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Autore: HistoryFreak_91    26/07/2019    1 recensioni
6000 anni sono davvero un'infinità. Tante sono le vicende, gli eventi storici e non che si susseguono e Crowley ed Aziraphale erano nei paraggi per molti di essi.
Questa fanfiction ha la volontà di evidenziare alcuni momenti salienti delle vite delle due entità, cercando di essere il più possibile storicamente accurata (con alcuni cambiamenti per rendere più vivace ed anche più semplice la lettura) e soprattutto fedele ai due personaggi principali.
Gli avvenimenti saranno in ordine sparso. Potrebbero essere solo un paio di capitoli oppure una bella raccolta di numerose oneshot/flashfic/drabble.
Genere: Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I suoi passi rimbombarono tra le strette mura del castello e le guardie si voltarono appena prima di cadere improvvisamente a terra in un sonno profondo. Aziraphale le scavalcò con attenzione e si affrettò ad aprire il chiavistello della cella. Il sordo rumore del catenaccio che cadeva a terra destò l’attenzione della ragazza che l'angelo si vide apparire dinanzi una volta spalancata la porta: Giovanna d’Arco era lì in piedi, le caviglie incatenate, gli abiti ed il viso sfatti, gli occhi incavati e le guance magre ma era lì, ancora viva. Aziraphale sentì il cuore saltargli in gola ma si sforzò a rimanere concentrato e si tolse il cappuccio, rivelando il volto angelico per indicare di non avere cattive intenzioni. 

 

“Non abbiamo molto tempo.” Disse tutto d’un fiato, avvicinandosi alla giovane che l'osservava con occhi vacui, incuriosita ma distante, come se ciò che le accadeva intorno ormai non le appartenesse più. L’angelo la fissò da cima a piedi per qualche istante: era piena di ferite e lividi e bloccata a terra da delle pesanti catene. L’angelo sobbalzò: “Lascia che ti aiuti.” Fece per liberarla dalle sue restrizioni ma Giovanna fece un passo indietro, trascinandole con sé lontano dall’angelo che alzò di scatto il viso atterrito.

 

“No.” La voce di Giovanna era flebile ma decisa, ferrea. Aziraphale puntò le pupille in quelle della giovane e si sentì morire: perché? Perché le avevano fatto questo? Era solo una ragazzina… “È la volontà di Dio.” L'angelo spalancò le palpebre e sentì la terra mancargli sotto i piedi: no, Dio non voleva questo, non poteva volere questo, l'angelo si rifiutava di crederlo. Sapeva che Dio aveva destinato Giovanna a grandi cose e non poteva accettare l'idea che quello fosse il punto d’arrivo di tutte quelle fatiche. Si scosse nelle spalle e si fece avanti di nuovo.

 

“Se resti qui ti uccideranno!” Era pronto a mettersi in ginocchio, a supplicare se fosse stato necessario. Le gambe già gli si piegavano ed agli angoli degli occhi si erano formate delle lacrime che si stava sforzando di respingere. Giovanna abbassò il viso e l'osservò placidamente: aveva gli occhi stanchi di chi ormai si è rassegnato ma anche la luce di chi è convinto di star facendo la cosa giusta. 

 

“È questo il mio destino.” Rispose ed Aziraphale smise di respirare. Perché gli umani sapevano essere così grandi ed al tempo stesso così piccoli? Aprì la bocca e fece per parlare ancora una volta ma un improvviso frastuono lo distolse dal suo proposito.

 

“Aziraphale!” Una voce conosciuta chiamò il suo nome e l'angelo sobbalzò. Si volse a guardare la porta spalancata per vedervi apparire, dopo qualche istante, il demone di sua conoscenza. “Aziraphale!” Esclamò questi sollevato prima di correre incontro all'angelo che sembrava pietrificato. “Aziraphale, dobbiamo andare via di qui.” Crowley parlava frettolosamente, guardandosi attorno con fare sospetto. L’angelo non rispose, restava lì immobile, inebetito come una statua. “Ti stanno cercando, Aziraphale!” Gridò il demone, sentendo le mani prudergli: perché a volte l’angelo sapeva essere così stupido? Crowley stava per prenderlo di forza ma si trattenne e continuò a parlare: “Se ti trovano qui è la fine per te!”

 

“Che cosa possono farmi!?” Scattò infine Aziraphale sotto lo sguardo stupito di Crowley. “Non è che possono ardere al rogo anche me.” L’angelo fissò l'altro dritto negli occhi e Crowley si sentì impazzire.

