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Autore: k_Gio_    21/06/2019    3 recensioni
Dopo una serata di festeggiamenti un risveglio imbarazzante è d'obbligo...giusto?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Che altro vuoi sapere?


Il caldo la stava soffocando, il sudore le imperlava la fronte e, ciliegina sulla torta, la luce del sole entrava prepotentemente dalla finestra e si stagliava con tutto il suo calore sulla sua faccia.La cosa positiva, si ritrovò a pensare, ancora con gli occhi chiusi nell'ostinato tentativo di dormire ancora un po', era un delizioso profumo di caffè che la invitava a svegliarsi. Sorrise pregustando quel liquido scuro pronto a risvegliarle i sensi, a toglierle quel torpore in cui era avvolta.
Ma a quell'ora in casa sua non ci sarebbe dovuto essere nessun altro oltre lei.
Sbarrò i suoi occhi cerulei ancora mezzi addormentati. 
Sdraiata su un fianco e ingabbiata in un lenzuolo che avrebbe volentieri fatto volare dalla finestra si era ritrovata a posare il suo sguardo su un Bellamy Blake in boxer placidamente semidisteso al suo fianco con una tazza di caffè in una mano e il cellulare nell'altra. Il suo cervello ebbe un breve blackout, non tentò nemmeno di andare alla sera precedente. 
Semplicemente si arrestò per qualche secondo, cercando di metabolizzare quella situazione tanto assurda quanto imbarazzante. 
Bellamy si era accorto che Clarke si era svegliata, ma non fece niente se non aprirsi in un ghigno malamente celato per poi bere il suo caffè con fare disinvolto.
«Buongiorno Principessa»
Clarke si rotolò a pancia in giù, nascondendo la faccia nel cuscino.
«No...» bofonchiò con la voce attutita. La speranza di non aver fatto quello che la situazione preannunciava. Si alzò sui gomiti quel tanto per constatare che non aveva il vestito, né tanto meno la biancheria indosso.
«No-no-no-no-no...» un ritornello di negazioni per cercare di cambiare la realtà in cui si era risvegliata.
«E invece pare proprio di sì» i loro occhi si scontrarono « Una notte indimenticabile» fece sornione, ammiccando alla faccia sempre più rossa di lei.
 Se prima stava morendo di caldo ora era un fuoco vivente. Tornò supina e si mise seduta, il lenzuolo, unica barriera tra la sua nudità e colui che non sarebbe dovuto esserle, mai, così tanto vicino, era stretto saldamente al suo petto. Si portò i lunghi capelli biondi su una spalla, non poteva crederci. Bellamy d'altro canto non si lamentava della nuova visuale, la pelle diafana di Clarke emanava luce con i raggi che la investivano seducentemente. Si passò una mano tra i neri capelli indomiti. Il caffè ancora saldo nell'altra mano. 
Passarono qualche minuto in silenzio. 
Lei a cercare di capire se voleva sapere qualcosa. 
Lui a far finta che non gliene importasse nulla. Che poi, si disse, era effettivamente così, no?
«Ok» esordì allora Clarke dopo la sua pausa di riflessione. «Dove sono i miei vestiti?» e iniziò la ricerca di quegli indumenti che l'avevano tradita, lasciandola esposta agli occhi scuri del più stronzo della loro compagnia. E infatti la voce sbruffona non tardò ad arrivare in suo soccorso. «Mmm...penso che qualcosa l'hai lasciata qui in giro...ma il vestito non mi ricordo se te lo sei tolto all'entrata.»
 «Quanto sei stronzo» si ritrovò a dire a denti stretti mentre recuperava gli slip a fianco del letto.
«Sei tu che ieri sera eri...incontenibile» e ghignò di nuovo alla faccia sempre più esterrefatta di lei che, seppur ci provava, non riusciva a nascondere.
Infilata la biancheria si gettò di nuovo a peso morto sul letto, cercava nella memoria qualche scena della sera precedente. Le uniche immagini che ricordava erano di lei che beveva un bicchiere di troppo e di decisamente troppo forte per i suoi standard. Maledì sé stessa per la sua irresponsabilità.
