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Autore: Iuno    12/06/2019    1 recensioni
-Ma Signorina, io glielo leggo in faccia… -
Le mani curate, da impiegato d’ufficio, accarezzano nervosamente la cartellina di cuoio e occhi da asiatico mi scrutano dentro, facendosi largo tra tutti i miei uragani di sentimenti.
-Cosa? –bisbiglio avvicinandomi all’interlocutore.
La metro si ferma.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È triste se ci penso. Che io in questa metropolitana. In piedi con il corpo perso tra centinaia di persone, riesca a pensare solo a te.
Che nel mio cappotto rosso della Nike, batte un cuore più veloce del normale.
E ti immagino. Lì davanti, vicino, dietro di me. E mi immagino. Al tuo fianco, sulle tue gambe, tra le tue braccia.
Tra i pendolari che tornano a casa le noto tutte le giovani coppie. Ragazzi con poco più di sedici anni si stringono l’uno all’altra, volteggiando tra la parole e risate. Ed io desidero ciò che loro hanno. Anche se ingenuamente. Anche se per un momento.
Dio che stupida! Sento il bisogno di fumo nei polmoni e una sigaretta tra le labbra. Soffocare me stessa per soffocare i pensieri. Ma qui non posso, perciò trattengo il respiro. O le lacrime.
Mi manchi. Ma non ti ho mai avuto. Non mi hai guardato abbastanza per innamorarti, il tuo sguardo non mi ha mai seguito oltre la tua visuale, non sono mai riuscita ad addomesticarlo. E ogni volta che qualcuna lo ottiene, lo ruba, lo cattura, io mi spezzo. Tu non lo sai, ma il mio torace è un dipinto di crepe. Crepe che hai causato con terremoti di cui non ti sei mai reso conto.
-Si vuole sedere? –mi chiede un uomo accomodato davanti a me.
-No, la ringrazio…- e faccio fatica affinché le parole escano senza tremare.
-Ne è sicura? Mi perdoni l’insistenza, ma per me dovrebbe –
-Non si preoccupi, preferisco restare in piedi –
-Ma Signorina, io glielo leggo in faccia… -
Le mani curate, da impiegato d’ufficio, accarezzano nervosamente la cartellina di cuoio e occhi da asiatico mi scrutano dentro, facendosi largo tra tutti i miei uragani di sentimenti.
-Cosa? –bisbiglio avvicinandomi all’interlocutore.
La metro si ferma. Per un attimo tutto perde il suo moto naturale, la gente all’unisono smette di parlare, sbadigliare e respirare. Finché le porte si aprono, e tutti i passeggeri, accalcandosi come bestie in un recinto, escono in fretta e furia, mantenendo comunque un silenzio religioso.
Le porte si chiudono, e rimango esterrefatta nel notare che gli unici passeggeri rimasti siamo proprio io e l’uomo d’affari.
Mi indica il sedile accanto al suo con un gesto tanto goffo quanto innaturale. La mia confusione emotiva si trasforma in ansia. L’inquietudine di restare sola con uno sconosciuto che nonostante lo sguardo benevolo, rimane uno sconosciuto.
-Non si deve preoccupare…- sussurra mentre mi accomodo lentamente al suo fianco.
-Cosa mi legge in faccia? –
-Leggo ciò che lei è –
-Ovvero? –
-Vetro –
-Non la seguo…- nella mia mente si materializza l’immagine di me che cado e mi riduco in frantumi, in questo vagone, davanti a quest’uomo, in questo freddo mondo.
-Quello che sta immaginando, ciò che sta visualizzando nella sua mente, è tutto vero. Cadendo ti ridurrai ad un nulla, una marea di cristalli su questo sporco pavimento. La tua fragilità è un dono di cui non sai usufruire. Non puoi, non ti è concesso essere invincibile. Basta così poco per farti male. No, lui non ti ama, e ti dirò di più, non gli interessa neanche della tua esistenza! –
-AHIA! – nel petto, una fitta, una frattura, una scheggiatura. Mi piego su me stessa, il dolore è forte e le mie mani incapaci di attenuarlo.
-Visto? Ti rompi! Ti rompi per chi non ha mai avuto il benché minimo interesse di te! –
-AHHH! – e dov’è il mio cuore se non lo sento battere ma lo percepisco sgretolarsi?
- Ma guardati, perché sprechi i tuoi pensieri e le tue lacrime per chi di te se n’è sempre fottuto! Perché non riesci ad amarti anche così? Perché hai bisogno di parole altrui, di sguardi lontani, di calore emesso da un altro stupido corpo che più di te non ha nulla? Perché hai bisogno di un altro essere per andare avanti? Hai le tue gambe, la tua testa. Sei il peso di te stessa, la sofferenza, il dolore. Non sai sopravvivere alla tua vita! Perché non accogli la tua fragilità? Perché lasci solo che ti distrugga? –
Dal dolore non riesco neanche a rispondere. Resto piegata su me stessa. Gli occhi chiusi in un’espressione di sofferenza, le braccia strette intorno al ventre e un buco nel petto dal quale si vede attraverso.
-Hai perso la tua opportunità di essere felice- la sua mano sulla mia spalla emana calore. Per poco il dolore si attenua, ma nel momento esatto in cui la risolleva tutto torna come prima e lacrime ustionanti segnano il mio viso. Lui si alza e si dirige verso l’uscita, arriva la sua fermata.
-No! Aspetta! –non faccio in tempo ad alzarmi in piedi che perdo l’equilibrio. Per poco resto in bilico, ma è questione di un momento, e mi schianto al suolo. Lo sento, sento tutto. Sento ogni mia parte del mio corpo dividersi dal resto, ridursi al nulla e scomparire.
Come un calice di vetro, mi frantumo a terra, in tanti piccoli cristalli. L’uomo d’affari estrae dalla cartellina una paletta e raccoglie ciò che resta di me, della mia persona.
   
 
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