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Autore: Dida77    27/07/2019    5 recensioni
A volta, quando la vita butta male, l'unica cosa che puoi fare è crederci ancora. Contro tutto. Contro tutti.
Storia scritta per la challenge #AStuckyADay organizzata dal gruppo FB "till the end of the line - Steven Rogers / Bucky Barnes - Stucky"
#stucky
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei un idiota. Ecco cosa sei: un idiota. Hai voluto fare lo spaccone, hai voluto fare Captain America, l’eroe che salva il mondo e sei finito in questo maledetto letto di ospedale appeso a un filo.

Lo so che non dovrei arrabbiarmi con te, che dovrei semplicemente parlarti con calma, per aiutarti ad uscire dal coma, ma sono incazzato. Sì sono incazzato, maledettamente incazzato. E se non ti va bene che dica “incazzato”, allora svegliati e dimmelo in faccia. Hai capito? Devi solo svegliarti e dirmelo in faccia. Così tutta questa storia sarà finita io non sarò più incazzato. Ecco… l’ho detto di nuovo

Dammi un attimo.

Scusa. Non volevo arrabbiarmi. Adesso mi sono calmato. Scusa, davvero. Lo so che lo hai fatto solo per salvarmi la vita. Vabbè… “solo” non è il termine adatto, hai ragione. Lo so che lo hai fatto per me. Ma questo come dovrebbe farmi sentire secondo te? Te lo dico io come mi sento… te lo dico io….
Cazzo, no. Non saprei dirtelo nemmeno io come mi sento. Nella mia testa non ci sono abbastanza parole per dirti come mi sento. Sicuramente non ci sono le parole giuste.


I dottori hanno detto che le prossime settantadue ore saranno decisive. Hanno detto che o ti sveglierai entro settantadue ore o molto probabilmente rimarrai in questo stato. Per sempre. Li ho lasciati parlare, come lasciavo parlare i dottori che riuscivo a portare a casa quando avevi la polmonite prima della guerra. Li ho lasciati parlare in silenzio, perché loro non ti conoscono e non possono sapere da quali situazioni di merda siamo già usciti. Non lo sanno quante volte ti hanno già dato per spacciato. Noi ci siamo abituati, vero?

---

Non ti devi preoccupare, resto qui. Natasha e Sam sono appena passati a trovarti, volevano darmi il cambio. Volevano che andassi a casa a riposare, ma gli ho detto che non mi sarei mosso di qui fino a quando tu non ti fossi svegliato. Hanno capito, non hanno fatto storie. Hanno detto che ripasseranno domani e mi hanno lasciato dei donut da mangiare e un termos di caffè.
Non c’è che dire Steve, sono proprio due brave persone.


Tra un po’ mangio, non ti preoccupare. È solo che adesso non ho fame. Dopo mangio. Intanto sto ancora un po’ qui con la mano nella tua. Non ti do fastidio vero?

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Sono passati i dottori e mi hanno detto che per il momento non ci sono cambiamenti. Dicono che faccio bene a parlarti in continuazione perché è possibile che, lì dove sei, tu possa sentire la mia voce e che questa ti aiuti a svegliarti. Spero che abbiano ragione Steve, perché mi sento cretino a parlarti in questo modo mentre sei qui immobile, con gli occhi chiusi, attaccato alle macchine.
Ma non preoccuparti, Pal. Io non mollo, resto qui e ti aspetto. Solo cerca di non metterci troppo…


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Sono passate già quarantotto ore. Me lo ha detto Natasha prima, quando è passata a trovarti. Dio… non mi ero reso conto che fosse passato già tutto questo tempo. Quarantotto ore in cui non ho fatto altro che parlarti… Nat ha provato di nuovo a darmi il cambio. Ma le ho spiegato che se tu non molli, io non mollo e che se io non mollo, allora non mollerai nemmeno tu.
A dirlo ad alta voce sembra un discorso cretino, ma ti garantisco che nella mia testa è molto chiaro.
Nat mi ha guardato con aria triste, ma poi alla fine si è lasciata convincere.


Sai, inizio ad essere stanco, credo siano ormai due giorni e mezzo che non dormo. Ho anche freddo, chissà perché… Nat mi ha detto che mi manderà una delle nostre coperte e un altro termos si caffè caldo. Tanto tra un po’ passerà di nuovo anche Sam, ne sono certo.

Là fuori, in sala d’aspetto, c’è tutta la squadra. Sono lì per te. Aspettano che tu torni. Non si allontanano molto, magari il tempo di una doccia, o di due ore di sonno e tornano lì. Pensavo che forse ti farebbe piacere vederli. Cosa ne pensi? Ma non ti preoccupare, io non me ne vado.
Non è una scusa per andarmene, cretino.


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Prima è passato Nick Fury e mi ha detto che le settantadue ore sono passate. I dottori ormai dubitano che tu ti svegli e vogliono spostarti in un’altra stanza, una per la lunga degenza. Ho alzato la voce e ho detto a Fury che non me ne frega niente, che noi non ci spostiamo di qui e che semplicemente aspettiamo che tu ti svegli. L’ho convinto e adesso è uscito a parlare con i dottori. Vedrai che ci daranno sicuramente qualche altro giorno… Fury ottiene sempre quello che vuole.