Si voltò a guardarlo, tranquillo come se fosse tutto normale, perfettamente a suo agio...ma probabilmente era così. La fama di Bellamy Blake lo precedeva.
«Posso avere almeno del caffè?» 
«Certo...» si portò la tazza alle labbra «è di là in cucina» disse nascondendo quel sorriso sbruffone.
«Sei proprio stronzo»
«Posso confermarti che stanotte mi hai chiamato in tutti i modi eccetto così. Anzi, eri di tutt'altro avviso qualche ora fa. Mi sembra di ricordare che hai detto qualcosa tipo ''Fortuna che ci sei tu...'' o qualcosa del genere...ma tanto te lo ricordi no?!»
Clarke si era alzata di scatto torcendo il busto verso di lui, rossa come un pomodoro «Questo sono sicura che non l'ho mai detto. E no! Non mi ricordo un accidenti di niente quindi se vuoi ricordarmelo te ne sarei grata.» ok, voleva sapere che diamine fosse successo.
 Avere quel vuoto nella testa la faceva sentire più esposta di quanto non lo fosse già in quel momento. Ma doveva stare calma, il cerchio alla testa dato dai postumi iniziava a martellarle il cervello.
Per risponderle Bellamy posò la tazza sul comodino e nel farlo Clarke si ritrovò a guardargli, senza che potesse fare in tempo a frenarsi, gli addominali del ragazzo. Il quale la beccò in flagrante e sfoggiò poi un'espressione compiaciuta e divertita al tempo stesso.
«Vuoi davvero sapere quello che è successo la notte scorsa?» 
«Sì»
E non fu pronta a trovarselo così vicino. Così vicino da poter contare le lentiggini che gli decoravano il volto abbronzato. Tanto vicino che per un attimo si concesse il lusso di soffermarsi più del consentito su quelle labbra che erano sollevate in un sorriso che non sapeva ben decifrare.
Lasciò, senza rendersene conto, la presa sul lenzuolo che teneva stretto al petto. Quello prevedibilmente scivolò verso il basso ma né lei né lui interruppero quel contatto visivo. Il sorriso nato poco prima sulle labbra del moro era lentamente scemato lasciando il suo volto in un'espressione concentrata, intensa. Intensa come quella in cui si era ritrovata Clarke mentre lo guardava in quegli scuri che, ora, sembravano velati di...desiderio, forse.
Sarebbe bastato poco per dare il via a qualcosa che non sapevano, nessuno dei due, se volevano effettivamente accadesse. O accadesse di nuovo, dipendeva dai punti di vista, pensò poi Clarke.
«Meglio...meglio che mi rivesta» e dicendolo Clarke abbassò leggermente lo sguardo, tornando a coprirsi con il lenzuolo. Si morse il labbro inferiore per non pensare che se avesse aspettato un altro secondo si sarebbe sporta quel tanto che bastava a sfiorare quelle labbra.
Anche Bellamy tornò al suo posto, anche se ammise a sé stesso che gli sarebbe piaciuto vedere dove si sarebbero potuti spingere. Oltre al fatto che vederla mordicchiarsi il labbro lo aveva disorientato per un attimo. Si appoggiò di nuovo alla testiera del letto , riprese il cellulare e la lasciò cercare i suoi indumenti.
Clarke dovette alzarsi per recuperare il reggiseno. Avvolta nel lenzuolo come una mummia, aveva dato una veloce occhiata al ragazzo dietro di lei che sembrava più preso dal cellulare che dalla sua figura e velocemente lasciò cadere quella barriera di stoffa e si precipitò ad infilarsi il reggiseno.
«Tanto ho già visto quello che volevo vedere» sentì quella voce irritante e canzonatoria alle sue spalle e inevitabilmente un brivido le corse lungo la schiena.«Sta zitto» e poi vide il suo abito bianco abbandonato a terra vicino all'armadio.
«Ma cosa..?!» e si voltò verso di lui mostrandogli le bretelle rotte dell'abito.
 «Sei stata tu, avevi una certa foga. E quella ne è la prova» fece spallucce, la finta espressione innocente.
