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Autore: Stylinson King    07/06/2019    1 recensioni
Si arriva a un punto in cui anche i legami più forti si spezzano ma Louis ed Harry non hanno mai pensato a questa eventualità fino a quando quel filo sottile non iniziò a sbriciolarsi sotto i loro occhi.
Genere: Erotico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Chiedersi cosa ci fosse di sbagliato nella loro relazione era sempre stata una di quelle domande a cui Harry non era mai riuscito a dare una risposta. Ci provava, soppesava ogni fatto studiandolo attentamente, ma proprio non riusciva a trovare una singola prova che gli confermasse che quel rapporto fosse malsano, che avrebbe distrutto entrambi e che, alla fine, avrebbe portato solo ad un loro progressivo ed inevitabile allontanamento. Avevano sopportato tanto, lui e Louis. Erano stati costretti a vivere il loro amore nascosti agli occhi del mondo per anni, obbligati a stare lontani, a non guardarsi e a non sfiorarsi, a ridurre al minimo qualsiasi tipo di interazione che potesse far pensare a loro come coppia. Il loro amore veniva rinchiuso in piccole stanze, ridotto a baci fugaci, carezze veloci e tocchi rubati tra gli sguardi di chi era distratto. Faceva così male vivere in quel modo che forse, lentamente e inesorabilmente, aveva finito per divorarsi ogni briciolo di sicurezza e fiducia che l’uno nutriva per l’altro, portandoli entrambi sull’orlo di un baratro così profondo dal quale non si riusciva nemmeno a intravedere la fine.
Ogni giorno portava con sé un pretesto per litigare, per sfogare la frustrazione, la rabbia e l’impotenza nel cambiare le cose che da tempo nascondevano nel cuore e nella mente dietro a falsi sorrisi, recitati talmente bene da sembrare reali, arrivando a convincere anche loro stessi di quella inesistente felicità.

Proprio in quel modo erano giunti a quell’assurda situazione che molte volte erano riusciti ad arginare nei modi più pacati possibili. In quel momento, invece, la bomba delle cose non dette, sottoposta a continui stress ma tenuta miracolosamente stabile, si preparava ad esplodere ed entrambi sapevano che qualora fosse successo, le cose non sarebbero state più come prima.

Harry reggeva in mano il telefono, la pagina social di un giornale ancora aperta sullo schermo, un’ennesima foto di Louis mano nella mano con un’altra ragazza, la ‘sua nuova fiamma’. Harry ormai non ne poteva più di quella farsa.

Il riccio era leggermente alticcio. Nell’attesa che il suo compagno rincasasse per parlare di quella questione, infatti, si era scolato due birre e lui, l’alcol, proprio non lo reggeva. Se ne stava in piedi, davanti alla porta, ad osservare l’altro che, con lo sguardo azzurro perso e confuso, lo scrutava a sua volta. Lanciò la prima pietra, Harry, incurante delle conseguenze e poi, semplicemente, con passo svelto, uscì di casa indossando il giubbotto che aveva recuperato nella foga del momento, e si avviò verso l’unico posto in cui era sicuro potesse stare bene: Holmes Chapel.

In quella casa di Londra, intanto, le parole fredde e dure del riccio, risuonavano fra quelle pareti piene di ricordi, rimbombando quasi dolorosamente nei pensieri di Louis, in piedi ad osservare il punto esatto in cui pochi minuti prima si trovava il suo compagno. Senza che potesse fare nulla per frenarle, le emozioni prevalsero e si ritrovò a tremare, le gambe si fecero improvvisamente deboli e le guance bagnate.

“Tra noi è finita. Non riesco più a reggere tutta questa merda. Non vale più la pena lottare per qualcosa che non avremo mai. Il nostro amore è stato solo una farsa, una fase di passaggio che ci ha colto nel momento peggiore. Vai da lei, sembravi così felice nelle foto. Vai perché io non provo più nulla per te. Tu non sei più nulla per me. Anzi, credo di non averti mai amato veramente”

Scosse la testa, urlò senza però che alcun suono uscisse dalla sua bocca, era distrutto, il suo cuore a pezzi, l’unica certezza -la presenza di Harry- svanita davanti ai suoi occhi, ogni sacrificio fatto, inutile.
 

