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Autore: T612    14/06/2019    2 recensioni
Dal capitolo 8:
Devono aver urtato i cameramen perché viene perso il segnale, quando i televisori si risintonizzano segue un chiacchiericcio confuso che si placa con la notizia che nessuno voleva sentire… e i televisori esplodono, non si parla d’altro.
“...la diretta proseguirà per tutta la notte, man mano che giungeranno altre notizie. A tuttora, le nostre fonti ci confermano che pochi minuti fa, all’arrivo al Mercy Hospital, Capitan America è stato dichiarato morto.”
[Post-TWS - Civil War ComicVerse - "Captain America Collection" di Ed Brubaker - paring: canonico + WinterWidow]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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20 marzo 2018, Salone conferenze, Complesso degli Avengers, Upstate New York

 

Era già passato un mese da quando si era risvegliato, ma Steve faticava ancora a credere di essere tornato di nuovo indietro dalla sua tomba fatta di ghiaccio, sforzandosi di stare al passo con le varie novità, trovando incredibile quanti cambiamenti potevano verificarsi in un solo anno.

Aveva istituito una vera e propria divisione mentale tra il prima e il dopo, come se la pallottola che gli aveva stroncato il respiro portandolo ad un passo dalla morte avesse ribaltato le carte in tavola, rivoluzionando completamente tutto ciò che lo circondava, facendolo sentire un estraneo nella sua stessa pelle… in realtà per colpa di quella pallottola l’avevano creduto effettivamente morto, anche se quello era un dettaglio su cui non gli piaceva soffermarsi a pensare particolarmente.

L’ultima cosa che ricordava del prima era Sharon in lacrime, terrorizzata per ciò che non sapeva ancora di aver fatto, mentre la sua voce acuta e singhiozzante si mescolava alle sirene dell'ambulanza, perforandogli un timpano intimandogli di restare sveglio… aveva perso conoscenza, quando aveva riaperto gli occhi era notte fonda e suo fratello, al quale aveva dato la caccia per mesi senza successo ancora un anno prima, aveva interrotto il suo turno di guardia cercando di darsi un contegno per trattenere al suo controllo le lacrime di gioia.

James gli aveva spiegato che fino ad una ventina di giorni prima del suo risveglio lo davano per morto, che la sua tomba nell’Artico era stata la sua salvezza e che, se voleva scusarlo, doveva immediatamente informare gli altri. Sospettava che nel tragitto tra l’ala medica e gli alloggi suo fratello si fosse concesso di versare quelle lacrime che aveva trattenuto a stento di fronte a lui, ma Steve non aveva fatto domande in merito e James non aveva avuto motivo di fornire risposte… d’altro canto non aveva avuto tempo di curarsene, nel giro di un quarto d’ora Sharon Carter aveva tentato di ammazzarsi scendendo i gradini saltandoli a due a due, precipitandosi al suo cospetto gettandogli le braccia al collo, arpionandogli le spalle con le unghie e depositandogli un bacio sotto la mandibola. Steve in tutta risposta l’aveva stretta a sé come meglio poteva, con un braccio ancora bloccato da cannule ed aghi di vario genere, mentre i singhiozzi sommessi della sua fidanzata si scontravano contro la sua cassa toracica. Aveva perso il conto di quante volte aveva sentito la voce di Sharon scusarsi per ciò che era stata costretta a fare, ripetendole altrettante volte che ormai non aveva nessunissima importanza, rafforzando la presa sui fianchi della donna e sussurrandole all’orecchio quanto la amasse.

Steve aveva dovuto aspettare le prime luci dell’alba prima di vedere qualche altra anima farsi viva nell'ala medica, silenziosamente grato che gli altri abitanti del Complesso gli avessero concesso qualche altra ora di privacy con Sharon prima di assediarlo per i più disparati motivi, sorridendo a Tony quando aveva varcato la soglia con il vassoio della colazione in mano per lui e la cugina, che dormiva pacifica addossata alla sua metà del corpo libera da elettrodi ed aghi, somministrandogli i farmaci da assimilare a stomaco vuoto per poi scomparire nel suo laboratorio in fondo al corridoio.

