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Autore: LadyPalma    16/07/2019    3 recensioni
[Storia partecipante al Contest "A zonzo nel tempo!" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP.]
AU Storico. Francia, 1450 circa.
Melisandre è una strega condannata al rogo, Qyburn un medico ippocratico che tenta di fare esperimenti da tinte horror, Padre Davos è il capo degli inquisitori. Come potranno mai incrociarsi i loro destini e con quale esito?
Genere: Angst, Dark, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Davos Seaworth, Melisandre di Asshai, Qyburn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Red Onion - Davos/Melisandre'
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Storia partecipante al Contest "A zonzo nel tempo!" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP.   
Pacchetto: San Domenico di Guzman. Ambientazione: Medioevo. Prompt: Sangue.

 


Fede, Magia e Scienza
 
Il processo era stato chiaramente una farsa. Le testimonianze degli uomini che avevano sentito i suoi discorsi blasfemi o delle donne che avevano accettato i suoi intrugli per abortire erano state più che sufficienti. Ma forse, ancor prima, a condannarla era stato il fatto di non essere una donna casta e pura oppure, più semplicemente, di avere i capelli rossi.
Per cosa di fatto veniva punita non era molto chiaro, pratica di magia e partecipazione attiva ad una setta erano accuse ben diverse ma non per questo contrastanti. Del resto, la donna non aveva nulla da obiettare: era in grado di compiere magie, aveva avuto diversi amanti e non avrebbe mai rinnegato la sua fede che, purtroppo per lei, era riposta in una dottrina considerata eretica e perseguitata fin dai tempi dell'imperatore Diocleziano.
Il Malleus Maleficacarum sarebbe stato pubblicato solo una ventina d'anni dopo, ma la Francia, il cui suolo era ancora devastato dalla Guerra dei Cento anni, anticipava il terrore dell'Inquisizione spagnola comprandosi la pace interna a suon di autodafé.[1] Una pulzella d'Orleans era stata bruciata dagli Inglesi; la vittoria permetteva ora ai Francesi di punire da soli le proprie streghe. Il nuovo re Jon non era un uomo malvagio o sanguinario, però era inflessibile e retto soprattutto in fatto di fede.
“Dunque non rinnegate la vostra appartenenza a questa eresia scellerata?”
Questa fu l'unica domanda che le fu posta direttamente. La donna si trascinò con passo lento davanti al banco della giuria. La sua collaborazione a parlare le aveva evitato fin da subito le torture, ma il suo corpo era comunque segnato dalla sporcizia e dalla stanchezza di tre lunghi giorni trascorsi rinchiusi in una cella. Tuttavia, se il passo era incerto, così non era la voce.
“La riconfermo” affermò sicura, provocando il turbamento dell'intera aula. “Credo nell'esistenza di due principi, la Luce e le Tenebre, il Bene e il Male. Sarete voi a soccombere se le Tenebre trionferanno... Perché ricordate che la notte è oscura e piena di terrori”.
Il domenicano Davos Seaworth, giudice di quel finto processo, batté il martelletto con forza. Non era molto chiaro se il suo intento fosse quello di zittire la donna o gli astanti, ma in ogni caso ottenne il silenzio che cercava.
"Melisandre di Asshai, siete stata giudicata colpevole di stregoneria, promiscuità e eresia manichea[2]. Siete pertanto condannata al rogo."
L'espressione dell'uomo era severa e il suo tono solenne, ma la donna non nascose un sorriso.
Aveva sempre creduto che la morte nel fuoco fosse la più nobile.