 

“Non si tratta di un rogo comune, Aziraphale.” Il demone lo prese per le spalle, facendolo sussultare, gli occhi fissi nei suoi come dei dardi infuocati. “È fuoco infernale.” A quelle parole, l'angelo impallidì vistosamente e si sentì mancare. “Se ti prendono è la fine. Non sarai semplicemente discorporato... morirai.” Il demone digrignò i denti: non avrebbe permesso a nessuno di uccidere il suo migliore amico, né ora né mai; l’avrebbe portato via di lì con la forza se fosse stato necessario. Crowley sentì il corpo del compagno tremare sotto le sue mani, il viso trasfigurato dal panico.

 

“Non posso lasciarla morire!” Esclamò l’angelo con una voce che sembrava quasi supplicarlo di fare qualcosa. Crowley strinse le labbra e si voltò ad osservare la ragazzina che non aveva mosso un muscolo e se ne stava lì ad osservare muta la scena davanti a sé, distaccata completamente dalla sua situazione. Sembrò chiederle con gli occhi di sottostare alla richiesta dell’angelo ma la ragazza rimase impassibile. Il demone serrò la mandibola e scosse il capo. 

 

“Non c'è niente che tu possa fare.” Sibilò, tornando a guardare Aziraphale che aveva chinato lo sguardo disperato. “Ha già preso la sua decisione.” Invitò l'angelo ad osservare Giovanna: aveva la testa dritta, fiera, la posa di chi, dopo averne passate tante, non aveva più paura di niente. Aziraphale sentì il cuore cadergli ai piedi. Avrebbe voluto lasciarsi crollare a terra ma Crowley non gliel’avrebbe permesso. Spostò gli occhi dalla ragazza al demone e si decise ad annuire con il capo, trattenendo a stento le lacrime. Il demone gli strinse il braccio come per spronarlo e gli fece cenno di seguirlo. Aziraphale si passò una manica sotto le guance e fece per seguirlo, fermandosi ancora un istante per osservare Giovanna un’ultima volta.

 

“Sono nata per questo.” Sussurrò questa e fu come se una freccia lo avesse trafitto da parte a parte. Scosse il capo e si costrinse e voltarsi e lasciarla lì, seguendo il demone che l’aspettava con impazienza. 

 

I due uscirono dal castello senza farsi notare e si mimetizzarono tra la folla che si era venuta a creare: era ormai l’ora. 

 

Crowley si guardava intorno con impazienza ed un pizzico di disgusto: tutta quella folla per vedere una bambina arsa al rogo; a volte gli umani sapevano essere davvero rivoltanti. Spostò gli occhi al suo fianco ad incontrò la bianca chioma dell’angelo che fissava dritto davanti a sé e non diceva una parola. Il demone inspirò profondamente.

 

“Allontaniamoci da questo posto, angelo.” Suggerì ma lo sguardo di Aziraphale era perso nel mare di folla, negli abiti variopinti dei ceti medi ed in quelli più semplici dei poveri che creavano un’onda di colore soffocante. Erano tanti, troppi, tutti soggiunti per vedere lei morire.

 

“Non possono lasciarla sola, Crowley.” Alzò lo sguardo lucido ed il demone sentì un nodo crescergli in gola. Avrebbe voluto replicare che era una pessima idea, oltre al fatto che rimanere lì sarebbe stato pericoloso per l’angelo, ma non riuscì a parlare, gli occhi di Aziraphale sembravano chiedergli di capire, di sostenerlo nella sua decisione e Crowley era incapace di ribattere a quello sguardo. Ingoiò le parole che aveva sulla punta della lingua ed annuì, voltandosi per intercettare le guardie aprire il portone e farsi largo tra la folla. Al sentire i sussulti degli astanti, anche Aziraphale si volse ed incontrò la chioma della ragazza accompagnata verso il patibolo: il suo incedere era lento e solenne, come se niente fosse in grado di spaventarla, nemmeno quell’orribile morte. Crowley inclinò il capo da un lato mentre l’osservava lasciarsi legare senza opporre alcuna resistenza: folle umana, lasciarsi bruciare così per diventare un esempio. Eppure non poteva fare a meno di ammirarla perché c’era qualcosa di eccezionale nella sua follia, una temperanza, un ardore paragonabili solo a quelli degli angeli. A quella realizzazione, Crowley sospirò, volgendosi verso Aziraphale immobile di fianco a lui. Non disse niente ma lo osservò a lungo mentre la pira cominciava ad ardere ed il fuoco si aggrappava alle vesti della ragazza indifesa. Le strazianti urla che seguirono fecero accapponare la pelle del demone che strinse forte i pugni mentre alzava il viso per osservare la cruenta scena: il fuoco infernale avvolse Giovanna come una coltre, divorandola senza pietà. Le urla si spensero rapidamente, forse un segno di grazia, e ben presto anche del corpo non si vide più nulla se non una iridescente macchia nera. 

