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Autore: Futureishere    11/07/2019    1 recensioni
Questa storia era presente sul mio vecchio profilo EFP, e ho voluto ricaricarla su questo.
*Storia Scritta per il Contest Asylum*
La storia narra di Hailey, una giovane chitarrista che allontanatasi da casa, trova il successo a New York, siamo nel 1984 e il successo porta con sé diverse problematiche che costringono Hailey a gesti estremi in seguito al suo disturbo borderline di personalità che la porterà a ricercare le proprie origini in una terra che ha abbandonato forse troppo presto per scappare verso il successo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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you cant' star

New York City, 17 Charles St. (Greenwich Village)



Mentre l'aria sana diventava satura di quel fumo che aleggiava sinuoso spargendosi in rivoli scomposti, i minuti passavano scanditi dalle cifre rosse della sveglia.

Fuori dalla finestra le gocce che picchiettavano sul vetro creavano un ritmo solido e costante che faceva da sottofondo a quella scena.

La camera si presentava con un ampio letto disfatto al centro, le lenzuola toccavano il pavimento e un cuscino giaceva a terra, sul comodino il posacenere con la sigaretta ancora accesa all'interno era sovraccarico di mozziconi, accanto a questo il contenitore vuoto degli antidepressivi era caduto di lato e il coperchio bianco era scivolato sotto il letto.

Accanto al coperchio sotto il letto c'era anche una pozza d'acqua rilasciata dalla bottiglia di plastica vicina ad essa.

Il resto della stanza sembrava un caotico groviglio di oggetti, la chitarra usata all'ultimo concerto era poggiata inerme alla parete accanto alla porta chiusa.

Sulla mensola i premi ricevuti negli ultimi anni erano posizionati con noncuranza, senza alcuna logica, assieme alle sporadiche foto di famiglia che ritraevano un passato lontano.

Il poster del tour corrente era attaccato al muro con un pezzo di nastro trasparente, che faticava a reggere il peso del foglio.



Una pila di vinili con la custodia di cartone rovinata ai lati era sistemata accanto al giradischi che aveva terminato la sua lettura e si era fermato non producendo più nessun suono.

Sul piatto “Reckoning” dei R.E.M sostava da qualche minuto dopo la fine della riproduzione.

Dalla finestra incastonata nella carta a parati color nocciola si poteva udire il canticchiare energico dei primi volatili mattutini che accompagnavano quel nuovo giorno.

Al centro del letto Hailey era distesa con il braccio destro cadente che toccava il pavimento, le forze abbandonavano il suo corpo con il passare dei minuti, le palpebre erano divenute pesanti ed era difficile tenere gli occhi aperti.

Un fascio debole di sole le illuminava il viso a tratti filtrando dalla tapparella mezza chiusa, questa luminosità la costringeva a socchiudere ancora di più gli occhi.

Raccogliendo le ultime forze rimaste la giovane volse il viso verso il lato sinistro del letto, dove un foglio di carta con impresse alcune righe in inchiostro blu era poggiato con meticolosità.

Ormai la forza nelle dita era scomparsa e non c'era verso di muovere un solo muscolo, ferma in quella posa Hailey si ritrovò a pensare al foglio domandandosi chi lo avrebbe letto per primo, chi l'avrebbe scoperta a braccia aperte fredda come il ghiaccio.

Alcune parole del foglio si erano sbavate dato che alcune gocce d'acqua erano cadute durante l'assunzione delle pasticche, così “mi dispiace” era diventato “mi dice”, “non riesco”, “no esco” e “addio”, “aio”.

Ma la ragazza sperava che avrebbero capito ugualmente e comunque oramai era troppo tardi per riscrivere quell'ultima confessione.

Mentre Hailey sentiva il sonno diventare una presenza sempre più insistente, volse con fatica la testa verso la porta, si ricordò di Taylor che il giorno prima era venuta a trovarla e le aveva portato una vecchia macchina da scrivere ritrovata nella cantina di sua nonna a Rhode Island.

La macchina, una Continental, era sul tavolo da pranzo nella stanza accanto e dopo averla pulita attentamente Hailey aveva pensato di sistemarla nello studio al piano di sopra ma era intervenuta una terribile crisi nella notte che ora la riportava a quel letto.

Taylor le ricordava casa, le mura grigie e apatiche che si innalzavano fino al secondo piano e al sottotetto, il suo angolo preferito.