Il mattino seguente il campanello di casa Styles/Tomlinson veniva suonato incessantemente e le chiamate al cellulare di Louis andavano a vuoto. Liam conosceva i suoi amici ed era sicuro che a quell’ora del mattino -le otto per essere precisi- stavano ancora dormendo ecco perché quella mancanza di risposta dall’altra parte e il cellulare di Styles risultato continuamente irraggiungibile iniziarono a preoccupare il ragazzo mentre una strana sensazione aveva iniziato a farsi largo nella sua mente.

Chi non si sarebbe svegliato dopo che per quasi venti minuti qualcuno aveva suonato il campanello con insistenza? E si, poteva sembrare esagerata come tempistica ma era anche vero che se il castano si metteva in testa qualcosa, poteva diventare peggio di Niall per ottenerlo. A quel punto, senza intenzione di arrendersi, fece il giro della casa. Le macchine dei due sembravano essere al loro posto nel cortile ma sapeva che qualcosa non andava, se lo sentiva.
Ignorando i possibili sguardi dei passanti, scavalcò l’alto muretto e si diresse in casa. Nessun allarme scattò non appena invase la proprietà privata e la porta risultava essere stranamente aperta. Nonostante ciò pareva tutto normale se non fosse stato per l’odore pungente di alcol che lo investì in pieno non appena mise piede nell’ingresso. Andò in cucina e trovò quasi tutto il piano di marmo coperto da bottiglie di liquori, birra e vino ormai vuote. O i due avevano fatto festa con qualcuno o qualcosa di grosso era successo e il ragazzo sperava con tutto sé stesso che fosse la prima ipotesi.

“Louis, Harry, ci siete?”                 Chiese a quel punto il giovane, salendo le scale. Seguì l’odore che sembrava farsi più forte lungo il corridoio al piano superiore. Quando poi udì il suono dell’acqua scorrere si rilassò per qualche secondo. Convinto di trovare una nuvola di vapore sbirciando dalla porta socchiusa, non ci pensò due volte ad andare a controllare: avrebbe sempre potuto giustificarsi sul fatto che fosse preoccupato dato che nessuno dei due si degnava di rispondere. Ciò che vide però lo fece solo rabbrividire. L'acqua della doccia continuava a scorrere facendo da sottofondo alla visione di un Louis riverso a terra, privo di sensi e circondato da un numero considerevole di pasticche cadute sicuramente dal contenitore di plastica stretto in una sua mano. Come fece Liam a chiamare un’ambulanza senza rimanere paralizzato dalla paura rimase un mistero anche per lui.
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Holmes Chapel era e sarebbe stata sempre il suo porto sicuro. Quella era l’unica certezza nella sua vita.
Arrivato lì in piena notte, era stato raggiunto dalla madre che lo portò a casa senza però che lui gli desse qualche tipo di spiegazione sul perché fosse tornato lì senza alcun tipo di preavviso. Giunti a casa il ragazzo si chiuse nella sua vecchia camera e l’ultima cosa che sentì prima di crollare nel sonno fu la voce della donna che gli implorava di spiegargli cosa fosse successo.

Fu proprio la voce di Anne a svegliarlo la mattina seguente.
Udire la voce della madre chiamarlo era sempre stata una delle sue cose preferite perché lo faceva con amore e dolcezza, come se la sua voce avesse quell’innato potere di accarezzare il suo nome e donargli un risveglio degno di un principe. Questa volta, suo malgrado, notò qualcosa di diverso: il suo tono pareva disperato e ne ebbe la conferma quando all’ennesimo “Harry” un singhiozzo ruppe la sua voce.

Si alzò di scatto dal letto e aprì la porta -chiusa a chiave la sera prima- e si ritrovò Anne in lacrime, il viso provato e le mani, intente a reggere il telefono, tremanti.

“Che cos’è successo?”

Domandò, temendo la risposta, mentre il pensiero viaggiò istintivamente fino a Londra.

“Liam...”

Un altro singhiozzo spezzò la sua voce ma a udire quel nome Harry si sentì in parte sollevato; certo, era uno dei suoi migliori amici e la paura che gli fosse successo qualcosa di grave lo terrorizzò a morte ma sapere che al suo ragazzo non fosse successo nulla lo faceva sentire in qualche modo meglio. Aprì bocca per chiederle cosa fosse successo ma la madre lo precedette facendo crollare il suo mondo.