Steve ricordava di essersi addormentato mentre imperversava una Guerra Civile alla quale aveva chiesto una tregua prima di vederla effettiva, in un periodo in cui non parlava con metà dei suoi amici e compagni d’armi, destreggiandosi tra le missioni come latitante e ricerche a volte inconcludenti per stanare il Soldato d’Inverno. Al suo risveglio la faida era giunta ad una conclusione da un bel pezzo, Tony e gli altri erano troppo felici di saperlo vivo per non rivolgergli la parola e suo fratello, che nel frattempo ne aveva combinate di tutti i colori portando anche il peso del suo scudo sulle spalle per un bel periodo, si aggirava per il Complesso indisturbato con una copia delle chiavi del suo appartamento a Brooklyn in tasca.

Non sapeva decidersi quale sentimento predominasse di più sulle informazioni ricevute, se era rimasto più interdetto nell’essere stato informato dello svolgersi e degli esiti del processo contro il Soldato d’Inverno o se l’aveva lasciato più basito il fatto che ora James e Tony andavano più o meno d’amore e d’accordo… mentre i due erano finiti per contendersi indubbiamente il pari merito delle notizie spiazzanti, rivelandogli che da lì ad un paio di mesi era invitato al matrimonio di Tony e che suo fratello faceva coppia fissa con Natasha Romanoff ormai da diverso tempo.

La sua migliore amica aveva riso di gusto di fronte alla sua espressione incredula quando era scesa a trovarlo il mattino dopo il suo risveglio, accettando il suo caffellatte con un bacio quando James li aveva raggiunti per la colazione, con un paio di tazze in mano e i segni dei morsi sul collo che non scomparivano completamente sotto la maglietta, dicendola lunga su cosa avessero combinato quei due durante la notte appena trascorsa per festeggiare il suo risveglio.

Il paio di settimane seguenti le aveva trascorse forzatamente confinato a letto, approfittando della situazione per mettersi in pari con le varie novità, facendosi procurare i fascicoli e i rapporti missioni dell’ultimo anno e mezzo per essere sicuro di non tralasciare o lasciarsi sfuggire nulla, mentre sbuffava sottostando pazientemente al ricovero lasciando che Tony gli facesse le analisi con cadenza periodica per evitare spiacevoli inconvenienti per via dei residui delle varie sostanze chimiche che gli circolavano ancora nel sangue, alternandosi alle dosi massicce di antibiotici che gli rifilava Bruce ogni volta che passava da quelle parti di ritorno da una qualche conferenza universitaria.

Non lo lasciavano mai solo troppo a lungo, come se fossero terrorizzati di vederlo scomparire da un momento all’altro, tornando tutti sotto lo stesso tetto come i vecchi tempi ed accettando di buon grado tutto ciò che comportava la convivenza.

La giornata si apriva all’alba con una cacofonia di tazze, fischi di bollitori e borbottii di caffettiere, con qualcuno a turno che gli portava il caffè per fare colazione insieme e lo aggiornava sui programmi della giornata. Steve aveva quasi dimenticato quanto potesse rivelarsi rumorosa una mattinata al Complesso, con il suono degli spari e dei pugni provenienti dalla palestra e dal poligono, con la musica rock sparata a tutto volume che filtrava dalla porta del laboratorio di Tony ed il chiacchiericcio che lo vedeva partecipe quando gli veniva concesso di trascinare la flebo fino alla sala comune all'ora dei pasti, concludendo la giornata con Sharon che interrompeva i suoi resoconti giornalieri con uno sbadiglio, appisolandosi sulla poltrona di fianco al letto o con la testa appoggiata alla sua spalla dividendo il materasso.

Quando Steve aveva finalmente guadagnato il via libera per essere dimesso dal ricovero forzato, non si era poi così sorpreso nel vedere Fury scomodarsi dal suo Helicarrier e palesarsi alla porta d’ingresso del Complesso, chiedendosi piuttosto perché gli avesse concesso così tanti giorni di pace e riposo. Non gli erano mancate le discussioni sui suoi doveri e le sue missioni, spiazzando il Colonnello quando aveva dichiarato di non voler più lo scudo di vibranio sulle spalle, decantando le implicazioni etiche che si trascinavano ancora dietro dalla Guerra Civile, esprimendo il desiderio di rinunciare ai panni del supereroe per un po’ di tempo proponendo Sam come successore. La sua esternazione si era tradotta con una diatriba accesa ed una conferenza stampa, l’opinione pubblica aveva esultato nel saperlo vivo e per una volta avevano tutti diligentemente seguito il copione scritto dallo SHIELD per toglierli dall’impiccio di chiarire ai media quell’intera situazione che di chiaro e giustificabile a terzi aveva ben poco.