Ogni volta che ripensava a Rhode Island le immagini dell'incidente del padre le ruotavano a ripetizione nella mente per ore, nonostante tutti gli anni passati nella rabbia e nella malinconia il fotogramma della Ford Taunus azzurra accartocciata tornava a galla ancora con una cadenza regolare.

Dagli otto anni la presenza paterna sparì e in casa rimasero i cocci di ciò che era stato, nell'ambiente, negli oggetti e nelle persone che lo avevano amato compresa sua madre, Mary.

Prima di chiudere gli occhi Hailey pensò anche alla frase che avrebbe pronunciato non appena appresa la notizia della sua morte “ha voluto trasferirsi a New York e fare l'artista? Sapevo che non avrebbe retto questa città”.

Una lacrima si formò silenziosa e come era arrivata così cadde percorrendo il viso stanco, scorrendo accanto al naso freddo e vicino alla bocca rossiccia e carnosa perdendosi dietro al mento.

Forse questa non era la fine giusta, ma era pur sempre una fine.



New York City, 630 West 168th Street



L'ultimo colore che i suoi occhi percepirono fu il nocciola, come la carta da parati e come il soffitto della camera da letto.

Ma ecco che si riaprivano e stavolta non c'era più il nocciola davanti alla sua vista ma il bianco panna, e un odore di gomma le inondava le narici.

La vista era offuscata e riusciva solo a distinguere il bianco, bianco asettico ovunque, un colore così pulito e freddo, anche l'olfatto non era attivo e l'odore di gomma copriva tutto pizzicandole il naso per l'intensità ora.

Non riusciva sentire nulla, forse qualcuno la stava chiamando ma le sembrò solo l'eco del proprio nome che si propaga in una casa vuota e saltella di stanza in stanza.

Provò a muovere quella stessa mano che nel letto disfatto l'aveva abbandonata impedendole qualsiasi movimento ma anche ora le dita erano immobili tranne per qualche breve lampo di vita.

Hailey?” Una voce proveniente dalla sua sinistra si fece più chiara e limpida tanto che la ragazza provò a muovere il collo in direzione di questa.

Hailey sono io, mi senti?” Era una voce familiare, piuttosto concitata nel tono, avvertì un movimento fugace, probabilmente la ragazza alla sua sinistra si avvicinata a lei perché ora riusciva a percepire un respiro caldo accanto al volto.

La vista dopo poco riuscì a distinguere il contorno della stanza, dell'armadio di fronte a lei, della finestra chiusa e della ragazza che era accovacciata su di lei.

Era Taylor.

Provò a salutarla con un banale “ciao” ma uscì solo un versetto rauco e si accorse di avere la bocca secca.

Si leccò le labbra e riprovò.

Ciao Tay.”

Hailey, sono così felice che tu ti sia svegliata!”

La giovane abbracciò velocemente Hailey e nel gesto i suoi capelli ricoprirono il volto della chitarrista che annusandoli si appigliò a ricordi reali, tangibili, che la riportarono a giorni lontani e ad una familiarità mai mancata.



La pioggia cadeva da ore, non era una pioggia purificatrice di quella che spinge via lo sporco attraversandolo e ricoprendo l'ambiente dello splendore e della purezza originale, era una pioggia che invece macchiava ancora di più l'ambiente, lo ricopriva di un grigiore spento e cupo.

La corona di fiori nascondeva quelle gocce come se i fiori la risucchiassero per abbeverarsi del liquido della vita, un'ultima volta.

Triste il destino delle corone di fiori, accompagnano la sepoltura, se ne stanno lì appoggiate sopra il legno gelido delle casse, accolgono quelli che per un ultimo saluto si avvicinano pallidi ammiccandogli premurose come per consolarli e dire “guarda, qui c'è la vita di un fiore appena reciso, può esserci ancora vita”.

Il terreno trascinava le ballerine nere di Hailey giù, sempre più giù costringendola a muovere i piedini ripetutamente.

La bambina fissava la bara senza riuscire ad immaginare il contenuto, qualche ora prima il padre saltellava felice per casa e ora era lì dentro.

Provò ad aggrapparsi all'ultimo ricordo dell'uomo in vita, il suo viso era sorridente, il suo corpo agile, la voce delicata.

Sperò che ovunque fosse ora il suo aspetto non avrebbe subìto alcun cambiamento, l'incidente non poteva scalfire un uomo simile.

Taylor accanto a lei era concentrata a guardare la cassa, la pioggia le bagnava il viso nonostante il tentativo della madre, dietro di lei, di coprirla con l'ombrello.

