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Autore: Luci28    01/08/2019    0 recensioni
-Jeremy, piove! Perché sei venuto qui?-, esclamò Lucifero guardandolo smarrito.
-Perché ho appena deciso che non me ne importa assolutamente niente! Se vuole piovere, che piova! Siamo forse meno felici?- [...]
Rimasero lì, spalla a spalla, ad ascoltare dentro di loro il sole accendersi di nuovo.
Che cosa sarebbe stato adesso delle loro vite? Ssst, meglio non fare domande: è già tutto abbastanza complicato così nella vita, no?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeremy, Lucifero, Memorino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le saveur des souvenirs
Parigi era una città graziosa, ricca di eleganti edifici, ordinata nella sua routine quotidiana. Il liceo “Charles Magne” era stato inserito in un palazzo ottocentesco, con un grande atrio e una scalinata in marmo rosato. Era un ambiente accogliente, almeno per quanto riguardava il pianterreno, più freddo era invece il piano superiore, dove due statue raffiguranti nobili dal volto arcigno si stagliavano all'imboccatura delle scale e una serie continua di storici ritratti appesantiva le pareti; anche il legno che decorava a intarsio il soffitto era d'un verde scuro e alimentava la freddezza del luogo.
La vita al liceo trascorreva veloce, le giornate passavano svelte, quasi in un frenetico costante rincorrersi delle ore.
Quando anche quel giorno la campanella di fine giornata suonò, Memorino si perse in mezzo alla confusione della mischia e giunse fuori dalle cancellate di ingresso quasi involontariamente, spinto dall'altrui frenesia. L'aria era tiepida, segno di una primavera ormai alle porte.
Osservò a lungo la strada deserta, poi si diresse verso la propria camera. Era sempre stato poco socievole e adesso che non aveva più gli amici, si sentiva sempre terribilmente solo.
Era come se gli fosse rimasto esclusivamente un senso di vuoto e di disorientamento; nessuno con cui ridere, nessuno con cui parlare, nessuno a cui volere veramente bene. C’era sempre troppo silenzio nella sua mente. Sorrise fra sé ricordando la voce serena di Lucifero e le battutine di Jeremy. Non avrebbe saputo dire perché, ma sentiva che solo quegli amici sarebbero stati in grado di  dargli quel qualcosa in più che adesso mancava alle sue giornate. Aveva la sensazione di non avere volontà sufficiente per attendere che le nuove relazioni maturassero, come se in fondo non gliene importasse poi troppo. Sospirò. Dentro di sé lo sapeva: non voleva che Lucifero e Jeremy venissero sostituiti nel suo cuore da altri ragazzi e da caotiche novità. Lui rivoleva i loro sorrisi e la loro spontaneità. Gli mancavano da morire, non aveva più remore ad ammetterlo.
 
 
Las sombras de la alma
La terrazzina della villa era sempre piacevolmente ombreggiata. La sedia sdraio era comoda e in quel luogo anche i pensieri sembravano rasserenarsi. Eppure i raggi di sole che la riscaldavano non avevano la forza necessaria per asciugare le lacrime che rischiavano di annegare il cuore di Lucifero. La nuova vita si era presto dimostrata lontana da quella sognata e al ragazzo erano rimasti solo i rimorsi per aver accettato con tanta facilità di abbandonare i suoi amici e i vecchi punti di riferimento senza nemmeno essersi realmente chiesto cosa lo avrebbe aspettato in quella casa, tanto sfarzosa, quanto gelida.
Suo padre era fuori casa per la maggior parte delle giornate e i week-end non erano esclusi, così quella villa sapeva di vuoto. Quando Lucifero rientrava da scuola, lo attendeva sempre e solo il buio silenzioso della solitudine e così non gli restava che accendere la luce, troppo pigro anche per aprire le finestre. In fondo a lui che differenza faceva? Suo padre non gli avrebbe certo mai detto niente, considerato che prima delle nove di sera non sarebbe rientrato e a quell’ora fuori sarebbe stato già buio quanto dentro.
Studiava in fretta steso sul letto, poi si fermava a fissare il soffitto annoiato o passava un paio d’ore col cellulare in mano, senza più reali obiettivi. E non aveva il coraggio di fermarsi a pensare al vuoto che lo avvolgeva. Se lo avesse fatto, temeva, si sarebbe spaventato. Preferiva spezzare il silenzio con le cuffiette nelle orecchie e la noia con passatempi che non potevano invece far altro che alimentarla. Era quella la sua vita ora. Non ci poteva fare niente. Socializzare era troppo impegnativo e poi gli avrebbe ricordato istante dopo istante quanto più piacevoli erano gli abbracci di Memorino e quanto più gradevole era la simpatia di Jeremy di quanto non fossero i nuovi compagni. No. Ormai gli restavano solo i ricordi e avrebbe potuto vivere solo di quelli, ma pensare troppo lo avrebbe ferito e così era per lui meglio vuotare la mente da tutto, drogandosi di note stonate e stridule. Era come se di colpo non gli importasse più niente nemmeno di se stesso, di farsi del male lasciandosi cadere giù in quel baratro di depressione, di costruirsi dentro il proprio futuro. Era finito tutto quel maledetto giorno di fine agosto, quando era salito sull’aereo che lo aveva portato in quel “nuovo mondo”. Un mondo di silenzio e polvere.
 
