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Autore: Bloody Wolf    15/07/2019    5 recensioni
SoulMate | AU | Stucky
Aggiungeteci un pizzico di Angst, un pizzico di Hurt/Comfort, un destino legato dal marchio e ne ricaverete qualcosa di semplice quanto complesso.
Dalla storia:
"La sua mano vibrò stringendo quella matita con tutta la sua forza, forza che non bastò nemmeno a spezzare quel fragile pezzo di legno.
-Smettetela.
Steve si mosse camminando e mettendosi alle spalle di quei tre ragazzi di alcuni anni più grandi di lui, mantenne la testa bassa e parlò con tono sofferente.
-Basta… "
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johann Schmidt/Teschio Rosso, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers, Tony Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Note di fine storia a fine capitolo T.T
 

Parte 3 [3485 parole]

Bucky stava dormendo con il ventilatore che soffiava nella sua direzione, il petto nudo ogni tanto fremeva per quell’aria fresca che si abbatteva sulla pelle delicata. La ferita alla gamba gli dava fastidio, non lo lasciava dormire come avrebbe voluto e la notte doveva spesso alzarsi e andare sul divano dove riusciva a chiudere occhio anche solo per un paio di ore.

La suoneria del cellulare gli fece aprire gli occhi, li richiuse subito per quella luce accecante che, girato lo schermo, lo colse impreparato, mugugnò afferrando meglio l’apparecchio e rispondendo a quel numero sconosciuto.

Ehi, sei sveglio? Sono Steve...”

Quanto poteva essere dolce e delicato quel ragazzo che si identificava nonostante il bacio (i due baci per la precisione) da brividi che avevano condiviso giusto tre giorni prima?

Ridacchiò prima di parlare mentre con la mano libera si sfregava gli addominali con un movimento pacato ed abitudinario.

"Steve eh… stavo quasi perdendo le speranze di una tua chiamata."

Bucky avvertì attraverso l’apparecchio un lieve sospiro, quasi che Steve fosse felice che lui lo avesse riconosciuto, felice che avesse risposto. Nella sua testa il moro si chiese quanto poteva essere innocente e puro quell’uomo, ma era anche abbastanza sicuro però che la risposta non gli importasse sul serio perché in fondo già gli voleva bene.

"Mi stavo chiedendo se poteva servirti qualcosa…"

Bucky avvertì l'imbarazzo del compagno in quelle poche parole, si stava vergognando di aiutarlo? Era più probabile che il giovane non avesse trovato una scusa migliore per poterlo chiamare inventandosi quella richiesta assurda ma, tutto sommato, utile.

Era perfetto.

"Non devi trovare una scusa per venire a trovarmi, Stevie."

"Jerk."

Bucky già se lo immaginava mentre lo insultava con il volto in fiamme, agitato e divertito nonostante tutto, il moro si chiese se anche Steve provasse in quel momento la sensazione che provava lui alla base dello stomaco, era un misto di agitazione, eccitazione e soddisfazione, non sapeva definirla con esattezza ma era bellissima.

Come stai?”

Quel tono era delicato, realmente preoccupato e Bucky si ritrovò a ridacchiare per la centesima volta di fronte a quella voce e a quel ragazzo; era impressionante come quel filo invisibile che univa due anime fosse potente, si erano visti e si erano riconosciuti ma soprattutto si erano trovati con parole e piccoli gesti che facevano pensare a qualcosa di duraturo, qualcosa che sarebbe stato difficile da distruggere.

Tranne che non dormo gran ché, sto abbastanza bene… tu, stai bene?”

Ci fu un leggero sorriso che Bucky non riuscì a riscontrare in quel breve sbuffo divertito da parte del biondo ma avvertì con chiarezza quelle parole che, dolci, scivolarono fuori dalla bocca dell’altro.

Ora che sono riuscito a chiamarti e sentire come stai, sì. Sto bene.”

Quel giovane nascondeva una dolcezza che Bucky mai avrebbe pensato di sentire rivolta verso di sé, rivolta verso di lui che altro non era che un assassino pagato dallo stato per uccidere criminali, verso di lui che aveva deciso di coprire quelle cicatrici di guerra con tatuaggi lungo tutto il braccio sinistro…

Ehi, Bucky… ci sentiamo più tardi, devo tornare al lavoro.”