Hailey si avvicinò a lei e appoggiò il suo visino contro i capelli dell'amica, assieme ascoltarono l'ultimo saluto del prete per il padre e mentre la cassa veniva assorbita dalla buca di terra, la bambina sorrise all'immagine amorevole del padre che la salutava per andare a lavoro.



Come ti senti?”

Ammaccata.” La giovane nel letto accennò un sorriso.

Uh aspetta, sono così entusiasta per il tuo risveglio che mi sono dimenticata di avvisare i medici! Arrivo subito!”

I medici? Aspetta, cosa è successo?”

Non te lo ricordi davvero?”

No, ricordo solo che ero a casa nel letto e ora mi sono risvegliata qui.”

Hailey hai assunto un intero flacone di antidepressivi, i medici hanno detto che ti ho scoperta giusto in tempo, è da due giorni che sei in coma.”

La giovane nel letto a quella rivelazione non rispose, si limitò a spingere lo sguardo altrove, verso la finestra che mostrava una fetta di cielo limpido.

Questa volta c'è mancato davvero poco, lo sai vero?”

Taylor continuava a fissarla con sguardo interrogativo anche se non era la prima volta che accadeva e sapeva per esperienza che dopo essersi svegliata da un tentativo di suicidio Hailey non ricordava mai nulla e se lo ricordava, evitava di parlarne.

La ragazza nel letto si sforzava di non incrociare il suo sguardo, rivolgendolo prima alla finestra, poi al soffitto e alla porta.

In quel momento dalla porta, anch'essa di un bianco luminoso, si udì una melodia di battiti regolari che fece vibrare la superficie di legno dipinto.

E' permesso?” Una voce maschile che arrivò ovattata e profonda si disperse nella stanza facendo rispondere con qualche secondo di ritardo Taylor, che era ancora impegnata a fissarla.

Entrate pure.”

Tre ragazzi con un cespuglio di capelli folti neri entrarono nella stanza, avevano uno sguardo sperduto e avanzando nella camera si sistemarono sulla stessa linea invisibile davanti al letto della ragazza che accennò un sorriso.

Ciao ragazzi.” Dissero entrambe le ragazze all'unisono.

Hailey, ti sei svegliata! Come stai?”

Era la voce di Lyle, il batterista del gruppo che aveva utilizzato questo nome per onorare il nonno anch'esso batterista che si era ritirato in giovane età per cercare un lavoro certo e trasferirsi in America, “La terra delle Opportunità”.

Il suo vero nome era Andrew, quel giorno indossava una camicia a quadri sui toni del marrone scuro e un paio di pantaloni grigi gli stringevano la vita con una sottile cintura di pelle nera.

Aveva un modo curioso di porsi, era sempre il primo a spezzare il silenzio con una domanda di cortesia o un saluto esaltato per poi spegnersi successivamente rimanendo in silenzio.

Sì Andrew, sto bene grazie. Cosa è successo in questi giorni ragazzi?”

La ragazza fremeva per conoscere la reazione del pubblico, qualcuno aveva scoperto che lei aveva tentato di uccidersi?

Mentre voi parlate, sarà meglio che io vada ad avvisare i dottori.”

Taylor si alzò spingendo con forza all'indietro la sedia di legno chiaro, rivolse ad Hailey un sorriso di conforto e si avviò verso la porta passando davanti ai ragazzi che si spostarono.

Uscì e nella stanza piombò il silenzio.

Il primo a parlare fu Buck stavolta, che guardò la chitarrista dritto negli occhi scegliendo di non nasconderle la verità.

Questa volta qualcuno si è lasciato scappare qualcosa Hailey e adesso lo sanno tutti. Fuori dall'ospedale c'è una folla di giornalisti che intervista tutti quelli che entrano ed escono.”

Buck si avvicinò alla finestra, l'aprì e fece per accendersi una sigaretta.

Intervenne Cee J che fino a quel momento non aveva proferito parola.

Oggi indossava abiti simili a quelli con cui avevano, mesi prima, realizzato la foto per il tour, ovvero una bandana bianca, una canotta anch'essa bianca e dei pantaloni di pelle nera.

Sembravano manichini tutti uguali, pensò Hailey, forse si erano vestiti così per farsi immortalare dai fotografi mentre visitavano la povera chitarrista che aveva tentato di togliersi la vita.

Non puoi fumare qui dentro Buck.”

Buck, il solista del gruppo, portò comunque l'accendino alla sigaretta e con un tiro affannoso l'accese, spuntando voluttuose nuvole fuori dalla finestra nel venticello primaverile.