Di ritorno dalla conferenza al piano terra, risalendo le scale raggiungendo l’alloggio che divideva con Sharon, si era finalmente concesso di riconoscere e definire quella contrazione mancante allo stomaco… per la prima volta dopo anni non c’erano problemi seri all’orizzonte, se non le scaramucce di ordinaria amministrazione tra i corridoi dello SHIELD, realizzando che l’essere stato subclassato a Consulente lo rendeva automaticamente esente da parecchi intrighi e problematiche di vario genere.

Aveva scrollato le spalle scacciando quel cruccio trascurabile, raggiungendo il materasso collassando stringendo Sharon in un abbraccio con nessun pensiero minaccioso per la testa, tenendo a bada l’insonnia per la prima volta dopo una infinità di tempo… sorprendendosi nel riscoprire quanto potesse essere piacevole dormire fino a tardi perdendosi l’alba.

 

***

 

12 aprile 2018, ex-resistenza sicura di James Buchanan Barnes, Brooklyn

 

Steve aveva rimesso piede in casa propria solamente due mesi dopo il suo risveglio, realizzando la consapevolezza tardiva che se per lui i giorni si erano trascinati con calma rilassata, per tutti gli altri la vita continuava ad andare avanti  con ritmo sostenuto e con rari momenti di pausa.

Steve aveva raggiunto la porta dell’appartamento girando la chiave nella toppa, imbattendosi nella pila preannunciata di scatoloni impilati in soggiorno, ignorando l’arredamento spoglio guardandosi intorno alla ricerca di James, che lo aspettava prevedibilmente appostato in terrazza con il posacenere a portata di braccio ed una sigaretta tra le labbra.

-Lo sai che fumare può portarti alla morte, vero? -esordisce oltrepassando la porta-finestra, raccogliendo uno sguardo scettico in risposta.

-Con tutto ciò che potenzialmente può uccidermi tu pensi al fumo? Davvero?1 -ribatte James sollevando gli occhi al cielo, concedendosi l’ultimo tiro prima di spegnere la sigaretta sul posacenere, accontentandolo. -Ti aspettavo ancora un quarto d’ora fa.

-C’era traffico. -si giustifica Steve facendo tintinnare le chiavi della Harley sottolineando il concetto, mentre il fratello si alza dalla sedia sfilando il mazzo di chiavi dalla tasca dei jeans. -Carino il portachiavi.

-Un regalo di Natalia. -commenta James sovrappensiero sfiorando il mini-scudo in acciaio, per poi sfilare la chiave di casa dall'anello di metallo porgendogliela. -Questo giro evita di perderla, ho dovuto far sostituire la serratura l’anno scorso.

-Natalia? -ribatte ripiegando in un sorriso malizioso celato a fatica, ignorando volutamente la frecciatina in merito alla sua sbadataggine.

Erano passati ormai un paio di mesi dalla scoperta, ma Steve dubitava di poter mai farci realmente l’abitudine al fatto che suo fratello e la sua migliore amica avevano una vera e propria relazione seria… era ovviamente felice per James, pensandoci bene non riusciva a venirgli in mente una persona più perfetta per entrambi, ma d’altro canto si divertiva troppo a dargli il tormento ogni volta che gli veniva concesso il pretesto per farlo, ripagando il fratello per tutte quelle volte in cui l’aveva bersagliato di frecciatine ed orchestrato agguati oltreoceano con Peggy ancora una vita fa2.

-Sí, Steve. Natalia, Natasha, Nat, come diavolo vuoi chiamarla. -sbuffa spazientito ma reprimendo un sorriso, pungolandolo con la chiave che lui non aveva ancora accettato, replicando con enfasi eccessiva assecondando la provocazione. -Per tua informazione, la mia signora mi sta aspettando con un Quinjet in partenza, tu sei in ritardo di un quarto d’ora e si dà il caso che non le piaccia aspettare troppo, quindi adesso sarà sicuramente arrabbiata con me per colpa tua, amico.

-Quindi è ufficiale? -ribatte Steve lasciando da parte gli scherzi in favore di un tono di voce un po’ più serio, aggiungendo velocemente la chiave dell’appartamento al mazzo per poi intascarlo. -Niente ripensamenti?