“Liam mi ha appena telefonato. Mi ha detto di aver trovato Louis privo di sensi a casa vostra. È andato in coma etilico e ha ingerito una quantità spropositata di antidepressivi. Ora è all’ospedale ma non sembra dare segni di volersi svegliare. Mi dispiace, tesoro.”

Superò la donna senza dire nulla mentre le immagini e le parole della sera prima iniziarono ad affollare i suoi pensieri e i sensi di colpa ad attanagliarli il cuore.

Come ho potuto fargli questo? So come reagisce, conosco i suoi punti deboli e da vile e codardo quale sono gli ho usati contro di lui per ferirlo. Si è sempre fatto in quattro per me. Si è sempre messo a disposizione per quelle fottute uscite programmate che ogni volta lo distruggevano un po’ di più. È rimasto sempre al mio fianco, regalandomi il Louis sorridente e spensierato mentre dentro stava morendo. E ora… ora rischio di perderlo sul serio, per sempre.

Afferrò il necessario ed uscì di casa pronto a guidare per ore pur di raggiungere il più in fretta possibile il suo Lou, il tutto sotto gli occhi di sua madre che lo seguiva senza avere il coraggio di fermarlo. Sapeva che non fosse nelle condizioni migliori per mettersi alla guida ma si trattava di Louis, della vita della sua anima gemella e niente e nessuno gli avrebbe impedito di raggiungerlo.

Rimase al volante per quasi quattro ore fino a quando non raggiunse l’ospedale. I suoi occhi erano gonfi e rossi, le guance irritate e le labbra martoriate da innumerevoli morsi. Tremava dalla paura ma riuscì lo stesso a scendere dalla macchina e a trovare un minimo di lucidità per poter mettere piedi in quell’edificio. Il bianco dell’ospedale lo aveva sempre rattristato, più di un bosco spoglio in inverno o di un parco giochi abbandonato. Fu costretto a fermarsi poco dopo però, appoggiandosi al muro del corridoio e a portarsi una mano al petto mentre stringeva convulsamente la maglia del pigiama che aveva ancora ancora indosso. Chiuse gli occhi e fece dei bei respiri. Non era il primo attacco di panico che aveva ma solitamente Louis era sempre lì con lui a calmarlo, questa volta, invece, era da solo. Fece un bel respiro, pensò al sorriso del compagno e la calma tornò a impossessarsi del suo corpo. Doveva solo essere positivo.
Raggiunse il reparto di terapia intensiva e non si stupì di trovare le sorelle Tomlinson, eccetto i gemelli più piccoli, lì, insieme a Liam e Niall; ciò che lo sorprese ma che comunque, inconsciamente, si aspettava, furono le occhiate di rabbia e di delusione che si posarono su di lui: loro sapevano o perlomeno avevano intuito quale potesse essere l’origine di tutto. Abbassò lo sguardo d’istinto e rimase in disparte, ad aspettare.

Aspettò fino a quando il medico, qualche ora più tardi, non gli confermò che il ragazzo fosse fuori pericolo e che quindi sarebbe stato trasferito in un altro reparto in attesa che si svegliasse. Quando poi la famiglia di Louis tornò a casa, al suo capezzale rimasero solo i tre compagni di band che incapaci di stare buoni anche in quella situazione, iniziarono a discutere animatamente su ciò che aveva portato a quella situazione.

Urla, battibecchi, idee contrastanti. L'ultima cosa che ricordava doveva per forza essere la prima che sentiva?

Louis aprì gli occhi e una distesa di bianco accecante lo costrinse a socchiuderli, feriti da tanta luce, e ad emettere un forzato “mh”. Improvvisamente il silenzio regnò nella stanza: niente più schiamazzi e rumori molesti, solo una dolce e rilassante quiete.

“Finalmente un po’ di silenzio.”

Disse il giovane disteso a letto con voce fin troppo rauca per i suoi gusti che gli graffiò la gola ormai secca.

“Dio, ma cosa è successo? Mi sembra di aver dormito per mesi...”

Continuò mentre i tre ragazzi presenti nella stanza si fecero più vicini al letto.

“Lou, amore.”

Quella voce, la ricordava. Come avrebbe potuto dimenticarla? Eppure, l’ultima volta che l’aveva sentita era più dura e fredda, un’arma pronta a ferirlo o peggio, a ucciderlo. Certo, il litigio. Ora rammentava, ma adesso quella stessa voce era più dolce, velata di preoccupazione, calda. Cosa mai poteva essere successo per causare questo improvviso cambiamento?

