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Autore: Myrianne    26/06/2019    1 recensioni
Gli adolescenti Joe, Jack, William ed Averell vivono a Marsiglia e iniziano a frequentare il Liceo Scientifico Dostoevskij. Come se la caveranno tra nuovi amori, professori esigenti e verifiche a sorpresa?
Autore: Scrittura del settimo capitolo in corso...
Siate liberi di recensire la mia storia!
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dopo un paio d’ore di baci e abbracci tra i due fidanzatini, William propose a Dolly di riaccompagnarla a casa. La ragazza accettò, e così, dopo aver inviato un messaggio alla propria madre, William rincorse Dolly fino al bus. I due salirono insieme e si sedettero vicini.
“Non avrei mai immaginato che uno come me potesse stare con una persona come te.”
“Ma smettila, dai! Sei anche più di quello che credo di meritare nella vita! Baciami e non pensarci più!”
I due si misero a ridere ma nel momento esatto in cui William fece per baciarla, il cellulare di lui squillò.
“Will, come è andata?” chiese la voce proveniente dallo smartphone: era quella di Jack!
“Beh, posso dire di star accompagnando la mia ragazza a casa!” rispose William, notando che di fronte al ‘Mia’ Dolly aveva fatto un sorriso bellissimo. “Dì a mamma che tornerò tra una ventina di minuti!”
“Certo! Comunque lei voleva parlare con te, puoi?”
“Diciamo che con Dolly tra le braccia la cosa non è semplice! Mi potete richiamare tra qualche minuto, per favore? Siamo quasi arrivati alla fermata!”
“Certo, a dopo! Ho anche io delle cose da dirti…” concluse Jack riattaccando. Chissà cosa gli aveva celato…
Intanto i due ragazzi scesero alla fermata di fronte al condominio dove vivevano Dolly e la madre. Era un edificio di sette piani, e Dolly viveva proprio al settimo.
“Dai, sali un attimo da me! Sai, ho parlato a mia madre di te! Voleva conoscerti, almeno vederti!” lo esortò Dolly.
Arrivati alla porta di casa, Dolly aprì e chiamò la madre a gran voce, senza ricevere risposta. Mentre la ragazza la cercava dappertutto, William esaminò l’appartamento di Dolly: era molto spazioso ma più piccolo di quello in cui lui viveva con Jack, Averell, Joe e la madre. Notò anche una terrazza grandissima, che dava su una buona parte di Marsiglia. Ciò che però attirò di più l’attenzione del ragazzo era, senza dubbio, un biglietto lasciato sul tavolo del soggiorno. Approfittando del fatto che la ragazza fosse interessata ad altro, William lo lesse. Era scritto in francese, e la calligrafia frettolosa con cui era stato scritto sembrava quella di un uomo adulto:
“Questo messaggio è per Dolly, la figlia della signora che abita qui. Dolly, tua madre ha avuto un attacco cardiaco, e stiamo per portarla in ospedale. Ci ha detto di dirti di non preoccuparti, e ti consiglia di andare a dormire da quello che abbiamo capito essere il compagno a cui sei più affezionata. Il suo caso non è grave ma gravissimo, fortunatamente abbiamo individuato come si può risolvere ma richiederà tempo e cure. Ora dobbiamo andare, tua madre sarà ricoverata all’Hopitale de la Timone.
Dottor Kenneth.”
William rimase scandalizzato, ma i suoi pensieri vennero interrotti da Dolly: “Mia madre dovrebbe tornare a breve, dai, vieni in camera mia!”
“Dolly, veramente c’è…”
“Ssh!” gli disse, mettendogli un dito sulle labbra. “Non dire una singola parola e seguimi!”
La ragazza strattonò il fidanzato per la mano e lo condusse nella sua stanza, quindi lo spinse sul letto, si mise accanto a lui e fece per abbracciarlo. William, però riuscì a fermarla: “Dolly, c’è una cosa abbastanza importante che dovresti sapere… riguarda te…” le disse con gentilezza.
“Cosa c’è, Willy?” gli chiese la ragazza.
Il ragazzo le mostrò il pezzo di carta trovato in soggiorno.
“Ho trovato questo sul tavolo del soggiorno…”
La ragazza si mise a leggerlo. Poco dopo scoppiò in lacrime. William la abbracciò.
“Dolly, ti prego, non agitarti. Sei qui con me, ora.”
“Ma dove andrò a dormire?”
“Vieni da me, non vedo quale sia il problema…”
“Ho paura di essere non gradita…”
“Quattro delle cinque persone che abitano nel mio appartamento già ti conoscono. E ho parlato di te a mia madre, già ti ha in simpatia… e poi credo che una donna in più non farà male a casa mia. Soprattutto se è la mia donna.”
