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Autore: Vespertilio    08/06/2019    1 recensioni
Si fermò per un attimo ad osservare come le sue ciocche castane non avessero perso un minimo della loro bellezza sotto tutta quella pioggia.
Anzi, erano ancora più lucenti e di quello si era accorto anche quando prima stavano condividendo lo stesso ombrello.
A pensarci bene quella gomma da masticare l'aveva pestata proprio perché si era distratto a fissare i lineamenti del suo viso e non prestava attenzione alla strada.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Chateau Lafite Monteil 
⊱ ──────ஓ๑ capitolo III ๑ஓ ────── ⊰



Daniel non avrebbe saputo dire se fossero passati dieci minuti o un'ora intera durante l'arco di tempo in cui era rimasto a fissare il proprio taccuino, ancora immacolato.
 
Sospirò frustrato. « Stupido blocco dell'artista... »
 
Erano passati pochi giorni da quando Mathis gli aveva confessato i propri sentimenti e Daniel non sapeva ancora come sentirsi al riguardo.
 
Da allora aveva preso le distanze da tutto quel susseguirsi di eventi, pensando a qualche nuovo pezzo con cui discutere con il proprio manager. Ma l'ispirazione sembrava essersi prosciugata in lui. 
 
Sperava che forse, concentrarsi sulla propria carriera escludendo tutto il resto, l'avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, ma invece stava accadendo tutto il contrario. Ogni volta che componeva qualche melodia, le parole di Mathis continuavano a rimbombargli in testa, e non solo il suo “ti amo” 
 
L'ipotesi di Mathis sul presunto tradimento di Arsène con Iago, durante la sua relazione con Daniel non gli dava pace. Era sempre stato convinto che nessuno dei due avrebbe mai tradito l'altro. Eppure Daniel era finito col baciare Mathis, con tanto di preliminari spinti, solo pochi mesi prima.
 
Per questo Arsène era stato così comprensivo quando gli aveva confessato tutto? Perché lo stava tradendo a sua volta con Iago? Oppure si era messo insieme a lui dopo l'episodio con Mathis? 
 
Si portò una mano ai capelli, arruffandoli nervosamente. « Non ci capisco più niente... » mormorò curvandosi in avanti, fino a poggiare la fronte contro la scrivania. Notandolo, la sua gatta gli si rannicchiò accanto, come in segno di solidarietà. 
 
« Mhn... grazie Arabesque » Daniel abbozzò un sorriso accarezzandola dietro un orecchio. « Siamo di nuovo io e te, eh? ». Affondò il viso contro il suo pelo morbido, ricordandosi di quando da piccolo, nelle notti in cui si addormentava tra le lacrime, si abituava a tenersi stretto al proprio peluche.
 
A pensarci, durante la sua relazione con Arsène si chiese spesso se lui non avesse provato la stessa esperienza. Ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo. Esattamente come non aveva mai avuto il coraggio di chiedergli se lui lo amasse veramente. Sebbene non glielo avesse mai detto esplicitamente, Daniel dava per scontato fosse così. Altrimenti perché stare insieme a lui per così tanti anni?
 
Si sentì ferito da quel pensiero. Anche se davanti a Mathis aveva cercato di negarlo disperatamente, la verità era che lui ne sapeva di Arsène tanto quanto le persone che erano finite con l'abbandonarlo. Ovvero quasi niente.
 
La vibrazione di un messaggio in entrata lo fece tornare in sé, scuotendo la testa.
 
 
 
Da: Mathis
 
Hey, è un po' che non ci sentiamo, ti va di uscire stasera? 
 
 
 
Daniel fissò lo schermo per qualche attimo, prima di chiudere il telefono. Erano diversi giorni che inventava scuse e impegni per non vedere Mathis, e quel messaggio sembrava quasi infierire sui suoi sensi di colpa. In cuor suo sapeva di star solamente rimandando il momento in cui avrebbe dovuto dargli una risposta in merito ai propri sentimenti.
 
Mathis che avrebbe pensato se avesse visto come aveva realmente passato quelle giornate in sua assenza, chiuso in casa, davanti a un computer e con la sola compagnia della propria gatta? Gli avrebbe sicuramente rivolto uno di quei suoi tipici sorrisi invitandolo a uscire per prendere un po' d'aria. Conoscendo Arsène invece, lui si sarebbe unito a Daniel davanti al computer, e avrebbero visto un film insieme.
 
Com'è che non riusciva mai a pensare a Mathis senza paragonarlo ad Arsène? Cercò di scacciare il pensiero con un profondo respiro, e poi riprese il telefono in mano.
 
