una ferita aperta. Poi, tirando un grosso respiro, continuò.
“Dopo che te ne sei andato, i rimpianti e i ricordi riempirono la mia vita. Non c’era altro, solo quelli. Ma potevo comunque passare ancora del tempo con persone che ti avevano conosciuto, potevo parlare di te con loro e questo, in qualche modo, mi aiutava ad andare avanti. Ma poi, dopo il ghiaccio, mi sono ritrovato in un mondo diverso, dove nessuno ti aveva conosciuto e dove non c’era più nessuno con cui condividere i ricordi che avevo di te.” A questo punto Steve dovette fermarsi un’altra volta, scosso da singhiozzi che sembravano bloccati nel suo petto da settant’anni. Un fiume in piena che aveva rotto i suoi argini.

Bucky si avvicinò ancora e fece per abbracciarlo, ma Steve si ritrasse scuotendo il capo. “Aspetta, devo finire… Lasciami finire… Non è facile...” e cercando di calmare il respiro, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, continuò… “Adesso sei qui, davanti a me, e una delle poche cose che ho capito nella vita, che ho capito davvero in tutti questi anni, è che voglio passare il resto della mia vita con te. Malgrado tutto ciò che abbiamo passato, tutto ciò che è successo, io voglio solo passare il resto della mia vita con te. Quindi sì, ti sposo, se è questo che vuoi davvero. Oh Dio Bucky… pensavo che non me lo avresti mai chiesto… Ti sposo Bucky, ti sposo. Ti sposo con tutto il cuore e fino alla fine di tutto.”

Improvvisamente i singhiozzi squassarono il petto di Bucky, i primi isolati, poi sempre più veloci, più forti, come un fiume in piena. Lui non fece niente per fermarli e pianse. Pianse di sollievo. Pianse dalla gioia. Pianse per ciò che c’era tra di loro e per ciò che, adesso ne era sicuro, ci sarebbe stato in futuro. Pianse, incapace di articolare parole rimaste bloccate in gola.

E allora Bucky annuì, con tutta la forza di cui fu capace, guardando Steve negli occhi, ridendo e piangendo nello stesso momento, ancora stupefatto da ciò che era accaduto negli ultimi minuti.

Quando i fuochi di artificio terminarono, una decina di minuti dopo, il resto della squadra li trovò in un angolo riparato della terrazza, ancora abbracciati stretti che piangevano l’uno con la testa nascosta nel collo dell’altro.
   
 
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