«E come esco di qui...?» si ritrovò a domandarsi mentre cercava di annodare i vari lembi strappati. 
Sicuramente quello che aveva bevuto era stato corretto con qualcosa di decisamente troppo forte. Stupida, stupida, stupida.
«Tieni» e non aspettandoselo si ritrovò con una maglia di Bellamy in faccia.
«Grazie...» lo ringraziò titubante mentre srotolava la maglia tra le mani.
«Ti vado a prendere il caffè» le passò accanto e le sussurrò vicino all'orecchio «ma per me puoi anche rimanere così...non mi disturba vederti mezza nuda in casa mia». E stavolta fu lui a non fare in tempo a schivare il pugno che gli arrivò sulla spalla.

 


«Non pensavo di trovarti già sveglia»
Octavia sobbalzò nell'udire la voce del fratello dietro di sè. Instintivamente si tirò giù i lembi dell'enorme camicia bianca che indossava.
Bellamy la guardò per un attimo, il cipiglio sul volto nel ricordarsi se quella era una delle sue camicie e perché sua sorella ne indossava una.
Glielo avrebbe chiesto in un secondo momento, voleva tornare in stanza.
«Fa troppo caldo per dormire...volevo fare colazione...»
«Mmm.» prese una tazza verdandosi il caffè rimasto «A che ora sei tornata ieri sera?»
Octavia rifuggì dallo sguardo del fratello andando a prepare un'altra brocca di caffè. «Credo...le due. Poco dopo che te ne sei andato tu comunque. Perché?» 
«Per sapere» 
Nessuno dei due fratelli Blake voleva davvero fare domande all'altro per timore che uscisse fuori qualcosa che non doveva essere rivelato.
«Che programmi hai per oggi , Bell?»
«Credo che tra poco uscirò per una passeggiata in spiaggia. Tu?» le domandò già con un piede oltre l'uscio della cucina.
«Ah bene. No, io credo che rimarrò a casa per questa mattina. Avvertimi quando esci ok?!» 
Sua sorella era più strana del solito, ma lui aveva sonno, voleva dormire e doveva far uscire Clarke da casa sua senza che sua sorella se ne accorgesse.
«Ok»

«Mia sorella è in cucina, se non vuoi che scopra che sei qui sarà meglio che tu non apra boc-» rimase impalato sulla soglia della sua camera come uno scemo quando se la ritrovò davanti.
Era di spalle, affacciata alla finestra che dava sulla spiaggia con indosso la sua maglia bordeaux che le arrivava appena sotto il sedere ed i capelli raccolti sommariamente sopra la testa.
Per poco non faceva cadere la tazza quando Clarke si voltò.
«Mmm? Ah grazie» e lo raggiunse senza dar segno di aver notato il turbamento che lo aveva trapassato tutto insieme. La vide portarsi la tazza alle labbra e dovette ricordarsi di respirare...e di non fissarla in quel modo. Si schiarì la voce e la oltrepassò raggiungendo la finestra aperta e inspirando a pieni polmoni.
«Octavia non sa che sono qui, vero?!» 
«No. Ha detto che rimarrà a casa quindi appena sei pronta ti accompagno a casa» aveva detto quelle parole con tono più duro di quanto non volesse ma ora non la voleva più intorno. Stava diventado pericolosa la situazione.
«Non ce n'è bisogno. Alla fine è stato solo...sesso,no? Non sei obbligato» e bevve un altro sorso di quel liquido nero che la stava finalmente svegliando a dovere.
Ma la faccia di Bellamy si contorse in una smorfia divertita.
«Che c'è? Che ho detto?!» 
«Niente, niente» 
«Non dirmi ''niente'' Blake. Che hai da sghignazzare?!» e lo colpì con un leggero, ma neanche troppo, schiaffo.
«Smettila! Ho detto niente» e rise mentre cercava di bloccare quella mano molesta che continuava a colpirlo per estorcergli qualche verità che non voleva esternare.
Di colpo i suoi occhi indugiarono per un momento di troppo sulla maglia che indossava Clarke, e un pensiero gli adombrò il sorriso.