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Fury è appena rientrato e ha detto che i dottori ci concedono ancora quarantotto ore. Sembra che ci stiano facendo un favore personale. Loro non ci credono più. Hanno ribadito che, dato che finora non c’è stato nessun cambiamento, i danni sono quasi sicuramente permanenti.

Ho voglia di urlargli addosso che si sbagliano.
Ho voglia di spaccargli il muso.
Ho voglia di urlare.
Ho voglia di piangere.
Ho una gran voglia di piangere, di rannicchiarmi tra le tue braccia e piangere settantadue ore di lacrime.
Ma abbiamo ancora quarantotto ore. Dai. Forza Stevie. Dimostriamogli per l’ennesima volta di che pasta siamo fatti.


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È passato di nuovo Fury. Gli ho dato a voce le nostre dimissioni. Per scriverle nero su bianco aspettiamo che tu ti svegli. Gli ho detto che non abbiamo più voglia di vivere in questo modo. Di rischiare la vita ogni giorno. Abbiamo già dato tanto a questo paese. Adesso è arrivato il momento di pensare a noi e di vivere la nostra vita. Non appena ti sveglierai.
Fury mi ha guardato triste e ha detto di sì. Gli si sono riempiti gli occhi di lacrime, Steve, avresti dovuto vederlo. Ho fatto finta di niente, credo che avresti fatto lo stesso. Non mi sembrava il caso di metterlo in imbarazzo.

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Sono stanco Steve. Adesso sono davvero stanco. Tutti continuano a passare per cercare di darmi il cambio. Non capiscono come possa fare a stare tutto questo tempo senza chiudere occhio. Adesso sembrano più preoccupati per me che per te. Che stupidaggine. Non capisco perché. Non riesco proprio a capirlo.

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È passato Tony. Non era ancora passato a trovarti. È sempre stato qui fuori dalla porta. Lo sentivo parlare, lo vedevo attraverso il vetro, ma non era ancora passato a trovarti. Aveva l’aria distrutta. Si è congratulato con le nostre dimissioni. Si deve esser sparsa la voce… e non ci crederai mai… ci ha fatto un regalo. Una cosa assurda. Ci ha regalato uno chalet in Vermont, con veranda, foresta e lago annessi. Ha detto che c’è anche un prato per far atterrare comodamente il quinjet quando ci verranno a trovare. Ti rendi conto? Un lago. Abbiamo anche un lago. Non vedo l’ora che tu ti svegli per poter partire insieme e lasciarci dietro tutto questo. Una vita nuova. Insieme.
Dai Steve… Forza… Lo so che ci sei… Non può mancarti molto ormai… Forza. Non stare a sentire i dottori. Loro non lo sanno. Forza…


Intanto io resto qui.

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Devo essermi addormentato e devo aver sognato che ti muovevi. Che stupido. Lo sapevo che non dovevo addormentarmi. Scusa. Adesso mi rimetto subito a parlare…

Ma che strano. Ti giuro che ho avuto la sensazione che muovessi la tua mano nella mia. Devono aver ragione i ragazzi, forse non ce la faccio più e devo farmi qualche ora di sonno.

Ma… Steve… Possibile? Ancora?
Allora è vero? Dai… non farmi scherzi.
Ascolta… Facciamo così. Io ti stringo la mano due volte e tu mi stringi la mano due volte. Ok? Dio Steve, non farmi scherzi. Ok? Allora vado….

Uno.
Due.

Dai adesso tocca a te. Forza.

Uno.
Due.

Cazzo. Allora è vero. Cazzo. Cazzo. Cazzo. Scusa… scusa lo so che non vuoi che dica brutte parole. Scusa.
Tu resta lì. Io vado a chiamare i dottori.

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Ciao. Eccomi sono tornato. Non sono stato via molto. Giusto il tempo di una doccia e di farmi la barba. Ti hanno tolto il respiratore finalmente. I dottori dicono che stai facendo passi da gigante e che se continui così, tra qualche settimana potremo andarcene da qui. Non vedo l’ora di vedere quello chalet nel Vermont. Tutto nostro. Glielo dicevo a tutti che ti saresti svegliato. Loro non ci credevano. Nessuno ci credeva più… ma loro non ti conoscono.

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Improvvisamente, mentre è seduto al tuo fianco, mentre ti guarda dormire sereno, gli occhi di Bucky si riempiono improvvisamente di lacrime. Come un temporale annunciato da qualche goccia di pioggia sporadica, il suo petto è scosso presto da singhiozzi profondi, che gli impediscono di respirare. La mano davanti alla bocca per cercare di arginare inutilmente i singulti. Un fiume in piena. Una cascata di lacrime calde che porta via il gelo, la disperazione il dolore di quei giorni.
Tu lo senti, ti volti verso di lui e sorridi. Vorresti alzarti da questo letto e stringerlo forte per farlo sentire nuovamente al sicuro. Ne ha passate tante. Ma lo sai… è solo questione di tempo.
Quella nuova vita in uno chalet in Vermont è ormai dietro l’angolo.
Muovi la mano verso di lui, appoggiandola sul suo braccio per richiamare la sua attenzione e lo chiami piano.

“Bucky”.
 
 
   
 
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