 
**
 
Si era addormentata con la serenità e il coraggio di chi non teme la morte, ma si era svegliata con il terrore di chi teme la tortura. Nella nottata di sonno che le era stata concessa prima di venire giustiziata, era stata trasportata in qualche modo dalla cella sporca e angusta che condivideva con altre presunte streghe ad un luogo decisamente più largo e più pulito. Si trattava però sempre di una prigione: le funi che le tenevano braccia e gambe legate ne erano la prova, ma soprattutto l'elemento più inquietante era la presenza di almeno tre o quattro cadaveri in decomposizione che riuscì a vedere mentre ruotava il volto in cerca di indizi.
“Oh, vi siete svegliata” commentò una voce, attirando la sua attenzione.
Melisandre fece uno sforzo per sollevare la testa dalla posizione supina in cui era costretta e poté scorgere così un uomo piuttosto anziano che le tagliava con precisione la lunga veste e le toccava con dita fredde le gambe. Non era la prima volta che si trovava stesa alla mercé di un uomo, ma contrariamente alle abitudini passate, questo specifico uomo non sembrava essere guidato dalla lascivia. Nessun calore animava il suo sguardo, i suoi movimenti rispondevano solo a una fredda analiticità. Esposta di fronte a lui non si sentiva una donna, ma un nuovo animale da catalogare in un'enciclopedia.
“Chi siete?” domandò, scoprendosi la voce impastata.
L'uomo non la degnò neanche di uno sguardo, continuando piuttosto a portare avanti il suo ancora sconosciuto lavoro.
“Cosa volete da me?” tentò di nuovo.
Stavolta lui non la ignorò ma Melisandre avrebbe preferito che lo avesse fatto. Un dolore lancinante la investì nel preciso istante in cui lui le aprì letteralmente le carni della coscia fino all'altezza del ginocchio. Contro ogni sua resistenza, si ritrovò ad urlare.
“Basta, basta! Ho confessato, non c'è bisogno di torturarmi! Ho confessato!”
Sordo alla protesta, l'aguzzino in ogni caso si fermò, sollevando con calma il lungo coltello che aveva appena adoperato. restò per qualche secondo a fissare con curiosità la lama bagnata di sangue e addirittura se ne portò una goccia alle labbra per assaggiarla.
La giovane strega aveva visto tante cose nella sua vita ma quella era sicuramente una delle peggiori, forse perché ai suoi occhi mancava assolutamente un senso a quel male.
“Perché?” riuscì a domandare, sofferente e spaventata.
Finalmente ottenne attiva attenzione. Per la prima volta, l'uomo la guardò in faccia e un sorriso distaccato comparve sulle sue labbra. Evidentemente quella era la domanda giusta, l'unica che poteva avere un senso per lui.
Perché, già, certo” mormorò, come parlando tra sé e sé. “Non sono uno stupido inquisitore, non torturo nessuno. Sto utilizzando il vostro corpo per risolvere le grandi questioni della medicina e dovreste considerarlo un onore”.
Tanto era stato silenzioso e assente prima, tanto adesso era improvvisamente diventato loquace adesso. Il perché di quella tortura era stato interpretato come un perché del suo lavoro e stava diventando pian piano una domanda su tutti i sensi reconditi della vita.
