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Autore: Dida77    04/07/2019    3 recensioni
Per tutti ormai è Captain America, ma per Bucky resterà sempre quel ragazzino magro da difendere contro il resto nel mondo.
#stucky
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo dedicato ad Annina.
Un abbraccio forte.


Buio. Solo buio e silenzio.
Non un prima. Non un dopo.
Solo buio, silenzio e un gelo che ghiaccia le ossa e blocca il respiro nei polmoni.

Dopo i primi minuti, spesi a costringere il cervello a funzionare, un primo pensiero riesce a farsi strada nella mia mente... Dove sono? Ecco cosa devo fare... devo capire dove sono.

È come se una nebbia scura mi separasse da tutto il resto, nascondendomi qualsiasi cosa ci possa essere dall'altra parte. Sempre che ci sia davvero qualcosa oltre a questo niente...

Devo trovare un punto di riferimento, una luce, un suono, qualcuno che sia in grado di scacciar via tutto questo gelo, che non è solo fisico, è qualcosa di più grande, di peggiore. È paura, è terrore puro, che mi striscia nella gola, nello stomaco, che mi blocca i pensieri nel cervello e mi impedisce di pensare.

Una mano gelata mi stritola il petto, ostacolando il flusso di aria nei polmoni, stringendo a ogni respiro sempre più forte. Per un momento il dolore copre tutto il resto e l'unica cosa che voglio fare è chiudere gli occhi, accasciarmi qui dove sono e aspettare che questa agonia finisca.

Ma, ad un tratto, un suono.

Un suono che mi sembra conosciuto, anche se non riesco a ricordare il perché... Una voce (ecco cos'è... una voce) che porta alla mente un ricordo di due occhi azzurri e di un sorriso dolce che spazza via un po' del terrore che mi blocca i pensieri.

Quindi c'è qualcosa oltre a tutto questo buio... Se riesco a pensarlo, se riesco a ricordarlo... deve esserci per forza qualcosa.

Mi aggrappo a questa voce, a questo puntino di calore che spicca come un sole in mezzo a tutto il niente che mi circonda.

Ogni respiro è una pugnalata, le gambe sono pesanti come due tronchi di legno, ma inizio a camminare. Cerco, invano, di capire da che parte provenga questa voce che squarcia il silenzio. Alla fine, in tutto questo nulla, decido che una direzione vale l'altra e inizio a muovermi...

Il primo passo è un'agonia. Il secondo va un po' meglio. Piano piano muoversi diventa più facile e il buio intorno a me si dirada. La voce, in compenso, è sempre più forte, le parole sempre più chiare.

"Bucky, ehi Bucky. Riesci a sentirmi? Sono Steve…”

Per un po' resto sorpreso, domandandomi chi sia questo Bucky... chi sia questo Steve. Il nome mi dice qualcosa, ma pensare è difficile e il dolore al petto è sempre più reale.

Improvvisamente capisco che sei tu e mi domando immediatamente come abbia fatto a riconoscerti prima.

Sento la tua mano sopra la mia, mentre con l'altra mi accarezzi i capelli e a ogni carezza scacci via un po' del freddo che mi avvolge.

Aprire gli occhi e vederti, per essere sicuro che sei veramente tu, per essere sicuro che tutto quel freddo non fosse reale. Questa è la cosa più importante adesso. E mi sforzo, tra un respiro e l'altro, immerso in un dolore che si rafforza ogni momento di più.

Un ultimo sforzo e gli occhi si aprono lasciando entrare una luce accecante. Una fitta alla testa arriva repentina e strizzo gli occhi di nuovo, per un riflesso incondizionato. Ma ti devo vedere. Devo sapere che sei davvero tu ad accarezzarmi i capelli... E allora riapro gli occhi, piano piano, preparandomi a tutta quella luce.

Stavolta va meglio e mi azzardo a voltare un po' la testa verso la tua voce che non ha mai smesso di chiamarmi.

Ti trovo con lo sguardo, i miei occhi nei tuoi occhi e ho la certezza di non essere più solo.
Adesso lo so, andrà tutto bene.

"Steve..." ma una pugnalata più forte delle altre mi attraversa il petto e mi toglie il respiro, costringendomi a chiudere gli occhi di nuovo.

“Ehi ehi, non parlare, ok? La pallottola ti ha fracassato una costola e ti ha trapassato un polmone. Hai perso un sacco di sangue. Te la sei vista brutta. Ma adesso è tutto ok. Non devi far altro che star tranquillo e non parlare.”

Una pallottola... Inizio a ricordare, mentre tu non smetti di sorridere e accarezzarmi i capelli.