Senti Hailey, dobbiamo parlare.”

Il tono di Buck era piatto, guardandolo Hailey lo associò ad un drago che aveva visto in un cartone quando era piccola, sputava la stessa quantità di fumo e aveva la stessa espressione feroce.

Gli altri due soldatini erano ancora davanti al suo letto, Lyle si era poggiato con le mani impugnando la struttura di plastica del letto, mentre Cee J guardava ancora Buck con sguardo di ammonimento.

Di cosa Buck?”

Il rapporto fra lei e il solista non era dei migliori, dopo l'inizio delle sue crisi Buck non era più così certo di volerle riservare un posto nel gruppo, il suo comportamento instabile aveva sfavorito il gruppo secondo lui e da mesi aveva già pronto un sostituto.

Lo sai di cosa. Non possiamo più permetterci una pubblicità simile, con queste continue crisi non fai altro che danneggiare l'immagine della band.”

Non vorrete tagliarmi fuori? La band senza di me non può esistere, lo sai, lo sapete.”

Lyle e Cee J continuavano a guardarla impassibili lasciando tutto il lavoro sporco a Buck che la fissava con un nervo di ostilità che gli percorreva il viso.

E tu sai che non è vero, Thomas è già pronto per iniziare il lavoro, conosce i pezzi e sa a memoria gli accordi.”

Certo, dopotutto gli hai insegnato tu a mio discapito in questi mesi, non è vero Buck?”

Hailey sentiva un'onda di rabbia crescerle dallo stomaco e rivoltarla, dandole la scossa fin nelle ossa, si sentì di nuovo energica e spinta da un'ideale da difendere.

Ah smettila, l'ultima volta ci avevi promesso che non avresti più fatto questo, lo avevi promesso. Avevamo un patto, non ricordi? Ci avevi pregati di perdonarti e di non lasciarti, cos'è Hailey, te lo sei dimenticata ancora o fingi come sempre?”

Buck, abbassa i toni.”

Intervenne Cee J che come sempre provò a rimproverare Buck senza nessun effetto.

Cosa c'entra questo ora? Il motivo per cui siete venuti qui è dirmi che volete cacciarmi e sostituirmi con un chitarrista da quattro soldi? Non vi importa nemmeno come sto, siete degli egoisti.”

Con una ventata improvvisa la porta si aprì ed entrò un dottore seguito da un'infermiera e da Taylor, che appena entrata nella stanza ricercò subito con lo sguardo l'amica e la vide rossa in volto, con i denti stretti in una morsa rabbiosa.

Appena vista la scena, Buck gettò la sigaretta dalla finestra.

Cosa è successo?”

Chiese Taylor ignorando i medici e rivolgendosi alla ragazza e ai musicisti.

Questi stronzi mi vogliono cacciare da gruppo.”

La voce di Hailey era cavernosa, profonda, come se avesse urlato per ore e adesso tutto ciò che rimaneva era un'eco basso e selvaggio.

Signorina Moodie non deve agitarsi così, si è appena svegliata.”

Il dottore sembrava preoccupato e le si avvicinò subito cercando di calmarla.

Ma con la poca voce che le rimaneva Hailey urlò:

Andatevene via, non voglio più vedervi, mai più! Vi meritate di fallire come artisti e come uomini!”

I ragazzi si avviarono verso la porta, mentre i medici le prendevano il braccio e prima che potesse rendersene conto, si stava addormentando con il viso paonazzo e la voce assente.



Due settimane dopo

New York City, 17 Charles St. (Greenwich Village)





Questo lo prendi?”

No, anzi preferirei buttarlo.”

Preparare le valigie era un compito che Hailey svolgeva sempre con estrema velocità, arrivata al momento di selezionare gli oggetti utili si ritrovava a scartare la maggior parte delle sue proprietà.

Taylor si riferiva al poster del tour che Hailey desiderava strappare e buttare fuori dalla finestra, anche se una settimana prima aveva supplicato l'amica di chiamare a nome suo Luta, la manager del gruppo, per ridarle un'opportunità garantendo per lei un rinnovato cambiamento.

Taylor si era rifiutata e nonostante tutte le suppliche dell'amica rimase ferma nelle sue convinzioni.

Vivevano assieme dal giorno in cui Hailey era stata dimessa, condividevano tutto ora come anni prima quando per la prima volta si trasferirono a New York.

Taylor le aveva consigliato di tornare per un poco a Rhode Island, nella terra Natale, che la chitarrista aveva abbandonato troppo presto fuggendo come una ladra.

