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Autore: SweetPaperella    21/07/2019    3 recensioni
{CaptainSwan e outlawQueen AU}
Regina ha 38 anni ed è un famoso avvocato di Storybrooke, vive con la sua migliore amica Emma e il figlio di quest’ultima, Henry, che considera come suo. Non ha avuto un’infanzia facile e si nasconde dietro la maschera di “regina cattiva” per non soffrire. Ma se un un nuovo caso, quello di Robin Hood, scombinasse tutte le sue certezze e l’uomo riuscisse a vederle dentro come nessuno mai?
Emma, 18 anni e con un figlio di 4, lavora in un pub per mantenersi e non sa ancora cosa fare della sua vita. Può l’incontro con un ragazzo dagli occhi azzurri come il mare aprirla nuovamente all’amore? E Robin Hood il famigerato fuorilegge che è entrato nella vita di Regina, come può aiutarla a capire quale sia il suo futuro?
Incontri, scontri, un caso da seguire, nuovi amori e scomodi segreti del passato.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ventisette 



È seduta sulla scrivania della sua nuova casa, davanti a lei si estende il mare e intravede in lontananza anche la Jolly Roger di Killian. 
Istintivamente tira fuori carta e penna, iniziando a scrivere. In un primo momento ha pensato che l’idea del Grillo Parlante, fosse una fesseria. Scrivere per sentirsi meglio, le sembra quasi impossibile, ma vuole provarci lo stesso, male che vada resta comunque arrabbiata e delusa dalla vita e non sarà in grado di affrontare i suoi genitori e tanto meno parlare con loro. 
Non sa davvero cosa scrivere, anche perché lui le ha detto di scrivere una lettera per David e una per Regina, cosa che non è per niente facile. Emma non ha mai scritto nulla in vita sua, a parte i temi a scuola. 
Guarda ancora una volta nella direzione della Jolly Roger, in cui sicuramente il suo Killian sta dormendo e poi inizia a scrivere. Partendo dalla lettera per David.


“Ciao David, sai che cosa mi fa rabbia di tutta questa storia? Il fatto che io ti abbia sempre considerato un po’ come mio padre e adesso che so davvero che sei tu, non riesco a stare in pace con me stessa. Mi arrabbio con te perché non hai saputo dirmi la verità, ma anche con me stessa perché l’ho sempre avuta davanti agli occhi e non ho saputo capire i segnali, le tue attenzioni, le vostre attenzioni nei miei riguardi. Non mi sono mai soffermata a guardarti negli occhi e vedere che si, in realtà ci somigliamo molto fisicamente. Sono arrabbiata con te, tanto. Ma lo sono più con me stessa e ciò è colpa tua. Vorrei venire da te e ricominciare tutto da capo, dirti che non fa niente se hai deciso di non accertarmi nella tua vita, ma non ci riesco, perché non è vero. Tu non mi hai voluta. Hai deciso di abbandonarmi, di considerarmi come spazzatura. Già, so che cosa stai pensando, che speravi che trovassi qualcuno che mi amasse... Ma così non è stato e sai una cosa? Non potevi nemmeno essere certo che ciò accadesse, infatti, non è accaduto. Mi hai lasciato sola a crescere. 
E come si fa a superare un dolore del genere? Come faccio a credere che non accadrà di nuovo, proprio adesso che ti ho ritrovato? Vorrei fare tante cose con te, ma ho paura. Ho una maledetta paura di essere gettata di nuovo via.  Ho paura di non essere la figlia che hai sempre desiderato avere, ho paura di sbagliare. Vivo costantemente con la paura di non essere alla vostra altezza. 
Ti voglio bene. Te ne ho sempre voluto e in questi mesi il mio affetto per te non è mai mutato, ma ho paura. Nonostante il bene che ti voglio e che so che tu vuoi a me, ho paura e se sono piena di insicurezze, di muri da buttare giù, ed è solo colpa vostra. Tua e di Regina. Mi avete rovinato gli anni più belli. 
Ma avete fatto anche si che io trovassi una famiglia, quando credevo di non trovarla mai più nella vita. Mi avete dato speranza e amore. Riparo e certezze. 
Ciò che mi chiedo però, è perché non dirmi subito la verità? L’avrei accettata, forse mi sarei arrabbiata, ma l’avrei fatto. Ora, ora forse è tutto diverso e per ricucire il nostro rapporto ci vuole molto di più di tempo. O forse no. Forse no perché in cuor mio vi ho già perdonato, se pur non voglia ammetterlo nemmeno a me stessa. 
Mi chiedo come sarebbe stata la mia vita con voi accanto, ma poi penso che è inutile che io mi ponga tale domanda, non esiste la macchina del tempo e non posso di certo cambiare il corso degli eventi. Ciò che posso fare è cercare di rimettere insieme i cocci del mio cuore distrutto e ricominciare.  Chissà, forse insieme.” 


La piega e la infila nel cassetto della scrivania per poi, prendere un nuovo foglio e scrivere la lettera per Regina. Ormai è un fiume in piena e scrivere a David l’ha già fatta sentire molto meglio, tirare fuori le sue debolezze e insicurezze, l’hanno fatta sentire subito in pace con se stessa. 


