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Autore: lallaharley    27/06/2019    0 recensioni
Un personaggio lasciato nell'ombra. Camille de Chagny, madre del nostro amato Raoul, è molto più di un personaggio trascurabile. Questa è la storia mai raccontata, di un tempo lontano, in una lontana Persia dove una giovane nobildonna francese conobbe l'angelo della morte e fu la prima a mostrargli un po' di umanità...
- basato sul romanzo di Susan Kay con riferimenti significativi al romanzo di Gaston Leroux.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erik/Il fantasma, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo VII
Non appena uscii dalla sala del trono, mi trovai davanti un Nadir alquanto adirato.
"Sfidare così apertamente la Khanum! Non sapevo, cara signora, che avessi un tale istinto suicida. Uomini più influenti di te hanno perso la testa per un affronto simile. Ringrazia  che lo Shah sembri essere invaghito di te, altrimenti sua madre ti avrebbe fatto sparire immediatamente quel sorrisino di scherno che le hai rivolto."
Incassai silenziosamente il colpo, dato che conoscevo le sue buone intenzioni. Tuttavia, quando gli risposi, il mio tono era freddo e distaccato:
"Pensi che non sappia come ragioni la Khanum? Secondo te perchè io, una donna francese con una famiglia, sono riuscita ad avere un incarico così importante? Perchè, nostante il mio aspetto innocente, sono molto più forte di quanto sembri. La Khanum è spregevole, ma su una cosa ha ragione. Noi donne dobbiamo utilizzare qualsiasi arma a nostra disposizione in questo mondo. La sua arma è il potere, la mia l'intelligenza."
Nadir mi guardò sbalordito e, in qualche modo, deluso.
"Se ciò che dici è vero, dov'è la differenza tra voi due? Sei una brava persona Camille, ma non entrare in questo gioco di potere e vendette. Sei sul suo territorio adesso".
Era inutile discutere. "Ti ringrazio, amico mio, per i tuoi consigli, ma ormai quel che è fatto è fatto. Puoi dirmi qualcosa su queste Ore Rosa di Mazanderan?".
Lui fece una smorfia e disse: " Purtroppo anche il solo descriverle è contro la legge. Non posso parlartene ma ti posso dire questo: preparati al peggio."
Una risata cristallina uscì dalle mie labbra: " Sono preparata al peggio dal momento in cui sono sbarcata in questo paese".
Lui ovviamente non potè rispondere ma sembrava alquanto contrariato.
"Mantieni un profilo basso e comportati a modo, la Khanum è già abbastanza gelosa di te".
" Gelosa?" questa proprio non me l'aspettavo.
In silenzio, Nadir mi condusse in un giardino alquanto bizzarro: le piante erano ben più alte di noi.
"Da quando sei arrivata, il palazzo intero parla di te: dagli eunuchi ai nobili. Le stai portando via tutti e perfino suo figlio si è lasciato sedurre dalla tua bellezza occidentale" disse con voce talmente bassa che faticavo a sentirlo.
" Perdonami, amico mio, ma credo che ci sia un grosso errore. Da quando sono qui, ho parlato con pochissime persone, ma soprattutto, ho visto pochissime persone. Se ciò che dici è vero, allora questo palazzo deve essere infestato dai fantasmi."
Nadir chiuse un attimo gli occhi; sembrava profondamente stanco e sofferente. Di sicuro discutere con una testarda come me non lo stava aiutando.
"Questo palazzo ha occhi e orecchie ovunque. Già da prima che arrivasse Erik, il palazzo era infestato da fantasmi, per seguire la tua metafora".
Per la prima volta quel giorno, vidi l'ombra di un sorriso sul suo volto. Ne approfittai per cambiare discorso, facendolo così rilassare.
" Parlando di Erik, sai dove si trova in questo momento?"
" In questo momento si trova con la Khanum." Silenzio.
Rassegnata al suo malumore, osservai con più attenzione quel meraviglioso giardino: un paradiso terrestre in miniatura, con ogni sfumatura di verde possibile ed un meraviglioso profumo di fiori freschi. Tuttavia, sembreva tutto così finto! Troppa perfezione per nascondere l'ipocrisia che emanava il palazzo. Niente a che vedere con il magnifico giardino di rose nella casa di Nadir.
Fui scossa dai miei pensieri da Nadir, che improvvisamente disse:
"La Khanum sa dell'affetto che tu ed Erik provate per mio figlio. Quella donna potrebbe aggrapparsi a qualunque cosa per vincere".
In quel momento, mi risuonò in testa l'insulto che la Khanum aveva rivolto al piccolo Reza, durante il nostro primo incontro. Quello storpio.
"Nadir, ti prometto che non accadrà niente a Reza. Dovessi perdere tutto, il tuo bambino non verrà toccato".
Povero Nadir. Sia io che Erik stavamo continuando a metterlo in pericolo, nonostante tutto ciò che aveva fatto per noi. Il solo pensiero che quel piccolo bambino sarebbe potuto finire nelle grinfie di quella donna, mi fece rivoltare lo stomaco. Erik stesso si era mostrato più dolce verso quel bambino che con chiunque altro. E di sicuro la Khanum ne avrebbe approfittato.
Forse era anche per questo che, in pubblico, Erik continuasse a schernire Nadir.
"Starò molto più attenta ai miei comportamenti e alle mie parole. Te lo prometto".
