Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Amor31    25/06/2019    3 recensioni
Da quando ha scoperto la verità sul suo mondo, Eren ha la testa piena di ricordi confusi che non riesce in alcun modo a capire. Come uscirne?
Armin ha la soluzione: chiedere aiuto a Historia. Non è forse vero che già in passato ha risvegliato in lui memorie sopite?
Eren riflette e acconsente. Ma perché di colpo stare con lei è così difficile? E perché l'immagine della ragazza gli riempie la testa?
ATTENZIONE! SPOILER PER CHI NON È IN PARI CON L'ANIME
Storia partecipante al Contest "Ti odio tanto che potrei morirne – edite e inedite" indetto da Setsy sul Forum di EFP
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Christa Lenz, Eren Jaeger
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Noi siamo il segreto

 

Un mese e dodici giorni, tanto era il tempo passato dalla battaglia di Shingashina. Eren aveva iniziato a tenerne il conto spontaneamente, come se fosse stato naturale impostare un nuovo calendario facendolo iniziare nel momento in cui la verità sul suo mondo era stata rivelata. In quei quarantadue giorni non aveva smesso di rimuginare su suo padre e sui ricordi che gli aveva tramandato. Leggendo quei tre diari, sua unica eredità, aveva progressivamente sbloccato nuove memorie, una più dolorosa dell'altra. Ricordi che saltavano fuori all'improvviso, mentre sedeva a mensa o si metteva a letto. La notte era il momento peggiore: gli era capitato svariate volte di svegliarsi nel buio, madido di sudore e con il cuore a mille, mentre gli vorticavano davanti agli occhi immagini vivide di un mondo che non conosceva e di persone che non aveva mai visto in vita sua.
All'inizio quei flash luminosi gli erano sembrati senza senso, come migliaia di pezzi di un puzzle da riordinare. Un giorno aveva sentito la testa così pesante di pensieri confusi da chiedere ad Armin della carta su cui poterli appuntare, nel vano tentativo di capire cosa diamine ci fosse di sbagliato in lui, nella sua famiglia e in generale nella sua vita. Il risultato finale? Un numero imprecisato di fogli strappati e un peggioramento della sua emicrania.
«Dovresti farti aiutare da Historia», gli disse Armin un pomeriggio. Era stato colpito dall'ennesima crisi conseguente il risveglio di un ricordo e aveva urlato contro la parete del dormitorio, frustrato.
«Historia? Perché?»
L'amico sospirò: «Mesi fa hai detto che dopo essere stato toccato da lei sono riaffiorate le ultime memorie di tuo padre. Quelle del giorno della caduta di Shingashina».
«È vero, ma cosa c’entra, adesso?»
«Se il sangue di Historia ha il potere di farti recuperare dei ricordi, potrebbe anche chiarire i nuovi. Magari il suo intervento riuscirebbe a far riallineare i pezzi che hai sbloccato in queste settimane».
L'intuizione di Armin era così semplice eppure logica che Eren si diede dell'idiota per non esserci arrivato prima. Quel ragionamento non faceva una piega; valeva davvero la pena mettersi in contatto con lei. Chissà se avrebbe potuto vederla nel corso della sua prossima visita a Trost? D'altronde Historia continuava a occuparsi degli orfanotrofi che aveva ordinato di allestire, recandovisi di persona ogni due settimane, e probabilmente non avrebbe mancato di restare qualche giorno di più in città per salutare i suoi amici.
Così avvenne. La sovrana fu accolta dalla popolazione con un'ovazione di applausi e grida inneggianti alla sua buona salute, poi, assicuratasi che i suoi bambini – così chiamava i piccoli abbandonati – stessero bene, raggiunse il palazzo municipale di Trost per incontrare il Comandante Pyxis e la nuova guida del Corpo di Ricognizione, Hanji Zoe. La riunione non si protrasse a lungo: appena trenta minuti. Non che ci fosse molto da dire, dato che non avevano ancora stabilito se e come muoversi contro i nemici dell'umanità. Perciò, congedatasi dai leader militari, passò a salutare le sue vecchie conoscenze, che si inchinarono vedendola entrare nella sala dove si erano riunite.
«Maestà», dissero in coro i superstiti del 104° Reggimento. Il loro tono solenne rimbalzò contro i muri spogli e l'eco conferì ancor più formalità a quel saluto.