«Che succede? Ci hai ripensato sulla maglietta?» domandò scherzando lei.
Le lasciò libero il polso che le aveva bloccato. «Ieri sera c'era qualcuno che aveva una camicia bianca?»
 Clarke ci pensò un momento, ricordando la parte di serata che non le era stata rubata dall'alcool.
«Credo Lincoln. Sì mi pare lui, perchè?»
Lo sguardo scanzonato di poco prima si trasformò in uno omicida che quasi la fece tremare.
Ebbe la prontezza di bloccarlo appena si era accorta che si stava lanciando come una furia verso la porta.  Il caffè oscillò nella tazza e qualche goccia cadde sul pavimento in legno.
«Ehi che ti prende?!» gli chiese bloccandolo per un braccio. La mascella di Bellamy si contrasse mentre il fuoco divampava nei suoi occhi.
«Mi dici cosa c'è che non va?!»
«Non va il fatto che quello sta in casa mia, nella stanza di mia sorella e...» non voleva dire altro. Octavia era e rimaneva comunque la sua sorellina e non riusciva a pensarla tra le braccia di qualcun altro. Specie di quel Lincoln che non gli andava per niente a genio.
«E allora?» gli arrivò quasi lontana la voce di Clarke.
«Come 'E allora'?» la guardò cercando di capire come lei potesse non capire. «Ieri sera Octavia ha bevuto, l'ho vista, non voglio nemmeno pensare che lui ne abbia approfittato per...» chiuse gli occhi per scacciare quei pensieri. Sapeva che sua sorella aveva una mezza cotta per Lincoln ma che lui potesse approffitare di un momento di debolezza della sorella gli mandava il sangue al cervello.Voleva ucciderlo, quantomeno prenderlo a pugni. 
«Se ha provato anche solo a sfiorarla giuro che-» continuava ad inveire contro sè stesso, contro Lincoln e contro sua sorella quanodo di nuovo, la voce di Clarke gli giunse alle orecchie.
«Non è quello che abbiamo fatto noi? Cioè, alla fine avevamo bevuto entrambi...? Forse però tu l'hai retto meglio...»  e in quell'istante si sentì fragile. Bellamy non era il classico bravo ragazzo, le voci che giravano su di lui erano risapute, ma era il fratello di una delle sue migliori amiche quindi sì, si era leggermente spaventata quando se lo era trovato davanti quella mattina ma sapeva anche che sarebbe potuta andarle molto peggio, dopotutto lo conosceva, si fidava. Lentamente allentò la presa dal braccio muscoloso di Bellamy. 
Il fuoco negli occhi del moro si spense così repentinamente così come era nato. No, non poteva farle questo. E soprattutto non voleva che lei lo vedesse in quel modo. Aveva giocato, l'aveva presa un po' in giro ma non si sarebbe fatto passare per quello che non era.
Scosse la testa e poi si passò entrambe le mani sul volto stanco.
«No Clarke, no» inspirò ritrovando una calma che ora proprio non gli apparteneva.
«Non abbiamo fatto proprio un bel niente io e te ieri sera»
Clarke lo guardò con una faccia confusa.
«Cosa? E i vestiti? Perché ero...nuda?»
E allora si concesse di sorridere a quella domanda.
«Perché, come ti ho già detto prima» e sorrise sghembo abbassandosi all'altezza dei suoi occhi azzurri «avevi una certa foga nel volerti liberare dei tuoi abiti. Dicevi di avere caldo e chi ero io per impedirti di svestirti in casa mia?».
«Ma...allora perchè-»
«Senti» la bloccò prima che potesse chiedergli altro «Facciamo così, usciamo di qui e ti racconto questa fantastica serata mentre ci avviamo verso casa tua eh? Ok ? Altrimenti sul serio salgo su e spacco la faccia a quel tizio» cosa che tanto farò prima o poi, si ritrovò a pensare.