-Non vado in guerra Steve, mi trasferisco solo a Parigi… e sì, è ufficiale, ‘Tasha mi ha fatto firmare il contratto immobiliare la settimana scorsa.

-Non era necessario, Buck.

-Questa non è casa mia, è la tua. Ci sono venuto ad abitare solo perché non volevo che andasse venduta ad una persona qualunque, vale lo stesso per lo scudo. -replica James con quel genere di scrollata di spalle che Steve riconosce immediatamente decifrandone il significato, seguendolo rientrando nell’appartamento mentre gli indica gli scatoloni accatastati in soggiorno con un gesto distratto della mano. -Lí ci sono le tue cose, erano nello sgabuzzin-...

-Buck. - richiama la sua attenzione interrompendolo prima che costruisca un muro di parole vuote in mezzo a loro, mentre Steve cerca il suo sguardo nonostante il fratello continui a sfuggirgli, consapevole che lui abbia capito esattamente cosa gli passi per la testa, reagendo d’istinto ignorandolo e puntando le iridi ghiacciate sugli scatoloni scarabocchiati con l’indelebile. -Non è un addio, parli come se lo fosse… Fury ti ha assegnato in servizio in Europa con Natasha, è okay, vai solo dall’altra parte del mondo. Esiste Skype per questo genere di cose.

-Non ce l’hai con me perché non resto a New York? -chiede James titubante preso in contropiede dalla sua esternazione così diretta. -Da quando sei sveglio noi due non abbiamo mai parlato dei perché, ma solo delle conseguenze… ho come l’impressione che evitiamo l’argomento perchè non voglio sentirmi dire da te che sto per fare una cazzata.

-Lo so perché te ne vai, non c’è bisogno che ti giustifichi… New York ha smesso di essere casa tua ancora settant’anni fa. -ribatte Steve pacifico, raggiungendo il frigorifero per automatismo prelevando e stappando un paio di birre in una prima riappropriazione dei propri spazi, allungando una bottiglia al fratello in un tacito segno di pace superfluo. -Non hai fatto davvero tutte le stupidaggini che credi.

-Ah no? -chiede James con tono ironico accettando l'offerta, puntellandosi all’isola della cucina ostentando sfrontatezza.

-No, Buck. -sorride conciliante scuotendo leggermente la testa, realizzando che suo fratello necessitava di sentirsi dire certe cose, prima di crederle effettive e sentirsi in pace con sé stesso. -L’aver fatto del tuo meglio con lo scudo non significa che tu abbia fatto un lavoro da cani, anzi… so che hai combinato Sergente, ho letto i rapporti, sei ancora il mio braccio destro nonostante tu non voglia ammetterlo.

-Non ho dubbi sul braccio destro, ma sulle responsabilità del sinistro. -ammette James concedendosi un sorso di birra portandosi la bottiglia alle labbra con la destra, sfarfallando con le dita di metallo sottolineando il concetto appena espresso.

-Quello è opera di Tony? -chiede Steve deviando il discorso indicandogli la protesi, incapace di trovare le parole adatte con cui ribattere dopo la sentenza proferita dal fratello.

-Anche, ma per una volta che voglio parlarne, tu non cambiare discorso. -lo rimbecca James immancabilmente levando gli occhi al cielo. -Non sono te Steve, non lo sono mai stato, la mia bussola morale è parecchio sballata e lo sai. Ero la scelta più ovvia per ereditare lo scudo? Può darsi. La persona più indicata per farlo? Non credo proprio. L’ho fatto perché non volevo che andasse ad una persona qualunque, te l’ho detto… Sam non è una persona qualunque, ma quello che mi chiedo è perché non l’hai rivoluto indietro tu.

Steve distoglie lo sguardo cadendo in fallo davanti a quel drastico cambio di prospettiva vedendo riaffiorare l’indole da “fratello maggiore” nella voce di James, ricordandosi che prima del siero era suo fratello quello incaricato di badare a lui e non viceversa, sorprendendosi di essersi disabituato all’idea di avere qualcuno che vedesse sempre tre passi avanti rispetto alle sue reali intenzioni.

-Sei tu che psicanalizzi me ora? -cerca di scherzare fallendo nell’interno, ottenendo in risposta uno sguardo famelico di una risposta veritiera. -Okay… non lo so, forse la Guerra Civile mi ha aperto gli occhi, l’aver scoperto che il mondo non è esattamente in bianco e nero come lo pensavo ha sballato la mia di bussola morale.