«Ragazzi, sono sempre io», sorrise Historia, avvicinandosi a ciascun compagno per costringerlo a rialzarsi. «Va tutto bene? Hanji mi ha detto che la nuova macchina per eliminare i Titani funziona benissimo».
La conversazione fu incentrata su quell'argomento. Connie ne era entusiasta, così come Sasha, Jean e Armin. Mikasa convenne che in effetti quell'invenzione risparmiava chiunque da un incontro ravvicinato con la morte e Historia se ne compiacque. L'unico a rimanere in silenzio fu Eren, concentrato ad ascoltare gli altri. Un atteggiamento non da lui che la giovane regina notò subito.
«Tu che ne pensi?» Historia gli si rivolse direttamente. «Credevo che questa fosse l'arma dei tuoi sogni, invece non sembri per niente soddisfatto. Sbaglio, forse?»
Sul gruppo calò un silenzio insolitamente ansioso, come se dalla risposta di Eren fosse dipeso il destino di tutti loro. Mikasa lo guardò apprensiva e a lei si unì Armin, mentre Jean, Sasha e Connie soppesarono con curiosità l'attenzione di Historia nei confronti dell'amico.
«Non è questo», mormorò lui. Poi, alzando la voce, aggiunse: «Mikasa ha ragione, ci permetterà di ridurre al minimo le perdite e lo sforzo. Stavo solo pensando».
«A cosa?» lo incalzò Historia.
«Ecco... Preferirei parlarne solo con te. In privato».
Quell'ultima precisazione fece ridacchiare Sasha e Connie, mentre Mikasa si rabbuiò di colpo. La regina invece, pur sorpresa dalla richiesta, non mostrò segni di vacillamento, anzi: la sua espressione si indurì e acconsentì con un cenno della testa. «Sarà meglio spostarci altrove, allora», suggerì.
«Non ce ne sarà bisogno. Ragazzi, vi dispiacerebbe uscire? Solo per qualche minuto, davvero».
I compagni si guardarono a vicenda e infine lasciarono la stanza. L'ultima fu Mikasa, ma Eren non prestò attenzione al suo sguardo incupito: tenne gli occhi fissi su Historia, che a sua volta non smise di osservarlo. Quando la porta della sala si chiuse alle spalle dei compagni, Eren le si avvicinò.
«Ti ricordi cosa è successo nella caverna sotterranea?»
Lei annuì. «Vorrei poterlo dimenticare, in realtà».
«Ti capisco. Ma ascolta: ho bisogno del tuo aiuto».
Historia spalancò gli occhi, stupefatta: «Il mio aiuto? Per cosa?»
«Per capire cosa è successo in passato».
La regina sospirò. «Eren, cosa posso fare? Io non possiedo le memorie del mondo, sono tutte conservate dentro di te attraverso il Potere del Titano Originario...»
«Esattamente. E solo un membro della famiglia reale può attivarlo».
Historia continuò a fissarlo, sempre più confusa. «Quindi?»
«Quindi è probabile che attraverso di te io riesca a riordinare i ricordi che mi sono stati trasmessi. Forse potrei risalire perfino a quelli del primo Titano, con un po’ di impegno».
«Ma cosa intendi dire con “attraverso di me”?»
«Mi basterà prenderti per mano», le disse in un soffio. «Il Titano Originario reagisce al contatto con il sangue reale, perciò non c'era e non c'è alcun bisogno che tu mi divori o cose simili. Hai capito, adesso?»
Historia tentennò. «Prendermi per mano? Non devo essere io a toccarti come mio padre mi ha costretto a fare in quella caverna?»
«Non dovrebbero esserci differenze, o almeno credo. Posso fare una prova?»
«Ora?»
«E quando, altrimenti? Non so quando potrò rivederti e ho un estremo bisogno del tuo aiuto. Ho continui mal di testa causati da nuovi ricordi che emergono ogni giorno, ma sono tutti confusi e in disordine. Non ho idea di cosa sia avvenuto prima o dopo... Perciò spero che tu possa chiarire alcune incognite, proprio come è successo mesi fa».
L'espressione disperata eppure fiduciosa di Eren la convinse e tese verso di lui la mano destra. Per parte sua, il ragazzo si avvicinò ancora e le sfiorò le dita. Prima che potesse stringerle tutto il palmo, una scarica elettrica gli trapassò il cervello, illuminando uno scenario di aperta campagna con suo padre che correva come un forsennato. All'orizzonte, stagliate contro un cielo limpido, le Mura.
