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Autore: LatazzadiTea    22/07/2019    13 recensioni
Dal testo: Non aveva replicato o cercato scuse, né tentato di giustificarsi in alcun modo, tutto quello che gli aveva detto era vero, e lui non lo aveva negato. L'abbracciò dopo, baciandola prima sulla fronte e poi sulle labbra umettate dal delicato rossetto color pesca che era solita mettere per lui. “Questa storia partecipa alla Soulmate Challenge indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”; PROMPT 33: Costretti a essere uno prigioniero dell'altro.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Takumi Ichinose
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Sai Takumi, pensavo che dal momento che non avresti mai potuto amarmi veramente, nemmeno io avrei potuto... - disse Nana con convinzione.

- Per questo vuoi lasciarmi e tornare da quel buffone? Perché pensi che non ti ami davvero? - chiese Takumi serio.

Nana inizialmente non rispose, alzando lo sguardo lucido sull'uomo alto e bruno in piedi davanti a lei, pensando che in tutti quegli anni suo marito non era cambiato. Lo attendeva un altro lungo viaggio di lavoro all'estero, e lei si preparava come sempre all'ennesimo periodo di distanza e solitudine a cui oramai aveva fatto l'abitudine. Ma non era quello a impensierirla, non faceva nemmeno più caso alle mancate risposte al telefono alle quali, quasi certamente, corrispondeva la presenza di un altra donna nella sua camera d'albergo. Era altro a preoccuparla: da qualche tempo, suo marito non sembrava felice. Vivendo con lui Nana aveva avuto modo di conoscere molti aspetti di Takumi, i tanti pregi, ma anche gli innumerevoli difetti. Certo, lo aveva visto impensierirsi qualche volta, altre preoccuparsi - sopratutto quando si trattava del suo lavoro - ma non era mai era stato tanto triste o infelice.

Anzi, per molti versi, quello stato d'animo sembrava non appartenergli proprio. In fondo, era sempre stato un tipo pratico Takumi: non per quello che l'aveva sposata? E che dire di lei? Sebbene lo avesse detestato e fosse stata innamorata di un altro, da brava vigliacca qual era sempre stata, non aveva accettato? Aveva scelto la via più facile, quella più sicura per sé e il suo bambino. Ma se da una parte lei aveva rinunciato a Nobu pur di dare alla luce la creatura che portava in grembo, Takumi non sembrava aver perso la sua serenità, o per lo meno, fino a quel momento così le era parso.

- Se ti lasciassi, nemmeno te ne accorgeresti Takumi, in ogni caso, Nobu non c'entra... - disse finalmente lei.

- Questo non è vero Nana! - replicò Takumi con lo sguardo duro e fisso nel suo.

Erano incatenati l'uno dell'altra in quella casa dalle sbarre dorate, lo sapevano entrambi. Eppure, Takumi si ostinava a condividere la propria vita con la sua malgrado tutto. Nana avrebbe potuto sopportarlo solo se in quella prigione avesse potuto scorgere il sorriso del suo uomo, ma non era così da tempo, Takumi non sorrideva più da anni.

- Non ti mancherei, e io ho bisogno di mancarti Takumi! Ho bisogno della dolcezza del tuo sguardo... Anche se non mi hai mai amata veramente, per lo meno riuscivi a tollerarmi con l'affetto che si porta a un cucciolo smarrito, mentre ora... - Nana s'interruppe per non ferirlo.

Le parole erano scivolate via dalla sua bocca con troppa leggerezza, se avesse continuato, sarebbe potuta uscirle dalle labbra qualsiasi cosa. Era stanca di esistere, voleva vivere, era questo che più di tutto voleva che suo marito capisse. Che le credesse o meno, lei lo aveva amato, seppur a modo suo. E con tutto il cuore. Lo aveva amato più di Shoji e quanto Nobu, anche se in maniera diversa. Lui era sempre stato su un piano differente dal suo, era una realtà. In fondo, nel liberarlo e liberarsi, Nana gli avrebbe finalmente dimostrato nei fatti, e nella cruda realtà di quel rapporto ormai inutile, tutto il suo amore.

- Se fai così per via dei miei tradimenti, beh, allora smetterò. Sapevi fin dal principio come sono fatto, lo hai sempre saputo, sempre! - le rinfacciò lui, lasciando finalmente la presa della maniglia della porta a cui si era aggrappato per tutto il tempo.

- Hai ragione, lo sapevo, e non mi è mai importato! - rispose mentendo.

- Allora cosa? Cos'è che vuoi? Vuoi che resti, che rincasi ogni sera come ogni bravo maritino di questo mondo? Lo farei, ma non sono come gli altri. Il mio lavoro è tutto, Nana! - le rispose con disappunto Takumi.

Era alterato certo, ma non in collera. Lui non si arrabbiava mai davvero, un aspetto che aveva sempre apprezzato di suo marito.

- E' proprio questo il problema Takumi, non siamo noi il tuo tutto! Ogni volta che esci da quella porta io scompaio... Ogni cosa viene prima, la tua musica, il tuo lavoro, la tua soddisfazione personale... Voglio solo essere felice Takumi, ma sopratutto, voglio che lo sia tu, solo questo! - gli rispose sinceramente lei, seppur con estrema dolcezza.

Takumi era rimasto a guardarla incapace di reagire, e non era da lui. Non aveva mai perso occasione per ribattere in quegli anni, aveva sempre dovuto dimostrarle quanto lei si sbagliasse e lui avesse ragione. Lei sapeva, come aveva sempre saputo quanto fosse stata sciocca e stupida in passato. Era consapevole di aver trattato ogni aspetto della sua vita con superficialità, e lui, dal suo lucente piedistallo non si era mai trattenuto dal farglielo notare. Ma ora nulla: solo il silenzio.

- Felicità, Nana? Sul serio? Io non potrò mai essere felice, è nella mia natura. Ma in effetti tu, vivendo sempre fra le nuvole, potresti anche esserlo un giorno... - concluse stancamente lui.

Non aveva replicato o cercato scuse, né tentato di giustificarsi in alcun modo, tutto quello che gli aveva detto era vero, e lui non lo aveva negato. L'abbracciò dopo, baciandola prima sulla fronte e poi sulle labbra, umettate dal delicato rossetto color pesca che era solita mettere per lui.

- Se vuoi il divorzio te lo concederò, ma non ora, non farebbe bene ai Trapnest in questo momento. Fra il lancio del nuovo disco, la tournée e tutto il resto, sarebbe troppo per me... E forse chissà, nel frattempo potresti anche cambiare idea, che dici? - le sussurrò all'orecchio suo marito, abbracciandola forte.

Era bello Takumi, lo era sempre stato, aveva cercato di convincerla facendo leva sulla sua presenza fisica e sulla sua voce suadente e profonda. Gli sorrise accondiscendente, accarezzandogli i lunghi e corvini capelli di seta.

- Sì, va bene caro, allora aspetterò! D'altronde non ho nessuna fretta di lasciare questo attico stupendo, sai quanto mi piaccia vivere qui, vero? Vai adesso, o farai tardi! - gli rispose lei fingendo.

Takumi sospirò, senza però lasciarla andare, come avrebbe voluto che facesse. Piangendo lacrime amare fra le sue ciocche chiare e supplicandola, quell'uomo spaventosamente calcolatore e dolce finì nuovamente per convincerla a rimanere con lui.

Erano prigionieri l'uno dell'altra, di quell'unione l'infernale e paradisiaca al tempo stesso, in cui erano irrimediabilmente destinati a restare.



 
   
 
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