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Autore: RosaNera_Rinnegata_30613    09/06/2019    1 recensioni
"Castigo era la sua gioia e il suo dolore, lo aveva condannato, ma allo stesso tempo era l'unica cosa che riuscisse a farlo ridere, ad alleggerire la sua giornata"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castigo, Murtagh
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La testolina rossa di Castigo sbucò fuori da uno dei pochi cespugli del cortile del palazzo di Uru’Baen, con un topolino che ancora si dibatteva debolmente stretto tra le zanne, ancora piccole ma già affilate. Si guardò velocemente intorno e trovato quello che cercava gli andò incontro trotterellando allegro e Murtagh non poté trattenersi dal sorridere, mentre il suo piccolo cucciolo si alzava sulle zampe posteriori e poggiava quelle anteriori sulla panchina di pietra dove lui era seduto, cercando di salire, senza avere troppo successo.

Era ancora troppo piccolo per volare e la panchina era troppo alta, nonostante fosse lui fosse grande per avere solo una settimana. E forse, proprio per quello aveva ancora più difficoltà.

Galbatorix gli aveva fatto un incantesimo per farlo crescere più velocemente e poter avere un drago in più da poter usare per combattere contro Saphira nel minor tempo possibile.

Questo era successo la sera prima. E quando quella mattina Murtagh si era svegliato, Castigo era visibilmente cresciuto ed era tutto il giorno che cercava di abituarsi alle sue nuove misure.

Il non riuscire a salire sulla panchina era solo l’ennesimo di quei piccoli problemi che continuavano a presentarsi da quella mattina e Murtagh lo lasciò fare, consapevole che il draghetto era testardo e non avrebbe preso bene un aiuto, seppure minimo.

Era esattamente come lui.

Aveva già capito che avrebbe dovuto fare tutto da solo se voleva sopravvivere, che nessuno lo avrebbe aiutato, anzi, avrebbero cercato di rendergli tutto quanto più difficile potessero e perciò rifiutava l’aiuto dell’unica persona di cui poteva fidarsi. Voleva imparare da solo e forse questa era la loro differenza più grande: perché il ragazzo aveva accettato l’aiuto di Tornac quando era più piccolo, ne aveva avuto bisogno per imparare a difendersi, per avere la certezza di quello che già da un po’ aveva cominciato a capire e cioè che se voleva sopravvivere in quel covo di serpi, quale era la corte del re, avrebbe dovuto aiutarsi e salvarsi da solo, perché nessuno lo avrebbe fatto al posto suo.

Murtagh sentì attraverso il loro legame tutta la concentrazione di Castigo per riuscire nel suo intento e dopo aver poggiato il topolino ormai immobile, convinto che il problema fosse quello, perché secondo lui gli impediva i movimenti, si diede un’altra spinta. Dopo un paio di tentativi andati a vuoto si lasciò sfuggire un ringhio per la frustrazione.

Il Cavaliere sapeva bene che le intenzioni di quella testolina dura erano di potersi godere quel topolino che sembrava così appetitoso, comodamente accoccolato su quella panchina, vicino al suo Cavaliere, così, Murtagh prese il topo per la coda e lo tenne in alto, appena fuori dalla portata di Castigo. Come aveva previsto, la reazione del draghetto non si fece attendere.

Cercò subito di riprendersi quello che era suo, sforzandosi per raggiungerlo, ma nel momento in cui stava per raggiungerlo, il ragazzo lo allontanò ancora.

Castigo tornò alla posizione iniziale e Murtagh avvicinò di nuovo l’animale, che gli occhi socchiusi e concentrati del cucciolo seguirono attentamente, senza perderlo un attimo. Rimasero fermi in quella posizione per qualche secondo, con i muscoli pronti a scattare quando sarebbe stato necessario.

Fu il draghetto a fare la prima mossa, ma il Cavaliere non si fece trovare impreparato e di nuovo allontanò la preda, riuscendo ad ottenere il suo obiettivo. Se ne rese conto anche l’altro che, emettendo versetti soddisfatti, poggiò le zampe anteriori al petto del ragazzo per leccargli la guancia e poi si lanciò ad afferrare il topo, fermandosi appena in tempo per non cadere di nuovo, strappando una risata a Murtagh.