 
The sound of rain
Pioveva da giorni ormai e Jeremy ne era profondamente grato. Il suono della pioggia era l’unica fonte di rumore che spezzasse il silenzio dei suoi pensieri. Da quando gli amici erano partiti, la camerata era desolante e fredda, sempre muta nello statico disordine che la caratterizzava. Era tutto così immobile che sembrava una stanza abbandonata dalla vita da anni.
Il ragazzo ascoltava il suono del vento, osservava gli alberi muoversi vivaci in confronto a lui.
Era cresciuto solo per anni ed ora lo era di nuovo, come se quell’amicizia speciale fosse stata il bel sogno di una notte d’estate. E adesso? Adesso era di nuovo l’alba. Iniziava una giornata nuvolosa e la pioggia gli bagnava i capelli, le spalle, le guance e il cuore. Non ci sarebbe stato un altro sole per lui. Sarebbe rimasto bagnato, come gli occhi con cui fissava la strada fuori dalla finestra. Le macchine correvano veloci, alzando l’acqua delle pozzanghere e schizzando il marciapiede deserto.
Sarebbe tornato a casa, pensava. Forse lì avrebbe sentito meno la mancanza dei compagni, perso in una routine più movimentata. Avrebbe ricominciato a litigare con sua madre e a frequentare quei quattro ragazzi rimasti nel suo quartiere. Dopotutto sarebbe stato meno solo. Dopotutto quello era il futuro a cui già una volta sembrava essere stato destinato. Dopotutto non gli restava altro.
L’atrio dell’istituto era gelido in tutte le stagioni dell’anno e la statua del fondatore osservava i presenti con occhietti severi, come scrutasse la loro anima per giudicarne la purezza, ma a Jeremy non importava più ora. Aveva cercato di essere migliore per quegli amici, per essere accettato, per essere amato. Si era sforzato di dimenticare i proprio errori con l’obiettivo di conquistarsi un futuro più dignitoso. Eppure sarebbe tornato proprio in quella strada fredda dove tutto era iniziato, dove aveva conosciuto lo squallore della malavita e dove si sarebbe perso nuovamente. Ma questa volta non ci sarebbero stati gli amici a fargli ritrovare la strada. Si sarebbe smarrito per sempre. In fondo, in cuor suo, Jeremy lo sperava persino un po’, di smarrirsi. Perdere se stesso lo avrebbe forse aiutato a dimenticare ciò che non poteva più avere: l’amore, l’amicizia, la voglia di vivere, il sorriso. Tuttavia si fermò di colpo in ascolto: il suono della pioggia era ripreso delicatamente. Jeremy sospirò appena: almeno per un altro quarto d’ora non ci sarebbe stato solo silenzio dentro il suo cuore.
 

Dancing in the rain
Memorino non era sicuro che lasciare il Liceo Charles Magne fosse stata una buona idea. Dopotutto aveva fallito la sua sfida: non era stato capace di superare la distanza, di adattarsi ad una realtà tutta nuova. La vera domanda però era un’altra: ci sarebbe stato qualcuno contento di vederlo? Almeno Jeremy ci sarebbe stato ancora per lui? Forse gli altri erano riusciti a trovare la loro strada senza cedere alle proprie fragilità. Forse sarebbe stato solo anche lì adesso. Quando varcò la cancellata dell’istituto strinse fra le mani il proprio zaino per allontanare quella sensazione di disagio che lo invadeva sempre più intensamente.
Quando raggiunse la camerata e aprì la porta, Jeremy lo fissò per un attimo sgranando gli occhi.
 
-Ti prego, non mi chiedere perché sono qui, -sussurrò Memorino nervosamente, -è tutto troppo complicato…-
 
Il compagno annuì in silenzio.
 
-Ehm, posso chiederti solo se ti fermerai?- chiese poi timidamente.
-Immagino che questo dipenda anche da te, Jem…-
 
Si guardarono negli occhi, senza più aprire bocca. Lentamente Jeremy si alzò in piedi e si avvicinò all’amico, senza smettere di fissarlo; quando lo raggiunse gli buttò le braccia al collo. Non servirono altre parole.
 
Due ore dopo, mentre cercavano di trovare le parole giuste per raccontarsi i mesi passati separati, il cellulare di Jeremy iniziò a squillare.
 