Così, dopo qualche giorno di ripensamenti, Hailey si decise a prenotare una casa in riva al mare al 70 Clarke Road, Barrington di Rhode Island.

La prenotazione era di una settimana, dopo di che sarebbe tornata a New York e avrebbe tentato qualcosa, non sapeva ancora cosa.

La casa era enorme per una persona sola, con cinque bagni e sette letti, ma la buona uscita dal gruppo era stata generosa e tanto valeva passare una settimana di vacanza nel migliore dei modi.

Nonostante la pessima pubblicità la vicenda era stata insabbiata nelle settimane successive, almeno dai quotidiani più seguiti mentre quelli minori continuavano a parlarne.

Le offerte non erano mancate ma Hailey le aveva rifiutate tutte, non considerandole nemmeno.

Anche se dopo un giorno o due ci aveva ripensato e cercando di ritrovare i numeri provò a ricontattare alcuni organizzatori ma non riuscì a trovare i numeri.

No, magari per ora non buttarlo.”

Va bene.”

Sei sicura di non voler andare a stare da mia madre? Mio fratello è tornato a casa in questo periodo e magari potreste incontrarvi di nuovo.”

James aveva tre anni più di Taylor, durante l'infanzia il rapporto che aveva avuto con lui non era stato altrettanto forte e duraturo come quello con Taylor, James era un ragazzo dolce così dolce da confessarle il suo amore in una serata di luglio, all'epoca dei suoi sedici anni.

Ma lui era all'alba dei diciannove anni e il suo desiderio era l'esercito, così qualche settimana dopo era partito verso il Canada lasciandosi alle spalle lei e una terra che non aveva mai apprezzato fino in fondo.

O forse non aveva mai apprezzato nemmeno lei, Hailey a volte pensò che lo avesse fatto apposta, dopotutto prendere un aereo e fuggire era la soluzione più semplice.

Hailey aveva rifiutato comunque l'offerta di Taylor, scartandola a priori.



International New York City Airport, John F. Kennedy



Allora ti chiamo tutti i giorni?”

Sì, mi raccomando.”

Si erano salutate come sorelle che per la prima volta visitano luoghi sconosciuti.

Rhode Island sembrava una landa sconosciuta per Hailey ora, erano anni che non ci tornava e la possibilità di tornarci con una visione diversa di se stessa sembrava un pensiero allettante.

Lei e Taylor avevano un legame profondo da sempre, ma in quelle settimane la sua presenza era diventata assillante per Hailey che nei giorni peggiori avrebbe desiderato sdraiarsi sul pavimento e scolarsi diverse bottiglie di whisky.

Oppure chiamare JJ che senza alcun problema avrebbe potuto portarle roba buona, di quella che comprava di solito con magari un omaggio post-convalescenza.

Non conosceva nessuno a Rhode Island che potesse portarle della droga in caso di necessità ma era solo una settimana in fondo.





Rhode Island, 70 Clarke Road, Barrington



La casa era decisamente più luminosa rispetto alla descrizione e alle immagini sul giornale, non era in affitto da mesi, le spiegò il proprietario, un uomo in completo blu con un cappello che sembrava provenire da un film western.

Era così vicina al mare che appena la vide Hailey fu felice della scelta, anche il proprietario sembrava soddisfatto comunque dato che non la smetteva più di farle i complimenti per la scelta e garantendole uno sconto sul prezzo in caso di prolungata rimanenza, ma il prezzo rimaneva assai caro, troppo per un soggiorno prolungato.

Una volta che l'uomo finalmente, in groppa alla sua decappottabile rossa imboccò il vialetto d'uscita, la ragazza chiuse dietro a sé la porta, entrando in casa.

Mentre toglieva i capi dalla valigia pensava di aver sbagliato a venire lì, avrebbe potuto incontrare sua madre o qualcuno di conosciuto che attraverso i giornali, leggendo del suo tentativo di suicidio l'avrebbe guardata come si guarda qualcuno che indossa abiti strani, non capendo la sua scelta e interrogandosi sul perché.

Mary non aveva chiamato e non aveva scritto, nulla di cui stupirsi comunque.

La ragazza estrapolò dalla valigia il necessario per poi sistemarla in un angolo dell'ampio salotto, si tolse i vestiti che aveva indosso e prese uno dei capi che aveva pescato ovvero una lunga maglia blu rovinata dai molteplici utilizzi, la indossò e si buttò sul divano beige.

Il salone era decorato con vari dipinti che ricordavano le tribù indiane, i toni erano quelli del rosso e del grigio che accendevano i muri in accordo con il tappeto, rosso anch'esso.