 
 
Sto arrivando.
 
 
 
***


Bussò alla porta dell'appartamento, quasi trattenendo il fiato, finché Mathis non andò ad aprirgli.
 
« Hey, finalmente ti sei fatto vivo! » si spostò invitandolo ad entrare.
 
« Lo so, scusa... mi sono liberato solo adesso » senza accorgersene Daniel aveva assunto una postura rigida e un sorriso forzato, cercando di non dare a notare l'imbarazzo per avergli rivolto la parola solo adesso, dopo giorni di silenzio.
 
« Mhn... » Mathis gli rivolse un'occhiata incerta, richiudendo la porta alle proprie spalle.
 
« Uhm... che c'è? »
 
Mathis gli rivolse un altro sguardo dubbioso. « Non mi convinci »
 
Daniel deglutì. « Perché? »
 
« Perché ti conosco » gli rivolse un sorriso bonario.
 
Daniel tacque rivolgendo lo sguardo a terra, e così dando conferma ai dubbi di Mathis.
 
« L'altro giorno abbiamo avuto una discussione movimentata, lo capisco » gli si mise accanto, cingendogli le spalle. « E anzi, mi aspettavo saresti sparito per un po' »
 
« Davvero? » risollevò lo sguardo verso Mathis, sentendosi ancora più in imbarazzo per la comprensione che stava ricevendo. Avrebbe preferito piuttosto che se la prendesse con lui.
 
« Ma certo, alla fine non è la prima volta che succede. Ricordi il nostro primo bacio? » rise piano.
 
“Il nostro primo bacio” 
 
Daniel non avrebbe saputo se chiamarlo così, dal momento che l'aveva vissuto unicamente come un tradimento nei confronti di Arsène. Ma Mathis non sembrava vederla allo stesso modo.
 
« Ho visto il tuo messaggio. Dove ti va di uscire? »
 
« Beh, ho pensato che avremmo potuto andare a sfamarci in un ristorante non troppo lontano da qui stasera, ho prenotato per me ma sono ancora in tempo per aggiungere un posto anche per te »
 
« Dici? » si sorprese Daniel.
 
« Ma certo. Quale ristorante rifiuterebbe un po' di pubblicità da parte di un cantante come te? » 
 
« Stai parlando come il mio manager in questo momento, sai? » si lasciò sfuggire una risata il corvino.
 
« Oh beh, ma il tuo manager lo sa fare “questo”? » si sporse premendo le labbra contro le sue. Dopo un primo momento di esitazione, anche Daniel ricambiò il bacio, ma senza coinvolgere più di tanto le labbra.
 
Pur non avendo mai visto Iago, non faceva che immaginarsi lui ed Arsène baciarsi, l'uno tra le braccia dell'altro. Anzi, si immaginava Iago simile a sé stesso tanto quanto Mathis era simile ad Arsène. Il pensiero che anche Arsène avesse potuto cercare un suo sostituto in Iago lo confortava, e lo faceva sentire più vicino a lui, quasi come se non si fossero mai davvero lasciati del tutto.
 
Mathis si staccò dopo poco, notando la passività del ragazzo. « Hey, stai bene? »
 
« Uh... sì, scusami. Stavo pensando a come vestirmi per stasera » Daniel gli rivolse un sorriso timido, evitando il suo sguardo.
 
« Oh, beh, in abito elegante naturalmente » ricambiò il sorriso spostandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio. « È un ristorante a cinque stelle, sai? »
 
Il fatto che Mathis avesse inizialmente deciso di cenare da solo, in un ristorante del genere, senza un motivo particolare, non sorprese più di molto Daniel. Mathis aveva sempre vissuto una vita agiata, senza mai alcun intoppo, perciò non si curava di risparmiare troppo. Anche Daniel aveva vissuto una vita come la sua, questo prima di venire cacciato di casa, almeno.
 
« Beh... allora dovrò prepararmi per l'evento, vieni a prendermi tu? »
 
« Certo. Facciamo alle otto e mezza, così arriviamo con un po' d'anticipo »
 
« Ohh, ma una rock-star arriva sempre in ritardo per farsi desiderare » replicò scherzosamente Daniel.
 
« Non questa rock-star però » scherzò a sua volta Mathis stampandogli un bacio sulla guancia. « Ti va se ci guardiamo un film adesso? »
 
« Uhh, ecco... in realtà dovrei andare »
 
« Di già? Ma manca ancora un po' alle sette » replicò dispiaciuto il moro.
 