Il moro ascoltò quelle parole ritrovando la lucidità per parlare a quella sua anima gemella che pareva fin troppo per uno come lui…

Sì, voglio che tu sappia alcune cose su di me, tralasciando il fatto che io sia la tua… anima gemella.”

Ok… allora anche tu è giusto che sappia di me.”

 

Bucky afferrò una stampella e si diresse, con i suoi tempi, in salotto sapendo perfettamente chi ci fosse al di là di quella porta, sapeva che era Steve a suonare il campanello .

Aprì la serratura appoggiandosi allo stipite di legno mentre invitava l’altro ad entrare nel suo “regno”: era una casa piccola composta da una sala con angolo cottura, un bagno e due stanze di cui una adibita a magazzino.

Ti ho portato dei biscotti e un paio di birre. Ho pensato che potevamo berle.”

Bucky si sedette sul divano seguito dall’altro giovane che, in imbarazzo, si guardava attorno meravigliato e con le gote leggermente arrossate.

Erano entrambe consapevoli che quel bacio che si erano scambiati aveva risvegliato in loro qualcosa che, ora, non potevano più contrastare, lo sapevano ma entrambi si stavano facendo violenza per soffocare quel fuoco che smaniava per avere un contatto con il corpo dell’altro.

Vado a prendere il cavatappi.”

Il moro fece per alzarsi ma venne subito fermato dalla mano dell’altro che gli si era poggiata sulla spalla con calma e fermezza, attento a non fargli male ma determinato.

Dimmi dove è, faccio io...”

Bucky guardò l’uomo che aveva di fronte, gli afferrò la mano con cura e lo spostò da sé, alzandosi poi dal divano e andando verso la cucina parlando con tono canzonatorio e divertito.

Non ho bisogno della balia ma in caso adesso so chi chiamare… saresti carino con un vestitino di quel genere...”

Steve chiuse gli occhi e sbuffò, scuotendo il capo divertito da quelle parole che ostentavano un orgoglio mascolino, una parte del carattere di Bucky che, ne era sicuro, avrebbe odiato e apprezzato nello stesso doloroso modo.

Messaggio ricevuto, Jerk. Ma scordati il vestitino.”

Quando il moro tornò dalla cucina i due si guardarono sorridenti e divertiti; entrambe avevano capito che la loro relazione non sarebbe stata per nulla “facile”, forse per via dei loro caratteri così diversi da collidere perché Bucky sapeva di essere testardo e amava avere il pieno controllo su ciò che faceva e diceva ma con Steve nelle vicinanze si trovava, come in questo caso, a dover discutere per fare da sé qualcosa… non sarebbe stato facile anzi, sarebbe stata una sfida assai succosa e, da quello che aveva capito, entrambe avevano un sottile spirito di competizione per cui il perdere non doveva essere contemplato.

Stapparono le birre facendo tintinnare le due bottiglie per brindare a quel loro incontro e all’identico marchio che portavano sulla pelle. Scolarono alcuni sorsi godendosi il silenzio tranquillo e pacifico.

Voglio raccontarti perché ho circondato questo marchio con i tatuaggi, chi sono oggi e cosa faccio per vivere… voglio che tu sappia con chi sei destinato a stare ma nonostante questo non voglio obbligarti quindi…”

Sorrise mestamente, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e passando la bottiglia scura tra le mani per un paio di volte, nervoso all’idea di rivelare la verità a Steve.

Non voglio vivere nella menzogna quindi parlerò a cuore aperto, sei libero di fermarmi quando vuoi ed andartene.”

Si scrutarono per alcuni secondi e Steve mosse il capo annuendo a quell’affermazione: l’avrebbe ascoltato, l’avrebbe studiato e solo poi avrebbe raccontato la sua di esperienza.

Dai diciassette fino ai venti tre anni sono stato nel corpo dell’esercito, non ho solo fatto i due anni di leva perché ci sono entrato spontaneamente…”

 

Un orfano.

