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Autore: Nao Yoshikawa    11/06/2019    12 recensioni
Molliarty, AliceinWonderland!AU, giusto un po' dark.
«Oh, pensi davvero che sia un sogno? È tutto reale, io sono reale, lo è questo posto!»
Prese di nuovo la teiera in mano e allora versò il contenuto in una delle tazzine rovinate. Molly ne osservò ogni momento con attenzione.
«E tu chi sei?» chiese ciò che le premeva sapere fin da quando lo aveva visto.
«Io?» altra risata. «Mi chiamano “Il Cappellaio”, mi si addice, non trovi? È perché costruisco molti cappelli, potrei farne uno anche per te. Però il mio nome è James Moriarty, solo che nessuno se ne ricorda mai.»
Molly si chiese chi fossero i “tutti” e i “nessuno”, dal momento che lì erano solo lei, lui, due corvi e un paio di animali imbalsamati.
Non era un sogno, le aveva detto. Provò a pizzicarsi, ma effettivamente non accadde nulla.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, Molly Hooper
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nella tana del coniglio


Erano le cinque del pomeriggio di un giorno d’aprile assolato, quando Molly Hooper cadde nella tana del coniglio. Aveva visto l’animale in lontananza, con la sola coda dell’occhio. Poté giurare però di averlo visto con indosso un panciotto e un monocolo. Proprio per questo, aveva lasciato da parte il suo tè e gli era corsa dietro. E quando la buffa creatura era comparsa nella sua tana, senza esitazione alcuna, Molly lo aveva seguito. Che fosse poco saggio, lo sapeva anche lei. Ma dopotutto, cosa mai sarebbe potuto succederle, nella tana di un coniglio?
Entrò dentro e cadde. Come poteva una tana essere così profonda?
Gridò di sorpresa, cercando qualcosa a cui aggrapparsi, ma non trovandolo.
E toccò terra all’improvviso, violentemente, sporcandosi di terra il vestito color blu cobalto.
Si alzò e si accorse che del coniglio non vi era neanche l’ombra.
Si era sporcata di terriccio, eppure non c’era più solo terra davanti a lei. Il paesaggio intornoera cambiato, come se si fosse trovata in un sogno. E magari lo era davvero. Sì, doveva essere decisamente questo, era tutto fin troppo assurdo.
Si trascinò in avanti, per poi sollevarsi. Fu come ritrovarsi in un altro mondo.
Il mondo sotto terra. Dove il cielo sopra la sua testa era grigio e le piante, gli alberi, i fiori, ogni singolo fiore, erano essiccati, scuri, tristi e senza vita.
Un luogo decisamente deprimente. Forse sarebbe stato opportuno tornare indietro?
Stava riflettendoci, Molly, quando intravide una macchietta bianca in lontananza. Doveva trattarsi del coniglio col monocolo, che saltellava veloce.
Se davvero era tutto un sogno, poteva anche permettersi di seguirlo. Dopotutto, niente di male poteva accaderle.
Afferrando i lembi della sua lunga gonna, corse di nuovo, calpestando i ramoscelli secchi. Trovò inquietante e allo stesso tempo affascinante il fatto che pareva non esserci anima viva. Eccetto lei e il coniglio, ovviamente.
Avrebbe piovuto? Avrebbe la pioggia restituito nuovo vigore alla flora?
Si interrogava Molly. E si chiedeva se si sarebbe svegliata prima di trovare il coniglio.
Corse ancora, si insinuò tra gli alberi spogli, poi cadde un’altra volta. Non era mai stata leggiadra, sempre troppo distratta, con le testa fra le nuvole.
Rialzò lo sguardo ed ecco che ancora una volta c’era qualcosa di diverso.
Un corvo o forse due gracchiavano appollaiati sui rami e davanti a lei vi era un lungo tavolo. Apparecchiato disordinatamente, come se qualcuno avesse mangiato alla svelta e se ne fosse andato. Tante sedie e tanti ospiti quanto quest’ultime, ma non ospiti umani. Erano animali, constatò, lepri, scoiattoli, volpi.
Ma erano immobili. Erano morti! Sembravano imbalsamati. Molly ne fu terrorizzata, eppure non riuscì a trovare nessun motivo per fuggire. Anzi, trovò un motivo per voler rimanere ancora lì a curiosare. E il motivo era la figura che sedeva a capotavola. Vestito in maniera eccentrica, ma con i colori spenti, uno strano cappello sulla testa ed occhi troppo grandi e inquietanti.
Lo sentì parlare ad alta voce.
«Ah, ecco arrivata la nostra ospite. Sei arrivata giusto in tempo per il tè, Molly.»