Clarke annuì, cercò i suoi sandali e raccolse il suo vestito. Non sapeva se essere più arrabbiata o sollevata che alla fine non avessero combinato nulla...era sollevata, questo sì, non c'erano dubbi. Ma si domandava perché fosse finita a casa Blake anziché a casa, e nel letto, di qualcun altro. Glielo avrebbe chiesto. Ora che la situazione non sembrava più così nera come se l'era immaginata poteva cercare di ricomporre quella memoria che le era stata sottratta senza troppi timori.
Anche Bellamy intanto si era vestito, t-shirt e bermuda, e quello bastava a far girare dalla sua parte gran parte delle ragazzine che incontrava per strada. Bellamy Blake non passava mai inosservato.
«Andiamo»
Urlò, con una calma forzata nella voce, che stava per uscire e solo dopo aver avuto una risposta dalla sorella fece uscire Clarke. 
«Visto che è ancora presto potremmo fare una passeggiata, così mi racconti la ''fantastica'' serata che ti ho fatto passere» 
«Direi che si può fare, anche se non so se poi rimpiangerai il non aver fatto sesso con me»
«Lascialo decidere a me»
«Come vuoi principessa»
«E smettila di chiamarmi così»

«Quindi? Cosa è davvero successo ieri sera?»
Le onde si rincorrevano sul bagnasciuga mentre camminavano tranquilli in quella mattinata dalle temperature ancora accettabili.
Bellamy calciò l'acqua quando questa raggiunse i suoi piedi. Non sapeva se era il caso di raccontarle tutto.
«Quello che ti ho detto prima. Eri ubriaca, ti volevi levare i vestiti e poi sei crollata nel mio letto. Fine»
«Cambiamo approccio. Io ti faccio le domande e tu rispondi. Ok?» 
«Non ti basta sapere questo? Che altro vuoi?»
«Scusa se non mi piace avere dei vuoti, mister :io ero sobrio e allora chissenefrega se tu non ti ricordi niente» disse scimiottando la voce di Bellamy.
«Io non parlo così...» e la guardò di sbieco nascondendo un sorrisetto divertito. Lei scrollò le spalle.
«Allora, iniziamo. Perché sono venuta a casa tua?»
«Beh, come ti ho già detto, non sei venut-» e rise mentre lei lo tempestava di pugni per quella battuta del cavolo.
«Ti ho portato a casa mia perché non eri in te, c'era gente che stava peggio di te che ti guardava in modo poco...accettabile, e visto che sei amica di Octavia le ho detto che ti avrei riportata a casa.» la guardò cercando di capire se gli credeva.
«E poi?»
«E poi ti sei attaccata come una cozza implorandomi di non riportarti a casa in quelle condizioni» alzò le spalle, con quel suo modo di sufficienza «neanche tu hai resistito al mio fascino Griffin» 
«Certo come no. Quindi siamo andati a casa tua e?»
«E hai iniziato a dire di avere caldo, e visto che non ti aiutavo a togliere il vestito hai fatto da sola» sfoderò uno di quei rari sorrisi che aveva mostrato in sua presenza, di solito non erano mai così rilassati , erano due teste calde d'altronde, dovevano battersi come leoni e tenersi testa a vicenda.
Clarke si portò una mano sugli occhi mentre l'altra reggeva sandali, vestito e telefono. Che figura del cavolo che aveva fatto. 
Lo sentì sbadigliare. «Se sono crollata perché hai quelle occhiaie di chi non ha dormito per tutta la notte?»
Bellamy guardò verso il mare, pensando bene a come risponderle.
«Diciamo che sei crollata solo dopo aver parlato abbondantemente di qualcosa che non mi ricordo nemmeno.»
«Ah»
Calò il silenzio. 
Bellamy non le avrebbe detto che si ricordava perfettamente tutto quello di cui gli aveva parlato, a volte in modo più sensato rispetto ad altre. Di come si era messa a piangere parlando di suo padre, o di come il suo amico l'aveva lasciata troppo presto. Di un ragazzo che l'aveva ingannata dicendole che era libero per poi scoprire che era fidanzato. Come poteva ripetere quelle parole di sfogo, di come temeva che ogni persona a cui si affezionasse l'abbandonasse in un modo o nell'altro. Non se la sentiva di lasciarla in balia di quei pensieri che avevano preso il sopravvento non appena le sue difese si erano abbassate. 