Un orfano solo e mal visto da tutti per quel marchio che svettava rosso sul suo braccio, quel marchio che sapeva, nella mente degli adulti, di nemico…

Nemico perché aveva origini non americane e quella stella sapeva troppo di Russia...

James aveva lottato per arrivare fin dove era arrivato, si era aggrappato alla vita con le unghie, con i denti, con tutto se stesso con la fissa di dimostrare qualcosa a tutti coloro che lo avevano calpestato, che lo avevano deriso.

Era partito compiuti i diciassette anni, era uscito di nascosto dalla strutture che gli assistenti sociali si divertivano a chiamare casa e, coperto dalle ombre della notte, era scivolato fino alla caserma.

Si era dichiarato per ciò che era: un orfano a cui nessuno interessava se viveva o se moriva.

Gli anni erano passati, lenti e dolorosi ma nella sua mente non c’era nessun rimpianto, nessuna voglia di tornare su quei passi fatti di false speranze e di persone con falsi sorrisi.

Il suo corpo si era formato diventando muscoloso e scattante, data la sua statura nella media era riuscito a sviluppare un’agilità invidiabile che gli permetteva di essere bravo sia nell’uso delle armi sia nel combattimento corpo a corpo o con le armi bianche.

Aveva una mira eccellente che, nel tempo, fu sfruttata usandolo come cecchino in missioni con obiettivo a distanza.

 

Elimina Johann Schmidt, sarà un gioco da ragazzi per te, così mi dissero ma… così non fu.”

Partirono in tre per quella missione, tornò da solo in barella perché per una volta aveva sbagliato il bersaglio… bevve un altro sorso di quella birra amara e fresca prima di tornare a parlare evitando lo sguardo attento di Steve.

Sul campo dove doveva esserci quel figlio di puttana c’era al suo posto un bambino, un semplice orfano come lo ero io, mi diedero l’ordine di ucciderlo, di sparare senza alcuna remora, me la ricorderò per sempre la voce del mio generale che mi dice: ragazzo siamo in guerra, gli innocenti muoiono.”

Nella sua mente frammenti di ricordo si incastonavano dietro le sue iridi, la polvere che si alzava leggermente da terra trasportata da quel vento caldo, si ricordava perfettamente i vestiti di quel bambino che sembrava vestito con le prime cose che aveva trovato per strada, quei vestiti larghi che nascondevano così bene quegli ordigni…

Scosse il capo il moro e Steve si mosse allungando una mano ed appoggiandola sulla coscia sana dell’uomo, facendosi sentire, presente di fronte a quei ricordi che erano palesemente dolorosi.

Eravamo al primo piano e io non gli sparai, troppo concentrato sul passato di un bambino che nemmeno conoscevo… arrivò vicino a noi, al nostro palazzo e urlando il nome della fazione nemica si fece saltare per aria: Hail Hydra.”

Sul volto del biondo si palesò quel nome iniziando, tassello dopo tassello, a mettere assieme i pezzi che facevano anche parte del suo di passato, un passato che li vedeva già uniti contro quel mostro di Johann soprannominato anche Teschio Rosso.

I miei compagni morirono mentre io restai in vita, il braccio sinistro era quello che aveva subito più danni oltre alla spalla e a parte del collo. Nell’esplosione alcuni pezzi di calcinaccio si erano staccati andando a cadere sopra di noi, intrappolandoci senza via di fuga. Venni catturato da quell’Hydra che stavamo combattendo.”

Sbuffò poggiando a terra quella bottiglia e alzando le braccia per racchiudere i propri capelli in un codino morbido, si voltò a guardare Steve prima di parlare e si scontrò con uno sguardo che sembrava capirlo, che pareva intimargli di continuare. Steve parlò come per dargli una forza invisibile per continuare, una forza complice.

Ero anche io un soldato, Bucky… ho fatto solo due anni e non ho combattuto chissà quali battaglie ma ti capisco.”

Quelle poche parole cariche quasi di vergogna uscirono dalla bocca del biondo, aveva abbassato lo sguardo e aveva semplicemente parlato senza alcun fronzolo di mezzo. Il moro si decise a continuare quel discorso, un po’ più sicuro che quel ragazzo potesse davvero capirlo.

