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Autore: Neneko    25/07/2019    1 recensioni
Al termine della Guerra, Sora ed i suoi migliori amici ritornano sull'Isola. Non è perfetto come aveva immaginato.
Di come Sora si ritrovi a lottare con i ricordi del passato, un presente soffocante ed una cotta più grande di lui. Come al solito, è l'unico ad essere ignaro.
(canon divergence, aged-up!characters, spoiler KH3)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Kairi, Riku, Sora
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo | Contesto: Altro contesto
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Sora ha diciott’anni quando torna a casa, reduce di una guerra sventata più per tempismo che per reale capacità; non bastano certo un esame ed un titolo nuovo di zecca per preparare alla sua realtà più cruda e feroce.

In confronto all’isola principale, l’isolotto dove si rifugiavano a giocare è poco più di uno scoglio, eppure è l’unico posto in cui non si sente soffocare, attorniato dalle mura di un mondo chiuso su sé stesso. La vittoria non è bastata a riunire i mondi com’erano in passato, e anche se come Maestro gli basterebbe aprire un portale per visitare un altro mondo, ci sono cose che semplicemente non si possono fare.

Non è sicuro che i suoi genitori la prenderebbero bene, se decidesse di andarsene di nuovo; e dopo tanto tempo passato lontano, Sora si sente in debito nei loro confronti. Vorrebbe che quella convinzione fosse sufficiente a spegnerne la voglia.

Sull’isola dei bambini sembra essersi fermato il tempo. Se chiude gli occhi -come ora, disteso sulla sabbia tiepida al tramonto- può quasi immaginare di tornare ad essere un quattordicenne ingenuo con il cuore che batte troppo forte per una cotta malcelata; il fatto che fosse particolarmente affollato non aveva certo smorzato i suoi sentimenti, ai tempi.

Adesso non c’è più nessun altro, lì dentro. Beh, almeno nel senso più letterale, perché se c’è una cosa di cui è certo è che Ventus, e poi Roxas ed i resti di ciò ch’era Xion hanno sempre dovuto condividere quello spazio già stretto con qualcun altro (a pensarci bene, era quasi logico che non si trattasse di una sola persona).

A quel pensiero gli sfugge un gemito imbarazzato, subito nascosto dietro alle mani. Ecco, adesso sì che gli sembra di non essere mai cresciuto! Ha diciott’anni, insomma, non dovrebbe reagire così tutte le volte che ci pensa…! Per un attimo, quasi si aspetta di sentire la voce di qualcuno -Roxas, forse, sarebbe da lui- prenderlo in giro, ma al suo pensiero risponde solo il rumore ritmico delle onde e quello stridulo delle grida dei gabbiani.

È strano, essere solo con sé stesso. Non è che sia sempre stato consapevole della loro presenza, ma il suo cuore, lui sì che l’ha sempre saputo. Era un pensiero costante al limitare della sua mente, naturale come respirare; proprio per questo era facile passasse inosservato.

Eppure, respirare non è sempre così facile. Sora lo sa bene, perché la notte gli capita di svegliarsi di botto con la gola in fiamme come se avesse urlato per ore, i muscoli doloranti per aver lottato contro nemici immaginari. Gli incubi sono sempre preferibili alle mattine in cui gli tocca correre in bagno prima che gli altri si sveglino, e nascondere i boxer appallottolati sul fondo del cesto del bucato nella speranza che nessuno se ne accorga.

Si sente diviso a metà. Da una parte c’è il Sora che ha vinto Xehanort (non certo da solo), dall’altro un ragazzo appena uscito dall’adolescenza con il corpo in subbuglio: anni di viaggi e combattimenti non gli hanno insegnato niente da quel fronte.

Così non sa cos’altro fare, se non rubare scorci della pelle chiara di Riku, arrossata sulle spalle e sulla punta del naso che vorrebbe sporgersi a baciare (ma poi lui riderebbe di Sora chiamandolo sdolcinato, del tutto ignaro di quello che si agita dentro il suo migliore amico). È sempre stato pallido, ma ora gli basta un niente per scottarsi, come se passare tutto quel tempo nell’oscurità l’abbia reso più sensibile alla luce.