Il parquet di legno scuro saltava subito all'occhio e dato lo studio approfondito dell'ambiente fatto in precedenza, immaginò Hailey, era in perfetto accordo con il lampadario che pendeva dal soffitto come un'aquila pronta a catturare la sua preda.

Aveva fatto un breve giro dell'abitazione con il proprietario ma non aveva il coraggio di salire al piano superiore, le bastava il salotto per ora, sapeva già che in quella settimana avrebbe occupato si e no un quarto di quella casa.

Improvvisamente le venne il rimorso di aver speso troppo e di aver acconsentito all'idea di andare lì sola.

Quando si ritrovava sola si sentiva scoraggiata, come se nessun rapporto fosse più possibile con nessun altro, come se tutti l'avessero abbandonata.

Mentre fissava l'azzurro del mare al di là della porta finestra di fronte a lei, nel salotto, ripensò che quello era lo stesso mare che per tutta l'infanzia e l'adolescenza aveva visto e assaporato, quello in cui fuggiva con Taylor imbucandosi in estate nei falò dei gruppi che si ritrovavano sulla spiaggia.

Una volta aveva incontrato John, un ragazzo con una folta barba, nonostante le giovane età e un orecchino al lobo sinistro.

Le faceva tanti complimenti, e continuava a dirle che bel viso pulito aveva e che bel sorriso splendente le decorava quell'insieme armonioso, dopo la seconda birra comunque lui l'aveva presa per mano e si erano spostati sul pick-up di John.

Non era stata la sua prima volta con un ragazzo ma era stato il primo litigio con Taylor.

Si erano incontrate il giorno dopo e l'aveva accusata di essere una pessima amica per averla abbandonata in mezzo ad un gruppo di ragazzi che non conosceva.

Al termine del litigio Hailey le aveva urlato di non cercarla più ma dopo qualche giorno si era presentata a casa di Taylor incontrando la madre che con sguardo severo le aveva indicato le scale.

Lei e Taylor avevano in comune anche l'austerità delle rispettive madri, pensavano di essere state divise alla nascita certe volte.

Lasciandosi trasportare dal mare dei ricordi le venne voglia di birra, dandosi la spinta in avanti si alzò dal divano dirigendosi in cucina, si muoveva come una piccola bambolina in una grande casa di plastica, troppo grande per non sentirsi piccoli.

Il frigo era vuoto, non c'era nemmeno una bottiglia d'acqua, nulla.

Con un sonoro sbuffo, Hailey tornò verso il mucchio di vestiti che si era tolta, gettandoli sul tappeto rosso e si rivestì.

Si assicurò di aver chiuso la porta prima di salire sulla macchina.

Decise, di tornare nel solito supermercato, quello in cui andava sempre quando era piccola, con il padre o da ragazza sempre con Taylor.

Non era cambiato un granché, i reparti erano sempre gli stessi, l'odore di sudore era sempre lo stesso e anche le persone che ci lavoravano sembravano le stesse.

Girando per gli scaffali la giovane conosceva già i punti in cui recuperare ciò di cui aveva bisogno.

Arrivata al banco frigo le sembrò da lontano di riconoscere l'uomo che stava scavando tra i vasetti di yogurt.

Avvicinandosi i dubbi si dissolsero perché lo riconobbe del tutto, era James.

Decise di fingere di non averlo riconosciuto, dopotutto erano passati anni sia per lui che per lei.

Hailey! Sei tu?” Mentre gli stava scivolando quatta dietro per dirigersi verso il reparto degli alcolici, il ragazzo di voltò fissandola per qualche secondo prima di chiamarla.

Decise di voltarsi e salutarlo come vecchi amici.

Ciao James! Mi hai riconosciuta, sono proprio io.”

James rise, portandosi una mano alla nuca.

Che ci fai qui? Voglio dire Taylor mi aveva detto che saresti tornata ma-”

Aspetta, Taylor ti ha detto che sarei venuta a Rhode Island?”

Sì, qualche giorno fa ci siamo sentiti e mi ha detto che hai preso in affitto la casa a Clarke Road.”

Hailey rimase senza parole per qualche secondo.

Sì-sì sai sono venuta qui in vacanza per una settimana.”

Me lo ha detto, sì.”

Hailey non vedeva l'ora di chiudere il discorso.

Dato che la casa è immensa mi farebbe piacere ricevere qualche visita, sei vuoi passa che parliamo un po'.”

Certo con piacere!”