Mi tennero prigioniero per un mese per qualcosa che non ho mai saputo di preciso e allo stesso tempo la spalla bruciava perché il mio marchio si stava rigenerando da quella brutta ferita. Se oggi sono vivo è perché uno degli scienziati che erano costretti a starsene lì mi ha aiutato… quello che oggi posso quasi considerare come uno dei miei migliori amici: Loki.”

Steve capiva, capiva quel dolore per non essere riuscito a salvare la propria squadra, comprendeva lo stato d’animo del moro e la sua personale crociata contro se stesso, glielo leggeva negli occhi…

Se Bucky avesse ucciso un bambino apparentemente innocente, due dei suoi sarebbe sopravvissuti ma errare era umano e il biondo poteva capire l’esitazione che aveva colto l’altro in quel momento così delicato.

Il nome dello scienziato pareva famigliare per Steve, era certo di averlo già sentito da qualche parte ma non riusciva a focalizzarsi su dove e su chi lo avesse detto…

Ehi, Jerk. Hai fatto qualcosa che ti rende umano, hai visto un innocente e hai cercato di proteggerlo, non sei un mostro anzi, tutt’altro.”

Mostro.

Si era visto in quel modo per mesi, anni forse perché quando si era risvegliato in ospedale aveva dovuto affrontare le famiglie di quei due ragazzi che erano con lui, quei due che confidavano in lui per portare a termine la missione che lui aveva fallito per una sua disattenzione.

Sergente Barnes, così lo chiamavano quei due soldati semplici avevano nella voce un’ammirazione segreta, quasi che lui fosse il loro eroe.

Sergente James Barnes, così con disprezzo invece lo nominarono dopo le famiglie di quei due semplici soldati.

Mosse il capo incredulo, ricordava perfettamente le loro espressioni: odio, disprezzo e rassegnazione.

Non c’era nessuno a piangere per lui quindi perché non era semplicemente morto, nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa, nessuno avrebbe dovuto affrontare una famiglia carica di dolore, non per lui, non per un orfano.

Potevo salvarli se solo avessi premuto quel grilletto… lo avevo sotto tiro, se non avessi pensato avrei forse anche visto le bombe sul suo corpo. Dovevo ubbidire da bravo soldato.”

Bucky stava rivivendo quelle scene con intensità e dolore quando la sua spalla andò a collidere con quella di Steve, si ritrovò a guardare quel viso con gli occhi chiusi, quel contatto inconsciamente era riuscito a riportarlo alla realtà ricordandogli che quel passato faceva parte di lui ma che non doveva incidere sul presente, un presente che era lì vivo accanto a lui.

Hai davvero ricoperto quelle cicatrici con i tatuaggi? Perché...”

Vergogna. Orgoglio.

Forse per nascondere quel disonore agli occhi di chi non sapeva.

Non lo sapeva con precisione, a volte pensava di volerselo amputare quel maledetto braccio così carico di dolore ma dall’altra c’era quell’incolmabile serie di cicatrici che gli ricordavano che lui era lì, vivo ed intero.

Avvertì su di sé il respiro cadenzato di Steve, socchiuse gli occhi anche lui godendosi quella pace seguendo il ritmo del biondo trovando riparo da quegli ulteriori ricordi che avevano iniziato ad emergere nelle sue memorie ma che, con la sua presenza, non facevano più così tanta paura.

Inizialmente volevo ritirarmi dall’esercito e fare altro, andarmene dall’America e piangermi addosso fino alla fine dei miei giorni… ma ho incontrato per caso una veterana di guerra, una donna di nome Carol che aveva perso qualcuno di importante in una missione, non mi ha mai detto di chi si trattasse... Mi ha aiutato a continuare a fare il militare, a combattere affinché io avessi uno scopo.”

Bucky aveva stretto le mani a pugno mentre evitava lo sguardo di Steve, quel calore che si diffondeva dal luogo dove la testa dell’altro era poggiata era piacevole, lo faceva sentire a casa, protetto da qualcosa che gli apparteneva, qualcosa che la sua anima riconosceva e amava già. Era un calore che risaliva dal profondo del petto, quasi come un battito di ali di farfalla, uno sfarfallio nell’unica luce presente, l’unica oasi in tutto il deserto.