Malgrado il momentaneo dolore, così intenso da fargli temere che la testa gli si sarebbe spaccata in due, Eren prese la mano di Historia, stringendola tra le proprie e chiudendo gli occhi per visualizzare altri dettagli del ricordo. Ma proprio quando stava per vedere cosa era accaduto a suo padre, la memoria svanì in una nuvola di vapore. Continuò a tenerle la mano nella speranza di riattivare quella visione, ma non ci fu nulla da fare e quindi lasciò scivolare via le sue dita bianche e sottili.
«Tutto bene? Come ti senti?» domandò preoccupata Historia, vedendolo sorreggersi una tempia e andare a sedersi.
«Il ricordo si è spento», sussurrò, ancora dolorante.
«Cosa?»
«All'inizio sembrava funzionare, ma poi... Qualcosa è andato storto».
Non aggiunse altro, troppo preso dalla fitta che ancora gli lampeggiava nel cervello. Historia rimase a osservarlo con sguardo clinico, indecisa sul da farsi. «E adesso?»
Eren fece spallucce. «Ci riproverò. Sempre che tu sia d'accordo, però».
«Se posso esserti d'aiuto, lo faccio con piacere. Ma se ogni volta che ci vedremo ti sentirai così male...»
«Non è nulla, non preoccuparti», abbozzò un sorriso di circostanza per rassicurarla. «Ho passato di peggio. Dovrò solo farci l'abitudine e imparare a controllare questo maledetto potere. Continuerai a darmi una mano?»
Historia assentì. «Ci vedremo tra due mesi, allora».
«Cosa?!»
Eren scattò in piedi, sebbene attraversato da una fitta che lo fece quasi barcollare. «Come sarebbe a dire?»
«La mia prossima visita a Trost è fissata per maggio. Devo proseguire il giro degli orfanotrofi, lo sai bene. Non credo che potremmo incontrarci prima. Abbiamo entrambi degli impegni e sono tutti importanti, non possiamo...»
«Chiederò un permesso speciale ad Hanji», la bloccò. «Le dirò che per il bene dell'umanità ho bisogno di collaborare con te. Vedrai che questo la convincerà. Se riuscissi a vederti almeno una volta a settimana...»
«Ma Eren, sei sicuro che ne vada davvero del futuro dell'umanità? Non vuoi conoscere la verità su tuo padre solo per egoismo?»
Quell'insinuazione, non completamente campata in aria, in qualche modo lo ferì, ma scosse la testa e le assicurò che il suo unico interesse era salvare le persone delle Mura. A quel punto Historia, riflettuto per qualche istante, lo salutò con la promessa di rivederlo il prima possibile, augurandogli di ottenere da Hanji il consenso di farle visita a seconda del suo bisogno.
Fortunatamente per Eren, la Comandante non oppose resistenza. Anzi, si dimostrò piuttosto interessata al modo in cui quegli incontri avrebbero potuto giovare all'umanità. Eren fu alquanto evasivo in proposito: temeva che dire la verità avrebbe significato trasformare anche Historia in una cavia da esperimenti, proprio come era capitato a lui. Perciò Hanji si dovette accontentare a sua insaputa di una mezza verità e il permesso fu accordato, sancito da un'autorizzazione che Eren dovette mostrare alla Gendarmeria Centrale una volta giunto a Mitras per il primo incontro con la regina.
I soldati della capitale si mostrarono scettici davanti allo scritto, ma lasciarono comunque passare il ragazzo, scortandolo nel Palazzo Reale e conducendolo in una grande stanza dove di solito i sovrani accoglievano gli ospiti. O almeno questo è ciò che Eren suppose una volta entrato.
Dopo interminabili minuti di attesa, Historia fece a sua volta ingresso nella sala, seguita da due guardie che congedò con un cenno della mano. Rimasti soli, Eren le sorrise.
«Te l'avevo detto che Hanji avrebbe acconsentito», le ricordò. «Certo, sono passate tre settimane, ma almeno adesso potrò vederti senza alcun problema ogni volta che sarà necessario».
Historia annuì, ma a Eren non parve molto convinta. «Dunque, vuoi riprovare? Hai avuto altre... Visioni del passato?»
«Non più chiare dell'ultima volta che ci siamo incontrati».
