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Autore: LeanhaunSidhe    26/07/2019    28 recensioni
Un legame oscuro, un patto antico, due vite del tutto diverse che si incontrano in un attimo di eternità e ne saranno inevitabilmente cambiate
Genere: Fantasy, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Un cenno ed ascolterà, una parola ed arriverà: un comando e sbranerà.

Una farfalla dai colori sgargianti le era volata davanti, sfuggendo alle dita paffute, di bambina.

Sbattendo lentamente le ali, si era posata su un fiore che, timido, si affacciava sulla neve fresca. I petali, di un tenue rosa, si confondevano nel bianco, proteggendo i pistilli dorati.

Lei piccola si era tuffata tra i cristalli bianchi per afferrarla prima che sparisse. Emise un piccolo grido di gioia: c'era riuscita! La neve fresca, attorno a lei, era ricaduta con uno sbuffo. Tirandosi a sedere, persa nel cappotto rosso, aveva fatto calare indietro il cappuccio con uno scatto della testa, soffiando su una ciocca di capelli biondi che le impediva la visuale.

Poi, sorridente, aveva aperto le mani trovandole, con sommo disappunto, del tutto vuote.

La farfalla che rincorreva volava a zig zag nell'aria pungente, le ali azzurre dai riflessi dorati che si allontanavano, mentre i cristalli di neve ci passavano attraverso.

La bambina l'aveva seguita senza riflettere, perdendosi nella fitta boscaglia di rami nodosi e scuri, che impedivano al sole di filtrare. La farfalla si era spenta velocemente, lasciandola sola, tra i versi di animali che non conosceva e alberi le cui radici erano molto più alte di lei.

Se fosse tornata indietro, forse non sarebbe accaduto nulla. Fuori c'era il sole, le braccia di suo padre. Invece, spinta da un richiamo che non capiva, avanzò, penetrando ancora nel fitto di quel luogo strano e privo di luce. Non aveva paura. Camminò e camminò ancora. All'improvviso, sul suo viso si dipinse la meraviglia. Ne aveva trovate tantissime: tutte simili alla farfalla che cercava, quella che suo padre non vedeva... o fingeva di non vedere, per prenderla in giro.

Si avvicinò lentamente ad una, per intrappolarla tra le dita a coppa. Non riuscì però a terminare l'opera. Una mano grandissima aveva bloccato la sua. Spostò lo sguardo oltre, a seguire la linea del gomito, poi il braccio fino alla spalla ed infine lo vide. C'era un uomo grandissimo, più alto e massiccio di suo padre, avvolto in una corazza bianca. Aveva un viso pallido come il metallo di cui era vestito e luminoso, calmo, senza espressione. I suoi occhi erano magnifici ed azzurri come le ali delle farfalle che gli volavano intorno. La piccola li guardò a lungo. Indicò quelle iridi e poi le ali delle farfalle.

"Perchè sono dello stesso colore?"

Il cavaliere aveva una voce profonda, più di quella di suo padre. Sembrava fosse uscita dall'acqua e dalle caverne.

"Perchè siamo creature composte della stessa magia."

Si era chinato lentamente, a ghermirla con le sue braccia troppo grandi e robuste, a prenderla in braccio, sollevarla, portarla via. La piccola sentì il profumo del suo mantello. C'era la tormenta, e l'acqua, e l'eco delle maree.

"Perchè mi porti via?"

Pigolò piano, dispiaciuta per essere stata sottratta a quel posto così bello. In due passi, erano all'esterno della foresta.

"Perchè le anime dell'aria sono pericolose per i cuccioli dell'uomo."

Si girò tra le sue spalle possenti, cingendogli per quanto poteva il collo ed indicando le farfalle. Gli chiese se fossero quelle le anime dell'aria. Poggiandola a terra, il gigante disse sì.

"Devi stare attenta alle anime che quelli della tua famiglia non possono vedere."

La bambina aveva sbattuto le palpebre. Aveva ancora le iridi di suo padre. Presto, le avrebbe avute come le sue. Maledì quel giorno, quando sarebbe arrivato. Era un cucciolo d'uomo curioso, che non aveva paura. Era come lui da giovane, eoni fa, ed era un problema.

"Ma tu le vedi come me?"

Stava per andarsene, quando quella domanda lo trattenne. Annuì, le aveva già dato le spalle.

Dopotutto, la metà di sangue che non apparteneva alla dinastia era la sua possibilità di liberarsi.

Si bloccò, la guardò ancora, piccola e fragile ma troppo simile a lui. Si sedette nella neve, a gambe incrociate, mettendosela sopra, perchè non soffrisse a causa del freddo.

"Tu le vedi perchè io e la tua dinastia condividiamo un patto da generazioni. Le vedrai sempre di più."

La bambina s'era accoccolata di più al metallo della sua corazza, abbracciandolo stretto.

"E' qualcosa che ci rende uguali?"

Avrebbe dovuto dire che no, non erano affatto uguali. Erano separati dalla corruttibilità del tempo, dalla potenza delle armi, del sangue e della natura. Invece, lesse nella sua anima e ne fu placato, l'ennesima volta, folle, come da ogni primogenito di quella maledetta dinastia, come la prima che lo aveva ingannato, obbligandolo. La strinse con una mano anche lui, per quanto potesse senza farle male. Lei era diversa da quella strega. Era luminosa, piccola e fragile. Pure con le zanne, andava protetta.

"Sì: è qualcosa che ci rende uguali."

Poche ciocche pallide sfuggirono al suo elmo, che gli copriva tutta la fronte ed il naso fino alla punta. Se ne privò, mostrando il viso perfetto. Quella era l'ultima possibilità che aveva di sciogliere quel legame e tornare libero. Gli sarebbe bastato schioccare le dita e prendersi quella vita. Ne morivano tanti di cuccioli scappati alle cure dei genitori. La guardò meglio. Era troppo luminosa, piccola e fragile. Non era come quella strega. In lontananza, sentiva l'odore del padre che, agitato, la cercava. Aveva poco tempo. La scosse appena. I cuccioli si addormentavano presto, se stavano troppo fermi.

"Ascolta, tornerò presto a farti visita ma tu, ora, devi tornare tra i tuoi simili."

La rimise per terra, indicandole la via di casa. La vide stropicciarsi gli occhi col pugno chiuso, assonnata.

"Come mi troverai?"

Ne udì la voce bassa, pacata, il pigolio di un uccellino. Il gigante bianco sospirò, stanco. Dopotutto, da solo aveva deciso di prolungare quella condanna di un'altra generazione.

"Fammi un cenno: ti troverò. Chiamami e verrò da te."

   
 
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