Ho continuato, Steve… faccio ancora l’assassino per lo stato Americano, non sono più il Sergente Barnes ma ora sono solo il loro Soldato d’inverno, un fantasma che in realtà non esiste più.”

La testa del biondo si allontanò dalla sua spalla, sentì la mano di Steve che, dolce ma decisa, gli voltava il volto obbligandolo ad aprire gli occhi e a scontrarsi con il suo sguardo.

Uno sguardo deciso e che non ammetteva errori, sembrava lo sguardo di un Capitano che impartiva un ordine ad un sottoposto, incantevole quanto distruttivo in quella situazione.

È l’unica cosa che so fare.”

Quelle parole fecero infuriare Steve, Bucky lo vide mentre scattava in piedi e parlava tenendo gli occhi chiusi ed usando un tono autoritario, non pensava di farlo arrabbiare per quell’ultima frase ma, visto l’argomento delicato, avrebbe accettato qualsiasi sua decisione, nel bene e nel male...

Non puoi dirlo davvero! Abbiamo tutti una seconda possibilità! Io ne sono la prova vivente!”

Steve deglutì ma non si mosse, aveva le spalle tese e i muscoli contratti per la rabbia ma Bucky non sapeva ancora nulla del passato della sua anima gemella, non sapeva con precisione a cosa si riferisse con quella seconda possibilità ma a priori si decise ad abbassare lo sguardo, non era in grado di guardarlo negli occhi, si vergognava troppo sia per il proprio lavoro sia per non essere mai riuscito a fare altro.

Scusa… io… me ne vado...”

Il moro si prese il capo tra le mani e si morse un labbro a sangue, sapeva il peso del carico che aveva appena messo sulle spalle di un ragazzo che gli era quasi sconosciuto, sulle schiena di colui con cui avrebbe dovuto condividere l’intera vita. Non l’avrebbe fermato, non avrebbe mai imposto a qualcuno di accettare ciò che era, ciò che aveva dovuto diventare ed era anche consapevole che quelle parole erano incomplete…

Incomplete perché quel braccio ricoperto di cicatrici non era in grado di moderare la forza; incomplete perché quell’arto non aveva nessuna sensibilità; incomplete perché anche se provava a dimenticare gli orrori di quella guerra non ci riusciva, lanciava uno sguardo a quella parte di sé ed imprecava consapevole che avrebbe preferito morire che essere in quelle condizioni di “sopravvivenza”.

Le parole che aveva sentito dette con impeto da quella bocca che gli sembrava perfetta sapevano di dolore le aveva avvertite sulla propria pelle nonostante la lontananza, le aveva avvertite mentre scavavano nella sua testa come maledizioni.

Il rumore dei passi si fermò ma Bucky non ebbe il coraggio di guardare, si ritrovò ad imprecare a bassa voce stringendo le proprie dita attorno ai capelli con furia; aveva rovinato tutto.

Il silenzio aveva inondato quell’appartamento come una cortina densa di pensieri, nessun rumore si azzardava a fare capolino per paura di scatenare una reazione violenta da parte di quell’uomo reduce di guerra, distrutto emotivamente e fisicamente.

Ho passato anni ad aspettare il marchio...”

Quelle parole risuonarono come un urlo all’interno di quella sala, si espansero cogliendo di sorpresa anche Bucky che si ritrovò, senza volerlo, ad alzare lo sguardo verso il corpo dell’altro che, statuario, si era fermato sulla porta con gli occhi puntati nei suoi e una serietà dominante. Non era mai uscito da lì, dalla sua casa e dalla sua vita.

Anni di bullismo e di botte senza alcun motivo se non la paura della diversità… mi hanno massacrato di botte e a risvegliarmi dopo quattordici giorni sono stati i dolori del marchio che si imprimeva a fuoco su di me...”

I suoi occhi erano calmi, addolorati e forse troppo ponderati per uno che stava raccontando una storia di un passato presso che doloroso e la cosa sorprese Bucky perché quelle parole usciva da quella bocca con una determinazione che lui aveva perso il giorno in cui non aveva premuto il grilletto.