“Tu dici?”
“So cosa fare, stai calma.”
William sciolse a malincuore l’abbraccio, ma nonostante ciò la ragazza si strinse a lui dandogli un piccolo bacio.
“Grazie per la comprensione, grazie per tutto quello che fai per me.”
“Se sei sempre nei miei pensieri, un motivo ci sarà.”
Il ragazzo fece una foto al biglietto e la mandò via WhatsApp a Jack. Il fratello la vide subito e lo chiamò all’istante.
“William, ma che è successo?” chiese Jack.
“Succede che la madre di Dolly è grave all’Hopitale de la Timone, Jack. Devo chiedere una cosa alla mamma, passamela, in fretta.”
Il ragazzo fece come detto e passò il cellulare alla madre.
“Ma’, hai visto la foto?”
“Sì…”
“Ti prego di ospitarla! Prenderò io la responsabilità di accudirla! Non abbiamo letti? Dormirò per terra e le lascerò il mio, non vedo dove sia il problema! Le cederò la mia porzione di cibo tutti i giorni! Studierà con me e non sarà affatto un peso! Farei di tutto per lei, ma, ti prego, è una situazione così difficile che…”
“Ma io ho già accettato, stai tranquillo! E’ una povera ragazza! Successe ad una mia amica la stessa cosa, ricordi? Il fidanzato stava male, e la potevo ospitare solo io! Dì alla povera Dolly di fare le valigie! Avrei voluto conoscerla con gioia ma in modo diverso da questo… Ma ora importa solo lei qui! L’unico problema è il letto…”
“Dormirà con me! Oppure… io dormirò sul divano!”
“Ok, ci penseremo dopo… ora portala a casa!”
“Ovvio, a dopo!”
Chiusa la telefonata, William annunciò a Dolly: “Prendi una valigia e mettici dentro dei vestiti, lo spazzolino e tutto ciò che ti serve. Sfrutta anche lo spazio dello zaino. I libri li condividerai con me, spiegheremo tutto al prof. Ci sono io per te, baby.”
La ragazza si mise a ridacchiare per quel ‘baby’ dal tono così serio.
“Silenzio!” intimò William col tono serio ma il sorriso sulle labbra. “Fai quello che ti ho chiesto, baby.”
La ragazza fece le valigie in fretta e furia. Poi William la portò alla stazione ferroviaria.
“Ok che mi fido di te, ma… perché siamo qui?” chiese Dolly.
“Ho l’abbonamento del treno, io! Pensavo di farti un biglietto, poi! Il treno è più veloce del bus! Percorre una strada più breve!”
“Ok, ma il biglietto lo pa-“
“Non ci pensare nemmeno! Te lo pago io, il biglietto!”
Appena i due arrivarono a casa Dalton, Jack stritolò il fratello appena tornato. “Lo sapevo che ce l’avresti fatta, Will!”
Invece Dolly venne accolta a braccia aperte da Mamma Dalton. Come la vide con le lacrime agli occhi, la donna le diede un fazzoletto dicendole: “Qui sei la benvenuta, fa’ come se fossi a casa tua. William, falle fare un giro dell’appartamento e aiutala a disporre i suoi oggetti!”
“Con piacere,” rispose William, “anche se io l’ho pregata di darmi qualcosa da portare, ma ha voluto fare tutto lei!”
“Comprensibile!” constatò Mamma Dalton. “Fate i vostri comodi! Tra mezz’ora arriveranno le pizze per tutti e sei!”
William cinse le spalle di Dolly con il proprio braccio e la portò nella stanza dove dormivano i quattro fratelli. I due fidanzatini erano intanto osservati con curiosità da Joe, Jack ed Averell: Jack, che sapeva tutto, poteva solo essere contento per il fratello, mentre Joe ed Averell davvero non comprendevano fino in fondo cosa ci fosse tra William e Dolly.
“Ragazzi,” chiese loro Jack, “ma davvero non l’avevate capito che quei due si sono fidanzati? Dolly non doveva andare dal dentista, è William che le ha chiesto di uscire e si è dichiarato…”
“Davvero? Perché non ce lo hai detto prima?” chiese Joe. “Io ed Averell lo sospettavamo che sotto sotto ci fosse qualcosa di losco, vero Averell?”
“Cosa vuol dire ‘losco’, Joe?” chiese quello distrattamente.
“Lascia stare.” Gli rispose Joe. “Perché non spiamo quei due?”
“Ma Joe, sono momenti privati, da fidanzati, non possiamo farlo…” rispose Jack.