Quest’ultima si alzò e stupidamente si guardò intorno. Era ovvio che stesse parlando con lei, lì non vi era nessuno. E infatti, poco dopo lui glielo fece presente.
«Sì, parlo proprio con te. Tu sei Molly Hooper, no?»
Aveva un modo di parlare languido, non troppo rassicurante.
«Sono io. Ma cos’è tutto questo?»
Lui rise.
«Beh, mi sembra ovvio. È l’ora del tè. E tu sei giusto un filino in ritardo, sei la nostra ospite d’onore.»
Il corpo di Molly si era mosso da solo. Era un sogno, solo un sogno, perché avere paura?
«Stavi aspettando me?»
«Stavamo tutti aspettando te», rispose. Teneva tra le dita fasciate una teiera rovinata, le tazze erano spizzicate in alcuni punti. E c’era un odore davvero molto forte.
«Io stavo… stavo seguendo un coniglio con un monocolo e un panciotto. Lo hai visto?»
«Ah, sì. Naturalmente. Era in ritardo anche lui per l’ora del tè. Ma adesso è tutto a posto. Tutto a posto», affermò con un sorriso gelido. Molly provò inquietudine.
«Li hai uccisi tu?» mormorò, una mano poggiata sul cuore che ora batteva all’impazzata. Sì, si sarebbe svegliata a breve.
«Li ho resi presentabili per te, vorrai dire. Non mi sei grata? Mi sono impegnato tanto.»
Lui si era alzato, avvicinandosi. Era chiaro che fosse umano esattamente come lei, ma a differenza sua aveva una luce di follia negli occhi. O forse era lei la pazza a star sognando tutto ciò?
«Voglio svegliarmi. Devo svegliarmi. Questo è il mio sogno e non voglio stare qui», affermò, abbassando lo sguardo.
«Oh, pensi davvero che sia un sogno? È tutto reale, io sono reale, lo è questo posto!»
Prese di nuovo la teiera in mano e allora versò il contenuto in una delle tazzine rovinate. Molly ne osservò ogni momento con attenzione.
«E tu chi sei?» chiese ciò che le premeva sapere fin da quando lo aveva visto.
«Io?» altra risata. «Mi chiamano “Il Cappellaio”, mi si addice, non trovi? È perché costruisco molti cappelli, potrei farne uno anche per te. Però il mio nome è James Moriarty, solo che nessuno se ne ricorda mai.»
Molly si chiese chi fossero i “tutti” e i “nessuno”, dal momento che lì erano solo lei, lui, due corvi e un paio di animali imbalsamati.
Non era un sogno, le aveva detto. Provò a pizzicarsi, ma effettivamente non accadde nulla.
«Forse adesso io dovrei andare», disse mestamente. Evitava accuratamente di guardarlo negli occhi. Non perché ne avesse paura. Ma perché ne era affascinata.
O probabilmente entrambe le cose.
«Ah-ah. L’ospite d’onore non può andare», le porse la tazza di tè.
Doveva bere da lì? E se fosse stato avvelenato? Se davvero non era un sogno, sarebbe potuto morire. Ma per quanto ne fosse cosciente, non riuscì a dirgli di no. Con mano leggermente tremante prese la tazza e con lentezza e una strana smorfia sul viso, ne mandò giù un sorso.
Amaro. Comunissimo tè nero, ma incredibilmente amaro.
«Oh, scusa. Forse volevi un po’ di zucchero?» domandò il Cappellaio, sempre più divertito.
Molly scosse il capo, con una mano sulla bocca.
«Non importa. Adesso io voglio andare. Se rimango qui, cosa ne sarà di me? Mi ucciderai? Farai quello che hai fatto a loro?»
Il Cappellaio rise, battendo le mani.
«Dovresti vedere la tua espressione. Perché mi guardi così? Pensi che sia pazzo, non è vero? Sì, sì, lo pensano in molti. Ma ora dimmi, dimmi Molly Hooper, chi è più pazzo fra me e te?»
Si avvicinò al suo viso. Lei aveva aggrottato la fronte, le guance rosse e le labbra serrate.
«Probabilmente è vero che anche io devo essere impazzita. Perché tutto ciò non dovrebbe esistere.»
«E invece sì. Non tornerai nel mondo di sopra Rimani qui con noi. Sì, qui con noi.»
La mano del Cappellaio si era stretta al suo polso, non con troppa prepotenza come aveva pensato. Era pazzo, senza ombra di dubbio. E lei era ancora più pazza, perché non aveva alcuna intenzione di scappare.
E mentre pensava ciò, le venne incredibilmente sonno.
«Ma che succede? Che mi succede?» domandò in un sussurro.
Lui la prese, poggiando la guancia sulla sua.
