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Autore: Miss Rossange Stucky    29/07/2019    4 recensioni
La storia parte dalla fine di Endgame, con una scena "post credits" un po' particolare. Ma se di addio doveva trattarsi allora che fosse un vero addio...o un arrivederci?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Terzo ed ultimo mini capitolo di questa piccola follia Stucky.
Grazie, come sempre, di cuore a chi ha letto i primi due, spero abbiate apprezzato. In caso spero vi piaccia anche la conclusione.
Dida77…che ti avevo promesso?

Buona lettura


Il primo raggio di sole del mattino si fermò proprio sulla sua fronte, il leggero calore gli sembrò quasi una carezza.

Aprì gli occhi e subito si guardò le mani, sempre avvolte attorno a quell’inatteso, assurdo messaggio di speranza.

Nonostante continuasse a ripetersi che era una follia, decise di seguire le istruzioni riportate sul foglio, quindi fece una rapida doccia fredda per essere ben sicuro di essere sveglio, si vestì in fretta e uscì.

Prospect Park era a pochi passi dal suo appartamento, ma quando vi arrivò si accorse di avere il fiato grosso, come se avesse corso, o camminato per ore.

Si diresse nel punto indicatogli, passando sotto il vecchio ponte coperto di muschio, fino al laghetto in cui nuotavano splendidi cigni neri.

Fu allora che lo vide. La sensazione di déjà-vu che provò era grottescamente, crudelmente ironica: il mittente della lettera era di spalle, seduto sull’unica panchina, apparentemente intento ad osservare il placido andirivieni dei cigni come se niente fosse.

Ebbe l’impulso di fuggire da quell’assurda situazione prima che fosse troppo tardi, prima di perdere del tutto la ragione, ma le sue gambe non gli obbedirono e continuarono a portarlo sempre più vicino a quella sagoma dolorosamente familiare.

All’avvicinarsi dei passi alle sue spalle, il giovane uomo seduto sulla panchina si voltò, le belle labbra dischiuse da un luminoso sorriso. Quel sorriso fermò per un attimo il cuore di Bucky e il suo quasi involontario avanzare.

Dalle quelle stesse labbra uscì una voce che ben conosceva:

“Buck, non ero sicuro che saresti venuto”

James si riscosse e lo raggiunse.

Tutto era troppo assurdo, irreale, tanto da non poter fare altro che adeguarsi, comportarsi anche lui come nulla fosse, come se si fossero semplicemente dati appuntamento lì, chissà quando…

“Non ti credo. Sapevi che non avrei resistito, Steve…sei Steve, vero? Ti prego, spiegami cosa sta succedendo!”

Tutta la calma che si era imposto scomparve in un istante e il suo volto si contrasse in una smorfia, un misto di dolore e confusione.

Rogers, continuando a sorridere, lo invitò a sedersi accanto a lui. James voleva aggiungere qualcosa, ma in quel momento gli crollò addosso tutta la stanchezza di quei mesi passati a nascondersi da se stesso, si sentì improvvisamente esausto, chinò il capo e obbedì senza fiatare.

Si passò le mani sul viso, poi, fissando il terreno, disse:

“Sei morto tra le mie braccia…”

“Quello non ero io”

Bucky si voltò a guardarlo, stupito.

“Che diamine significa?”

Rogers sussurrò:

“Presto capirai”

A quelle parole James sussultò, chiuse gli occhi e replicò:

“Ti ascolto”.

Steve gli spiegò che, in quei cinque secondi, in cui si era spostato nel tempo e nello spazio per assicurarsi che ogni Pietra dell’Infinito tornasse al proprio posto, era andato a prendere il corpo di Captain America che si trovava sepolto nei ghiacci dell’Artide e lo aveva portato alla base militare americana, per far sì che Peggy e gli altri lo trovassero, sicuro del fatto che avrebbero trovato il modo di riportarlo in vita.