E finalmente, dopo tutto quel tempo, il roditore finì nello stomaco di quello che, più che un drago, sembrava un uragano per quanta energia aveva, soprattutto in alcune occasioni e che ora, tutto contento e sazio, poggiò la testa sulla sua gamba. Ovviamente, però, dopo due secondi la risollevò per guardare il Cavaliere con un verso contrariato e poi dare un morso alla mano poggiata vicino a lui, inviandogli al contempo un’immagine di lui che lo accarezzava.

Murtagh ritrasse la mano e commentò: “Non ti sembra di avere troppi vizi?”

E subito Castigo, come ogni drago che si rispetti, difese la sua idea scuotendo la testa con decisione e con una serietà che non era proprio di un cucciolo, fissando i suoi occhi rubino sul volto del ragazzo quasi a volerlo minacciare di fargli ben più di un morso sulla mano e riappoggiandosi solo quando, infine, ricevette le prime carezze.

Erano quelli i momenti in che da una settimana gli davano la forza di andare avanti e in cui si diceva che tutte le sue sofferenze era state ripagate.

Era stato il suo sogno fin da quando era bambino quello di avere un drago. Certo, lui aveva sempre immaginato di averne una grande quanto quello del padre, che dai ricordi che aveva, i ricordi di un bambino, gli sembrava enorme come quello del re. Ma come poteva sembrare diversamente ad un bambino, a cui tutto sembra enorme e irraggiungibile, a cui già un cavallo sembra così grande da chiedersi come fosse possibile che le persone potessero cavalcarlo e se anche lui un giorno sarebbe stato così grande da esserne capace.

Sicuramente non avrebbe mai immaginato quello.

Si ricordava di aver sempre pensato, con la sua immaginazione di bambino, che i draghi uscissero dalle uova già grandi e adulti, prima di capire come funzionano le cose in realtà.

Che gli sarebbe capitato un drago così, curioso, che non stava mai fermo e anche viziato, non lo avrebbe mai immaginato, troppo abituato all’idea che i draghi fossero creature solenni, maestose, sagge e forti.

Non che Castigo non lo fosse, anzi, lo aveva già dimostrato e anche più di una volta.

Non aveva fatto in tempo a nascere che il mondo gli aveva già fatto capire che la vita sarebbe stata difficile. Eppure quel drago non si era fatto scoraggiare e nel momento peggiore aveva dato il meglio di sé, dimostrando che poteva farcela, che i draghi non erano facili da battere e lui non sarebbe stato da meno.

E passato quel momento, aveva mostrato anche quel lato che Murtagh non avrebbe mai pensato che un drago potesse avere.

E forse, dopotutto, era proprio in questo che dimostrava il suo coraggio e la sua forza, nell’essere così spensierato dopo quello che aveva passato e che rischiava di passare ancora, diversamente da lui, che non aveva mai superato la morte di Tornac, l’unico amico che avesse mai avuto nella sua vita, la persona più vicina ad un padre che avesse mai avuto. E nel momento in cui avrebbe potuto farlo e fare qualcosa di buono, qualcosa che avrebbe potuto rendere fiero Tornac, qualcosa che avrebbe potuto farlo stare meglio con se stesso, qualcosa che lo avrebbe potuto allontanare dall’ombra del padre era stato trascinato di nuovo in quel posto così odiato e in cui non aveva altro che brutti ricordi.

E i ricordi che si erano creati dopo il suo arrivo erano anche peggio.

Forse, senza Castigo, l’unico raggio di luce in quell’oscurità, si sarebbe lasciato morire in una di quelle torture a cui lo avevano sottoposto ogni giorno dal suo ritorno, oppure, più probabilmente, avrebbe tentato la fuga alla prima occasione e nel peggiore, o forse migliore, dei casi, sarebbe morto così. In quel caso non avrebbe potuto lamentarsi, almeno sarebbe stato libero e avrebbe potuto finalmente riposare, senza preoccupazioni, dopo una vita passata a lottare con le unghie e con i denti contro tutto e tutti.