«Capisco. Vogliamo sederci?»
Presero posto a un lungo tavolo che Eren immaginò venisse usato nelle riunioni di Stato. Entrambi si accomodarono, lei a capotavola, lui alla sua destra. «Allora... Vuoi prendermi di nuovo per mano?» domandò la sovrana.
Per la prima volta da quando aveva considerato l'idea di farsi aiutare da Historia, il ragazzo si sentì in imbarazzo. Era un sentimento sciocco che lo sconvolse per la sua improvvisa apparizione, eppure si sentiva esattamente così in quel momento. Forse perché tutto appariva asettico e formale in quella stanza. O forse perché Historia sembrava molto diversa dall'ultima volta che si erano visti, quasi si sentisse costretta a collaborare con lui.
«Be’, ecco... Sì, credo che dovrei ricominciare da lì», le rispose, la voce un po' vacillante.
Senza replicare, Historia poggiò le braccia sul tavolo e tese la mano destra verso di lui. Eren fissò le sue dita come in trance e poi, preso ancora dall'imbarazzo che lo aveva scosso, gliele sfiorò.
I ricordi iniziarono a invadergli la mente, affiorando come un pesce strattonato da un pescatore, e allo stesso modo lottarono per tornare a immergersi negli antri più bui della sua testa. Presto furono di nuovo nascosti ed Eren meccanicamente strinse il palmo di Historia. Tenendo gli occhi chiusi, le memorie di suo padre si schiarirono, pur continuando a vorticare. Allora, senza neanche accorgersene, Eren intrecciò le proprie dita a quelle della regina e come per magia quel turbinio si acquietò, mostrando un giovane Grisha che incontrava l'istruttore Shadis fuori dalle Mura. La visione, nitida come non mai, durò solo un minuto. Poi si diradò come nebbia di fronte al sole.
Quando riaprì gli occhi, Eren sentì dolere le tempie, ma l'intensità non era maggiore rispetto a un comune mal di testa. Rassicurato, il suo sguardo cadde su Historia. Le sorrise, ma la ragazza sembrava agitata. Solo allora si rese conto della posizione delle proprie dita e, soprattutto, della forza con cui erano ancora intrecciate alle sue.
«Oh!» esclamò, ritirando la mano e sentendosi avvampare. Dio, ma cosa gli prendeva? «Scusami, spero di non averti fatto male».
«No».
«Sicura? Io... Non me ne sono nemmeno accorto, devo aver stretto troppo...»
«Va bene così».
Sentire Historia rispondere praticamente a monosillabi non lo tranquillizzò affatto. Seppur esitando, provò ad afferrarle di nuovo la mano per rassicurarla, ma fu lei a scostarsi, alzandosi e distanziandosi dal tavolo. Gli voltò le spalle e parlò dopo un lungo silenzio.
«Spero che l'incontro ti sia stato utile», gli disse freddamente.
Incerto, Eren annuì. «Ho visto poco, in realtà, ma le immagini non erano mai state tanto nitide, a parte quel giorno nella caverna».
«Cosa c’era di chiaro?»
Glielo spiegò e nel farlo si alzò, raggiungendola. Mentre le parlava, Historia appariva assente. Un atteggiamento che lo fece quasi sentire in colpa.
«Credo che tu debba andare», lo congedò lei poco dopo.
«Ma...»
«Ho degli impegni gravosi, Eren. Scrivimi per farmi sapere se e quando vorrai incontrarmi di nuovo».
Detto questo, la regina uscì dalla stanza, seguita dalle guardie che l'avevano aspettata all'esterno, e lui tornò a Trost, rimuginando su quanto accaduto e, soprattutto, sul comportamento di Historia.
L'appuntamento che avrebbe voluto richiederle per la settimana successiva saltò a causa di esercitazioni extra e di una breve spedizione fuori dalle Mura. Riuscì a scriverle solo al ritorno, scusandosi per non essersi fatto sentire e domandandole la cortesia di fissare un nuovo incontro. La risposta affermativa – che Eren non aveva dato affatto per scontata – giunse quatto giorni dopo e di lì a poco si ripresentò a Palazzo. La visita non fu molto diversa dalla precedente, proprio come lo strano atteggiamento di Historia.
