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Autore: Ghostclimber    19/07/2019    4 recensioni
Becca era sempre stata una bambina un po' mattacchiona.
Nonostante sia stata costretta ad indossare un bellissimo vestitino rosa, Becca è ancora il pirata più crudele dei Sette Mari.
Ma, alla fine, chi vincerà? Il pirata o il vestitino?
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Alla veneranda età di ventotto anni e mezzo, complice un post su Facebook e la temporanea assenza di Johnny, che aveva accettato un lavoro da trasfertista, Becca si ritrovò ad approdare su un sito di fanfiction che aveva frequentato assiduamente anni prima.

Spostatasi dal fandom di Harry Potter, ormai assurdamente caotico e polemico, al semi defunto fandom di Slam Dunk, aveva scoperto il fascino delle fanfiction yaoi e non solo ne leggeva a palate, ma aveva anche cominciato a scriverne.

Un giorno, loggandosi nella quasi vana speranza di trovare nuove fanfiction da leggere, trovò un commento ad una sua storia: “Allora, che dire, mi sono bevuto la tua fic in un fiato. L'ho trovata carina e molto divertente.” il commento proseguiva con un piccolo appunto per cui Becca non se la prese minimamente, anche lei aveva pensato di aver lavorato troppo poco su un certo particolare, ma la cosa che la colpì fu quel participio passato coniugato al maschile.

Nella casa vuota esclamò: -Un maschio che commenta una fic yaoi? Oh, cazzo!- la curiosità di scoprire qualcosa di più sull'autore del commento la spinse nel suo profilo.

Fu lì che con stupore scoprì che di un maschio si trattava, ma che non era di quelli che avevano scoperto la propria identità sessuale guardandosi tra le gambe.

“Se siete transfobici girate alla larga”, scriveva nelle informazioni personali, e per un attimo Becca ricordò il suo vecchio amico Nicholas e le battutacce che aveva subito (e che probabilmente continuava a subire) sulla sua omosessualità, poi fece spallucce.

Le sue basi di conoscenza sulla transessualità erano scarne e molto da cortile della scuola, più sul genere “nelle fogne di New York ci sono i coccodrilli” piuttosto che vere informazioni, ma Becca ritenne di non potersi certo definire transfobica, quindi ignorò l'avvertimento e spulciò tra le opere scritte da Stephen, questo era il nickname dell'autore del commento, colui che inconsapevolmente di lì a poco avrebbe quasi azzerato la capacità neuronale di Becca.

Diede un'occhiata a un paio di one-shot, ma si parlava di suicidio e lei non era molto incline a leggere di morte, almeno non quella sera, per cui soprassedette, poi il suo sguardo fu attirato dall'avvertimento sotto ad una long: “gender bender”.

Il dito di Becca rimase fermo per un po' sul touchpad del pc, indeciso. Dopo un paio di tentativi, aveva cominciato ad evitare come la morte le gender bender: tendevano ad essere ripetitive, tutte variazioni sul tema “mi sono svegliato e avevo la vagina” o viceversa, ma dopotutto... chi meglio di Stephen avrebbe potuto trattare quel tema da un punto di vista diverso e magari anche intenso?

Becca cliccò.

Inizialmente covò qualche dubbio: pareva che il protagonista fosse un membro della squadra di basket, nato con un corpo femminile ma che aveva deciso di farsi passare per maschio per competere con elementi al suo livello e perché, comunque, aveva in programma di diventarlo nel minor tempo possibile. Becca aggrottò la fronte, chiedendosi se fosse plausibile che nessuno dei compagni di squadra se ne fosse mai accorto, poi trovò nel testo la giustificazione che cercava: in effetti, anche nel manga quel personaggio sembrava restare in palestra più a lungo dei compagni. E poi, si disse con una risatina, erano un branco di imbecilli a priori, gente che mandava in campo un principiante senza nemmeno avergli spiegato le regole; bevve un sorso d'acqua e proseguì la lettura.

Intenzionata a commentare capitolo per capitolo, si ritrovò invece a leggerne uno via l'altro con occhi sempre più sgranati e la trachea chiusa.

Lasciò qualche recensione qui e là, per gentilezza, poi finì su un capitolo in cui il protagonista ricordava quando, da bambina, i suoi lo costringevano ad indossare abitini da femminuccia (tale era, dopotutto, almeno agli occhi altrui), e ricordò un vecchio vestito, ormai finito chissà dove: era rosa, ricordò, rosa a quadrettoni, con una lampo sul davanti e una gonna a palloncino con i volant.

Il protagonista ricordava la sofferenza nel dover portare quel dato tipo di abiti, e il petto di Becca si alleggerì: via via che proseguiva la lettura, infatti, aveva scoperto di ritrovarsi in molte delle considerazioni di genere del protagonista, e di conseguenza dell'autore, ma questo proprio non poteva condividerlo. A tratti, certo, ma lei adorava i vestiti.