...gli anni dell’esercito mi hanno reso ciò che sono oggi, un uomo che ha lottato e sudato per raggiungere qualcosa che tutti pensavano irraggiungibile per uno come me, per uno diverso.”

Il biondo prese un bel respiro, socchiuse gli occhi e tornò a raccontare, parola dopo parola mentre Bucky ascoltava avido quel racconto.

Non dire che non sai fare null’altro se non l’assassino, abbiamo tutti una seconda possibilità e non ti perderò ora che so che esisti davvero, non dopo il dolore che ho provato mentre le nostre anime si trovavano in ritardo rispetto alla tabella di marcia.”

Quel tono era diventato deciso, come se tutto il resto potesse scivolare in secondo piano, ogni singola morte che aveva provocato o ogni singola cosa brutta che Bucky aveva fatto, tutto era come scivolato in secondo piano per Steve; non lo avrebbe mai più lasciato andare, quell’uomo gli apparteneva e Steve apparteneva a lui.

Bucky si alzò in piedi, instabile per via di quella ferita che si era procurato per proteggere delle persone comuni, civili di cui il moro poteva fregarsene eppure era lì, con una gamba fasciata ed un’ulteriore cicatrice causata da un proiettile; Steve camminò un passo dopo l’altro verso il corpo dell’altro, lo abbracciò con impeto e disperazione.

Bucky si lasciò avvolgere, venendo così anticipato per via di quella ferita che gli aveva impedito di camminare verso quell’anima gemella che sentiva ormai essergli scivolata sotto pelle…

Portò le braccia alla schiena di Steve e strinse le mani sulla stoffa con disperazione, non si era nemmeno accorto dell’immenso terrore che aveva provato nel perderlo, il petto quasi era dolorante ed era quasi una situazione surreale.

Scusami, Bucky.”

Il moro arretrò di mezzo passo, lasciò che quel braccio ricoperto di tatuaggi scivolasse sulla pelle del biondo, lo accarezzò con calma e gli sorrise alzando un angolo delle labbra con un sentimento incolmabile negli occhi.

Va tutto bene.”

Quell’arto che non era mai riuscito a gestire dopo quel maledetto incidente lasciò una lieve carezza a quel volto leggermente ispido, una carezza carica di amore prima che le loro labbra si trovassero in un bacio casto.

Labbra contro labbra, un movimento lento e continuo, carne contro carne prima che gli animi si scaldassero e che anche le lingue, curiose, andassero alla ricerca della propria gemella mentre le loro mani si incontravano e, inconsciamente, si univano in quel bacio d’estate.

 

Fine.


Note Finali:
Eccoci giunti alla fine di questa mini long nata come un’unica OS, l’ho pubblicata a distanza di poco tempo perchè non ha senso altrimento, ce l’avevo scritta e dovevo pubblicarla in poche parole XD

Spero che vi sia piaciuta e di non avervi urtato in nessun modo, non ho mai parole giuste da scrivere quando finisco un progetto ma questa volta ci tengo a farvi sapere che volevo scrivere un continuo di questa cosa (sì cosa perchè mi rifiuto di pensarla come altro xD), un continuo in cui magari i due si scoprono un pochino di più e soprattutto si amano con il corpo e con la mente.

Quindi vedremo cosa ne salta fuori.

Essendo la mia prima SoulMate non so cosa ne sia uscito e ci tengo a sapere da voi com’è venuta, quindi sì amerei anche un messaggio privato con scritte poche parole vere.

Ormai sto scrivendo solo su di loro e, per il momento, non ho voglia di fermarmi quindi aspettatevi altre brevi storie su di loro.

Spero di essere rimasta IC perchè è la cosa che mi fa maggiormente paura, spero di aver reso un pò di giustizia a questa coppia ma soprattutto spero di essere riuscita a trasmettervi un pò di quello che volevo passarvi: amore.

Ok, non vi tratterrò ancora, se siete giunti fino a qui vi posso solo che ringraziare e sperare che vi sia piaciuta… quindi  G R A Z I E .

Alla prossima storia <3 



 
   
 
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