Lui nel frattempo aveva eliminato ogni traccia dell’HYDRA, poi era tornato da quello Steve Rogers per assicurarsi che fosse convinto della morte del sergente Barnes. Quel Rogers, senza l’altra metà di se stesso e senza più battaglie da combattere, era rimasto con Peggy, lavorando per lo S.H.I.E.L.D con il nome di Daniel Sousa, e l’aveva sposata. A quel punto Steve ebbe la certezza che il suo piano aveva funzionato alla perfezione.

Quello era lo Steve che avevano visto quel giorno sulla panchina, che era morto di vecchiaia tra le braccia di Buck, dopo avergli sussurrato un messaggio affidatogli due mesi prima dall’altro se stesso.

James inizialmente era incredulo, confuso ma, man mano che il racconto di Steve andava avanti, tutte le tessere del puzzle stavano prendendo, una alla volta, il loro posto nella sua mente.

Gli restava solo una perplessità.

“Quindi quel giorno non sei comparso nella macchina di Banner perché non sei tornato…”

“Esatto”

“E dov’eri?”

“Ero qui…due mesi prima”

James si voltò a guardarlo, accigliato.

“Scusami, non capisco”

“Mi sono trasportato indietro di due mesi, qui a New York, per parlare con l’altro me e affidargli il messaggio che ti ha riferito. Si è fatto trovare su quella panchina, proprio quel giorno, in quel momento, per creare l’illusione di un “ritorno dalla missione”.

Quando sono stato certo di averlo convinto a svolgere il mio “incarico”, sono andato via e sono rimasto ad attendere pazientemente il tempo giusto per tornare in scena. Ho dovuto aspettare che tu lo vedessi, che lui parlasse con Sam, poi che ti riferisse il mio messaggio, poi la sua morte, i funerali, la tua fuga, i tuoi viaggi…il tuo ritorno”

“Ma come sapevi che sarei tornato qui se neanche io lo sapevo?”

“Perché questa è Brooklyn, Buck. Questo posto è noi”

James sentì il proprio cuore accelerare, mentre un dolce calore si diffondeva nel suo petto sciogliendo ogni residuo di ghiaccio…

“Non mi hai abbandonato…”

Rogers abbassò il tono della voce, per tentare di mascherare l’emozione:

“Te lo avevo detto che sarei rimasto con te fino alla fine”

James emise un lungo sospiro, ancora inquieto…

“E ora che succede?”

Steve gli prese una mano tra le sue e lo guardò intensamente negli occhi.

“Ora viviamo la nostra vita. Insieme, se lo vuoi anche tu”

Buck si lasciò sfuggire una piccola risata nervosa.

“Mi gira la testa, ma di una cosa sono certo: voglio stare con te, comunque e dovunque. Dovresti saperlo, scemo che non sei altro”

Steve annuì e lo abbracciò stretto, come aveva fatto l’altro Steve, sei mesi prima.

“Allora è quello che faremo. Niente più Avengers: Captain America è morto e Sam ha già preso il suo posto. Saremo solo noi, Steven Grant Rogers e James Buchanan Barnes”

Finalmente Bucky ricambiò l’abbraccio e si strinse a lui così forte che ebbe paura di fargli male, ma aveva bisogno di sentirlo contro di sé, vivo, giovane, forte. Aveva bisogno di assicurarsi che fosse tutto vero.

Nascose il viso nella curva del collo di Steve, aspirò il profumo della sua pelle, strofinò la guancia contro la sua, gli sfiorò l’orecchio con le labbra, sussurrando...

“Non sparire più”
Rogers abbassò le palpebre voltando il viso per posargli un lieve bacio sulla tempia, prima di rispondere.

“Mai più, promesso”. I maestosi cigni neri di Prospect Park sfilarono lievi come nuvole, regali ed eleganti, davanti a loro, e furono gli unici, discreti e silenziosi spettatori del primo bacio della loro nuova vita.
   
 
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