Che fosse rimasto lì, costretto ad essere il passatempo dei Gemelli o che fosse riuscito a scappare, poco sarebbe cambiato. La sua vita sarebbe stata una continua lotta, se per dimostrare chi fosse veramente o per sopravvivere o per entrambi, poco importava.

Non sarebbe mai stato veramente felice.

Persino in quel momento non ci riusciva del tutto. Ricordava bene come si era sentito quando aveva visto l’uovo rompersi sotto le sue dita, il cuore che accelerava i battiti mentre il sogno di una vita si realizzava, non ne era sicuro, ma forse aveva anche sorriso. Era durato qualche secondo o forse qualche minuto, troppo poco in ogni caso, fino a che non si era reso conto cosa quello significava in realtà.

Era l’ennesimo incubo travestito da sogno.

Quella testolina rossa che spuntava fuori da una crepa era la sua condanna, il segno che stava comparendo sulla mano una catena infrangibile, ma non poteva e non riusciva a fargliene una colpa.

Castigo era la sua gioia e il suo dolore, lo aveva condannato, ma allo stesso tempo era l’unica cosa che riuscisse a farlo ridere, ad alleggerire la sua giornata.

Gli voleva bene. Tanto, troppo bene. E sapeva che quel drago che per il momento sembrava ancora così debole, in realtà era più forte del diamante e avrebbe resistito a tutto per lui, ma Murtagh non era riuscito a chiedergli più di quanto aveva fatto, non era riuscito a vederlo e sentirlo soffrire più di quanto aveva fatto.

Ci aveva provato, aveva provato a convincersi che la sua libertà valeva più della vita di quel drago, ma non ci era riuscito. Sentiva il dolore come se fosse suo, era lo stesso che provava lui quando era lui ad essere torturato e in quel momento aveva realizzato che quel drago era stato la sua condanna, ma anche lui era stato la condanna di quel cucciolo. Se lui non l’avesse toccato, non sarebbe nato, avrebbe continuato ad aspettare tranquillo il suo Cavaliere.

Si erano condannati a vicenda, ma se lo avesse lasciato morire non se lo sarebbe mai perdonato e per lui non sarebbe cambiato niente in meglio, sarebbe solo sceso di più in quell’abisso in cui stava continuando a cadere e in cui, anche se solo per qualche istante, la nascita di quel draghetto gli aveva permesso di vedere uno spiraglio di luce.

Tornando indietro avrebbe fatto la stessa identica scelta, avrebbe sacrificato ancora e ancora la sua, anzi, la loro libertà, per salvargli la vita. Forse era stato egoista, sarebbe stato meglio se lo avesse fatto morire, gli avrebbe risparmiato chissà quante sofferenze e non lo avrebbe costretto a quella vita da schiavo, solo perché lui ne aveva bisogno per non impazzire.

Ora voleva solo godersi quei momenti, voleva godersi ogni secondo con quella piccola furia rossa, soprattutto perché sapeva che non aveva molto tempo per farlo.

E sapeva che crescendo, quell’innocenza, quella gioia, sarebbe diminuita, forse addirittura sparita.

Il modo migliore per evitarlo sarebbe stato essere liberi prima che fosse troppo tardi e quello era esattamente quello che aveva intenzione di fare, non lo avrebbe fatto vivere in quelle condizioni un secondo in più del necessario.

“Un giorno saremo liberi, Castigo. Fosse anche l’ultima cosa che faccio, farò in modo che almeno tu possa volare libero ovunque vorrai”

Un ringhio basso arrivò alle orecchie di Murtagh, seguito da un immagine: un prato verde e topolini che fuggivano in tutte le direzioni mentre cercava di acchiapparli.

Di nuovo un sorriso affiorò alle labbra del Cavaliere, mentre accarezzava la testolina del suo compagno di vita, l’unico per cui valeva la pena sacrificare qualsiasi cosa.












NDA:

Ciao a tutti sono tornata dopo un bel po' di tempo con questa OS che è nata da un lampo di ispirazione e che ho deciso di pubblicare perchè non mi dispiace. Spero che sia stata di vostro gradimento e di non essere andata troppo OC, soprattutto con Castigo, ma non sono riuscita a non farlo meno adorabile e coccoloso.
Grazie per aver letto. A presto,
RosaNera_Rinnegata_30613
   
 
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