Oppure, ritrovarsi incantato dagli occhi blu di Kairi, dello stesso colore del mare al largo e profondi allo stesso modo, tanto che ha paura possa leggergli nella mente e trovarci quei segreti inconfessabili e vergognosi che tiene ben nascosti (o almeno spera di riuscirci).

C’è qualcosa di Naminé nel suo sguardo -in fondo sono sempre state una cosa sola. Naminé era anche una parte di te, gli ricorda una voce che assomiglia solo alla propria. Sora sogna di possedere la stessa capacità dei Nessuno di ricongiungersi con il proprio sé -vorrebbe entrarle dentro e rimanerci per sempre. Le implicazioni di quella particolare frase gli fanno soffocare un altro verso esasperato e sbattere la testa contro la sabbia, nella speranza che il flebile dolore serva a scacciare quel pensiero. Cattivo, Sora!

Se solo riuscisse ad allontanarsi… ma il terrore che svaniscano di nuovo all’improvviso gli impedisce perfino di perderli di vista troppo a lungo. Non è il solo; a scuola, succede spesso che uno alzi lo sguardo solo per trovare quello dell’altro su di sé, non importa quanto siano lontani.

Kairi, con il suo candore inalterato, gliel’ha detto una sera, mentre guardavano un film tutti e tre insieme a casa di Sora. Ho paura di perdervi, ha confessato senza particolare imbarazzo, come se si trattasse di raccontare loro cos’aveva mangiato a cena. Stretto tra loro, Sora ha riso nervosamente dando di gomito a Riku, solo per ritrovarsi a fissare la sua espressione imperturbabile. “È così anche per me” ha ammesso l’amico con una voce così bassa da perdersi sotto gli spari e le grida (e forse un film d’azione non è stata la scelta migliore).

Non per la prima volta, Sora si è dovuto trattenere dall’allungare una mano a stringergli il braccio, la spalla, una qualsiasi parte di lui per sentirla solida e reale sotto le dita, per assicurarsi che sia davvero tornato con loro. È difficile trovare in lui tracce del Riku sfrontato del passato; ancora adesso, settimane dopo il loro ritorno, continua a muoversi in punta di piedi come se passare inosservato non avesse smesso di essere necessario.

Non ha reclamato il suo spazio ed è così poco Riku che Sora vorrebbe scrollarlo fino a svegliarlo dal suo torpore, oppure spingerlo al muro e mordergli le labbra per vedere se accetterebbe la sfida. Forse, così riuscirebbe pure a scacciare il senso di irrealtà che gli stringe il petto ogni mattina, quando si sveglia ed i suoi unici compiti sono quelli di ingozzarsi con la colazione prima di correre a scuola, per imparare equazioni complicate e leggere testi noiosi che i suoi coetanei hanno studiato anni prima, e poi tornare a casa a fare i compiti.

Gli altri -Selphie, Tidus, Wakka- hanno cercato di mantenere i contatti, destreggiandosi tra gli impegni da adulti di una vita ordinaria, ma il divario tra loro è diventato troppo grande. Wakka ha smesso di invitarlo a giocare a Blitzball dopo la seconda volta in cui Sora gli ha chiesto se potessero venire anche Kairi e Riku (cosa c’è di diverso, non sono forse sempre stati insieme...?). Gli inviti a mangiare fuori sono sempre più rari, forse perché è difficile trovare un punto di incontro quando i tuoi amici ti raccontano della sagra di paese e tutto quello a cui riesci a pensare è un mese fa ero in un mondo differente a combattere Nessuno.

Sa che da un momento all’altro la pace potrebbe infrangersi, e che quindi dovrebbe gioire di quegli istanti. Lo sa, ma è chiaro che soffocare le proprie pulsioni non è il suo forte... e non serve a niente ripetersi quanto tutti avrebbero da perdere, se un nuovo viaggio si rendesse necessario.

Esausto come se avesse corso una maratona ed improvvisamente infreddolito, Sora sospira e rivolge gli occhi ora aperti al cielo ormai scuro, mormorando tra sé e sé may my heart be my guiding key. Spera lo possa essere sul serio.

   
 
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