« Lo so, scusami. Ma devo prima fare una cosa » continuò ad evitare il suo sguardo, passandosi le mani sui jeans.
 
« Oh, d'accordo. Allora a dopo » gli sorrise Mathis.
 
Il ragazzo rispose con un assenso del capo ed uscì salutandolo con un cenno della mano.
 
Con il casco slacciato e la brezza che gli accarezzava il viso, Daniel girovagava in moto per le strade di Parigi, e si era deciso ad inseguire il tramonto di quel paesaggio invernale, prima che calasse completamente.
 

***

« Cazzo! » Daniel piantò le mani sul tavolo, alzandosi furiosamente dalla sedia. « Quindi eravate entrambi seri su tutto questo?! » 
 
« Non provare ad alzare la voce un'altra volta. Questa è la nostra decisione, che ti piaccia o meno » replicò risoluto l'uomo seduto di fianco a lui.
 
« Perché, io non ho alcuna voce al riguardo?! » fissò l'affidavit davanti a sé d'emancipazione minorile, su cui già compilate le motivazioni per cui essa sarebbe stata negli interessi del ragazzo. « Qui c'è uno spazio per la mia firma! Sebbene lo neghiate, io conto in tutto questo! » 
 
« E proprio per questo ti conviene firmare. Abbiamo fatto del nostro meglio per aiutarti, ma non ci lasci altra scelta »
 
« Aiutarmi?! E da cosa, la mia “presunta sodomia”?! » alzò la voce il corvino.
 
« Forse ti conviene togliere la parola “presunta”, dato che ci hai dato conferma di ciò che temevamo da ormai molto tempo » replicò l'uomo con compostezza. « I capelli, i braccialetti, persino quel tuo amico Stéphane, da cui vai sempre a “dormire”. Abbiamo cercato di fingere che fosse una nostra impressione fino all'ultimo, almeno finché poi non hai confessato » 
 
Poco tempo prima, in seguito ad uno dei discorsi folli del padre su come dovrebbero riaprire le cliniche per curare gli omosessuali, Daniel aveva avuto il coraggio di ribattere; ma appena si era sentito domandare se fosse “anche” gay, in un impeto di rabbia il ragazzo gli aveva urlato in faccia che sì, lo era, e che ne andava fiero.
 
Da allora, nei mesi a seguire gli avevano vietato di frequentare Stéphane, sospettando fosse il suo “ragazzo segreto”, gli avevano confiscato la moto che rappresentava per lui l'unica cosa che lo facesse sentire libero, e infine avevano cercato ovunque qualcuno che riuscisse a farlo tornare sulla “retta via”.
 
Ed ora, ecco come durante la cena, gli avevano sbattuto in faccia questi moduli per l'emancipazione, tra cui nelle motivazioni scritto “non volente e non in grado di sottostare alle regole imposte dai genitori”.
 
Daniel aprì bocca per prendere fiato e volse lo sguardo verso sua madre, che conduceva la cena come se già conoscesse il finale di quella serata e non valesse neanche la pena interferire.
 
Strinse i pugni sul tavolo tornando poi con lo sguardo su suo padre, che teneva ancora la mano tesa verso di lui, la penna posata sul palmo. « Adesso firma ed evita disturbi al vicinato, urlando e strepitando come tuo solito »
 
« Tanto è sempre di questo che si tratta » sibilò a denti stretti il ragazzo. « Il vicinato, la scuola, chi frequento... ruota sempre tutto attorno alla vostra insulsa reputazione »
 
L'uomo non controbatté, tenendo rigido il viso mentre osservava il ragazzo. Con sua sorpresa Daniel sentiva di aver finalmente ottenuto la sua attenzione. « Anzi, sono certo che mi avete concepito solo per la vostra reputazione, e dopo aver finto di voler salvare la mia povera anima da bravi cristiani, avete deciso di sbarazzarvi di me come fossi immondizia! » non riuscì a contenersi durante l'ultima frase, alzando la voce.
 
Sebbene, quando parlasse, Daniel si ostinava a fare riferimento a entrambi i genitori, sua madre non era mai stata partecipe di tutte le discussioni tra lui e suo padre. Era stata solo durante la ricerca di qualcuno che “convertisse” suo figlio che sembrava essere stata leggermente attiva, ma dopo questo, più niente.
Dopo un primo momento di silenzio in cui aveva tenuto basso lo sguardo, l'uomo si decise a replicare. « O forse siamo arrivati alla conclusione che sei irrecuperabile »
 
Daniel strinse ulteriormente i pugni. « Vi siete mai chiesti se invece non foste voi ad essere quelli irrecuperabili?! Sono gay, non un caso perso! »
 
« Tu non sei gay, sei contronatura! » stavolta fu l'uomo ad alzarsi da tavola, facendo sussultare il figlio. Daniel vacillava tra rabbia e frustrazione, entrambi sentimenti che lo soffocavano, fino a fargli diventare bianche le nocche.
 