Finalmente i suoi occhi misero a fuoco le tre figure piegate su di lui e non poté trattenersi dal ridacchiare nel vedere i loro volti contrarsi in un’espressione di pura sorpresa, gli occhi lucidi come se da un momento all’altro potessero mettersi a piangere. Con suo stupore però Harry stava seriamente piangendo. Le sue guance erano bagnate, segnate da piccole lacrime che andarono a infrangersi contro le sue, più pallide e magre.

“Harreh... ehi, non piangere, lo so che appena sveglio non sono la bellezza in persona ma non sono nemmeno così brutto!”

Il riccio scosse la testa e rise mentre le lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi.

“Tu... Tu non fare mai più una cosa del genere. Hai capito? Superalcolici e antidepressivi. Seriamente? Cosa avevi in testa in quel momento? Ho avuto il terrore di perderti! Ti amo. Quello che ho detto non era vero, ero ubriaco e tu sai bene che io non reggo l’alcol. Perdo-…"

Il flusso di parole del più piccolo venne interrotto dal liscio che messosi a sedere - anche se con un po’ di fatica - posò un dito sulle sue labbra morbide e piene, sorridendogli.

“Shut up and now kiss me you fool.”
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I mesi erano trascorsi velocemente, la pausa era durata molto più del previsto ma tante cose erano cambiate e adesso, finalmente, potevano considerarsi liberi. Dopo tanto tempo, erano pronti a ritornare sul palco insieme, come band. Nulla era stato preparato, se non l’arena che li avrebbe ospitati. Nessun album in uscita, nessun singolo nuovo pronto per essere dato in pasto al mondo. Questa volta il comando era loro e all’unisono avevano deciso di esibirsi con le loro canzoni da solisti. Le loro voci si sarebbero unite per formare un’unica melodia pronta a dare vita nuova a quei singoli che in un modo o nell’altro avevano fatto parte della vita di ciascuno.

Pochi minuti mancavano a quella loro rinascita. L’eccitazione era tanta ma anche la paura non smetteva di aleggiare fra di loro.

“Harreh...”

“Si?”

“Sei felice?”

“Certo che lo sono.”

“Quindi sei pronto?”

“Si.”

“Sicuro? Se non te la senti non dobbiamo farlo per forza.”

Ecco il vero Tommo. Agitato, ansioso e spaventato ma che davanti a tutti si era sempre dimostrato il più forte e il più coraggioso anche quando la sua vita sembrava star cadendo a pezzi. Harry gli strinse la mano, gli sorrise e tutte quelle sensazioni negative sparirono.
Eccoli, allora, pronti a salire di nuovo sul palco per la prima volta dopo quella pausa che sembrava essere durata secoli. Il grande schermo proiettò i quattro ragazzi, le urla riempirono lo stadio, ma questa volta qualcosa cambiò. Come un’unica anima le voci si zittirono all’unisono davanti alle mani di Louis ed Harry intrecciate tra loro. Si guardarono, si sorrisero come per sorreggersi a vicenda, Liam e Niall al loro fianco per sostenerli e poi di nuovo urla. “Larry” gridato in un unico coro. I loro nomi, uniti come i loro cuori, risuonavano nell’arena.

I due si guardarono di nuovo, una scintilla di vita brillava nei loro occhi prima che quella del divertimento non li fece scoppiare a ridere quando Niall, accanto a loro, si strinse le braccia al petto, diede le spalle al loro pubblico e mimò un bacio.

"Non possiamo lasciarlo solo, facciamogli compagnia!”
                       
Esclamò entusiasta il liscio prima di essere afferrato per i fianchi dal compagno che lo baciò con tutto l’amore che possedeva. Quello fu il concerto più bello di tutta la loro carriera: nulla da nascondere, nessuna parola sussurrata, nessun gesto segreto e nessuna serenata.

Solo loro: Harry e Louis. Louis ed Harry.
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Come succedeva sempre a fine concerto ormai da dieci anni a quella parte, Harry e Louis si rifugiarono in un hotel nonostante non fossero così eccessivamente lontani da casa. Il loro continuo stuzzicarsi e accarezzarsi sul palco faceva crescere in loro il desiderio di donarsi l’uno all’altro, di sentirsi in ogni fibra del proprio corpo, di unirsi fino a quando non ce l’avrebbero fatta più. Diversamente dal passato questa volta, tuttavia, il loro era un semplice capriccio, una insensata voglia di ribattezzare quella tradizione con la loro libertà. Libertà di chi finalmente non era più costretto a nascondere il proprio amore davanti alle persone.