«Il tuo tè era molto amaro, non è vero? Perdonami, non potevo fare altrimenti.»
Sarebbe morta? O magari si sarebbe svegliata nel suo mondo, sotto l’ombra di un albero?
 
Si svegliò in effetti, non seppe neanche lei quanto tempo dopo. Quando aprì gli occhi, sopra di lei c’era ancora il cielo grigio, ma chiaramente non era più all’aperto, le spalle erano poggiate sulla dura pietra. Si sollevò appena, capendo di trovarsi forse in un castello. O in una chiesa, in stile gotico probabilmente. Un luogo usurato dal tempo, poiché era tutto distrutto e consumato, tutto giunto alla fine, esattamente come in quel luogo. Si portò le mani sul viso per la nausea quando capì che la gonna del suo abito si era macchiata di rosso. Era sangue, l’odore era acre. Tremando si sollevò.
Lui era sparito?
Non c’era, ma le aveva lasciato qualcosa, poggiato ordinatamente sull’unica sedia non rotta, presente lì. Era un abito, simile a quello che indossava, ma interamente nero e in pizzo. Probabilmente non aveva scelta, l’odore del sangue era troppo forte.
Sì, lo avrebbe indossato e poi sarebbe andato a cercarlo.
Il vestito sembrava esserlo stato cucito addosso, com’era possibile?
Si accorse di una scala a chiocciola lì vicino e l’istinto le disse di risalire gli scalini. Non sapeva dove sarebbe finita, ma era certa che avrebbe trovato lui.
Percorse cinquanta o sessanta scalini e arrivò a quella che sembrava una terrazza da cui era possibile vedere la vastità di quel mondo sotto terra, giunto, almeno all’apparenza, alla fine dei suoi giorni. Il Cappellaio, James Moriarty, stava girato di spalle, ma quando la percepì, si volse a guardarla.
«Ah, sapevo che ti sarebbe stato bene. Faccio anche abiti, alle volte.»
Molly arrossì, distogliendo lo sguardo.
«Cosa mi hai fatto? La mia gonna era sporca di sangue»
«Tranquilla, tranquilla, non era il tuo sangue.»
Quello avrebbe dovuto farla sentire meglio? Si portò le mani dietro la schiena, camminando sul pavimento di pietra.
«Non vuoi uccidermi, ma non vuoi lasciarmi andare. Quindi sono tua prigioniera?» chiese, raggiungendolo. Cosa c’era di tanto bello nell’osservare la morte?
James Moriarty, chi era lui? Un essere folle, una proiezione della sua mente, chi era?
Era un assassino, un povero incompreso?
«Prigioniera? Tu non vuoi andar via. Te lo leggo in faccia. Non pensavi di trovare questo, nella tana del coniglio, eh?»
Molly fece un leggero cenno col capo. Chissà che fine aveva fatto quel buffo animale peloso? Probabilmente doveva aver fatto la stessa fine dei suoi piccoli amici.
«… Ma se pensi ancora che sia un sogno, qual è il problema?»
Il Cappellaio, per la seconda volta, aveva accorciato le distanze, portando un braccio intorno alla sua vita. E Molly non fu in grado di staccarsi. Se ne era così attratta, probabilmente, almeno in parte, dovevano essere uguali.
Sì, perché capì che non avrebbe più rivisto la luce del sole. Lui non glielo avrebbe permesso, ma lei non voleva neanche scappare.
«Perché vuoi tenermi qui?» domandò, cercando per la prima volta il suo sguardo.
Lui la guardò. Non lo temeva. E non lo stava più guardando come in genere si guardava un folle.
Sorrise, stringendola ancora di più a sé.
La coppia di corvi di poco prima, gracchiava ancora, mentre volava attorno sopra di loro.
«Perché anche il re dei folli ha bisogno della sua regina.»
 
Nota dell’autrice
La situazione qui è molto, molto strana. Moriarty è  il mio personaggio preferito della serie, Molly è quello che mi piace di meno. Però insieme… insieme per me è sì (va bene che io sono anche un po’ di parte, perché Moriarty lo shippo con tutti, me compresa). Ho avuto una sorta di illuminazione stamattina e ho pensato che nei panni di Alice e del Cappellaio Motte ci stessero davvero bene. Ovviamente mi sono ispirata alla versione cinematografica di Tim Burton, ma con ancora più dark.
La questione è che Jim si sentiva solo, quindi ha deciso di fare di Molly la sua regina, dopo aver ucciso un paio di conigli e scoiattoli, perché probabilmente gli piacciono di più così. Spero sia una storia carina, perché ci sono mille gradi e il mio cervello un po’ ne risente.
Grazie per essere arrivati fin qui ;)
   
 
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