“Ciao Regina, o forse dovrei dire “mamma” ma non riesco proprio a chiamarti così. Se pur io ti abbia sempre visto come tale, ora che so che lo sei davvero, non riesco a sbloccarmi e dirti che in realtà ti voglio bene, più di ogni altra cosa.
Sei stata a lungo la mia migliore amica e mi piaceva raccontarti tutto, confidarmi e scherzare con te, bere insieme sul divano e tu che mi rimproveravi perché troppo piccola ancora per bere tutti quegli alcolici o qualcosa di troppo forte. Hai sempre fatto la mamma nei miei confronti, se pur mantenendo quel tuo lato amichevole. E io non ho mai capito nulla. Quanto posso essere ingenua? Forse in cuor mio ho sempre saputo, ma non ho mai voluto ammetterlo a me stessa. 
Sei sempre stata la mia migliore amica e ora a immaginarti come mia madre, sinceramente non ci riesco. Quale madre abbandona la propria figlia? Puoi avere tutte le giustificazioni del mondo, ma io adesso non riesco davvero a trovarne una valida per perdonarti. Mi hai abbandonata capisci? Mi hai gettato davanti a uno misero ospedale e ora pensi che possa dimenticare il passato? E se riuscissi a farlo, come posso passare davanti al fatto che tu mi abbia mentito per quattro lunghi anni? Possibile che tu, non abbia mai trovato il coraggio di fermati a dirmi: “Ehi Emma, sono tua madre”. Avrei gradito molto di più la tua onestà, che bugie e silenzi. La verità viene sempre a galla e proprio tu mi hai insegnato a dirla sempre, anche se dolorosa. Tu stessa però, non sei stata in grado di dirla a me, tua figlia o forse, quella che dicevi essere tua amica. Bè sia da figlia, sia da amica pretendevo la verità. A quanto pare sei capace solo a parlare bene, ma per il resto sei piena di difetti anche tu. 
Ma forse lo sbaglio più grande l’ho fatto io quando ti ho idealizzato troppo. Eri il mio punto di riferimento, il mio modello di vita e adesso, mi sento persa e confusa. Se il mio punto di riferimento non ha fatto altro che mentirmi, oltre che abbandonarmi, come faccio a continuare a credere in ciò che sono e che posso essere? Ma ripeto, forse l’ingenua sono stata io. E la colpa è sia mia, che tua. Io per averti idealizzato, tu per avermi mentito. E chissà se riuscirò un giorno a guardarti con gli stessi occhi di un tempo... Forse si, forse no. Ora come ora probabilmente non sono ancora riuscita a perdonarti del tutto, ma farò in modo affinché ciò avvenga, anche perché ho bisogno di te più che mai. Ho bisogno della mia migliore amica, ma anche di mia mamma... È stato bello essere abbracciata da te e perdermi nel calore del tuo affetto, è stato bello sentirti tutta la notte nel mio momento di crisi. Non mi sono mai sentita così. Non ho mai avvertito il calore di una famiglia, ma tu sei sempre riuscita a trasmettermi ciò e in questo periodo buio più che mai. 
Quindi, cara mamma, chissà... Forse si, riuscirò a guardarti negli occhi e dirti che ti voglio bene, ma non è questo il giorno.” 


Ferma il flusso dei suoi pensieri e si rende conto di star piangendo. Le lacrime stanno rigando il suo viso e qualcuna è finita sul foglio bagnandolo leggermente. Si sente come svuotata, liberata da un peso enorme che le opprimeva il cuore. Si sente più leggera. 
E ancora una volta, è costretta ad ammettere che lo strizza cervelli ha avuto perfettamente ragione. 
Rimane a fissare il foglio ancora per un istante, sfogandosi e liberando tutto il suo dolore in quel pianto completamente liberatorio. Fino a che non ripone tutto nel cassetto della sua scrivania, con l’intento di non far mai leggere ai due interessati le sue lettere, le quali hanno il solo scopo di farle superare il dolore e la rabbia nei loro confronti. Hopper le ha detto chiaramente che non deve dargliele per forza e lei non ha intenzione di farlo, rimarranno gelosamente costudite.
 








Spazio autrice: Ciao a tutti, ed ecco qui il capitolo 27, ora capite perché non potevo dividere quello precedente? Perché mi è venuta in mente di far scrivere ad Emma delle lettere per i suoi genitori, per tirare fuori attraverso di esse il suo dolore e quindi non potevo fare altrimenti. É un capitolo un po’ particolare, all’inizio nemmeno doveva esserci, é stato aggiunto in corner praticamente, quando io stavo scrivendo i capitoli finali della storia. Spero che vi possa piacere come idea, anche se non ci sono dialoghi e sia unicamente incentrato sul rapporto di Emma con i suoi genitori. Nei prossimi capitoli comunque, tornerò anche sul problema di Emma dopo ciò che ha dovuto affrontare con Pan. Vi auguro una buona domenica e alla prossima. 😁
   
 
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