Nonostante fossero esausti dall’esibizione, i due, infatti, non persero tempo a correre fuori dall’arena e a salire sull’auto che li aveva portati lì. La loro guardia del corpo avrebbe compreso senza problemi il perché di quella loro fuga, o forse no, visto che dopotutto gli avevano appena rubato la macchina ma anche se non lo avesse fatto Niall e Liam avrebbero sicuramente sistemato le cose per loro conto.

I loro sorrisi non smettevano un solo secondo di splendere sui loro volti. Louis non riusciva a trattenersi dal ridere mentre Harry, alla guida della macchina, premeva sull’acceleratore, incurante di star infrangendo come minimo una cinquantina, se non di più, di leggi. Entrambi non vedevano l’ora di raggiungere il loro hotel che per anni, quando la band era ancora attiva, era stato testimone dei loro continui alti e bassi. Li aveva visti crescere, maturare, li aveva osservati silenzioso durante le loro litigate, era stato il loro piccolo porto sicuro per rifugiarsi dalla vita, era stato la loro culla quando avevano più bisogno di sentirsi loro stessi, era stato il loro fortino che gli aveva sempre nascosti da occhi indiscreti. Era stato il loro unico scudo dietro cui consumare il loro amore bruciante che divorava le loro anime giorno, dopo giorno, dopo giorno.

Lasciarono la macchina al parcheggiatore prima di raggiungere la reception mano nella mano, senza paura. Ritirarono la tessera della loro suite e senza aspettare un minuto di più corsero per le scale. Sapevano che se avessero preso l’ascensore la camera sarebbe stata completamente inutile e il tutto si sarebbe consumato in troppo poco tempo in quello sgabbiotto di metallo ancora prima di raggiungere il piano e loro non volevano. Desideravano lasciarsi corrompere dal piacere nel modo più lento possibile, assaporandone ogni attimo, ogni brivido, fino all’apice.

Come due bambini, le loro risate e le loro urla riecheggiarono fra le mura di un hotel quasi dormiente fino a quando non arrivarono alla porta della camera.

Il corridoio era deserto, ogni tanto qualche cameriera spuntava da dietro l’angolo ma ciò non frenò Louis dallo spingere il riccio contro la porta ancora chiusa, iniziando ad esplorare il suo corpo da sotto la camicia quasi già sbottona. Si accanì poi sulle sue labbra piene e rosee come due petali di rosa, le succhiò e le morsicò prima di baciarle come se fosse stata l’ultima cosa che faceva in quella vita. Si strinse a lui, i loro petti a contatto, quasi a fondersi in un'unica cosa mentre Harry tentava di strisciare la tessera per aprire.

“L-Lou, fammi aprire…”

Si ritrovò ad ansimare il più piccolo quando il viso del compagno si intrufolò fra la clavicola e la mandibola, andando a marcare il territorio. Senza che Harry sapesse come, la porta scattò e si ritrovò spinto con foga nella stanza, la camicia strappata di netto venne lanciata senza riguardo a terra e la porta chiusa con un calcio. Era totalmente in balia di Louis che pareva non essere in grado di resistergli. Nutriva, infatti, il bisogno di sentirlo addosso, di inebriarsi del suo profumo e del suo sapore fino a quando non ne sarebbe stato sazio.

“Mi era mancata la tua libertà. Il sorriso fiero sul tuo volto, quelle fossette piene di tenerezza e di verità che solo io conoscevo ma di cui ora anche il mondo è a conoscenza. Mi mancava il tuo respiro sulla mia pelle, la tua voce carica di eccitazione che gemeva il mio nome. Mi era mancato tutto, ogni cosa. Mi eri mancato, Harold.

Mormorò il liscio fra un bacio sul collo e un morso sulla mandibola, staccandosi poco dopo per guardare il viso di Harry, rilassato e senza alcun tipo di preoccupazione. I loro occhi, languidi per l’eccitazione, conversarono in una lingua che i due non erano ancora in grado di comprendere. Il verde si colorava di azzurro e l’azzurro veniva inghiottito dal verde.