Tornò nuovamente con lo sguardo su sua madre, che neppure davanti all'impeto del marito si scompose. Da piccolo Daniel l'aveva sempre considerata buona per questo, perché sebbene non prendesse le parti di nessuno non sembrava neanche concordare con suo padre quando lo sgridava per il più futile motivo. Ma era sempre “dietro le quinte” che lei diceva la sua. 
 
Non comunicava mai col marito e davanti ad amici e conoscenti si limitava ad essere cordiale e parlare del più e del meno, senza mai spingersi oltre o riferire fatti propri. Una volta, all'età di undici anni, Daniel per gioco origliò alla sua porta, sentendola parlare al telefono con quella che doveva essere sua madre. Affermava di essere insoddisfatta della propria vita, di non amare più da tempo suo marito e di avere anche un figlio “uscito male”.
 
Da allora Daniel non aveva mai più origliato alla porta di nessuno, pregando in cuor suo di aver sentito male. Avrebbe voluto raccontare a sua madre di ciò che aveva sentito per poi farsi confermare che aveva frainteso, ma il timore che lei gli rispondesse che non si fosse sbagliato e fosse davvero quello che pensava di lui, lo frenava sempre.
 
Le unghie del ragazzo avevano cominciato a sprofondare dolorosamente nei propri palmi. « E tu “mamma”? Non dici niente? » domandò sarcasticamente tra i denti. La donna lo ignorò continuando a consumare la cena. « Diamine, neanche mi guardi... scommetto che è perché sotto sotto ti vergogni anche tu » non lo pensava davvero ma voleva a tutti i costi suscitare una reazione in lei, pur se dovendola provocare.
 
Seguì altro silenzio, al quale Daniel distolse, rassegnato, gli occhi da lei.
 
« Beh... allora direi anche che pos- »
 
« Se non ti guardo... » 
 
Il ragazzo rivolse incredulo l'attenzione verso la donna, la quale aveva alzato lo sguardo nella sua direzione.
 
« ...È solamente perché la tua vista mi disgusta »
 
Quella fu una delle poche volte in cui Daniel si sentì il cuore battergli in gola, e le occhiaie che coronavano la sua espressione non erano niente in confronto al dolore provato nel non sentirsi più riconosciuto come un figlio, neppure dalla sua stessa madre.
 
« ...Benissimo allora! » lasciandosi trasportare dalla collera ed afferrando la penna, firmò con foga il modulo, lasciando marchiato il proprio nome, e lo spaccamento definitivo della loro famiglia. 
 
Daniel Voisin.
 
Daniel, derivante dal nome ebraico Daniy'el, ovvero, “Dio ha così giudicato” o “il mio giudice è Dio”.
 
« Anche voi mi disgustate! » e con le lacrime agli occhi, corse in camera, sbattendo violentemente la porta. Si buttò poi sul letto ed affondò il viso contro il cuscino, piangendo più di quanto non avesse mai fatto. Il suo respiro era frenetico, e fra ansimi e singhiozzi, decise di farsi una promessa. 
 
« Se c'è una cosa che farò appena avrò abbastanza soldi, sarà andarmene per sempre da questa dannata città »

 
***

 
Sostò nel punto in cui era più visibile il tramonto ed osservò il sole calare nei suoi ultimi secondi. Poi sollevò lo sguardo verso il cielo, colorato di rosa e giallo. Chiuse gli occhi, lasciando che la brezza gli scompigliasse i capelli. Che stava facendo in quel momento, se non ripercorrere le stesse strade viste e riviste di Parigi, pur avendo la possibilità di andarsene?
Vedendolo, il vecchio sé stesso lo avrebbe definito un masochista, sicuramente.
 
 
 
 
Eeeed eccoci qui con il terzo capitolo! Continuo a dire che sarà l'ultimo se non fosse che il quarto è già in fase di scrittura. Eh già, questa fiction mi ispira particolarmente e sta diventando la mia droga, ma non trascurerò le altre, promesso! Detto questo, grazie per essere arrivati fin qui e al prossimo capitolo!

Bribribrio
   
 
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