“Ho cominciato a Salerno[3] durante gli anni universitari e adesso sono quasi giunto alla soluzione” cominciò a spiegare, continuando ad armeggiare tranquillamente con i suoi strumenti di tortura. “Quattro sono per Ippocrate gli umori del nostro organismo che regolano la salute: bile nera, bile gialla, flemma e sangue. Un eccesso di uno di questi provoca la malattia. Bene, secondo me gli eccessi di umori sono anche responsabili della creazione di straordinari poteri. Precisamente la teoria è che troppo sangue crea quella che volgarmente viene chiamata magia...”
“Volete rubare la mia magia?”
A quella domanda, il volto dell'uomo che era rimasto sempre incolore si tinse di una sfumatura divertita.
Cronologicamente posto a metà tra Ippocrate e William Harvey, era interessato allo studio anatomico e concreto dei corpi ma aveva ancora una mentalità medica del tutto permeata dai meccanismi invisibili dell'anima. Il sangue si doveva vedere e toccare con mano in tutti i suoi canali, ma non era un mero fluido corporeo.
“Oh no. Voglio eliminarla, voglio distruggerla per far trionfare qualcosa di più alto”.
“Cosa?”
“La scienza”.
Durante quella breve spiegazione di intenzioni, lui non aveva interrotto i movimenti delle sue mani e nel frattempo aveva preparato la nuova fase del suo esperimento. Quell'ultima parola pronunciata suonò come una sentenza, decisamente peggiore rispetto a quella del tribunale inquisitorio, mentre un numero imprecisato di sanguisughe le fu letteralmente lanciato addosso nei punti strategici di polsi e collo.
Melisandre non poté trattenersi dal gridare ancora una volta e istintivamente cercò di divincolarsi, seppure inutilmente, ottenendo il solo risultato di agevolare quelle creature nei loro movimenti. La gamba continuava a perdere sangue e nuove ferite si creavano ogni secondo ad ogni salasso imposto. Continuò a gridare ancora per un po' ma lentamente, mentre il sangue, il proprio sangue, le riempiva la visuale, si sentiva perdere forza.
Era soprannominata nel villaggio di Asshai come la Donna Rossa, ma adesso tutto quel rosso era un orrore; non riusciva più a capire dove finissero i suoi capelli o la sua veste e iniziasse il sangue.
Tuttavia, prima di perdere del tutto i sensi, riuscì a sentire chiaramente il rumore della porta e il suono di una voce ben conosciuta.
“Maestro Qyburn, sono qui per chiedere il vostro aiuto per una que-“
Il nuovo arrivato smise bruscamente di parlare non appena si accorse della donna stesa sul piano di legno al centro della stanza. Anche lei vide lui e, nonostante fosse stato fino al giorno precedente il suo principale nemico, sfruttò tutta l'energia che le era rimasta per lanciargli un'occhiata implorante e formulare una supplica.
“Padre Davos, uccidetemi”.
L'inquisitore la scrutò per qualche istante ma al termine di quell'esitazione si avvicinò con passo rapido. Contro ogni aspettativa, colpì alle spalle il medico che colto di sorpresa crollò a terra tramortito, trascinando con sé i suoi strumenti infernali; poi si avvicinò alla donna e la liberò in fretta dalle sanguisughe.
“Uccidetemi” ripeté lei, ormai sull'orlo dell'incoscienza.
Ma il domenicano per tutta risposta le slegò le braccia e le gambe, scuotendo la testa.
“Non ho fatto tanta fatica per uccidervi. Ora, invece del maestro, sarete voi ad aiutarmi”.
Senza capire e forse senza neanche ascoltare, la donna lo fissò per qualche altro istante prima di crollargli letteralmente tra le braccia.