Nadir sembrò sul punto di dire qualcosa, ma un servitore giunse, di corsa, a chiamarlo.
Tuttavia, rimasi sola per pochi minuti, prima che un'ancella mi chiese di seguirla. Mi stava portando nella famosa sala dei giochi della Khanum.
La quale, ovviamente, si trovava dall'altra parte del palazzo e la strettezza del mio corsetto cominciava a farsi sentire. Scendemmo una quantità infinita di scale, per arrivare negli estremi sotterranei del palazzo. Mi trovai davanti ad un enorme portone, decorato con immagini tremende di teschi e demoni, che portavano delle povere anime nel fuoco eterno.
Sentii la ragazza mormorare spaventata: "jahannam". Inferno.
Mi scortò quindi su una piccola scala che terminava con una piccola porticina. La aprii e mi ritrovai in un piccolo balconcino, nel quale già si trovavano lo Shah, le sue due mogli, la sorella e la Khanum.
Quest'ultima disse subito: " Vi stavamo aspettando petite comtesse,spero che non vi impressionerete troppo".
Lo spero anche io. "Non temete Madame".
Mi affacciai per un attimo dal balconcino e fui sorpresa nel vedere la luce del tramonto esattamente al centro di una grande fossa. La parte razionale di me stessa mi continuava a ripetere l'impossibilità nel vedere la luce del tramonto metri e metri sotto terra.
Lo Shah mi invitò a sedermi dato che lo spettacolo stava per iniziare.
Dopo un sonoro rullo di tamburi, entraronoquei poveri sfortunati che erano stati usati come burattini dallo Shah.
" Sono 40" mi mormorò quest'ultimo all'orecchio "temo che il nostro carnefice avrà un bel pò da lavorare".
Improvvisamente tutte le luci si accesero, rivelando un grande baratro, sovrastato da dieci balconcini come il nostro. Guardando bene, notai che quella specie di fossa, fosse in realtà una foresta. Prima il tramonto, poi una foresta nei sotterranei.
Notando la mia espressione sbalordita, la Khanum disse malignamente: "Il mio Erik me l'ha costruita un paio di mesi fa e adesso non riesco più a separarmene".
In quel preciso momento, si aprì il grande portone ed entrò la morte. La morte era tutta nera ed aveva il volto di Erik. Senza maschera. Dunque era questa la punizione della Khanum: farmi vedere di cosa era capace Erik.
40 condannati... e li ucciderà tutti lui.
Erik si avvicinò al nostro balconcino e ci rivolse un aggraziato inchino. Quando alzò lo sguardo su di noi, trasalì; i nostri sguardi si incontrarono e, quando vidi nei suoi occhi una furia cieca, capii che non era al corrente della mia presenza.
Dopo qualche secondo staccò lo sguardo da me e cominciò ad avvicinarsi ai condannati, guardando ciascuno negli occhi.
Più o meno verso il ventesimo, la Khanum esclamò spazientita: "Basta con questi giochetti, comincia!".
Per tutta risposta, Erik freddò il primo sventurato. Con una pugnalata nell'occhio destro, senza staccare gli occhi dalla sua padrona. Il sangue schizzò a fiotti sul suo volto, ma lui non sembrò curarsene.
Erik trascinò lo sventurato al centro della foresta, esattamente dove, poco prima, si trovava la luce del tramonto. Quella luce, adesso, era rosso fuoco ed emanava un calore intenso. Non appena Erik si avvicinò alla luce, si aprì una botola, nella quale venne gettato l'ormai cadavere del condannato.
Improvvisamente, sentii la Khanum sospirare e, girandomi verso di lei, notai che la sua espressione si era notevolmente addolcita.
La mia attenzione fu immediatamente richiamata da un sonoro colpo di frusta.
Erik aveva tirato fuori una lunga corda che terminava con un cappio. Più gli sventurati si allontanavano da essa, più Erik si avvicinava a loro. Li braccava come un gatto che gioca con la sua preda. Con un movimento impercettibile all'occhio umano, il cappio si chiuse intorno al collo di un uomo, il quale cominciò ad urlare spaventato. Il cappio era talmente strette che lacrime di dolore cominciarono a rigare le sue guance.
A questo punto Erik si chinò sull'uomo e sussurrò: "chiedi pietà". Lo disse con voce fredda, diversa dalla sua solita voce meravigliosa anche nel mezzo della collera.
Lo trascinò sotto il nostro balconcino e l'uomo gridò tra le lacrime: "Pietà!"
Lo Shah, con un gesto annoiato, diede il suo consenso. Il collo del povero pirata venne spezzato di netto, grazie ad uno scatto di polso del carnefice. E questo fu solo l'inizio.
La carneficina andò avanti per ore con la stessa modalità: braccamento, cattura, tortura, richiesta di pietà e morte.
Gli spettatori negli altri balconcini cercarono di mantenere un'espressione neutra, ma non riuscirono a nascondere il loro disgusto. Perfino lo Shah dovette distogliere lo sguardo, quando un condannato, avendo rifiutato di chiedere pietà, venne torturato per più di mezz'ora.
Io mi costrinsi a guardare fino alla fine per non dare soddisfazione alla Khanum, la quale sembrava star traendo un enorme divertimento dalla serata.
Erano rimasti 5 condannati quando Erik, all'improvviso, si fermò. Dalle pareti della foresta cominciò ad essere emesso un calore intenso e i condannati cominciarono ad implorare una morte veloce.
   
 
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