Rimasero fermi per minuti interi ad osservarsi, persi in quella bolla di intimità che si erano creati. Il riflesso della luna li illuminava, assistendo alla loro prima notte di libertà mentre Londra, ignara di ciò che avveniva in quella stanza, continuava ad andare avanti.

“Harry…”

“Ssh, non dire nulla. Non serve. Rilassati.”

Il riccio finalmente riprese il controllo del suo corpo e della situazione. Fece sedere Louis sul letto mettendosi poi a cavalcioni su di lui. Gli tolse la maglietta e iniziò a baciargli il collo, scese lungo la spalla e poi arrivò alla clavicola che morse più volte lasciandovi così segni rossi ben evidenti. La gente doveva sapere a chi appartenesse. Si spostò poi sul suo petto, baciò ogni singola lettera del suo tatuaggio mentre le mani vagavano lungo i suoi fianchi facendolo tremare sotto di sé. Era incredibile come solo delle carezze potessero farlo piegare al suo volere. Poi, come l’essere più possessivo fra tutti, li addentò senza pietà gustandosi ogni singolo gemito che scappava al controllo del liscio mentre il bacino scattava in avanti alla ricerca di attenzioni.

Quando finalmente arrivò alla cinta però si fermò, alzando lo sguardo per osservare la reazione dell’altro che subito non si fece attendere.

“Non posso di certo stare zitto se tu ti fermi sul più bello, Styles. Dannazione, che cos’hai nel cervello, muoviti! Giuro che me la paghi se non ti sbrighi. E non scherzo. Sai come divento. Non farmelo ripetere. Non osare farmi sclerare mentre lo stiamo facendo solo perché tu sei un idiota. Ti amo ma se fai così sei so-… ”

Il suo monologo venne interrotto da un bacio irruento che insieme alla sanità mentale di Louis portò via anche i suoi pantaloni e i suoi boxer lasciandolo totalmente in balia del riccio. Boccheggiò quando la sua erezione fu intrappolata fra le labbra di Harry che cominciò a risalire l’asta con la lingua prima di succhiarne avidamente la punta senza smettere di guardarlo.                                 I gemiti di Louis riempirono la stanza e se anche fosse stato troppo rumoroso per i loro vicini di camera, a lui non importava. Si stava modellando come creta fra le mani esperte e dannatamente fredde del riccio che lo accoglieva nella sua bocca come se fosse nato per fare solo quello mentre le sue mani non smettevano un solo attimo di esplorare il suo corpo magro con delicate carezze che contrastavano con quell’atto così “sporco”.  Senza ormai più inibizioni cominciò a muoversi sotto di lui scopandogli la bocca ed Harry, di fronte a tanta intraprendenza, non fu da meno. Strinse nelle sue mani il sedere tondo e sodo del compagno andando a stuzzicare la sua apertura con un dito. Per quella notte avrebbe avuto la sua rivincita, e avrebbe fatto suo il più grande senza sosta fino a quando entrambi non sarebbero stati esausti.

“C-Cosa stai facendo?”

Domandò con finto tono ingenuo il liscio, osservando il compagno con gli occhi appannati dal piacere. Sapeva benissimo quali erano le sue intenzioni e non si sarebbe tirato indietro. Era da tanto, troppo tempo che non si concedeva ad Harry e anche se era solitamente lui a prevalere, quella volta aveva un’insensata voglia di sentirlo dentro di sé, ma voleva fosse lui a dirlo con quella sua voce roca impastata dal piacere che avrebbe potuto fargli perdere quegli ultimi due neuroni che ancora tentavano di sopravvivere a quel momento d’estasi.

“Sai, anche tu mi sei mancato, Lou. Mi sono immaginato questo momento per parecchio tempo. Qui, di nuovo in questo hotel. Temevo che ci saremmo tornati da fuggiaschi e, invece, ci ha accolto da persone libere, sweetheart.

Quell’appellativo venne soffiato contro il suo inguine e il suo corpo, in risposta, tremò, spingendosi contro le dita anellate dell’altro. Non riusciva più a resistere. Aveva bisogno di essere riempito da Harry oppure sarebbe impazzito. Così, lentamente, un primo dito si fece strada dentro di lui, allargandolo con dovizia e accogliendone subito dopo un secondo e un terzo che andarono ad infrangersi contro la sua prostata.

“Di nuovo. Lì, ti prego. Harry.”