 
**
 
Al suo secondo risveglio, Melisandre fu inizialmente convinta di doversi preparare a morire, ma il nuovo ambiente in cui si trovava e i dolori che provava in tutto il corpo le ricordarono presto il corso degli eventi. Lenzuola pulite la coprivano e delle bende bianche fasciavano le ferite che riusciva a vedere. Si sentiva ancora spossata, ma era viva e le ultime parole di Padre Davos che ancora riecheggiavano nella sua mente erano una conferma che lo sarebbe stata ancora a lungo.
In qualche modo era sopravvissuta, sia al fuoco sia al sangue.
Nella confusione di ricordi, pensieri e congetture, rimase del tutto passiva al movimento intorno a lei, dalla suora accanto al suo letto che provò a rivolgerle qualche domanda al medico che passò a ricontrollare i tagli. Si riscosse solo quando vide finalmente l'inquisitore varcare la soglia della stanza dove si trovava. Ignorò la domanda a proposito del suo stato di salute e aspettò che si avvicinasse al letto. Era lei che aveva una domanda, l'unica che avrebbe potuto risolvere tutti i suoi dubbi, la stessa che aveva avuto un qualche effetto durante la terrificante esperienza nelle grinfie di Maestro Qyburn.
“Perchè?”
Davos si schiarì la gola ma non parlò immediatamente. Di fronte a tale schiettezza, sapeva di dover arrivare dritto al punto, ma per qualche ragione sembrava combattuto.
“Re Jon è in gravissime condizioni, è quasi in punto di morte” rivelò alla fine con gravità. “Senza eredi... In un momento delicato... Mi trovavo da Maestro Qyburn per chiedere il suo aiuto ma poi vi ho visto lì e ho pensato che il vostro aiuto poteva essere più prezioso”.
La strega non era troppo sorpresa. Sapeva bene che il suo salvataggio era stato del tutto casuale e che doveva essere ripagato in qualche modo.
“Credete forse che sia capace di resuscitare i morti?”
A dispetto del tono ironico della donna, l'uomo non si innervosì.
“Potete farlo?” chiese in tono pratico.
Lei alzò un sopracciglio, perplessa. Da ciò che era successo nella stanza degli orrori del medico, poteva dedurre che il frate diffidasse della medicina, il che non era una grande novità per i religiosi del tempo. Ma la richiesta di aiuto a lei e alla sua magia era un passo in più che andava decisamente contro l'atteggiamento cristiano e che sarebbe potuto essere immediatamente tacciato di eresia. La perplessità si trasformò ben presto in ilarità e una breve risata divertita le uscì dalle labbra.
“Voi non credete nel vostro Gesù Cristo, Padre Davos”.
L'uomo chinò la testa e chiuse gli occhi, in un'ammissione di colpa.
“Non lo so più in cosa credere” sussurrò tra i denti, per poi rialzare lo sguardo su di lei. “E nel dubbio, ho scelto di non credere più in nulla”.
“Allora non credete neanche nella magia”.
A questo punto, lui si lasciò sfuggire un sorriso a sua volta. Non negò e alzò semplicemente le spalle, come se la cosa fosse priva di importanza.
“Però voi ci credete e questo può essere abbastanza. In tutta la mia vita e negli anni da inquisitore non ho mai visto nessuno credere così tanto come voi. Forse la vostra fede è nel demonio, ma cosa importa a questo punto? Se esiste qualcuno che può provarmi che i miracoli esistono quella siete voi”.
Melisandre ora era incredula ma in qualche inaspettatamente commossa da quel discorso. Si trovava davanti a un uomo che non credeva, che fino al giorno prima avrebbe voluto vederla morta; eppure le sue parole avevano risvegliato in lei la sua fede che era stata quasi sul punto di vacillare. Era come se il suo Dio della Luce le avesse mandato un inconsapevole messaggero per dirle che non la aveva abbandonata. Era sopravvissuta per un motivo: forse il motivo poteva essere compiere quel miracolo e salvare la vita del re.
Si protese verso il frate e gli afferrò una mano, in un gesto che era inteso allo stesso tempo come ringraziamento che come ricerca di sostegno. Infatti, dopo averla stretta per qualche istante, si mise lentamente seduta.
“Portatemi dal re” disse con voce ancora debole, ma decisa.
Padre Davos le prestò l'aiuto richiesto; come l'aveva trascinata fino al convento durante la notte così adesso era pronto ad accompagnarla fino alla stanza dove giaceva segretamente il giovane Jon.
“Siete sicura di farcela?” le chiese una volta giunti al capezzale del re.
Lo scetticismo mai svanito del frate si infranse contro la rinnovata fede della strega.
“Mi è rimasto abbastanza sangue in corpo per tentare”.
 

 
 

[1]L’Inquisizione spagnola è sicuramente la più terribile storicamente, cui il libro Malleus Maleficarum (1487) ha dato un grande contributo. Tuttavia, i processi alle streghe non erano una novità dell’età moderna e il Tribunale dell’Inquisizione era già attivo ai tempi di Innocenzo III nel XII secolo. Il primo autodafé pare si sia svolto in Francia nel 1242.
[2] Il Manicheismo (che nel Medioevo ha ormai perso seguaci, salvo nella forma dei Catari che comunque vengono stroncati nel XIII secolo) mi è sembrata il tipo di eresia cristiana più vicina al Signore della Luce. Il punto principale è la credenza manichea dei due principi di luce e tenebre, un dualismo che Melisandre richiama molto spesso con la sua dottrina.
[3]L’Università di Salerno era nel Medioevo una fra le più note in ambito medico dove era effettivamente diffusa la teoria ippocratica di cui ho fatto esporre a Qyburn la tesi principale riguardo gli umori. La teoria sul legame sangue-magia è invece una mia assoluta invenzione.


 

NDA: Salve a tutti! Fresca fresca di laurea (110 e lode cum laude in scienze filosofiche) vi propongo questa one-shot molto particolare, che in verità forse non ha neanche troppo senso ahah questo contest mi ha ispirato moltissimo, soprattutto mi è piaciuta l'idea di far incontrare questi personaggi in un contesto storico reale e vedere il ruolo che in una società di fine Medioevo occidentale avrebbero ricoperto. Spero vi sia piaciuta! Alla prossima storia (che non tarderà ad arrivare).
   
 
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