Le cose andarono avanti così per un mese. Negli incontri successivi Eren non si spinse oltre il tenerla per mano, nella speranza che il suo comportamento tornasse disteso come prima. Si guardò bene dallo stringerle le dita in quel modo così... intimo, nonostante la tentazione fosse grande. Ma cosa accidenti gli prendeva?
Sebbene al termine di ogni visita si macerasse chiedendosi perché Historia fosse così distante, fece enormi progressi nel recupero dei ricordi di suo padre. Finalmente aveva una nitida visione del suo arrivo alle Mura e dei primi anni a Shingashina. Eren si domandò più volte se avrebbe rivissuto il primo incontro tra i suoi genitori, ma quelle memorie erano ancora inaccessibili e lo sarebbero rimaste fino al suo ottavo appuntamento con la sovrana.
Quel giorno, in realtà, i ricordi apparvero sfocati come lo erano stati fino a due mesi prima. Frustrato, Eren chiuse gli occhi e strinse i denti per evitare di aumentare la presa sulla mano di Historia, che a un certo punto cercò spontaneamente le dita del ragazzo. Sorpreso, la lasciò fare, ma non ottenne alcun miglioramento.
«Grazie per l'aiuto», le disse. Era già pronto ad andarsene, deluso dal viaggio a vuoto.
«Mi dispiace che oggi non sia andata bene», rispose lei. «La prossima volta sono sicura che andrà meglio».
Eren fu colpito da quelle parole, le prime di vero incoraggiamento che Historia gli avesse rivolto da quando avevano cominciato a vedersi. Così, impulsivo come solo lui sapeva essere, tornò verso di lei e l'abbracciò. Le sue mani le scivolarono lungo la schiena e risalirono fin sulle spalle, lasciate scoperte dal vestito estivo che indossava. Bastò questo: una scarica elettrica lo attraversò da capo a piedi e la sua mente si riempì del vivido ricordo di Grisha Jaeger che metteva l'anello al dito di una Carla raggiante.
Eren non seppe mai quantificare per quanto tempo era rimasto avviluppato a Historia. Fu però certo che fosse stato abbastanza lungo da far irrigidire la ragazza, colta così di sorpresa da restare senza parole.
Imbarazzato, Eren si scusò e congedò in tutta fretta, senza darle la possibilità di chiedergli spiegazioni o di commentare ciò che era successo. Scappò via, lontano dal Palazzo, e soltanto nella carrozza che lo riportò a Trost trovò la pace che cercava.
Nelle tre settimane seguenti si astenne dallo scriverle. Era tormentato dal pensiero che Historia si fosse fatta un'idea sbagliata di lui, che fosse arrabbiata per quell'abbraccio. Ma perché rimuginarci tanto? Insomma, che diamine gli stava succedendo così all'improvviso?
Quanto accaduto, però, lo indusse a riflettere. All'inizio era bastato solo sfiorarla per risvegliare dei ricordi, ma poi era stato necessario prenderla per mano e addirittura intrecciare le dita come due... Amanti? No, doveva togliersi dalla testa quell'idea. Guarda tu cosa andava a pensare... Successivamente neanche quello era stato sufficiente, mentre un abbraccio genuino e sentito dal profondo del cuore gli aveva restituito delle immagini chiare come se le avesse vissute in prima persona. Cosa significava? Che avrebbe dovuto abbracciarla ancora? E quando nemmeno questo sarebbe bastato?
Nel dormitorio buio, Eren si sentì andare a fuoco. Un pensiero nuovo, così non da lui, gli solleticò il cuore, precipitato in fondo allo stomaco. Fece di tutto per scacciare dai pensieri la fantasia di se stesso che stringeva al petto Historia, di lei che alzava i suoi occhi chiari su di lui e poi...
Non gli fu affatto facile prendere sonno e per molti giorni ancora evitò di scriverle. Questo finché Armin e Hanji non lo incitarono a tornare a Palazzo Reale per scoprire altre informazioni sul passato di Grisha.
Eren si sentì allo stesso tempo ansioso e tremendamente felice di rivedere Historia. Era come se in quel mese lontano da lei avesse sentito la sua mancanza. Possibile? Non gli era mai capitato niente di simile prima di allora. Eppure le cose dovevano stare così, altrimenti perché fantasticare? Perché pensare costantemente a lei?
Giunto a Mitras, venne introdotto nella solita sala. La regina arrivò dopo una lunga attesa e quando Eren se la ritrovò davanti perse un battito.