“Ma è la prima volta che uno di noi quattro si fidanza e non vi viene la curiosità di vedere cosa si fa tra fidanzati, ma dai…” affermò Joe, cercando di convincere il fratello. “E poi, non faremo rumore!”
Allora i tre aprirono di poco la porta per osservare i fidanzatini. Sul letto di William videro quest’ultimo baciarsi la fidanzata in braccio; il ragazzo cercava di farla sentire più a suo agio tra le proprie braccia, quindi tra un bacio e l’altro arrivavano anche carezze e abbracci. Joe, Jack ed Averell osservavano tranquilli e zitti la scena, ma ad un certo punto Averell si sporse troppo, perse l’equilibrio e cadde su Joe. Jack ne approfittò per darsela a gambe. I fidanzatini se ne accorsero: Dolly iniziò a ridacchiare per la caduta esilarante di Averell, mentre William si arrabbiò con i fratelli: “Voi due! Non avete mai visto due ragazzi che si baciano? Lasciateci la nostra privacy! Se proprio volete essere perdonati… chiamateci Jack qui!”
I due fratelli fecero come richiesto e poi andarono, come d’abitudine, a giocare alla Playstation.
Jack quindi si trovava di fronte alla stanza dove c’erano Dolly e William.
“Jackie Jack! Siediti con noi, dai!” lo esortò il fratello.
“Vengo solo per Dolly… lei non mi chiama ‘Jackie Jack’!” rispose Jack.
“Ma dai! Vieni, per favore!” disse William, ridacchiando.
Così anche Jack si sedette sul letto del gemello.
“Ho scoperto” iniziò Dolly, “che i Galaxy faranno un’amichevole internazionale con il Marsiglia!”
“Wow! Davvero?” chiese Jack. “Quando?”
“Il 20 gennaio 2019! I biglietti sono in vendita da ieri!” continuò William.
“Potremmo andarci noi tre e portarci anche Joanne, che ne dici?” chiese Dolly. “Anche se so quanto William tifi i Galaxy, quindi noi due saremmo costretti ad andare nel loro settore, mentre voi due rimarreste soli in quello del Marsiglia…”
“CI STO!” fece Jack tutto eccitato. “Ecco, sarà una buona occasione per vedere come reagisce… ad un match…”
“Jack, guarda che Dolly ha già capito tutto.” lo rassicurò William.
“Tu sei cotto di Joanne e Joanne è cotta di te.” affermò Dolly. “Però Joanne è un tipo che ama farsi corteggiare, quindi ti consiglierei di iniziare, appunto, a dedicarle attenzioni, magari invitate me e lei a vedere partite di calcio in TV qui, a casa vostra, o a mangiare una pizza insieme…”
“Beh, sì, ecco… cioè, sì, io…”
Vennero interrotti dal suono del campanello: le pizze erano arrivate a casa sane e salve.
“PIZZAAAAAA!” gridò Averell, felice, correndo verso la porta di casa e aprendola.
“Sette pizze a nome Dalton!” fece il pizzaiolo.
“Sette?!” chiese Joe alla madre. “Ma siamo sei!”
“Ma Averell mangia per due, Joe!” rispose la madre.
Tutti i ragazzi si riunirono attorno alla tavola della sala da pranzo e la discussione ebbe inizio.
“Ho saputo che avete fatto un dettato in classe, come è andata, Dolly?” chiese Mamma Dalton alla ragazza.
“Ho preso 10- per un errore minimo…” rispose Dolly.
“Lo stavo per fare anche io, pensa Ma’” la giustificò William.
“Però tu sei bravissimo in francese… sei anche bilingue… anzi, trilingue!” gli fece Dolly.
“A me risultava che William parlasse fluentemente inglese e francese… qual è la terza lingua?” chiese Jack.
“Intendi l’italiano che ho imparato alle medie?” chiese William.
“Ma no! Quando hai telefonato a tua madre, hai iniziato a parlare in ebraico…” rispose Dolly.
“Ah, già! Una volta, d’estate, mi ero messo in testa che dovevo imparare a tutti i costi a parlare in ebraico. Così presi un libro… ed eccomi qui!” rispose ancora William.
“Anche io ho sfogliato quel libro qualche volta,” fece Jack, “ma non ho mai avuto la volontà di impararlo completamente!”
“Tutti in famiglia sono poliglotti,” spiegò Joe, “William parla francese, inglese, ebraico, italiano e sta iniziando ad imparare il russo, mentre Averell parla inglese, francese ed il linguaggio del cibo!”
“Ma anche tu sei poliglotta, Joe!” rispose Averell, “Sai parlare anche il linguaggio dei glitch!”