Ansimò il liscio, gli occhi chiusi, la schiena inarcata e il corpo sotto tensione per quelle scariche di piacere che solo il riccio sapeva donargli.
Dentro e fuori, fuori e dentro. Harry muoveva quelle tre dita divinamente dedicandosi a marchiare il territorio che temeva qualcuno gli portasse via. Quando però le contrazioni intorno ad essere iniziarono a farsi più insistenti, capì fosse arrivato il momento di possederlo. Le sfilò con fin troppa delicatezza e si alzò in piedi, sovrastandolo il più grande.

“Lascia fare a me, Sun.

Louis si sollevò con quel briciolo di compostezza che ancora possedeva e slacciò i pantaloni di Harry, calandoglieli fino alle ginocchia, e lasciando libera la sua semi-erezione.

“Dovresti metterti delle mutande. Sono geloso quando il mio gioco preferito viene condiviso in giro per il mondo.”

“Come me anche loro amano il sapore della libertà.”

Gli accarezzò il viso e bastò un solo sguardo per fargli intendere ciò che desiderava. La bocca di Louis si riempì della sua grandezza, incavò le guance e cominciò a muovere la testa sentendo l’effetto del suo operato indurirsi fra le sue labbra. Le mani di Harry si strinsero ai suoi capelli ormai lunghi fino a quando, con uno schiocco, il liscio non lasciò libera la sua eccitazione. Non ne poteva più di aspettare. Il suo corpo era febbriciante solo per lui. Lo desiderava fino a quando avrebbe avuto la forza di accoglierlo dentro di sé e forse anche oltre.

Harry lo fece sdraiare, gli allargò le gambe e si mise tra di esse ma il sorriso divertito di Louis lo lasciò perplesso fino a quando non fu lui a trovarsi sotto. Quel piccolo stronzo aveva invertito le posizioni con un movimento di bacino.

“Puoi avermi, ma sopra ci sto io comunque.”

“Sei davvero incorreggibile.”

E sorrisero entrambi, ma ognuno in modo differente. Louis, infatti, sorrideva fiero del comando che aveva in parte ripreso mentre quello di Harry era trionfante. Quando poi il liscio si calò su di lui, accogliendolo dentro di sé, le parole del riccio gli arrivarono come una mazzata.

 “LouLou, fottuto.”

Sussurrò languidamente al suo orecchio, tirando fra i denti il lobo, arrossandolo.

L’espressione del liscio lasciava trasparire tutta la sua disapprovazione riguardo a quel nomignolo che proprio non sopportava. Il fatto poi che Harry avesse utilizzato proprio quel termine -fottuto- gli aveva fatto provare una scarica di eccitazione mista a rabbia che lo fece fremere fra le sue mani che saldamente lo tenevano per quei fianchi martoriati da decine di morsi e succhiotti che spiccavano sulla sua pelle.

“Quando vuoi sai essere davvero perfido, Styles. La prossima volta sarai tu quello fottuto.”

E di nuovo le loro labbra si ritrovarono, le loro salive si mischiarono e i loro gemiti di soffocarono gli uni contro gli altri mentre i loro corpi si unirono in quella danza erotica di cui la luna era la sola spettatrice, silenziosa e guardiana delle loro anime e del loro amore ancora una volta.

Per tutta la notte Louis si concesse al riccio, volta dopo volta, facendosi riempire da lui, dal suo seme caldo che ad ogni orgasmo gli donava quel poco di energia che gli serviva per il round successivo. E continuarono così fino al mattino successivo quando, all’alba, i due non si ritrovarono l’uno avvinghiato all’altro in un intreccio di gambe, braccia e lenzuola che coprivano i loro corpi nudi e ancora accaldati. Intorno a loro l’odore dei loro umori impregnava l’aria.

Il viso di Louis, adagiato sull’ampio petto di Harry, veniva accarezzato da quest’ultimo con una delicatezza tale da fargli credere di essere una reliquia rara, qualcosa che poteva rompersi se non sì fosse fatta abbastanza attenzione, ma per Harry, il più grande, era davvero un’opera d’arte. Qualcosa che doveva essere protetta e custodita dalle intemperie del mondo.

“Harreh…”

“Si, Lou?”

“Nulla.”