Terminato il discorso la giovane finì di fare la spesa con ciò di cui aveva bisogno e guidò fino alla casa.

Non avrebbe chiamato Taylor quella sera e nemmeno quella dopo.



585 Blackstone Boulevard, (Swan Point Cemetery) Providence, RI



Due giorni dopo decise di andare al cimitero, dopo anni voleva visitare la tomba di suo padre.

Non ricordava dove fosse la tomba, così rigirò per una decina di volte l'intero cimitero prima di trovarla.

Il cimitero era pieno, sembrava che non ci fosse più posto nemmeno per i morti.

La lapide di suo padre era una croce di marmo bianco sulla quale era segnato il nome ed il cognome con le rispettive date, quella di nascita e di morte.

Una volta trovata Hailey si sedette sul terreno accanto alla croce, mentre la guardava nel venne in mente di quel giorno il cui non smetteva più di piovere e la corona di fiori era imperlata di gocce.

Non aveva mai pianto suo padre ma quel giorno, accanto al marmo apatico scoppiò in un sonoro pianto fatto di singhiozzi agitati, era come se solo ora si fosse ricordata che suo padre era morto per davvero.

Ogni volta non riusciva a pensare a suo padre, non riusciva a raccogliere i pensieri, le capitava spesso, ma per la sua morte associava tutto all'infanzia e al fatto che all'improvviso lui non c'era più in casa.

Ripensò anche a sua madre e quel giorno in cui l'aveva portata da uno psicologo per la prima volta.

Disturbo borderline di personalità aveva sentenziato lui, come un giudice che batte con il suo martelletto di legno un'accusa a cui non è possibile sfuggire.

Da quel giorno in poi la madre aveva iniziato a trattarla come se non fosse nemmeno più un essere umano ma una pazza psicopatica che il momento prima era capace di abbracciarti e quello dopo di ucciderti.

Non è niente, le aveva detto Taylor.

Qualche settimana dopo sarebbero partite per la capitale, da lì si erano susseguiti provini su provini, crolli nervosi su crolli nervosi e Taylor era sempre lì che lavorava come segretaria e la sosteneva nella sua musica.

Nulla di tutte le cose terribili che le aveva urlato contro nelle crisi d'ira si erano rivelate importanti per la loro amicizia, o forse Taylor la considerava una pazza e non ascoltava le parole di una pazza.

Non seppe con precisione quanto tempo trascorse lì, con le ginocchia che sprofondavano nella terra, ma al suo ritorno a casa era quasi buio e una macchina era parcheggiata al lato della strada.

Un ragazzo stava suonando il campanello e in lui rivide James.

James!”

Ciao! Sono venuto a trovarti!”

Si, l'ho intuito, seguimi.”

Dicendo così Hailey aprì la porta e fece accomodare James all'interno.

Che posto! Come fai a permetter- ah giusto, hai fatto successo a New York, eh?”



James aveva lo stesso tono amichevole di anni prima, sembravano amiconi a sentire il modo in cui si rivolgeva a lei.

Già, per un po' almeno.”

Dopo aver gironzolato per il salotto il ragazzo si sedette sul divano seguito da Hailey che si era tolta le scarpe spingendole dietro il divano.

Ho letto i giornali, riguardo a quello che è successo.”

Ti riferisci allo scioglimento del gruppo?”

Chiese la giovane evitando l'argomento del suicidio.

No, mi riferisco al tuo tentativo di suicidio.”

Non è stato un tentativo di suicidio il mio, ho solo ingurgitato per sbaglio un flacone di pillole, è stato un errore.”

Un errore?”

James sembrava non capire, era così ovvio, perché non capiva? Un errore, nulla di più.

Sì un errore. James, a volte io non- non mi sento bene.”

Hai un disturbo di personalità, lo so. Non pensavo però che ti condizionasse tanto.”

James abbassò lo sguardo.

Io sento come se- se avessi, due persone nella testa, una mi urla di uccidermi e di mettere a rischio la mia vita e l'altra mi dice di essere una brava persona, di non fare del male né a me stessa né agli altri.”

James sembrò pensarci su per un po'.

Tu ti senti sempre così?”

A volte è meglio, altre è peggio. Io non voglio uccidere me stessa. Io voglio uccidere la parte di me che vuole uccidere me stessa. Mi urla per tutto il tempo di trovare un modo per uccidermi e io voglio solo che smetta, a volte urla più forte, tutto qui.”

Hailey stava piangendo ora, alcune gocce erano cadute morbide fino a impattare con il divano beige.