«Bentornato», lo salutò, mentre le guardie chiudevano la porta e li lasciavano soli. «Credevo che non volessi più incontrarmi».
Avrebbe voluto gridarle che si era sbagliata, ma si limitò ad abbassare gli occhi e a dirle che aveva avuto dei contrattempi.
«Ma certo, capisco. Solo... Prima di iniziare, vorrei delle risposte, Eren. Per esempio, cosa hai visto l'ultima volta che sei stato qui. Se abbracciarmi in quel modo faceva parte della nostra seduta o se era qualcosa di spontaneo. Perché, vedi, in entrambi i casi non ero affatto pronta e il modo in cui sei fuggito mi ha lasciato parecchio perplessa».
Il ragazzo sgranò gli occhi, sicuro di essere arrossito per l'imbarazzo. Perciò, deglutito un grumo di panico che gli si era addensato in gola, le parlò del contenuto del ricordo. «Per quanto riguarda l'abbraccio... L'ho fatto per gratitudine. Mi hai incoraggiato e nulla, ho sentito il bisogno di ringraziarti. È stato... Naturale, ecco. Non era programmato, se è questo che intendi», aggiunse, non senza un briciolo di disagio.
«Da come lo descrivi, sembra che sia stato più utile del tenermi per mano».
Eren mise le mani avanti, scuotendole energicamente. «No, io... È difficile da spiegare».
«Quale sarà la prossima cosa che mi chiederai?» lo interruppe lei con fare brusco. «Di baciarmi, magari?»
Andò in tilt. Si stava liquefacendo sotto ai suoi occhi e non aveva la forza di ribattere.
«Potresti provare», continuò Historia. «Funzionerebbe? Chi può dirlo».
Più la sentiva parlare, più il panico lo stringeva in una morsa. «...Non me lo permetteresti mai», esalò, senza il coraggio di guardarla in viso. «E comunque non lo farei», precisò.
«È quello che ti sto dicendo, invece. Sei autorizzato a farlo. Solo per stavolta. Solo per il bene dell'umanità, come ripeti sempre».
Lentamente, Eren rialzò lo sguardo e la fissò. I suoi occhi risplendevano alla luce del sole che filtrava dalla finestra, determinati come quando aveva abbattuto il padre trasformatosi in Titano.
«Non puoi essere seria».
«Certo che lo sono. Avanti. Prova».
Eren esitò ancora prima di avvicinarsi. Guadagnò pochi centimetri per volta, finché la propria fronte non sfiorò la sua. Poi, socchiudendo le palpebre, la baciò. Un tocco leggero, come due bambini che iniziano a scoprirsi e temono di farsi male.
Lo vide. Suo padre era in piedi, proprio come lui in quel momento, e osservava una bella ragazza bionda. Le si avvicinava, le cingeva la vita con le braccia e poi, colmo di desiderio, la faceva voltare, baciandola appassionatamente. L'impeto era così violento che anche Eren, nella realtà, lo trasmise a Historia. Il contatto delle loro labbra si intensificò e quando non ebbero più fiato si allontanarono dolcemente l'uno dall'altra.
«Eren», lo chiamò lei. Le sue gote erano arrossate e gli occhi languidi.
Il ragazzo ammutolì. Il bacio lo aveva stravolto tanto da annebbiargli la mente. Aveva visto Grisha e Dina. Un comune rivoluzionario innamorato dell'erede al trono. Come lui amava...
«Devo andare. Perdonami».
Per la seconda volta, Eren scappò nel tentativo di sottrarsi ai suoi stessi sentimenti. Ma era inutile: avrebbe dovuto farci i conti, proprio come avvenne nei successivi incontri, quando non ci fu alcun bisogno che Historia lo incoraggiasse a baciarla.
Furono settimane e mesi intensi, che cambiarono la sua visione del mondo. Lui era... No, si stava innamorando di lei. E la regina? Non aveva detto una parola su ciò che era successo, ma nemmeno si era sottratta ai baci che avevano seguito il primo. In più, i ricordi sembravano diventare sempre più lunghi e nitidi, come se ad alimentarli non fosse tanto il contatto con lei, quanto il sentimento che cresceva nel suo petto.
Alla fine glielo chiese. Le domandò se avesse mai baciato qualcun altro prima di lui. Historia avvampò, annuendo timidamente.