Lasciò una recensione che non rilesse, per metà turbata e per metà sollevata, poi proseguì la lettura.

 

Ore più tardi, a luci spente, sola nel letto che pareva vuoto e immenso senza Johnny, che sarebbe tornato solo nel fine settimana, si ritrovò a pensare di nuovo a quella fanfiction e al suo autore.

Giacque sulla schiena, gli occhi fissi nel buio e addosso una maglietta da uomo con il logo di Superman, e finalmente trovò il coraggio di porsi la domanda più grossa della sua vita: -Merda, e se fossi trans?- Il sonno svanì del tutto.

Becca cominciò a sperimentare uno stream of consciousness che era più una cacofonia di voci mentali:

“Pensare come una femmina non pensi come una femmina. Ti sarà capitato cosa, tre volte negli ultimi cinque anni?”

“Sì, ma non mi piacerebbe avere il cazzo, tranne che per fare pipì in piedi, e per quello c'è comunque lo She Wee. Per le volte che devo far pipì nei boschi mi accontento anche.”

“Non sarebbe una figata, però, liberarsi di queste due poppe malefiche che non trovano un reggiseno che vada bene e che sbattono dappertutto quando arrampichi?”

“Touché. Ma vuoi mettere quanto stanno bene con i vestiti scollati?”

“Intendi che sono belle da vedere o che ti fanno sentire bella?”

“Ma che cazzo, non lo so! Tutt'e due le cose?”

“Porca troia, ridi alle battute misogine di Sacha Baron Cohen anche dopo che hai visto Ali G trenta volte!”

“Ok, ok, non scherziamo, Ali G è un cazzo di capolavoro del sarcasmo e lo sai!”

“Quante femmine conosci che non si siano offese almeno per una battuta di quel film?”

“Tutte le casalinghe puttane facciano yo-ho!” *

“Ecco, appunto.”

“Dai, Ali G è una presa in giro ai montati che si fanno fighi fingendosi rapper che vengono dal ghetto, le battute sono da interpretare nel loro contes...”

“Stai facendo muro perché pensi di essere femmina in tutto e per tutto o perché hai paura?”

 

L'altra voce tacque.

 

-E va bene.- disse Becca l'indomani, rivolta alla tazza di tè verde della colazione, -Tentar non nuoce, no? Proviamoci. Diamo carta bianca a Tommy.- si alzò di scatto, decisa anche se molto, molto spaventata. Se avesse concluso di essere transessuale, avrebbe dovuto innanzitutto dire addio a Johnny, affrontare (almeno stando al film The Danish Girl, la sua principale fonte di informazioni anche se, come dire, al contrario) una serie di operazioni chirurgiche agghiaccianti, proprio lei che aveva vomitato nel vedere la scena di Pulp Fiction in cui piantano una siringa di adrenalina nel petto di Mia Wallace e, cosa non meno terrificante, spiegare alla sua cattolicissima famiglia chi era veramente. Se riteneva che la mamma e il suo zio preferito non sarebbero stati un problema, altrettanto non si poteva dire di sua cugina, degli altri zii e degli altri parenti.

Quanto agli amici... beh, sarebbe stato un modo per capire chi le voleva bene davvero e chi no.

Si infilò nel suo più stretto reggiseno sportivo, infilò un paio di jeans privi di forma e una t-shirt larga, si legò i capelli lasciando bene in vista la parte inferiore della testa, rasata quasi a zero in un undercut che non smetteva di lodare per la sua praticità, trasferì il contenuto della borsa in uno zainetto sportivo e uscì di casa.

Andava tutto bene.

 

 

 

 

 

* citazione dal film Ali-G Indahouse. Se non l'avete mai visto, innanzitutto guardatelo. La trama a grandi linee: Ali G, un coglione che si fa figo fingendosi rapper con amici più sfigati di lui, fa una protesta davanti al Parlamento inglese per fermare la costruzione di un aeroporto che avrebbe distrutto un centro ricreativo della sua città, e il vice primo ministro decide su due piedi di coinvolgerlo nel partito, sperando di rovesciare così il primo ministro e prendere il suo posto. Le cose non vanno come si aspettava, e Ali G si ritrova a fare una propaganda folle e misogina che inaspettatamente riceve consensi. Con questa citazione comincia il comizio all'Associazione Femministe di Staines. (adesso sto ridendo di nuovo, la scena è questa)

 

Un grazie a tutti voi che state leggendo o commentando questa storia, alessandroago_94, Jonghyun88 e Ste_exLagu (punta un dito accusatore).

Come sempre, se vi va battete un colpo!

XOXO

 
   
 
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