-Pronto?...-
-Jeremy? Ciao, sono Lucifero…-
-Sì, ciao…-
-Io…sono in aeroporto…-
-Dove?-
-A Banessa…-
-Oh, come mai?-
-Ho fatto una follia, temo…-
-Sarebbe?-
-Ho detto a mio padre che non volevo più stare lì, che con lui non sarei mai potuto essere felice e…Credo non mi vorrà più vedere, ma…beh, mi ero stufato di aspettare che il tempo passasse, senza fare niente!…Faceva troppo male…-
 
Jeremy si morse le labbra per non sorridere.
 
-Jeremy? Ci sei ancora?-
-Sì, sì, Luci, sì…Vuoi che veniamo a prenderti?-
-Non sei solo?-
-No, veramente no…-
-Oh…Beh, in ogni caso non serve, mi chiedevo solo se per caso fossi ancora all’istituto, ma se sei già con qualcuno non importa, vado altrove, non c’è problema…-
-No, Lu, vieni all’istituto, va bene così…-
-Ma…?-
-Fidati…-
-D’accordo, allora arrivo…-
-A dopo.-
 
Jeremy chiuse la chiamata e incrociò di nuovo lo sguardo di Memorino, che lo osservava attento, poi guardò di sfuggita fuori dalla finestra. Sorrise.
-To’, guarda! Ha pure smesso di piovere!-
-Veramente non pioveva nemmeno quando sono arrivato…-, gli fece notare l’altro osservandolo perplesso.
-Ops, scusami. E’ che dentro la mia testa è un po’ che piove. Non mi sono ancora riabituato a vedere il sole…-
 
Memorino sorrise.
 
-Quando ripensavo a voi, in questi mesi, mi veniva sempre in mente un pomeriggio di pioggia. Non so perché…-
-Ti piace l’umidità evidentemente…-, ribatté Jeremy divertito;
-Ma fammi capire: Lucifero ti deve richiamare più tardi?-
-No, perché?-
-Gli hai detto “a dopo”…-
-Ah! No, no, Memorino, niente chiamate, Lucifero sta venendo qui…-
 
Memorino tacque sorpreso.
 
-Ma?-
-Ssst, non mi fare troppe domande, è tutto già abbastanza complicato così…-
 
Il compagno sorrise, annuendo.
 
-D’accordo.-
-Ah, Memo?-
-Mhm?-
-Non farle nemmeno a Lu troppe domande, mi raccomando: dopo tutti questi mesi che non lo vedo, preferisco che non si arrabbi già la prima sera!-
 
Risero di gusto. Sì, i ricordi a volte hanno un buon sapore, ma spesso la vita è il dessert migliore che si possa assaggiare, con quel pizzico di amaro che naufraga nella dolcezza dei bei momenti per fondersi in un’armonia di profumi, che aggradano i cinque sensi estasiandoli.
 
Quando la porta fu aperta per l’ennesima volta con cautela, Jeremy e Memorino alzarono gli occhi. Varcata la soglia della stanza, Lucifero posò a terra la propria valigia e, fissando sorpreso Memorino, aprì la bocca, ma senza emettere suono. I ragazzi gli fecero entrambi segno di tacere.
 
-Niente domande, Lu…Siamo qui e questo basta…- gli sussurrò Memorino, avvicinandoglisi per abbracciarlo.
-Ma sei tutto bagnato?-, esclamò poi perplesso e infastidito.
-Per forza! Fuori piove e non avevo l’ombrello…-
-Non aveva smesso di piovere?-
-Può darsi, ma adesso piove, te lo assicuro…-
 
Jeremy si voltò un’ultima volta verso la finestra, poi si alzò di fretta e afferrò i compagni per un braccio.
 
-Venite!-
 
Trascinati fuori dalla stanza con impeto, impreparati e stupiti, i ragazzi lo seguirono in silenzio. Jeremy oltrepassò il portone d’ingresso dell’edificio, uscendo nel cortile. Gli altri si fermarono sotto la tettoia.
 
-Jeremy, piove! Perché sei venuto qui?-, esclamò Lucifero guardandolo smarrito.
-Perché ho appena deciso che non me ne importa assolutamente niente! Se vuole piovere, che piova! Siamo forse meno felici?-
 
Lucifero e Memorino si guardarono senza capire, osservando l’amico stralunati, poi però sorrisero e lo raggiunsero. Si abbracciarono tutti insieme. La pioggia bagnava loro le guance, ma continuarono a guardare il cielo con gli occhi sereni. Rimasero lì, spalla a spalla, ad ascoltare dentro di loro il sole accendersi di nuovo.
Che cosa sarebbe stato adesso delle loro vite? Ssst, meglio non fare domande: è già tutto abbastanza complicato così nella vita, no?
  
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