“Smettetela, ragazzi!” cercò di calmarli Jack. “Così… così spaventerete la povera Dolly!”
In realtà la povera Dolly si tratteneva dal ridere.
Appena i ragazzi ebbero finito di cenare, Joe decise che avrebbe insegnato a Dolly qualcuno dei suoi glitch preferiti, approfittando che William stesse raccontando per filo e per segno l’intero appuntamento.
“Bene, Dolly” iniziò. “Ti piace il calcio?”
“Beh, più o meno…”
“Bene, allora ti piacerà anche FiFa! Componi una squadra con i miei giocatori.”
Dolly compose così un bel 4-3-3 con i giocatori che erano secondo lei i più forti e adatti tra quelli di Joe: in porta Cech; in difesa Ghoulam, Manolas, Sokratis e Torreira; a centrocampo Fabiàn Ruiz, Zielinski e Xhaka; in attacco Insigne, Aubameyang e Ibrahimovic Icon. “Perché così tanti giocatori del Napoli?” chiese Joe.
“Volevo creare la miglior intesa possibile!” rispose Dolly.
Joe quindi le illustrò diversi trucchetti per vincere le partite e fare più goal possibili. “Con questi si vince sempre…” insisteva Joe. “Dimostrazione! William! Vieni qui, facciamo una partita!”
William costruì anche lui un 4-3-3, ma, al contrario delle aspettative di Joe, vinse 16-0.
“Ma come è possibile! Ho utilizzato tutti i trucchetti che conoscevo… bah!” esclamò Joe a fine partita.
“Saranno quelli che ti fanno perdere, no?” scherzò William.
Un’ora dopo i ragazzi andarono a letto. Dolly si era stesa inconsapevolmente nel letto di William, e i due non ci avevano fatto caso. Averell era l’unico che non riusciva a dormire, così andò a svegliare Joe per chiedergli di raccontargli una fiaba della buonanotte. “Imbecille, perché mi hai svegliato? Sei sempre il solito!” gli rispose Joe con un tono di voce basso, chiudendo gli occhi e coprendosi con le lenzuola fin sopra la testa pur di non sentire il fratellino. Jack dormiva come un sasso. William, che si era soffermato a guardare i lineamenti della sua Dolly, era l’unico sveglio e aveva sentito tutto.
“Averell, oggi te la racconto io la fiaba, basta che non svegli nessuno, ok?” gli disse William. Averell accettò e così il ragazzo iniziò a raccontare. “Tanto tempo fa, un mendicante vagava per il regno di Napoli. Era brutto e riteneva di non possedere quasi nessuna qualità se non fosse stato per il suo grande intelletto e la sua buona dialettica. Un giorno, la principessa del regno, sedicenne e in cerca di marito, indisse un ballo al quale avrebbero partecipato tutti i sedicenni del regno. Il mendicante, anch’egli sedicenne, fu quindi costretto ad andarvi. Aveva comunque paura di fare brutta figura, perché non aveva vestiti abbastanza eleganti per la serata, ma una fatina giunse in suo aiuto e gli fece avere i vestiti più eleganti di tutto il regno. Il mendicante andò allegramente al castello dove si sarebbe svolto il ballo, e non appena vide la principessa se ne innamorò. Anche la principessa si innamorò del mendicante, e si diresse subito da lui dicendogli: ‘Voi, voi dovete divenire mio marito!’ ‘Ma, principessa, io non ho nulla da offrirvi, sono un povero mendicante senza alcuna qualità…’ ‘Ma io credo di amarvi ugualmente… dovete solo dimostrarmi il vostro amore…’
Pochi minuti dopo il re, padre della principessa, svenne. Allora il mendicante, ricordando ciò che faceva il padre, dottore, in situazioni simili, gli pose il cuscino di una sedia sotto la testa e gli praticò la respirazione bocca-a-bocca. Questo comportamento venne reputato come assurdo dalle guardie, che cercarono di bloccare il mendicante, ma poco dopo il re si risvegliò e proclamò il mendicante proprio erede. ‘Mio signore, ma perché io? Sono solo un povero mendicante innamorato di vostra figlia…’ ‘Ma tu mi hai salvato la vita, quindi sei in grado di salvare il regno! Figlio mio, hai dimostrato coraggio, audacia e fedeltà verso il regno! Mia figlia sarà felice di sposarti!’. Alla fine il mendicante sposò la principessa e vissero tutti felici e contenti…”
Dopo aver raccontato la fiaba, Averell si addormentò e William pure. Sul volto di Dolly, che aveva ascoltato tutto facendo finta di dormire, si disegnò un sorriso.
 
   
 
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