James si piegò in avanti prendendole il mento fra le dita.

Hai avuto crisi come queste in questi giorni?”

No.”

Perché sei venuta qui da sola? Se ti dovesse succedere qualcosa-”

Il ragazzo si bloccò, Hailey immaginò cosa stava per dire “nessuno ti troverebbe”, esatto, ma forse era un bene.

La giovane annuì al vuoto, avrebbe voluto dirgli che non era stato semplice dato che sentiva di esplodere quasi un giorno sì e uno no, per alcuni momenti aveva pensato che se ci fosse stato lui forse le cose sarebbero andate diversamente e glielo disse.

Perché pensi questo?”

Il pianto si era calmato e adesso si ritrovava a fissare negli occhi il primo ragazzo di cui si fosse mai davvero innamorata che come un ladro era fuggito, lasciandola sola.

Perché, forse non sarei così ora. Non ne ho idea.”

Non riusciva a pensare, con un gesto stizzito si alzò dando le spalle a James.

Scusami vado a prendere un bicchiere d'acqua.”

Lasciato solo James guardò incuriosito il disegno fatto su un piccolo taccuino rosso, abbandonato sopra il tavolo basso di vetro nel mezzo del salotto.

Immagine




Studiò meglio il disegno e pensò somigliasse molto ad Hailey, non riusciva a capire con quale persona stesse parlando, un attimo prima si apriva con lui, quello dopo era arrabbiata.

La ragazza tornò con in mano il bicchiere d'acqua.

Io, Hailey, voglio che tu sappia che- quando sono partito non immaginavo di lasciarti così, pensavo sarei tornato presto nonostante l'esercito.”

Tornare presto?”

Sì.”

Ma non lo hai fatto, avresti potuto dirmi dell'esercito prima di confessarmi il tuo amore per me non credi?”

Avrei dovuto, sì.”

James tacque non sapendo cosa dire.

Quindi? Non intendi più dire nient'altro? Mi hai abbandonata come hanno fatto tutti e l'unica cosa che sai dirmi e che avresti dovuto avvisarmi?”

Ho sbagliato.”

Se tu fossi rimasto io non sarei partita per New York, sarei rimasta qui, con te, e non sarei finita così senza sapere più chi sono, cosa voglio, non mi sentirei così inutile e confusa tutto il tempo!”

James non sapeva cosa dire, trovava assurdo il fatto che tutto ciò fosse colpa sua-

Io ti amavo e tu mi hai abbandonata.”

Ti ho detto che mi dispiace ma non puoi incolpare me per chi sei tu oggi.”

A questa ultima frase Hailey tacque, non sapendo aggiungere altro.

Rimasero in silenzio per minuti interi e quando James fece per alzarsi e andarsene lei lo fermò, chiedendogli di rimanere per quella sera e per la notte.

Trascorsero una serata piuttosto silenziosa, mangiando assieme un piatto di pasta e seguendo una commedia romantica di poco conto.

Al momento di andare a dormire lei lo baciò sulle labbra ma lui si trattenne, accarezzandole il viso e dicendole che preferiva dormire sul divano.

Hailey si avviò verso la camera da letto e una volta spogliatasi ripensò a tutto quello che era stato, a come tutti l'avevano abbandonata, a come James l'aveva rifiutata.

Ci riflette per ore mentre un alone nerastro le saliva dai piedi fino alla testa, come per tirarla sempre più giù.

Quasi sentì di dare ragione alla parte che la voleva morta, non aveva più senso accumulare un fallimento dietro l'altro.

Non aveva nulla da prendere, nulla che la calmasse o la facesse sentire meno mostro di quello che era in realtà.

Raggiunse il bagno e riempì la vasca, il togliersi la vita sembrava raggiungibile ora, se James l'avesse scoperta al mattino sarebbe già stato troppo tardi per lei, però questo significava rischiare perché il ragazzo avrebbe potuto venirla a cercare e salvarla.

Non le importava, estrasse la lametta dal mobiletto del bagno e si accomodò nella vasca.

Prima di premere sulla pelle si ricordò come frammenti di una pellicola vari eventi della sua vita, lo schiaffo di sua madre, l'abbandono di suo padre, la prima volta che fumò una canna e andò a vomitare, la prima volta che provò l'eroina e per poco non si buttò in mezzo alla strada in un turbine di euforia.

Il pensiero di essere stata un fallimento come figlia, amica e artista la colpì come una mazzata nello stomaco e poggiò la lametta tagliente sul polso.



   
 
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