 

Crowley abbassò lo sguardo con un sospiro esasperato quando sentì un singhiozzo alla sua destra; si volse e trovò Aziraphale con il volto rigato dalle lacrime, sformato in una smorfia che combatteva la necessità di lasciarsi completamente andare, i pugni chiusi ed i denti digrignati. Il demone soffocò un ringhio: non sopportava vederlo in quello stato; era una visione rara, vederlo così genuinamente disperato; non era tipico per un angelo lasciarsi prendere da quel senso di sconforto, di impotenza fino quasi a toccare la rabbia. Aziraphale si lasciò scappare un singulto e la pelle di Crowley si accapponò. L’angelo tentò di controllare il suo pianto e portò le mani al viso invano. Cercò di asciugarsi le lacrime o almeno di soffocare i suoi gemiti ma sembrava tutto inutile.

 

Crowley lo guardava con le labbra dischiuse: che cosa poteva fare? Se ne stava lì, immobile, incapace di lasciarsi andare. Ne avevano viste di tragedie insieme eppure era sempre rimasto calmo, quasi impassibile; ma ora, a vedere la disperazione, la resa totale di Aziraphale, cominciò anche lui a sentire un magone formarglisi nella gola. Era rabbia, si disse, rabbia contro quella parte del genere umano che sapeva essere così dannatamente crudele. Digrignò i denti e si voltò a fissare il rogo ancora una volta: che spreco. Che idioti.

 

Aziraphale continuava a piangere, adesso tremando più vistosamente, come se stesse affrontando degli incubi orrendi. Crowley riprese a respirare, cercando di calmare i suoi bollenti spiriti: non era il momento di lasciarsi andare, non era il momento di vendicarsi, se mai ce ne fosse stato uno, non era il momento di lasciare Aziraphale da solo in quello stato. Si frugò in una tasca e trovò un fazzoletto.

 

“Prendi.” Disse ed attirò la sua attenzione.

 

“Oh.” Alzò gli occhi lucidi l’angelo che vide quel gentile gesto e l’accettò con benevolenza, portandosi il fazzoletto al viso per asciugare le lacrime. “Grazie “ Mugolò; avrebbe voluto accennare un sorriso ma in quel momento si trovò incapace di fare persino quello. Rialzò lo sguardo ancora una volta: ormai della ragazza non c’era più niente, solo un mucchio di cenere che si disperdeva al vento. Accanto alla pira, Crowley notò le ben note figure di Hastur e Ligur che sembravano festeggiare il terribile avvenimento. Crowley sussultò: dovevano essere stati loro a maledire il fuoco. Strinse i pugni ma ben presto si rese conto che agire non sarebbe servito a nulla.

 

“Cosa c’è?” La voce improvvisa di Aziraphale lo riportò alla realtà ed il demone si volse a guardare l’angelo: nonostante avesse smesso di piangere, aveva ancora l’aspetto di chi non sarebbe in grado di affrontare alcuna disavventura od ulteriore stress emotivo, non in quel momento.

 

“Non è niente.” Decise quindi di mentire Crowley ma si rese conto che il rischio di essere notati, soprattutto insieme, da quei due demoni era troppo grande e sarebbe stato più saggio separarsi. “Angelo, sarà meglio che vada.” Si sforzò quindi a dire. Non voleva davvero lasciarlo da solo ma che scelta aveva? Non poteva mettersi nei guai e, soprattutto, non poteva mettere Aziraphale in pericolo.

 

“Mh.” Fu la semplice risposta dell’angelo che prese un istante per riprendersi prima di continuare: “Ti ringrazio, Crowley.” Sussurro più dolce il demone non l’aveva mai udito. Si volse verso l’angelo, così candido ed affranto, e gli si spezzò il cuore. Abbassò un poco lo sguardo e vide che gli stava porgendo il fazzoletto che gli aveva prestato.

 

“Ah.” Scosse il capo, distogliendo lo sguardo, incapace di continuare a fissare quegli occhi pieni di riconoscenza. “Tienilo tu, angelo.” Aziraphale guardò il fazzoletto per un istante prima di tornare a guardare Crowley con un grande punto interrogativo stampato sul viso. “Io non ne ho bisogno.” E dopo queste parole, cominciò ad allontanarsi, certo che l’angelo avrebbe fatto altrettanto di lì a poco senza destare sospetti in Hastur e Ligur. 

 

Aziraphale rimase interdetto per qualche istante: la sua mente era ancora affollata dalla scena a cui aveva assistito poc’anzi ma il nodo nel suo petto si stava lentamente sciogliendo. Posò di nuovo lo sguardo sul fazzoletto: era semplice, nero, nulla di speciale, eppure ad Aziraphale sembrava un tesoro prezioso e così lo piegò per bene e lo ripose nella guarnacca, ben stretto sul cuore. 

 

Si guardò attorno sistemandosi il berretto, coprendosi un poco il viso ed iniziò ad allontanarsi.

 
   
 
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