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Autore: milla4    26/06/2019    3 recensioni
Credeva di aver trovato il modo per ingannare le leggi naturali, estirpando quella parte di sé che la faceva star male, ma forse quella era la sua parte migliore.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E il suo Odio l'amò




Si sdraiò accanto allo scheletro di quello che prima era stato il suo uomo, il suo protetto. L’aveva creato con l’oscurità che aveva dentro, uno sfogo esterno all'odio che provava, l’aveva cercato per rendersi libera da quel peso che le opprimeva la mente. Era bello, demone dalle fattezze angeliche disprezzo celato da beltà. Sarebbe dovuto volare via, perdersi nei mari infiniti una volta raccolto tutta la negatività  e invece sarebbe rimasto con lei per sempre. Non per sua volontà, inizialmente, ma perché parte di lei.
Aveva dovuto imparare a conviverci, portarsi dietro un essere per la città di cui tutti conoscevano l’esistenza ma che non potevano vedere, era sintomo di magia legata alle antiche usanze e ormai quasi nessuno, nemmeno tra gli anziani, conoscevano certi incantesimi.  Si erano perse nelle pieghe nel tempo: Eupora l’aveva riscoperto per caso, in un vecchio libro di ricette di sua nonna che forse proprio ricette non erano.
Si era tagliata un dito, un colpo netto e la falange era caduta, avrebbe fatto colare il suo sangue per terra, formando con esso una girandola e poi aveva cosparso l’immagine creata di polvere di basalto. Aveva sentito il sangue bruciarle nelle vene, un dolore intenso che si propagava dalla ferita spargendosi per tutto il corpo, ogni granello che toccava il sangue versato la faceva dolere il sangue vivo, finché non svenne.
Al suo risveglio lo trovò in piedi accanto a lei, nessuna espressione sul volto, gli occhi color ambra erano aperti e fissi sul nulla. All’improvviso le tese una mano e l’aiutò a rialzarsi.
Solo dopo qualche tempo Eupora aveva incominciato a carpire i segnali che il viso di Ate mostrava, le piccole pieghe della bocca che traballavano ogni volta che incontrava un uomo, gli occhi inespressivi che si aprivano impercettibilmente se per caso la loro pelle entrava in contatto; ogni volta che qualcuno le faceva del male o semplicemente le dava fastidio la sua muscolatura cresceva e il sorriso appena accennato diveniva sempre più ampio.
Tutto era accaduto quasi per caso, un’ultima litigata con i suoi amici e si era ritrovata sola con il suo Odio, gli aveva parlato, si era confidata, solo lei poteva vederlo, solo lei poteva parlargli. Solo lei poteva amare una parte così oscura di se stessa. Un bacio irruente, posò le labbra sulle sue, era la sua padrona, provavano le stesse cose.
Lui poteva capirla. E così la sua vita diventò inferno e delizia allo stesso tempo, aveva allontanato ogni altra compagnia dalla sua vita per concedersi a lui, il suo Ate, e lui le donava calma e serenità, la purificava dalla rabbia, dall’odio che le avrebbero intossicato l’anima facendosene carico.
 
 
Crepe sul suo viso scultoreo cominciarono a farsi vive, da ognuna un tanfo immondo usciva fuori; più si amavano più lui cedeva, perdeva pezzi: la città era invasa da un odore intenso e moritifero.
Ate era pronto alla fase finale della effimera esistenza, sapeva di star per morire, gli antichi incantesimi avevano n’impostazione quasi didattica, non ci si può liberare da una parte di sé, nemmeno forzando le leggi della vita e ora Eupora ne avrebbe pagato le conseguenze.
Ma quell’essere ormai l’amava, l’adorava e non voleva farle del male, così le fece mangiare inconsapevolmente una bolla del tempo, sarebbe rimasta intrappolata nel futuro o nel passato, ma non avrebbe potuto accedere al suo presente. Era come un muro nero, intangibile e intellegibile; pianse lacrime su lacrime ma non poteva rimanere per sempre intrappolata in quel non tempo, decise di andare nel proprio futuro; il passato era pieno di nostalgia, di delusione… di odio.
Si diresse a destra, in realtà lì non c’era una strada da seguire, sentiva soltanto che quella fosse la direzione per andare avanti. Camminò e camminò per giorni finché non vide nuovamente la sua casa, un altro passo e vide la camera, ragnatele di polvere avevano invaso la stanza, doveva essere rimasta rinchiusa per almeno un secolo, un passo ancora e vide il suo odio tramutato in uno scheletro: non era esploso ma dalla carcassa era uscito un miasma fatidico che oppresse la città per anni, portando alla pazzia quasi tutta la popolazione.. Ma cosa poteva importarle di esseri talmente piccoli e inutili? Aveva perso il suo amore, il suo Ate l’aveva salvata, morendo. Nel cuore di Eupora cominciarono a riaffiorare sentimenti negativi prima sopiti.
Si avvicinò lentamente, calde lacrime le imperversarono il volto, poi delicatamente si sdraiò e si raggomitolò accanto all’involucro.
Le ali, per un breve istante, vibrarono.
   
 
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