-Niente ripensamenti? -lo prende in giro James con le sue stesse parole proferite poco prima, abbandonando il tono scherzoso ritornando ad un registro più serio quando lui scuote la testa in risposta. -E se il mondo avesse di nuovo bisogno del Capitan America originale? Rispondi all’appello disarmato?

-In quel caso Tony ha dei contatti in Wakanda, una soluzione c’è di sicuro3.

-Quindi… Consulente? -ribatte abbandonando il fondo vuoto della bottiglia di vetro sul tavolo, ponendo la domanda facendo trasparire una nota di congedo.

-Quindi io Consulente e tu Parigi. -conferma aggirando il bancone, stringendolo in un abbraccio in segno di saluto, mentre il fratello ricambia la stretta d’istinto. -Chiamami su Skype ogni tanto, okay?

-Va bene. -afferma James sciogliendo la presa, puntando lo sguardo sull’orologio appeso alla parete della cucina. -A parte gli scherzi… io vado, ora sono davvero in ritardo catastrofico.

-Dí pure a Natasha che è colpa mia. -ridacchia Steve in risposta, offrendogli prontamente un salvataggio. -Se devi farti perdonare pago io la cena per quattro, una vacanza in Francia non dispiace né a me né a Sharon.

-Proponi una Fondue? -si vendica il fratello con un sorriso malizioso sulle labbra, richiamando alla mente di entrambi le battutine proferite in un bunker londinese ancora troppi anni prima.

-Okay, me la sono cercata. -ammette Steve percependo le guance imporporarsi di rosso, liquidando la frecciatina con una scrollata di spalle, mentre James ride di gusto in risposta recuperando le chiavi della moto dalla tasca.

Lo vede avviarsi verso la porta salutandolo con un cenno della mano, ma si blocca sulla soglia con la mancina sospesa sopra la maniglia, sollevando lo sguardo dalla mano di metallo colto da un ultimo ripensamento.

-Steve… me lo assicuri che non sto facendo una cazzata colossale, vero? -chiede lasciando trasparire nella domanda tutte quelle tacite conseguenze un po’ più serie di una semplice convivenza con Natasha in suolo francese, riferendosi alle implicazioni dettate dal ritorno della tenuta in kevlar del Soldato d’Inverno e di tutti quei mostri che si annidavano ancora nella sua ombra.

-No Buck, tranquillo, ti guardo le spalle a distanza. -lo rassicura con il sorriso sulle labbra, mentre il fratello annuisce con il capo con un’espressione convinta dipinta sul volto. -Se hai bisogno di me ci sarò sempre.

-Fino alla fine?

-Fino alla fine.



 

Note:

  1. Riferimento all’universo “Ultimate” nel quale Bucky non diventa mai il Soldato d’Inverno, si vive la sua vita tranquilla e muore di enfisema polmonare a causa del suo smodato tabagismo.

  2. Riferimenti ai capitoli precedenti e agli esempi specifici narrati in Christmas Miracles e Miss Union Jack.

  3. I contatti di Tony in Wakanda sono documentati in Upgrade. I miei blandi riferimenti sono indirizzati a Nomad e il nuovo scudo fornitogli da T’Challa, ciò che si vede in “Infinity War” per capirci.



 

Commento dalla regia:

Signori e signore, vi annuncio che il secondo progetto mastodontico si conclude qui, con un bellissimo finale aperto che lascia le porte aperte alle prossime grane.

Non ho idea se questo era il finale che vi aspettavate, ma il progetto puntava fin dall’inizio a quest’ultimo scambio di battute redatte in questi specifici termini, ma se la vostra opinione dovesse differire dalla mia e vogliate comunicarmela nei commenti qui sotto sono aperta al dialogo ;)

Vi avviso già che il “terzo progetto mastodontico” è in fase di lavorazione, se siete interessati a seguire le disavventure parigine di James e Natalia avrete pane per i vostri denti… impegni accademici/lavorativi/estivi permettendo ^^’  [*]

In ogni caso, ringrazio chi ha seguito la storia “fino alla fine”, chi l’ha aggiunta alle preferite/ricordate ed un grazie speciale va a _Lightning_, che tra le discussioni in privato e le recensioni a pié di pagina, è quella che ha letteralmente visto nascere e crescere questa “creatura” <3

Un bacio,

_T



[*] Aggiornamento 12.07.2019: "Indelible Marks"
   
 
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