«Con Ymir era diverso», sussurrò. Aveva gli occhi abbassati e fissava il pavimento. «Ci siamo baciate solo una volta, di sfuggita, dietro la baracca al campo di addestramento. È stato... Speciale».
Eren non avrebbe saputo definire cosa si stava agitando dentro di lui. Sentiva un vuoto all'altezza dello stomaco, irraggiante un calore che si espandeva verso i polmoni e da lì fino al cuore, i cui battiti rimbombavano nelle vene del collo e nelle tempie. Probabilmente anche le orecchie gli stavano andando a fuoco, perché aveva l'impressione che ardessero come tizzoni incandescenti.
«Con te, invece... Non lo so, è strano», continuò lei. «All'inizio non provavo niente. Forse solo un po' di imbarazzo».
«E poi?» le domandò, mentre la fiamma nel suo animo si alzava sempre di più. Historia arrossì, continuando a guardare in terra.
«Ecco... Non saprei. Te l'ho detto, è strano».
Quella risposta gli si riversò sulla testa come acqua gelata. Con il tempo avrebbe imparato che quella sensazione si chiamava delusione. Se solo avesse detto qualcos’altro...
E come se Historia avesse potuto leggergli il pensiero, aggiunse: «Però qualche volta, dopo che abbiamo finito, è come se ne avessi ancora voglia».
A Eren non servirono altre conferme. Le sue parole erano un invito che accettò prontamente: la strinse tra le braccia e la baciò con trasporto, come mai si era spinto a fare a causa delle sue tante, troppe paure. Paura di essere frainteso e cacciato via, paura di perderla come amica e confidente, paura di restare coinvolto in una storia che mai avrebbe immaginato potesse nascere tra loro. Per quanto tempo si era continuato a ripetere che tutto ciò che stava facendo era solo per il presunto bene dell'umanità e non per un amore che era lentamente sbocciato con la stessa forza di un fiore selvatico nella terra arida?
Per un anno si frequentarono così, nascondendosi sotto gli occhi di tutti. Forse Armin intuì qualcosa, ma non gliene parlò mai né Eren gli svelò la verità. Poi il mare si dispiegò davanti a lui e in quel colore rivide gli occhi della ragazza che amava, rimasta nella capitale per precauzione. Quando tornò da lei, le descrisse ciò che aveva visto e le parlò della nuova missione che lo aspettava oltre l'orizzonte.
«Ora che so la verità, che tutti i ricordi sono al loro posto, devo compiere la volontà di mio padre».
«Cosa ne sarà di noi, allora?» gli domandò Historia, poggiata contro il suo torace. «Quando potremo stare insieme, senza avere più paura del mondo?»
Eren scosse la testa. «Questo non lo so ancora. Ma ti giuro che tornerò da te, qualunque cosa accada. Perché noi siamo il segreto, l'unico che importa, quello che dobbiamo custodire a costo della vita. Sono tuo, Historia. E il mio amore per te vale quanto il bene dell'umanità».
Si salutarono con un ultimo bacio. La sovrana non pianse, sicura della veridicità di quelle parole; lui non si commosse, come invece sarebbe accaduto solo un anno prima. Il segreto era al sicuro nei loro cuori e nessuno avrebbe mai potuto distruggerlo.

 

 

Note dell’Autrice

Mai mi sarei sognata di scrivere una Eren/Historia, dato che non solo non li ho mai considerati insieme, ma nemmeno mi fanno impazzire presi singolarmente. E allora? Cos’è questo papiro improbabile?
È un vero e proprio esperimento di cui potete dare il merito (o la colpa XD) al Contest citato nell’introduzione. Un festival delle coppie impossibili o quasi a cui sono stata felicissima di partecipare.
La storia prende spunto da una frase praticamente buttata lì da Jean sia nel manga sia nell’anime, a metà della terza stagione: “Non fai altro che tenere per mano Historia, con la scusa dei ricordi”. E niente, sono stata folgorata dall’osservazione del mio figlio prediletto. A quel punto non potevo non ricollegare tutto agli ultimi episodi usciti, in particolare alle puntate 3x20 e 3x21.
Spero che, per quanto improbabile, la storia risulti comunque credibile e in linea con il canone, da cui odio discostarmi per principio.
Un sentito grazie a chiunque abbia avuto il coraggio di aprire la fiction e, soprattutto, di arrivare qui in fondo.

   
 
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