“Per un po’ abbiamo pensato al peggio, ma i dottori hanno detto che adesso sei fuori pericolo e che tornerai come nuovo. Ma per altre tre ore non possono darti altri antidolorifici. Per il momento dovremo cavarcela così... So che fa male, soprattutto respirare, ma è normale. Non c’è niente di cui preoccuparsi.”

Mi aggrappo alla tua mano e alla tua voce come un naufrago in mezzo alla tempesta. Ho paura, come quando ero piccolo, intuivo che ci fosse qualcosa che non andava, ma non capivo con esattezza cosa fosse. Ma mi fido di te e faccio ciò che mi dici tu, ubbidiente.

“Respira piano Bucky, tra un po’ passa. Respira con me… piano, così. Bravissimo.”

E così faccio, in un modo che mi ricorda gli inverni di prima della guerra in cui i ruoli erano invertiti. Riderei con te di questo deja vu distorto, ma hai detto di non parlare e adesso ho solo la forza di ubbidirti senza protestare, come forse non ho mai fatto in tutta la mia vita.

Ogni respiro è una stilettata al petto, ma l'aria che entra scaccia via la nebbia dalla mia testa e rende più facili i pensieri. I flash di ciò che è successo si affacciano alla mente, dando un quadro via via più chiaro di cosa sia successo, di cosa mi abbia portato in questo letto di ospedale.

Mi ricordo la missione, il cecchino e tu sulla sua traiettoria. Mi ricordo di averlo visto sul punto di sparare e il terrore che mi ha chiuso la gola quando ho capito che non avrei mai fatto in tempo ad avvertirti. Il mettermi in mezzo per salvarti la vita è stata una decisione che non ho nemmeno preso, non c'era una decisione da prendere, c'era solo l'urgenza di proteggerti e tenerti al sicuro: il mio corpo si è limitato a fare ciò che doveva essere fatto. So che non ti è mai piaciuto che mi mettessi in mezzo per salvarti il culo, ma ho l'impressione di non aver mai fatto altro nella mia vita, per lo meno niente che fosse così veramente importante.

Un pensiero mi attraversa improvvisamente.

“S… sei arrabbia..to?” ti chiedo dando fondo a tutte le energie che mi sono rimaste. Quando la fitta agghiacciante che ne segue mi toglie il respiro, non sono sorpreso. Chiamiamolo rischio calcolato.

“Shhh. Tranquillo. Non devi parlare. Ok? Devi cercare di star tranquillo.” Ti alzi dalla sedia per avvicinarti di più e riprendi ad accarezzarmi i capelli. Solo un attimo e intuisci l'importanza della domanda. “No, certo che non sono arrabbiato, cretino. Come puoi solo pensarlo? Per tutti sono Captain America, ma per te resterò sempre quel ragazzino gracile di Brooklin da proteggere dal resto del mondo. Vero? Non è la prima volta che metti al rischio la tua vita per proteggermi… Non sono arrabbiato, però mi sono spaventato a morte. Questo sì. Non farlo più. Ok?”

Non mi resta che annuire. Vorrei stringerti forte e dirti un sacco di cose... Che ti amo, che sei tutta la mia vita e che in futuro cercherò di non fare più cazzate come questa. Ma non adesso. Adesso ti guardo negli occhi e respiro con te, mentre tu mi baci le nocche della mano con un amore infinito.

“Dai, su. Adesso non pensare a queste cose e respira insieme a me. E no, se è questo che stai pensando. Non ti lascio. Resto qui con te.”

Ti sorrido tra un respiro e l'altro. Con la mia mano nella tua posso affrontare un esercito intero; ad esser sinceri lo abbiamo fatto davvero.

Mi infastidisco un po' quando l'infermiera entra in camera: inaspettata intrusione nel nostro piccolo universo.

“Possiamo fare l’antidolorifico.” Dice professionale con la fiala e la siringa già in mano. “Dovrebbe fare effetto in pochi minuti.”

Quando armeggia con la cannula della flebo, la paura mi attanaglia di nuovo lo stomaco. Ma tu annuisci e mi sorridi, non smettendo mai di guardarmi negli occhi. In fondo, se tu mi sorridi allora non c'è niente da temere.

In pochi minuti il dolore si allenta e respirare diventa meno doloroso mentre i pensieri tornano a muoversi lenti nella mia testa. La paura che il nulla mi a volga di nuovo mi blocca per un attimo il respiro.

“R…resta qui.” è tutto ciò che riesco a dire sperando che tu capisca tutto il resto.

Tu capisci tutto, lo hai sempre fatto. “Ma certo.” mi rispondi subito.

La certezza che andrà tutto bene spazza via ogni pensiero. Adesso che il dolore è scemato, un sorriso mi esce spontaneo e mi lascio sprofondare in questa nebbia che mi avvolge e attutisce tutto il resto. Tutto tranne te, che resti qui al mio fianco.
   
 
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