Seppur un po’ pigramente, il liscio si alzò dal letto, si infilò i boxer buttati ai piedi del letto e guardò il compagno con sguardo compiaciuto. Harry non capì, era assonnato e distrutto dalla notte di sesso appena passata e non comprendeva come quel nano scansafatiche potesse essere così voglioso da alzarsi dal letto all’alba per fare chissà cosa. Aveva notato però, nonostante gli occhi verdi appannati dal sonno, che le gambe del più grande tremavano sotto il suo peso. Stava facendo un’enorme fatica quindi per rimanere in piedi ma nonostante ciò non sembrava volersi riposare. Poi, con sua sorpresa, Louis usci sull’enorme balcone della stanza lasciandosi baciare dai primi raggi del sole che scaldavano la sua pelle nuda.

Si mise a sedere per osservare quella dolce creatura che era il suo ragazzo fino a quando non incontro i suoi bellissimi zaffiri che lo guardavano con la stessa intensità.

“Harry, voglio dirglielo.”

“Di cosa stai parlando? Dai, torna a letto. Fa freddo senza di te.”

“Voglio confessarle il mio amore per te, Harry. Dopo tutti questi anni finalmente posso urlarle che ti amo, che sei mio e di nessun altro. Desidero che sappia che nonostante tutta la merda che abbiamo dovuto passare e a tutte le persone a cui siamo dovuti andare contro, noi abbiamo vinto. Abbiamo ottenuto la nostra agognata libertà. Voglio urlarglielo con tutta l’aria che ho nei polmoni.”

“Loueh, stai straparlando. Sei stanco e non ragioni. Ti ricordo che lei sa già tutto, è con noi fin dall’inizio.”

“Tu proprio non capisci, scemo.”

E con quelle parole sussurrate nel fruscio del vento, Louis si voltò dando le spalle alla camera, riversando così il suo sguardo al Tamigi che, con la sua storia, scorreva davanti a lui. Poi guardò la London Eye che, lenta, iniziava a fare i primi giri di prova preparandosi alla lunga giornata che l’attendeva e infine si soffermò sul Parlamento che insieme al Big Ben era uno dei simboli di Londra. Attese, Louis. Attese qualche minuto prima di prendere fiato e gridare quella verità che tanto desiderava far conoscere.

“Ascoltami bene Londra oppure non ascoltare affatto. Avrai altre occasioni per sentirmi urlare queste parole: IO AMO HARRY EDWARD STYLES! LO AMO DA DIECI FOTTUTISSIMI LUNGHI ANNI!”

Quei temerari che a quell’ora del mattino correvano o facevano una passeggiata alzarono lo sguardo su di lui, credendolo sicuramente pazzo, ma a lui non importava. Gridare al mondo che amava Harry era sempre stato un piccolo sogno che custodiva gelosamente nel suo cuore e quale momento migliore di farlo se non con la sua dolce metà seduta sul letto intenta a fissarlo e Londra, quella città che li aveva visti crescere velocemente, che si stava preparando ad un nuovo giorno mentre il primo sole del mattino scaldava tutto e accedeva il mondo di una nuova vita.

“Tu sei pazzo.”

Mormorò il riccio al suo orecchio dopo averlo raggiunto sul balcone, ancora nudo e avvolto solo da un lenzuolo con il quale inglobò il più basso. Louis si lasciò tirare in quell’abbraccio, chiudendo gli occhi e godendosi quella fresca brezza mattutina smorzata dal calore che il corpo di Harry emanava dietro di lui.

“Sei pazzo ed è questo che amo di te. Ma cosa più importante: IO AMO LOUIS WILLIAM TOMLINSON! NANO MALEFICO E SCANSAFATICHE DI PRIMA CATEGORIA!”

E se quella volta Louis non se la prese per quell’offesa gratuita gridata alla loro città, fu solo perché, nascosti dal lenzuolo, Harry gli fece scivolare un anello all’anulare sinistro mentre parole più belle di un “ti amo” venivano sussurrate al suo orecchio.

For your eyes only I show you my heart.”
 


Angolo autrice

Ringrazio tutti quelli che hanno letto questa storia. Premetto che è la prima volta che scrivo una storia che contiene una scena di sesso fra Harry e Louis (o fra persone in generale hahaha).
Se sono fiera del risultato lo devo soprattutto a Simona che ringrazio con tutto il cuore. GRAZIE LOUISE! Senza di lei questa sarebbe ancora una bozza rinchiusa in una chiavetta a fare la muffa. Grazie anche per i tuoi consigli e le tue idee che, fra un insulto e uno sclero su Louis, mi sono stati molto d'aiuto.

Thank you and load of love!
  
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