E di certo Clarke non avrebbe insistito nel chiederglielo. Forse era meglio così. Se nemmeno lui si ricordava i suoi vaneggiamenti tanto meglio. 
«Beh, allora grazie per avermi tenuta sana e salva.» gli sorrise sincera cercando i suoi occhi che cercavano di sfuggire, quasi imbarazzati.

«Spero non ci sia mia madre...»
«Magari facciamo quello che non abbiamo fatto stanotte» le disse disinvolto Bellamy dietro di lei.
«Contaci» rispose ironica mentre entrava aspettandosi che lui la seguisse.
Bellamy si guardò intorno, aveva sempre pensato che Clarke non se la passasse male, e ora che vedeva casa sua poteva affermare che era davvero così. 
«Se mi dai dieci minuti faccio una doccia al volo e poi preparo la colazione. Puoi guardare la tv intanto»
«Se preferisci posso aiutarti con la doccia così fai anche prima...o forse no» alzò il sopracciglio quasi a sfidarla.
«Credo che farò da sola, ma grazie per l'interessamento» alzò gli occhi al cielo prima di salire su per le scale e chiudersi in bagno.
Visto che non era uno a cui piaceva impicciarsi fece come suggeritogli, accese la tv e si mise comodo.
Aveva cercato di metterci il meno possibile, non le piaceva far aspettare la gente, ma quella doccia fredda le serviva proprio per continuare quella giornata che era cominciata nel più strano dei modi.
Con i capelli ancora umidi si era vestita con la prima cosa che aveva trovato e si era diretta giù per le scale pronta per per mettere qualcosa sotto i denti e ringraziare, almeno in parte, quello che Bellamy aveva fatto per lei... l'idea che però lui l'avesse effettivamente vista nuda  le imporporò le guance. Era meglio non pensarci adesso.
«Visto? Ho fatto presto anche senza il tuo aiuto.» scherzò scendendo l'ultimo gradino. «Bellamy?». Nessuna risposta.
 Possibile che se ne fosse andato senza nemmeno salutarla?
«Bellamy?» provò di nuovo ma con lo stesso esito. Raggiunse il salotto dove il vociare, seppur basso, della televisione dava voce a quella casa altrimenti vuota.
Si diede della stupida per aver creduto che Bellamy Blake fosse diverso da come glielo avevano raccontato. «Sempre la solita scema, vero Clarke?» rimbrottò sè stessa per l'ennesima volta.
«E tu sei il solito stronzo di turn-ah» e un sorriso che spazzò via quei rimproveri le nacque sul volto.
Bellamy era scivolato sul divano in un sonno talmente profondo che non aveva dato segno di averla sentita minimamente. Clarke si appoggiò con i gomiti allo schienale del divano e si mise ad osservarlo. L'espressione serena, i muscoli del viso rilassati le mostravano un lato di Bellamy che non aveva mai avuto modo di vedere. Era sempre con quel cipiglio concentrato di chi deve stare attento a non sgarrare, non commettere un passo falso. 
Si concesse di osservarlo attentamente perché era quasi sicura che lei era una delle poche ragazze che il moro avesse frequentato a poter dire di averlo visto così rilassato e libero da ogni preoccupazione. 
Si mise sull'altra estremità del divano. La colazione l'avrebbe preparata più tardi.





___________________________________

Oook!
Ci riprovo e con una AU decisamente atipica per me. Diciamo che scrivere su di loro non è semplice per niente e con questa AU spero di non essere andata troppo OOC, spero di non averli snaturati troppo .-. 
La ff è nata dopo aver letto un prompt da qualche parte che non mi ricordo, ma che comunque poi ho cambiato quindi niente, ve lo volevo comunicare a titolo informativo :'D 
Comunque è un po' campata in aria eh, lo so, però si è scritta tanto bene da sola che non ho potuto non publicarla xD 
Spero di leggere dei vostri pareri. 
Alla prossima!
Gio
  
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